RIVISTA ITALIANA

DI

NUMISMATICA

RIVISTA ITALIANA

DI

NUMISMATICA

DIRETTA DAI,

D/ SOLONE AMBROSOLI

e ON SER V A TO K E DEL U. li A It I N E T T 0 NUMISMATICO DI BRERA E DA UN

CONSIGLIO DI KEDAZIONE

AxNO Primo 1888

]\IILANO

Lodovico Felice Co^liafi, Tipoirriiro-Editore

Via Pantano, N. iti

1888

PROPRIETÀ LETTERARIA.

Tip. L. F. Cogliati. - Sez. nel Pio Istituto pei Figli della Provvidenza.

CONSIGLIO DI REDAZIONE pel 1888

AMBKOSOLI Dott. Solone, Conservatore del E. Gabinetto Xumismatico di Brera, Direttore.

GAVAZZI Cav. Giuseppe.

GHIKOZST Cornili. Isaia, Prefetto della Biblioteca Nazionale Braideuse.

GNECCIII Cav. Ercole.

GNECCHI Cav. Francesco.

MAEIOTTI Cav. Dott. Giovanni , Direttore del E. Museo di Auticliità di Parma.

MOTTA l\\<i. Emilio.

PAPADOPOLI Conte Nicolò.

BOSSI Dottor Umberto.

SALINAS Comm. Prof. Antonino, Direttore del 3Iuseo Nazio- nale di Palermo.

VISCONTI March. Carlo Ermes.

LUPPI Cav. Prof. Costantino, Segretaria.

PREFAZIONE

La ìnule, cresciuta a (Usìnisiwa e sempre più incalzante, dei materiali scientifici, dcUe notizie, delle ricerclte , rende onnai impossibile di abbracciare, come già un tempo, varie discipline, senza rinunciare alla speranza di raggiungere in esse quella cognizione piena e sicura che distingue lo scien- ziato dal semplice dilettante.

Di qui la tendenza allo specializzare , die si va facendo sempre jmì spiccata in tutti gli studi. Di qui l'allontanarsi, il segregarsi degli studiosi, ciascuno a perseguire colla in- dagine instancabile lo scopo particolare che si è prefisso.

Questa tendenza è certo feconda di notevoli risultati in- dividuali, ma ci rende quasi dim,entichi delle astinenze clic hanno fra loro i vari rami dello scibile, anzi le varie altre suddivisioni di quella disciplina stessa alla quale pur si con- sacra l'intensità del lavoro.

E bene quindi che, almeno per ogni gruppo di stiuli speciali, si abbia un vincolo fra i diversi cultori, il die piìi

l'RKKAZI'lNl-;

ncconcinmcnfe si può ottenere mediante ima pubblicazione pc'i'iodicd, ìa quale accomuni i risultati delle indagini, faccia conoscere le nuove scoperte, dia notizia degli scritti disse- minati in opere d'altro argomento o di diffìcile accesso, e valga insomma ad attenuare gV inconvenienti del sempre maggiore frazionamento degli studi.

Per la numismatica, questo desiderio è forse più antico in Italia di quello cìie noi sia per altre discipline, e prova ne Simo le varie pìubblicazioni periodiche, speciali a questa scienza, che si succedettero nella Penìsola dal principio del secolo, dimostrando così di rispondere ad una necessità vera e continuamente sentita. (*)

Pure, i diversi jìeriodici nimiismatici italiani ebbero vita breve, forse per questo ìnotivo ch'essi recavano con il peccato d'origine di essere sorti e di sostenersi per inizia- tiva e per cure individuali, ìnentre avrebbero richiesto, invece, la costante ed attiva cooperazione di molti.

E per questo che vari studiosi si sono riuniti, coU'inten- dimento di fondare un periodico che dall'opera collettiva tragga migliori auguri di prosperità e di lunga durata.

(*) Eccone l'elenco : Giornale Numismatico, diretto da Francesco Maria Avellino, Napoli, 1808-12. Annali di Numismatica, diretti da Giuseppe Fiorelli, Roma e Napoli, 1816-51. Memorie Numismatiche, pubblicate da Demetrio Diamilla, Roma, 184:7. Notizie peregrine di Numismatica e Sfragistica, pubblicate da Federico Schweitzer, Trie- ste, 1851-Gl (Sei decadi). Rivista della Numismatica antica e moderna, diretta dapprima da Agostino Olivieri, poi da Ernesto Maggiora- Vergano, Asti, 1861-GG. Ballettino di Numismatica Italiana, diretto da Antonio Riccardo Caucicb, Firenze, 1860-70. Periodico di Numismatica e Sfra- gistica per la storia d'Italia , diretto dal Marchese Carlo Strozzi , Fi- renze, 18G8-74 (Sei annate). Bollettino d'Arte, Antichità, Numismatica, ecc., pubblicato da Raffaele Dura, Roma, 1881-82. Gazzetta Numismatica. lìuUetliììo di Numismatica e Sfragistica per la storia d'Italia.

PIIKKAZIDNE

La Rivista Italiana di Numismatica, die col jircscntc fascicolo incornmcia le propine pubblicazioni, avrebbe ap- punto per iscopo di tradurre in atto questo intendimento.

A spianarle la via, cessano di compatire i due periodici numismatici che vedevano da alcuni anni la luce in Italia, cioè la Gazzetta Numismatica di Como, fondata nel 1881 dal direttore della presente rivista, ed il Ballettino di Numismatica e Sfragistica , di Camerino, fondato nel suc- cessivo 1882, e diretto dai Signori Cav. Vitalini e Cano- nico Santoni.

Per tal modo la Rivista è al presente V unico periodico di nwnismatica che si pubblicìii in Italia, e può così aspi- rare a concentrare iìi le forze de' vari scrittori che si dedicano presso di noi a questo ramo della Storia.

Conforme al concetto suesposto, di costituire im vincolo fra tutti i cultori della nostra scienza, la Rivista non fisserà limiti di serie, ed accoglierà invece articoli e comunicazioni intorno a qualsiasi parte o suddivisione della Numisinatica, sia classica che medioevale e moderna, sia italiana che estera, sempre conservando tuttavia la naturale distinzione d'ini- portanza fra ciò che appartiene già al dominio della storia e ciò che ancora non può pretendervi, fra ciò che interessa maggiormente il pubblico numismatico del nostro paese e ciò che lo interessa meno.

Nostro desiderio sarebbe anzitutto di poter presentare ai Lettori ima serie di monografìe o memorie {compresi i la- vori postumi clic meritassero d'essere tolti dall'obblio) die illu- strino sia una data sezione della Numismatica, sia i singoli monumenti ; in secondo luogo, di raccogliere e render pidj- blici quei documenti che valgano a sdiiarire e commentare la storia metallica nei suoi punti tuttora discussi o poco noti; poi, di render conto dei nuovi fatti^ anche di nii- nore importanza, acquisiti alla scienza, come ad esempio

l'UKFAZIllNE

l'dccciiaiiicnlo di una varietà inedita, di una data, di un nome nuovo; poi ancora, di dare un cenno a/leguato dei nuovi libri e dei periodici di numismatica, axcompagnato da uno spoglio copioso delle rassegne e dei giornali, che ponga sulle traccie di articoli che altrimenti potrebbero passare inosservati; infine, di compilare una cronaca diligente, in cui vengano registrate le scoperte di ripostigli, i nuovi acquisti fatti dai Musei ed i doni ad essi pervenuti, le vendite di collezioni, coi prezzi piii notevoli raggiunti; e tutto ciò insomma che possa riuscire interessante ed utile di sapere tanto per gli studiosi che pei raccoglitori.

Questa sarebbe, per dire cosi, la forma ideale clie dovrebbe assumere col tempo la nostra pubblicazione, ma per poter giungere ad offrire un complesso cosi vario, è d'uopo che fra il pubblico e noi si stabilisca una corrente di simpatie che faccia afflare largamente alla Rivista il frutto delle ricerche e delle scoperte individuali.

Se poi, come gl'incoraggiamenti già avuti da ogni parte ci confortano a sperare, il fo.vore dei numismatici seconderà i nostri sforzi, e riusciremo ad aggruppare intorno alla Rivista tutti coloro ai quali sta a cuore V incremento di questi studi, si potrà procedere con lieta fidanza all' attua- zione della idea {vagheggiata già dal compianto Maggiora- Vergano (*), risollevata piii recentemente dai Sigg. Fratelli Gnecchi) (**) di fondare una Società Italiana di Numismatica, a similitudine di quelle che fioriscono presso altre nazioni.

Con questi propositi e con queste speranze intraprendiamo le pubblicazioni della Rivista, rivolgendo un caldo invito

{*) V. Rivista Xumismatica Itdliana. Prefazione, pag. XV. Asti, 1866. (**) V. Guida Xumismatica Vnivfrsale. Prefazione, pag. VII-VIII. Mi- lano. 1886.

l'REK.VZIONK

ai Lettori perdio vogliano soi-regijerc ì'opern nostra, sia col contribuire alla compilazione mediante l'invio di memorie e di articoli originali, sia coli' informarci delle nuove mo- nete e medaglie che venissero a loro cogniz-ione, dei ritro- vainenti di ripostigli, del trapasso di proprietà o della dispersione di raccolte numisniaficlie, sia col comunicarci le loro osservazioni ed i loro suggerimenti , sia infine col- l'aiutarci a radunare volta per volta tutte quelle notizie, per quanto brevi e minute, die fanno di un periodico una cosa veramente viva e dimostrano in esso V intelletto e la cura amorosa per le vicende tutte, anche le piii umili, die si succedono e s'intrecciano intorìio alla scienza. E questo invito, o meglio questa pregliicra, rivolgiamo special- mente ai Signori Direttori dei Gal/inetti Numismatici e dei Musei.

La Direzione.

FASCICOLO I.

DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE

ZECCA DI SCIO

Nel marzo dolio scorso anno 1887 un villano, arando un campo presso Siderunda, piccolo villaggio a sette ore dalla città di Scio, urtava colFaratro in un'urna di terra, la quale si rompi.'va, mettendo allo scoperto un tesoretto di moneto d'argento. Ciò avveniva nelle vicinanze di uua vecchia muraglia, indizio di qualche palazzo o castello die anticauiento vi sorgeva.

Rade volte avvenne di trovare in così piccolo ri- postiglio, tanta messe di materiali nuovi e interes- santi per la mimisuiatica. Gli è quindi con gran pia- cere che aljbiamo stesa la descrizione e una breve; illustrazione delle nuovo mon(;te apparse, monete di tale importanza e di tipo così nuovo, cIk^ al loro primo apparire lasciarono perplessi parecchi numismatici perfino sulla lor(j autenticità. Puro, so un corto risorbo e una certa prudenza sono più che naturali in simili casi, crediamo che oggi qualunciue dubbio debba esser mosso da parto, considerando prima di tutto il tipo delle monete stesso, che per un occliio pratico è la guida più sicura, pcn la grande \arietà di coniiO.

(l) E.saniiiiaiidd atlintaij'.cnfe le Milo iunneto rare ili Scio apparteiii'iiti a questo ri])o.itii;li() e passato por lo nostre mani, nljbianio cmstatato che per fabbricarlo saroblioro occorsi non mono ili quaranta conii divorai.

FRANCESCO ED KRCOI.E GNECCHI

Fra tutte le monete di questo ripostiglio non ne ab- biamo trovate due che appajano prodotte da un me- desimo conio , e un falsario non vi avrebbe certo trovato il suo tornaconto, principalmente ai prezzi esigui a cui tali monete furono vendute originaria- mente. Le reiterate dimanda successive degli amatori e gli alti prezzi a cui salirono in seguito ne avreb- bero poi indubbiamente promossa la fabbricazione, se tali monete fossero il prodotto di conio moderno.

Il ripostiglio non giunse fino a noi intatto ; pure dalle monete avute e dallo diverse informazioni assunte possiamo darne, so non con assoluta certezza, almeno con moltissima approssimazione il contenuto.

Ecco la distinta delle monete :

KoDi. Elione de Villeneuve (1319-1346) . Gigliati » » » Aspri .

Cakpentrasso. Giovanni XXII (131G-1344) Grossi . Napoli. Koberto (i'An<TÌò (1309-1343) . . Gigliati Vkxezia. Francesco Dandolo (1328-1339) . Mataixini

» Bart.° Gradeuigo (1339-1342) . »

Scio. Paleolotjo e Benedetto II Zaccaria

(1310-131

o.\

»

N. 9

» 4 » 3 » 80 » 40 » 35

» 1

» Martino Zaccaria solo (131.5-1329) . »

» Galeazzo Maria Sforza (14GG-147t")) . Grossi o Gigliati » 6

» Maona Anonime (secolo X7) . . » » » 4

» Maona Dogi anonimi (secolo XV) » » » 5

» Lodovico XII re di Francia (1500-1512) » > » 5

Totale N. 194

Lasciando da parte le monete di Rodi , Carpen- trasso, Napoli e Venezia, die non offrono nulla di speciale o di differente da quelle già ripetutamente pubblicate , limiteremo le nostre osservazioni alle monete della zecca di Scio, a cui appartengono quelle nuovo e sconosciute sia pel loro tipo, sia anche pei nomi che portano.

La zecca di Scio sotto la dominazione genovese

DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE DELLA ZECCA DI SCIO Ó

lavorò interrottaniente per lo spazio di due secoli e mezzo, cioè dal 1301, quando l'ammiraglio genovese Benedetto I Zaccaria si impadronì dell' isola colla forza, sino al 1500, quando l'isola fu conquistata dai Turchi.

Non si conosce finora alcuna moneta di Bene- detto I Zaccaria, del figlio Paleologo ; se ne co- noscono pei'ò alcune degli abbiatici Martino e Be- nedetto li, die batterono moneta di loro propria autorità dal 1314 al 1329, nel quale anno cessa il dominio degli Zaccaria, e l'isola è occupata dai Greci.

Xel 1347 succede neirisola una nuova invasione. Una società di arniatori genovesi se ne impadronisce, ma questa volta in nome della madre patria, (ienova anzi accorda a (piesta società, che venne poi chia- mata ^faona, il pieno possesso dell'isola sotto speciali condizioni, e a patto di riconoscere l'alta sua sovra- nità. La Maona ebl)e quindi anche il privilegio di battere moneta, purché su questa figurassero sempre le leggende delle monete genovesi dvx ianvexsivm e coxRADVs RKX H. Essa usò ([uindi di questo diritto interpolatamente, ma anche durante 1" avvicendarsi delle varie dominazioni dei Visconti , degli Sforza e dei re di Francia su Genova, e ciò fino al i5G().

Le monete di Scio battute durante il possesso della Maona si possono distinguere in quattro classi :

A) Monete dei Dogi anonimi.

B) Monete coi nomi dei Dogi Tommaso Campo- fregoso (1415-1439), Baffaele Adorno (1443-1447), Pietro Campofregoso (1450-1458) o de' principi che furono padroni di Genova.

C) Monete veramente anonime colla sola indica- zione CIVITAS CHI! e COXRADVS RKX ROMAXORVM.

D) Monete anonime coll'anno o l'iniziale dei Po-

KRANCKSCO KI) KKCOI.K fiNECCIlI

(lesta deU'iso'd, il che pennottc di stabilirne in parte r anno della coniatura, e che abbracciano l'epoca dal 1483 al 1502.

Stabilite così le serie di monete che si conoscono come battute in Scio durante il dominio dei Geno- vesi, veniamo ora alla descrizione delle monete di quell'officina, contenute nel ripostiglio di Siderunda e non descritte da altri autori, monete ora conser- vate, parte nella Raccolta del Conte Papadopoli a Venezia e parte nella nostra.

PALEOLOGO E BENEDETTO ZACCARIA.

(1310-1313).

1. Maiapane (gr. 1,870).

D: P & B Z SVT iPlI S SIDOR SYT

(Faleologiis et Benedicfus Zacliaria Sii Vicarii impemtoris Sanctus

Isidnrus Sii). Nel campo due figure in j^iedi di fronte; a destra Santo

Isidoro, a sinistra Paleologo. Essi tengono l'asta di un

vessillo, lungo la quale la leggenda DVX. I^ : Il Redentore sedente in cattedra con un volume

sullo ginocchia; ai lati del capo i monogrammi IC XO.

Ar-r. (Tav. I, X. 1).

Il tipo di questa moneta e della seguente è preci- samente quello del matapane veneto, ma più rozzo, come erano tutti quelli coniati nel Levante. Ciò che lo rende importante ò il P, che si legge chiaramente sul nostro esemplare in principio della leggenda del dritto , lettera che non può confondersi con al- cun'altra. Questa iniziale, dopo aver ben considerato, ci pare non possa riferirsi ad altri che a Paleologo Zaccaria padre di Martino e Benedetto II. Egli in- fatti tenne per qualche anno il possesso dell'isola ed è probabile che vi abbia battuto moneta col suo nome, associandovi quello del figlio Benedetto IT. Il

Ili ALCUNE MONKTE INEDITE E SCONOSflI.'TE DELLA ZEOf'A DI SCIO 5

caso non è nuovo nella storia monetaria italiana, e possiamo citare Ugo e Lotario II, Berengario II e Adalberto, Ottone I e II, re d'Italia, Tancredi e Rug- giei'o, Enrico VI e Federico II, re di Sicilia, ecc. ecc., che associarono sulle monete i loro nomi. Questa ci paro la interpretazione più ovvia , e noi ne propo- niamo l'accettazione ai numismatici, ben lieti se al- cuno di essi vorrà ritornare sulla quistione o convali- dando la nostra attribuzione, o contrapponendovene una migliore.

Se alcuno poi osservasse che le iniziali P e B po- trebbero egualmente riferirsi a Paleologo ed a suo padre Benedetto I, noi, dal canto nostro opporremmo che qTiesta seconda ipotesi ci sembra molto più ar- rischiata della prima , dacché questa moneta porte- rebbe come prima iniziale quella del figlio, il che urterebbe contro tutto lo consuetudini antiche e mo- derne. Fu sempre uso generale e costante, tanto nelle monete antiche , quanto nelle moderne , che portano il nome del padre e del figlio di mettere per primo quello del padre.

Quanto poi all'epoca, in cui questo matapane potò essere battuto, essa devo oscillare fra l'anno ].')10. in cui si crede morisse il padre del Paleologo, Be- nedetto T, e il 1313, epoca certa della morte del Paleologo.

MARTINO ZACCARIA.

(1315-1329).

2. Matapane fgr. l.WìDì.

D: :\r ZAU SV TBATOT S TSIDOB SYT

CMnrtiniifi Zarharia Sii Vicariiis imperatoris Sanctus Isi-

(ìorus Siij. Nf'l cainjii) (Tuo fìf^nro in pioili di frciiitc; a destra Santo

FRANfESCd ED ERfOt.E GNECCHI

Isidoro, a sinistra Martino. Essi tengono l'asta di un vessillo, lungo la quale la leggenda dvx. XI : Il Redentore sedente in cattedra con un volume sulle ginocchia; ai lati del capo i monogrammi IC CX.

Arg. (Tav. I, X. 2).

Il peso di questi due matapani sta fra i gr. 1,870 e 1,900; .sono dunque inferiori a quelli dei con- temporanei matapani veneti, del peso di 2 grammi, come crediamo ne sia inferiore il titolo, quantunque appaiano di buon argento.

GALEAZZO MARIA SFORZA.

(14GG-1476).

3. G?Y).sso 0 gigliato (gr. 3,300).

D : Croce GALTAZ * MA * SFO * D * lANVE *

Busto di fronte del duca Galeazzo Maria Sforza a mezza figura col berretto e lo scettro terminato da una pigna.

R: _ Croce CONRAD * R *. R * CIVITAS * CHI *

Nel campo lo stemma dei Giustiniani, ossia il Castello colle tre torri, sormontato dall'aquila coronata.

Arg. (Tav. I, N. 3).

4. Grosso e. s. (gr. 3,300).

Variante del precedente colle lettere VE di lANVE in monogramma, e senza l'ultima stelletta nella leggenda del dritto.

Arg. (Tav. I, N. 4).

5. Grosso e. s.

Altra variante del N. 3 con GALIAS nel dritto.

6. Grosso e. s. (gr. 3,300).

D: Croce GALEAZ M SFORZA D lAXE

Busto come nei precedenti.

R: _ Croce CONR AD -R ROMANR- (nR in monogramma) C CHTT Castello e. s.

Arg. (Tav. I, N. 5).

DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE DEI.t>\ ZECCA DI SCIO 7

7. Grosso e. s. fgr. 3,300).

D: Croce GALEAZ :\r SFOP.ZA D TANVE

Busto e. s., ma lo scettro è terminato da un giglio.

Il: _ Croce CONRAD -R- ROMANOR (xR in monogramma

e 1' 0 piccolo al disopra) C ' CHII ' Castello e. s.

Arg. (Tuv. I, N. 6).

Finora non si conoscevano che duo monetine di Galeazzo Maria Sfoi"za coniate a Scio. Una fu pub- blicata dal Promis (La Zecca di Scio durante il do- minio dei Genovesi. Torino, 1865 ; pag. 50 e Tav. Ili, n. 37) ; l'altro dallo Schlumberger iXiimismatique de rOrient latin. Parigi, 1878 ; pag. 427 e Tav. XV, n. 2). Il Lambros poi , riassumendo queste due monete nella sua recente opera sulla zecca di Scio {Mzixm'iv/.'x. -iw.'.vi.y-x Tt.jv ìi'j'txn-L'ri -y,; Xi-'/j-Kv AOr,a.i?, 188G), non ne trovò alcun'altra da aggiungervi.

Questi sei grossi dello Sforza sono di tipo affatto sconosciuto, e presentano varii caratteri clic è neces- sario rilevare. Anzitutto vi vediamo l' intero busto del duca, cosa affatto nuova nelle monete di questa zecca. La testa è coperta da un berretto presso a poco come quello che vediamo su di alcune monete d'oro e d'argento di Gio. Gal. IMaria Sforza battute a Milano. Altra particolarità singolare si è lo scettro 0 bastone di comando che il duca tiene nella destra. Tale scettro è per lo più terminato da una pigna, e, in un esemplare, da un fiore somigliante ad un giglio. Le monete italiane di quell'epoca, clic portano effigie di principi , non hanno mai tale emblema. Lo vediamo però un secolo più tardi in alcuni talleri e frazioni di tallero di alcuni principi di Correggio, di Desana , Firenze , ^lantova , Messerano , Tassa- rolo, ecc., e più sovente; sopra monete coniate pel

l'KANCK.SCO ED EIU.'OI.I-: (i.NKCCIll

Levante e per l'estero in genere. Così, per esempio, Cesare d'Plste Duca di Modena si fece cflfìgiare colla corona e lo scettro sopra due talleri coniati appunto pel Levante. Pare che questi principi adottassero tali emblemi sulle monete destinate al Levante per accrescere colà la loro autorità ed uguagliarsi in certo modo ai legittimi sovrani, che stampavano sulle monete le loro effigie adorne di quel segno di alta sovranità. È probabile che per lo stesso motivo Ga- leazzo Maria Sforza si sia fregiato dello scettro nelle monete coniate in Scio, mentre evitò sempre di ripro- durlo sulle sue monete coniate a Milano, gran parte delle quali portano il suo ritratto.

Nel rovescio di questi grossi vediamo il solito ca- stello colle tre torri e sopra queste Taquila coro- nata (1). Lo Schlumberger nell'opera citata, parlando delle monete di Scio che portano tale emblema, dice che queste devono essere posteriori alla domi- nazione di Gal. Maria Sforza, perchè sulle sue due monete conosciute l'aquila non figura. Ora è provato dalla comparsa di questi grossi che tale emblema , risale almeno all'epoca dello Sforza. Il peso di questi sei grossi di Gal. Maria Sforza è di gr. 3,300 , e corrisponde perfettamente a quelli de' suoi grossi battuti a Genova; il titolo pare di eguale bontà e probabilmente furono battuti colla stessa legge , e forse in Genova stessa , come accenneremo più avanti.

(1) Nel 1413 l'imperatore Sigismondo accordava a Francesco Giusti- niani Campi il privilegio di fregiare il suo stemma dell'aquila imperiale. Pare però che por circa mezzo secolo la Maona non abbia fatto uso di quest'emblema sulle sue monete di Scio.

IH AI/TNE MONKTK INFUITK V. scoNOSCll'TE DEM.V 7.KCC\ HI Srio

MAONA-ANONIME.

(Scc. XV).

8. fh'O.sso o (jigìiatij (gr. o.2<XTi,

D: Croce : CIVITAS : Rosem : CHIT.

Castello colle tre torri, sormontato dall" aquila coronata.

R: _ Croce : CONRADVS : KEX R

Nel campo Croce.

Avg. (Tav. T, X. 7).

9. Grosso e. s. Cgr. 3.2W).

D: Croce : CIVITAS : liosma : CHII : Castello come nel precoilente.

R: _ Croce : COXRADVft : REX il:

Nel campo Croce.

Arg. (Tuv. 1, N. 8).

Questi (lue grossi non sono che duo varianti di quelli pubblicati dal Proniis , dal Lanil»ros e dallo Schlumberger nello loro 0])ere citate.

Il loro peso è approssiniativanientc ([uello dei duo grossi simili citati dal Piouiis [op. ci/.) alle pagine 47 e 4S, e riportati alla Tav. IH n. -2'.) e 81, e il loro titolo probabilmente della stessa l)ont<i.

Per le ragioni quindi citate del Promis. questi grossi assai verosimilmente furono coniati dalla ]\laona colle identiche norme dei contemporanei grossi di Genova, cioc corrispondenti portettamento a quelli in peso e titolo, acciocché quelle moneto di Scio potessero aver facilmente corso nella madie patria e fossero rese pii'i facili lo contrattazioni e gli scambi fra i Genovesi e gli Sciotti. Questi due grossi poi, come quelli di Gal. ^I. Sforza or ora citati, sono per tipo e per arte assai mig]i(n'i di tutte le altre monete di Scio, le quali presentano ccjstantemente la rozzezza delle monete battute nel Levante. P]ssi potrebbero

10 rRANCESr-l) ED ERCOLE flNErCHI

quindi essere stati coniati nella zecca stessa di Genova, o almeno pnò darsi die i suoi conii fossero apprestati da un bravo artista di quella zecca.

MAONA DOGI ANONIMI.

(Sec. XVj.

10. Grosso 0 (//(jlia/o (gr. 3,545).

0: f^■oce^ -DVX * IANVENSIV.M ■'

Il doge seduto di fronte a capo scoperto e colla spada nella destra.

jl : _ Croce : CONRAD R RO:\rAXOR C C

Castello colle tre torri, sormontato dalfaqnila coronata ; dietro (|Uosta nna Croco.

Arg. (Tav. 1, X. 9).

11. Grosso e. s. (gr. 3.5.50).

J) : Come il precedente.

Il doge seduto di fronte col berretto e la spada nella destra.

R : rroce: CONRAD R ROMANOR C CHII

Castello e. s.

Arg. (Tav. I, X. 10).

Questi duo grossi pure sono singolari e affatto sconosciuti , sia per la leggenda dvx i.vnvexsiv.m che non vedemmo mai usata , eccetto che pei gigliati e i tornesi, sia per Finnnagine intera del Doge, che non figura in alcuno dei grossi fin qui conosciuti. Il Promis nella sua opera citata sulla zecca di Scio afferma esistere nelFArchivio di Stato di Torino (lo- iume Dicersorura , mino J.4~>S) un Decreto del Doge di Genova in data 2 dicembre 1458, in cui si proi- bisce la spendita di un grosso di Scio di nuovo stampo, allora venuto fuori col solito stennna del- l'isola 0 meglio della ^laona da una parte e dall'al- tra colla figura di un uomo che tiene una croce in mano. Può darsi che, ritenendo una croce quello che in queste monete è uno scettro o una spada, il de- creto ducale accennato si riferisca appunto a questo

Ili ALCLNI-: MONKTK INKDITE K .SCONOSCIUTE DEI.t.A ZEOC.V DI SCIO 11

tipo di moneta, se non precisamente alle monete in discorso.

Xoi confesseremo francamente che abbiamo molto esitato prima di assegnare a questi grossi un'epoca posteriore a Galeazzo Maria Sforza. Il tipo più rozzo di questi grossi , confrontati con quelli dello Sforza e anche i caratteri meno accurati e di forma più antica tendenti piuttosto allo stile gotico che al romano, accennano, ci pare, a un'epoca anteriore ; ma l'argomento più forte dell'emblema dell'aquila e della leggenda cini (in luogo di su) che, per lo ragioni accennate dal Lambros e dallo Scldumberger, non furono usati sulle monete di Scio priuia del dominio dello Sforza, ci hanno persuasi ad assegnare loro un'epoca posteriore, spiegando l'apparente contrad- dizione colla supposizione che (questi fossero battuti nell'isola di Scio, mentre quelli dello Sforza furono assai probal)ilinente a[)prestati nella zecca di Genova, come Promis suppone lo fossero anche quelli anonimi della ^laona, di cui abbiamo discorso più sopra.

Del resto anche la paleogralia è una guida molto incerta in quest'epoca di transizione. Troviamo mo- nete di un medesimo principe talora con caratteri gotici, talora coi romani ; qualche volta perhno, in alcune monete di Galeazzo Maria Sforza battute in Genova , troviamo variati i caratteri dal dritto al rovescio della stessa moneta.

Ma, tornando ai dui,' grossi anonimi in discorso, oltre lo stemma e ra([uila, appare in essi un terzo emblema, nuovo nelle monete di Scio, la Croce, la quale verosimilmente dovrebbe esser lo stemma della città di Genova. Essa è posta al di dietro dell'aquila e appare specialmente pei suoi bracci orizzontali. Tlitroveremo questo medesimo simbolo nel grosso del i-e di Francia, e ne riparleremo.

12 fUANCESCO Kl) ERCOLE GXECCIII

LODOVICO XII re di Francia.

(1500-1612).

12. Grosso o qigUaf.o (gr. 3,000-3,550). D: ••• REX FRANCIE DNVS lANVE

Il re coronato seduto di fronte colla spada nella destra.

R: __ Croce CONRAD R ROMAXOR C CHII rosetta. Castello colle tre torri, sormontato dall' aquila ; dietro questa una Croce.

Arg. (Tav. I, N. 11).

Questo grosso col rex Francie ò fra le monete del ripostiglio la più singolare e la più meritevole d'e.ssere studiata. Il suo tipo somiglia moltissimo a quello dei due grossi dei dogi anonimi oz'a citati. Vi somiglia al punto clie , oltrecchè ritenerli di epoca vicinissima, non sarebbe forse temerario l'attribuire quei primi due allo stesso re di Francia rappresen- tato come doge di Genova, se non vi fosse da fare un' altra piccola , ma importante osservazione : Nei grossi di Galeazzo Maria Sforza, come in quelli dei dogi anonimi, V Aquila, che sovrasta al castello e che costituisce lo stemma dei Giustiniani, è coronata , mentre non lo è più nel grosso del re di Francia. Il che è ovvio e naturale , se si considei'a che la corona in capo all' aquila era il segno della sovra- nità imperiale, segno che si conveniva assai bene ai dogi di Genova , ma non al re di Francia. Qui la corona non è più in capo all'aquila; è passata sulla testa del re.

Ora la qiiistione importante si è di stabilire, a quale dei re di Francia sia da attribuirsi questa moneta. Quattro sono i re di Francia che furono Signori di Genova, e perciò anche di Scio. Carlo VI,

DI ALCUNE MiINKrE INEDITE E Sf(lNOS(U-TE DELLA ZECCA DI SCIO ìli

Carlo VII, Lodovico XII e Francesco I. E qui ci converrebbe ripetere il ragionamento fatto poco sopra a proposito dei due grossi anonimi colla leggenda

DVX lANVEXSIVM.

Stando al tipo lo avremmo attribuito piìi volentieri a Carlo VII (scartando Carlo VI , come quegli clie ebbe un dominio troppo breve e contrastato in Ge- nova), ma l'aquila e la leggenda ci ni ne fanno sta- bilire l'epoca più innanzi e posteriore alla domina- zione Sforzesca. Esclusi quindi Carlo VI e Carlo VII, il quale perdette il dominio di Genova nel 14G0, restano gli altri due^ Lodovico XII e Francesco I ; fra questi, tutto ben ponderato, ci pare sia da sce- gliere il primo come quello che è più vicino all'epoca dello Sforza e die regnò per maggior tempo. Un'altra ragione verrebbe a convalidare la nostra attribuzione, ossia l'emblema della Croce, die come accennammo è lo stemma della città di Genova. In buona parte delle monete di Lodovico XI 1 battute a Genova, quali testoni, mezzi, quarti, ecc., noi vediamo que- st' emblema appajato e sovrapposto all'altro stemma della città, la Por/a. Tale emblema scompare nelle monete di Francesco I per Genova, per non ricom- parire che più tardi in altre monete.

Tali sono i motivi pei quali noi abbiamo attribuito il grosso col titolo nv.x iranch-: a Lodovico XII. Con che però non intendiamo di dar un giudizio assoluto e inappellabile, compito sempre difficile e sovente impossibile, quando si deve vagare nel cam]io delle congetture, senza dati precisi e senza un punto fisso da cui non si possa assolutamente dipartire.

Se fra queste monete del poso di gr. ;3,550 e 3,G00 equelle contemporanee di (Jenova esista un rapporto, difficile sarebbe stabilire , e giova ricordare che siamo precisamente nell'epoca, in cui il governo della

14 K. KIl K. (;NK( ( ili - DI AL' LM: MDNKrK INEIUTK III SCII)

Repubblica muoveva continue rimostranze ai Mao- nesi, per lo scapito in cui erano cadute le loro mo- nete di Scio, in causa degli enormi abusi e delle frodi introdottesi nella loro zecca. Perciò anche il peso e il titolo sono guido assai poco sicure.

Può darsi che qualcheduno più di noi fortunato nelle sue ricerche, abbia a tro\'are altri argomenti o dati che servano a meglio rischiarare le idee e stal)iliro i tatti in proposito, e noi lo desideriamo nel- l'interesse della scienza.

Fi-attanto, riassumendo la nostra breve disserta- zione, abbiamo la compiacenza di accennare che il ripostiglio, di cui parlammo, ha dato in luce oltre a qualche varietà nelle monete di Scio, le seguenti importanti monete di questa zecca , facendo cono- scere due nomi nuovi :

I. 11 Mata})ane da noi attribuito a Poleologo e Benedetto II Zaccaì-ia.

II. TI Ci rosso di Galeazzo Maria Sforza colla figura del duca, in sei varietà distinte.

III. Il Grosso o gigliato della Maoìia col dvx ANVKNSivM 0 colhi figura del Doge, in cinque esem- plari variati.

IV. Il Grosso o gigliato attribuito a Lodo- vico XII coll'efiige del re, di cui conosciamo già cinque esemjdari di conio differente.

Francesco ed Ercole Gxecchi.

IL RIPOSTIGLIO DI LURATE ABBATE

A Lnrate Abitate in provincia di Como, nell'agosto dello scorso anno, esegnondosi alcune riparazioni in nna casa colonica di proprietà del Xob. D. Cosare Gagnola, venne scoperto un ripostiglio di numerose monete d' argento con qualcuna d" oro , le quali fu- rono presentate per esame al Gabinetto Numismatico di Brera.

Erano lien 127-'5 monete medioevali, per la mas- sima parte italiane : lo stato di conservazione , ot- timo od almeno soddisfacente in quasi tutte , per- mise di ripartirle con sicurezza fra le varie zecche alle quali appartenevano , e di stabilire con molta probabilità il tempo cui risaliva la loro coniazione.

Si è appurato così, che nessuna di esse poteva assegnarsi ad un" epoca posteriore alla metà del se- colo XIV; e che il ripostiglio dovrebbe datare anzi, presumibilmente , dai primi decenni di tal secolo, intorno cioè al 1.'320.

La quantità ragguardevole dei pozzi , la varietà delle zecche rappresentate , il pregio e in qualche caso la straordinaria i-arità ed importanza storica di talune monete , ci sombrano rendere al)bastanza cospicuo il ripostiglio di Lurate Alibate, perchè me- riti di serl)arne memoria nel suo complesso, in luogo di limitarci a dar notizia delle cose più peregrino in esso contenute.

16 SOt.CJ.NE AMHKDSdl.I

Ci si permetta quindi una rapida rassegna dell'in- tero ripostiglio , nella quale non ci solTermeremo fuorché quando la rarità o l' interesse scientifico ci parrà giustificarlo.

Il maggior numero era di monete venete, e più particolarmente di matapani , che oltrepassavano le cinque centinaia, suddivisi come segue : 9 del doge Pietro Ziani ; 10 di Jacopo Tiepolo ; G di Marino Morosini ; 90 di Renier Zeno ; 39 di Lorenzo Tie- polo ; 35 di Jacopo Contarini ; G4 di Giovanni Dan- dolo ; ben 317 di Pietro Gradenigo , e 4 di doge incerto. Vi si trovavano inoltre G zecchini di Pietro Dandolo, ed un bell'esemplare di quello rai'issimo di Marin Zorzi.

Ai matapani di Venezia erano frammiste varie imi- tazioni, di gran lunga più rare, alcune preziosissime anzi, eseguite in altre zecche: ne diremo più avanti.

Venivano in seguito le monete di Merano, in nu- mero di 188; di esse, 25 erano grossi aquilini attri- buiti al conte Alberto, col nome della zecca, e 1G3 grossi tirolini di Mainardo II.

A questi ultimi se ne accompagnavano altri di ben maggior pregio, vale a dire sette grossi repub- blicani d'Ivrea, e due di Acqui del vescovo Oddone Bellingeri.

La zecca di Trento era rappresentata da tre grossi vescovili del secolo XIII.

Le monete- francesi tenevan dietro per numero a quelle di Venezia e di Merano ; vi si noveravano in- fatti 181 grossi tornesi ed un mezzo tornese di Fi- lippo IV il Bello , e 18 grossi tornesi di Carlo II d'Angiò, come conte di Provenza.

Anche con queste monete , belle ma comuni , si trovavano alcune rarissime imitazioni italiane, delle quali pure parleremo in seguito.

U, RlPOSTIIil.KJ DI I.l'nATK AIUìATK 17

Milano teneva il quarto posto con 84 pezzi, cosi ripartiti : 4 denari di Lodovico I il Pio ; 49 soldi della prima Repubblica; 2-'') grossi da soldi due, e 5 esemplari del pregevole soldo dell' imperatore En- rico VII; infine un denaro di Lodovico V il Bavaro.

Il rimanente del ripostiglio abbracciava monete uscite da svariate zecche italiane , con predominio dell'alta Italia.

Genova vi era rappresentata da otto genovini d'oro, di epoca anteriore alla istituzione del Dogato; Tortona, Pavia, Brescia, rispettivamente da due, tre ed un grosso della Repubblica ; Cremona da due bei grossi col Sant'Imorio ; Piacenza da 2G grossi, pure repubblicani : Parma da uu esemplare dell' interes- sante grossetto battuto fra il 12tJ0 e il 1290; Reggio da un bolognino del vescovo Nicolò Maltraversi ; Modena da 4 grossi col nome di Federico; Bologna da 2G bolognini repubblicani.

La Toscana figurava per quattro zecche : Firenze, con 14 fiorini d'oro e \'-ì popolini della Repubblica; Pisa , con 5 mezzi grossi col nome di Federico ; Siena, con 4 grossi del prh^cipio del secolo XII : ed Arezzo, con lo mezzi grossi repubblicani.

Brindisi vi aveva '5ò esemplari della bella moneta di Enrico VI imperatore, senza nome di zecca, colla leggenda: iiknricvs kex si-:>u>i:k avovstvs, da molti attri- buita piuttosto, non senza valide ragioni, a ^Milano.

Di ]\Iessina vi si trovavano 8 tari di Pietro I di Aragona e Costanza, 3 di (fiacomo , e 13 di Fede- rico II.

Ma l'interesse maggiore del ripostiglio di Lurate Abbate risiedo nello monete d' imitazione che ne facevano parte, e die si scindono in tre grappi: imi- tazioni del grosso tirolino, imitazioni del matapane, ed imitazioni del grosso tornese.

18 soi.ONp; AMimoSoi.i

Del grosso tirolino, come si è detto, vi erano al- cune imitazioni di Ivrea e di Acqui.

Del niatapane , oltre alcune contraffazioni del re Urosio II di Serbia, ti che male ha visto il conio di Vinegia " , vi erano lo seguenti :

Un esemplare del matapane, assai raro, di Filippo di Savoia, principe d'Acaia '^), pertinente alla zecca di Torino.

Sette esemplari del pregiato matapane battuto in Chivasso da Teodoro I Paleologo , marchese del Monferrato (2).

Duo esemplari del rarissimo matapane anonimo di Ponzone, colla leggenda: D." PONCO ('^J.

Tre esemplari dell'interessantissimo matapane cui accenna Domenico Promis a pag. 50 della citata sua memoria sulle Mo/ìefe inedite del Pierannte (Si'pple- mento, Torino, ISGG); e ch'egli poi descrive più minu- tamente, in due varietà, pubblicandone anche il di- segno, neirultima delle sue preziose memorie W.

Qui cadono in acconcio alcune osservazioni.

Di tale matapane, l'illustre nummografo non ebbe dapprincipio soft' occhio che un solo esemplare, sco- perto alcuni anni prima , e poiché il medesimo era assai logoro non riusci che a leggervi, dubitando: HEN...CVEI. " Quando invece di un I vi fosse un T, al lora " osserva egli " si troverebbero le prime lettere di Curtismilia, ma altrimenti essendo, non so come ciò spiegare " . Più tardi, acquistò pel medagliere di S. M.

(1) Promis Domenico, Monete inedite del Piemonte, Supplemento, To- rino, 18G6, Tav. II, N. li».

(2) Promis I)., Monete dei Paleologi, Torino, 1858, Tav. I, N. ].

(8) Mokel-Fatio, Coì'temi</lia et Ponzone , Monnaies inédites , in Revue de la Xamisma'iijite belge, ISfi"), Tav. XV, N. ?i.

(-1) Promis D., Monete di zecche italiane, inedite o corrette. Memoria terza, Torino, 1871.

IL RIPOSTIGLIO DI LDRATE AURATE 10

un"altra varietà della stessa moneta, e coiraiuto di essa potè completare la leggenda. Questa sarebbe, pel primo esemplare : HEN 7 CVRT, per il secondo: HER:E3 CVE. 0'

Invece , pei tre esemplari del nostro ripostiglio , sull'uno, è vero, si leggerebbe pure: HER : E3 CVR., ma sull'altro si leggo: HER. 7 CV>>R., e sul terzo, infine, distintissimamente: HENR. 7 CVM?. (Tav. n, N. 1).

Ora, Domenico Promis, basandosi sul CVRT della sua prima moneta, attribuisce con acuta ed erudita indagine genealogica i suoi due matapani ad un En- rico marchese di Novello in unione ai Cortemigliesi, interpretando la leggeiida così : e; Ilenricus et Cur- tismilia' marchio o forse marclilojies " (-), e li assegna alla zecca di Cortemiglia.

]S[a questa interpretazione, so è ammissibile pel nostro primo matapane con: HER : E) CVR., non lo può essere per gli altri due, die hanno chiara- mente: CV^>sR., dove il nesso NR esclude la lettura: Curtismiliie .

Per questi due esemplari, noi proporremmo invece addirittura l'interpretazione: Ih-nricus et Cunnuhis, che è ovvia affatto per Tultimo matapane con HEM?. 7 CVNi; e crederemmo di j)oterli assegnare alla già mentovata zecca marcliionale di Ronzone , sotto la signoria di un Enrico e di un ('orrado. Infatti, nel- r opera del Litta , alla Tav. HT degli Aleramidi , troviamo ricordati appunto fra i Marcliesi di Pon- zane i duo cugini Enrico (Enrichetto) e Corrado (Cor-

fi) Promis D., 1. e, Tav. IV, X. 10, o Tav. V, N. .',0.

(-2) Poicliè , tanto negli esemplari pubblicati dal Promis quanto in quelli del nostro ripostiglio, lungo Tasta del vessillo si trovano disposto verticalmente le letture MCII, cuiac sui mataiiani di altri marchesi.

20 SOLONE AMHROSOM

radino) ^^J, clic vivevano sul principio del secolo XIV, ossia al tempo cui appartengono secondo ogni pro- babilità i niatapani in discussione.

Ma la singolarità dell'abbreviatura HER per Jleti- ricus (2.' avendoci suggerito un esame più minuzioso del matapane con HER : E 3 CVR., ci condusse ca- sualmente ad osservare che sopra le lettere ER vi è una lineetta abbreviativa (HER) per indicare l'o- missione della N; e allora, per analogia, abbiamo cercato e ritrovato la stessa lineetta sopra la let- tera V, quantunque difficilmente discernibile fra le peiiine del contorno. Abbiamo dunque l'abbreviatura CVR., che a nostro avviso dovrebbe equivalere al CV^R. degli altri due esemplari, e quindi essere in- terpretata: Cunradus.

In tutti questi matapani enigmatici, pertanto, tranne forse in quello pubblicato da Domenico Promis al N. 49, Tav. IV della sua terza memoria , ove si legge veramente CVRT (•'') , non si sarebbe voluto indicare il nome di Cortemiglia, ma bensì quello di un Corrado, associato ad un Enrico, e tali monete potrebbero essere attribuite, a nostro modo di vedere, alla zecca di Ronzone.

Si noti poi una circostanza : Domenico Promis, nella menzionata sua memoria, dell'anno 18GG, par-

(L) Corradino è figlio di quel Manfredino die il 22 nov. 1290 aveva l'icevuto investitura del marchesato di Ponzone dai Genovesi, facendone il giuramento con patti eguali a quelli fatti dal cugino Enrichetto , e comprendendosi nella investitura i discendenti dei due sessi. (Litta, 1. e).

(2) Non la troviamo infatti registrata dal Lexicon Diplomaìicum del Walther, ne dal Diclionnaire des Abróviations dello Chassant , e neppure da un'opera speciale com'è il N^timismalisclìes Legenden-Lexicon del dili- gentissimo Rentzmann , dove il numero delle abbreviature di Henricus è pure straordinario.

(3) Come gentilmente ci comunica il chiarissimo sig. Comm. Vincenzo Promis.

II. RlPUSTKil.ln DI I.l'RATE AHIÌATE 21

landò del primo niatajiaiic, allora per lui incerto, osserva che in osso si leggo il nome del santo così: S. MICHAEL, mentre iiel matapane di Cortemiglia (di cui il disegno) vi ò scorrettamente: S. MI- ÒAEL, senza la H. Ed anche l'altra varietà della stessa moneta cortemigliese, pubblicata dal ]Morel- Fatio. ha: S. ^IICAEL (').

Invece, sui tre nostri matapani di Einico e Cor- rado vi è correttauiento S. MICHAEL, colla H; e S. MICHAEL vi ò pure su quelli di Ponzone (2). È vero che la varietà con HEl' : E3 CVR, pubblicata da Doni. Promis al N. od Tav. V della terza me- moria , sembra scompigliare questa coincidenza : poiché vi si legge: 8. INIICAEL, senza la H; ma il eh. Comm. Vincenzo Promis, da noi interpellato in proposito, ci informò cortesemente clie anche su quel matapane (conservato nel medagliere di S. ^l. in Torino) si legge in realtà : S. ^MICHAEL , e che la lettera H fu omessa por una svista nel disegno (•').

Per conchiudero, i matapani elio appartengono indiscutibilmente a Cortemiglia hanno ha leggenda scorretta: S. MICAEL: quelli che puro indiscutibil- mente appartengono a Ponzone lianno invece : S. MI- CHAEL; e S. >riCHAEL si legge ]iure su tutti i suddetti matapani colla leggenda enigmatica.

Ci send)ra elio tale cii'cnstanza. per quanto possa giudicarsi secondaria, dcblm avere un certo peso nella determinazione di queste monete, e che la digerente grafia potrebli'esscre considerata in questo

(Ij ^roRKI.-FATIn, 1. ,„ N. 2.

(2; Tav. II, N. 2 ('lai i-ijost. (li Ijivafo Al.b.). f'onlV. audio ^F.irei.- Fati'i, 1. e. N. 3.

(:')) Cosi pure si le,o;i;T in un inadqi.'HK- a]'ii.avlcuoute alla uifili'sinia varietà, il quale jiroviine dalla C'ulleziouo Mcutennovo, ctl è O'jgi pos- seduto dal Sip;. E. Gncrclii.

22 SOLO.NE AMliKU.S<jl.I

caso come l'impronta personale doU'artefìce, che riveli la provenienza dall'nna piuttosto che dall'altra zecca.

Per ultimo aggiungeremo un'altra ipotesi, che avrebbe il vantaggio di scostarsi meno, in parte, dal- l' autorità dell' illustre numismatico piemontese : i mata pani medesimi, pur non appartenendo a Cortemigiia a Ponzone, potrebbero essere stati battuti bensì da Enrico marchese di Novello, ma in unione a suo fratello di nome appunto Corrado, marcliese di ^[illcsimo. In tal caso, questa di Novello 0 di Millesimo sarebbe una nuova zecca da aggiun- gere alle numerose degli Alcramidi.

Ma abbastanza ci siamo ormai trattenuti su que- st'argomento; procediamo quindi nella nostra enu- merazione.

Del grosso tornese, il ripostiglio di Lurate Abbate ci offriva imitazioni uscito da tre diverse nostre zecche, e due almeno di esimia rarità.

In primo luogo, tre esemplari del bellissimo grosso tornese repubblicano di Asti (i->, due dei quali appar- tengono a varietà distinte da quella pubblicata dal Promis , perchè alcune lettere hanno in essi una forma differente.

Indi un grosso tornese , battuto in Cuneo da Carlo II d'Angiò, come conte del Piemonte C-^). Questa moneta, già preziosissima per se, costituisce essa pure una nuova varietà, per la forma della lettera C ch'è quadrata (E) invece di tonda , e per un differente modo di abbreviature nella leggenda (Tav. II, N. 3).

(1) PiioMis T>., Monete della zecca d'Asti, Torino, 1853, Tav. I, N. 10. -— Della zecca astii^'iana, oltre ai grossi tornesi, si trovavano nel ripostiglio anche un grosso comune e due mezzi grossi.

(2) Promis D., Monete inedite del Piemonte, Supplemento, Torino, 18G0, Tav. IV, N. 30.

U. RII'dSTKil.IO r>I I,ru\TK ARHATE 23

Infine, per giungere alla perla del ripostiglio, uno splendido grosso tornese di Cliivasso, battuto da Teo- doro I., moneta non solo inedita ma, riteniamo , affatto sconosciuta.

Eccone la descrizione :

Peso grammi 3.98(.).

Dirit/o : Croce nel campo, entro giro di perline. In- torno : + THE0D0RY8.

In altro giro esterno: + EXCELLETfl i INPATOEIS : GEECOR : FILIVS.

Rovescio: Nel primo giro: (roseita} MCH'O ;■ MOTIS, e nel campo : FER fra tre jiunti.

Nel giro esterno : + BENEDICTV ; SIT ; NOM ; DNI : IHV : X (Tav. II, N. A\.

Com'è noto, Teodoro T di Monferrato ora figlio di Andronico II Paleologo imperatore d'Oriente (').

Theodoj-i's excoJJentissìiiiì irapcratoris Graecorum plius , sono, secondo il Sangiorgio v-), le parole te- stuali con cui incomincia la lettera rivolta da Teo- doro a' suoi vassalli nel 1-'>()<J per dar loro notizia della sua venuta in Casale.

Con questo cimelio chiudiamo la nostra breve rassegna del ripostiglio di Lurate Ablìato , aggiun- gendo che l'intero ripostiglio passò in proprietà del Cav. Ercole (Inecchi di stilano , la cui splendida

(1) Il Vedendosi a' s\ini ultimi iiKiiucnti e senza fij^liuoli masclii Gio- ii vanni marchese di Moiil'enato direttaineutc discendente da Aleramo, u con testamento iltd IS Ljeniiaio 1:!05, lasciò il suo dominio alla sorella Il Violante, chiamata da' Greci Irene, moi^lie di Andronico Paleologo il Il vecchio imperatore di Costantinopoli. Essa destinù questo stato al suo u secondogenito Teudoro... Api>ena preso possesso d(d luiovo stato, Teo- )i doro fece coniar monete d'argento a nome ])roprio in Cliivasso... perchè u si credè possedere tal diritto rome fiLjliuolo (l'un imperatore di Costan- ti tinopoli. )i (PiioMis, Monde drl l'atcului/i, [>ag. 10-11).

{2j S\yr,inR(;\ii, Cronica, edita dal ^'ern;lz/,a. 'l'orino, ITSO^ pag. Ili,

24 Sor.clNK AMBROSOI.I - li. Kll'nSrKU.IU m U'UATK AIIHATK

collcziniic (li monete inedioevali .si è quindi ornata di altri importantissimi poz/.i.

Tuttavia, tre monete del ripostiglio di Lurate Ab- bate sono venute ad arricchire il Gabinetto Numis- matico di Brera , cioè uii grosso torneso di Asti , un matapanc anonimo di Ponzonc, ed uno di Enrico e Corrado, notando che la rarissima zecca di Pon- zone non era ancora rappresentata nel medagliere braidense.

Solone Amiskosoli.

I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO

ALLA CORTE DI MANTOVA

I.

ERMES FLAVIO DE BOXIS.

Chi rivel(') por il primo agli studiosi l'esistenza di un artista di questo nomo, fu il sig. Alfredo Armand nel suo lavoro sui medaglisti italiani del rinasci- mento (1), ove, descrivendo una medaglia di Alexander Etruscus , notava come la leggenda del rovescio Li Hermes Fiaviits A/jolii/ii suo consecravii ?? potesse riferirsi all' artefice che l' aveva eseguita. Qualche tempo dopo, spogliando i copialettere del vescovo Lo- dovico Gonzaga, conservati nell'Arcluvio di Stato di Parma, mi vrune fatto di trovane diversi documenti relativi ad Ermes Flavio, che permettono di rico- struirne fino ad un certo punto la vita e che valgono a porre in luce una curiosa figura di artista difettante e famigliare di un prelato che dell' arte fu aman- tissimo ("2J.

(1) AiiMAND A. Les inrdaUlcws italiens des quinrirmo et seizième sir- cles. I, 120.

("2) Mi è caro render grazie al comm. Amadio Roucliini, mio venerato maestro, e al prof. Stffano Davari, i quali mi furono larghi di cortese aiutn Mfllc molti' iiiir ri'-oi'ilic : il j.rof. Davari. anzi, mise a mia dispo- sizione molti preziosi materiali già da lui raccolti, con squisita e rara liberalità.

2C L'MHERTcj KOSSI

Ermes Flavio de Bonis ebbe i natali a Padova da nobile famiglia (i); non si può precisare l'anno della sua nascita, ma convien credere che cadesse intorno al 1460, poiché nel 1483 lo troviamo al servizio del cardinale Francesco Gonzaga, che lo nomina nel suo testamento (2). IMorto poco dopo il munifico porpo- rato, gran parte do' suoi famigliari passò alla dijoen- denza di suo fratello Lodovico , vescovo eletto di Mantova, e fra costoro vi fu anche Ermes che entrò subito nelle grazio del nuovo padrone.

Infatti sulla fine del 1483, il vescovo Lodovico lo mandava a Castelgoffredo in compagnia di un certo Salomone da Sesso, ebi*eo, per compilare un inven- tario di oggetti esistenti nella rocca di quel paese (^J ; l'ebreo doveva fare un prestito prendendo quelle robe in pegno. Il 30 dicembre l'inventario era già com- piuto e quattro giorni dopo Ermes tornava a Man- tova, non senza aver appianato certe difficoltà che erano insorte tra l'ebreo e il commissario di Castel- goffredo W.

La dispersione di parecchi volumi dei copialettere di Lodovico Gonzaga non ci permette di tener sempre dietro a quanto faceva il nostro artista ; parecchi

(1) Negli indirizzi delle lettere scrittegli dal vescovo Lodovico è sempre detto de l'udtia o Patavino: e il vescovo, incaricandolo di tenere a battesimo un figliuolo della contessa Giovannella de' Pannicelli , lo chiama et nobile Hermes da Padua, nostro carissimo famigliare.

(2) MiiNTZ E. Les arts a la cour des Papes. III. 299.

(3) Arcliivio di Stato di P.irma. Carteggio Gonzaga. Commissario Castriginffredi. Maiuliamo 11 lo carissimo familiare nostro Hermes da Padua presente exliibitore e cum esso Salomone de Sesso hebi-eo per faro certo inventario come da dito Hermes intenderite. Vogliamo die gli provediati et in tutto faciati eseguire secundo che serite richiesto. Mantue, xxviiij decombris 1183.

(4) Ardi. sudd. Cart. sudd. Lettere ad Ermes , 30 dicembre 1483 e 3 gennaio MS-1.

1 MEDAGLISTI DT.I. RINASCIMKNTO ALLA TORTE DI MANTOVA 27

anni dopo egli era cresciuto d'assai nella stima del vescovo che gli affidava onorifiche missioni, e così il 9 febbraio del 148S lo inviava a Gazzuolo per tenere a battesimo un fighnolo della contessa Giovannella de' Pannicelli i^'), scrivendole in tal guisa :

t; ^Mandiamo el nobile Hermes da Padua nostro carissimo :. famigliare per contraher compaternità cnm vai et por ■~ tener el vostro novello figliuolo a baptosimo : et cussi por ■~ queste nostre li faciamo ad tal cosa mandato speciale , u. cum promissi(3ne d' haver sempre grato e firmo quanto a esso farà in nome nostro ;i ('2j.

Nello stesso anno Ermes si recava a Mantova presso il Marchese Francesco Gonzaga, incaricato di una speciale commissione dal vescovo (-^i; contempo- raneamente questi gli raccomandava anche di tro- vargli danaro presso i banchieri mantovani e pare che la bisogna non fosse troppo facile, perchè più di un mese dopo Ermes si trovava ancora colà W. Fors' anche 1" artista non riuscì noli' iutento e per questo gli convenne andare a Venezia, donde tornò verso la fino di marzo del 1489 '•"'-' e dove il vescovo

(1) La famiglia Pannicelli possedeva in l'eudo il borgo di Bolforte , presso Gazzuolo.

(2) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettera alla contessa Giovannella dei Pannicelli.

(3) Ardi. sudd. Cart. sudd. 111. D. Marcii ioni Mantue. Mando da la Exc. V. Ermes da Pailua mio dilettissimo scudero presente exliibitor , per rispondere certo mio bisogno, comò da esso intenderà : la prego si digni dare alle parolle piena lede et le peticioni mie voluntiera e.xliau- dire, di die quella mi farà singulare piacere, alla gratia di la quale mi raccomando. Sablonete, xi septembre 1488.

(4) Ardi. sudd. Cart. sudd. Lettera ad Ermes, 20 ottobre 1488.

(ó) Arch. sudd. Cart. sudd. Io. Trancisco Cxonzaga. Heri sera al tardo gionsi Hermes mio da Venetia , ({ual mi portò le introclusc let- tere Sablonete, 2o marti! llSli.

28 UMliKHTO ROSSI

aveva amici che gli procuravano danaro ad interesse non troppo forte.

In questo frattempo Lodovico Gonzaga aveva fatto voto di costruire nella chiesa di S. Pietro in Man- tova una cappella in onore del Sangue di Cristo , destinandovi la somma di mille ducati; ma vedendo che la spesa avrebbe superato di molto il preven- tivo , deliberava chiedere al Pontefice che volesse as- segnargli qualche indulgenza per potervi lucrare sopra (1). Fin dal principio dell'anno si era accumu- lata un' ingente quantità di materiali per la fab- brica C^) : il prelato che di cose d'arte era buon in- tenditore, s'incaricava egli stesso di scegliere le pietre

commettendo a Matteo de'

(1) Arch. sudd. Cart. sudd. Bernardino Castigato. Alias facessimo voto de edificare una capella in santo Piero dedicandola al Sangue de Christo quale è in epsa Cliiessia, che fu ritrovato in santo Paulo dalla bona memoria del R.™ Cardinale nostro fratello ; quale sangue è tenuto molto possitivamente in una certa camareta corno una sola lampade; et iu verità he poca veneratione ad una simile preciosissima relliquia et havendo noi dato principio alla predicta cappella, comò sapete e secundo la ohligatione del votto nostro siamo obligati de spendergli mille ducati et perchè gli anderà molto più spesa che li due. 1000 , imperò andarà più ornata che non estimavamo et desiderosi de tinirla in jJoco tempo, averessimo a caro de esser aiutati, hoc modo, che comò da voi intende- stivo da m. Zoan Pedro Arrivabeno nostro se crede che ne fusse facile ad obtenere simile gratia dal Nostro Signore, tuno et eo casu vogliamo lo pregiati nomine nostro si voglia dignare fare questo officio con el Pontifice de farne obtenere questa indulgentia, che crediamo ne debia esser facilissima ad impetrare Sabloneto, 10 martii 1489.

(2) Arch. sudd. Cai't. sudd. Francisco Gabloneta. Perchè havemo grandissimo desiderio finire questa nostra capella de san Pietro, vores- simo faoessive fare cento miliara de prede, non obstante quella quantità che insino bora è faota, che vogliamo faciate lavorare nelle nostre corte dove parerà a voi sia più bisogno et vinticinque carra di calzina , qual siano ad ordino con la quantità dello prede de quo supra per potere al bon tempo darò principio alba dieta capella a fabricare. Sabloiiete, 9 fe- briiarii 1 tSi).

I MEDAGLISTI DEI. RINASfl.MENTO ALLA CORTE III MANTOVA "29

Lectis a Verona clic gli procu l'asse delle colonne ; e gli scriveva in questi termini :

.; Nobilis, etc. Ho recepiito la mostra ilelle prede che .; ve havea dimandato , de le quale ve ne ringratio gran- ii demente, et ve mando qua introcluso uno eerto designo u d' una mia capella . (|ual voria fabrioaro , dove haveria a bisogno dell'opera vostra et ve prego non vi sia grave u ad faticliarvi in mio servizio; voria con diligentia inve- u stigasti da quelli maestri hanno prede della sorte et .. mostra mandata, se me poteriano fare bavere per questo - mio edificio coione che lussino longe piedi undici e la ti croseza vole esser piedi uno e quarti uno et quanto mi u constarano o il piede aut una de le predicte coione ; et a voria intendestivo quanto mi costarà el piede per quadra a de la dieta sorta de prede et quanto di questi piedi di u preda per quadro audarano a carichare uno caro et quelo ii mi costarà la conductura di uno caregio insino a Corte- li sela et la conductura de la barcha insino alla torre della a fossa et ho volsuto mandarvi per più vostra Information ~ il designo della predicta capella aciò non possiati errare u ad investigare diligentemente de omue cosa et vi prego Li. me significati particularmente de quanto ve ho dicto di « sopra, sebene mi dovesti mandare per meso aposta, quando u non occoresi altramente a spazare ; rimandandomi questo u mio desegno inilr^to che nunc ve mando et queste prede u. voglio che sian della mostra più tenera delle due me . havete mandato et bastani , mi offeriscilo alli vostri .; beneplaciti paratissimo. Benevalete. Sablonete, 20 mar- u tii 1489 V (1,1.

Ermes era già stato impiegato in opere d" archi- tettura da Lodovico, che gli aveva afìidata la dire- zione della faljbrica del palazzo in Ostiano --' ; com-

(1) Arch. sufld. Cari. sudd.

(2) Arci), sudd. Cart. sudd. Francisco Gablonotc. Volemo et comet-

30 UMHERTO ROSSI

piuto questo laxoro, venne destinato dal vescovo a soprastarc alla costruziono della cappella, e siccome il giovane architetto non poteva rimanere sempre a ]\[antova, il padrone gli diede facoltà di poter fare e disfare a suo piacimento, come appare dalla se- o-iiente lettera diretta a Francesco Gabbioneta fattore generalo del vescovado :

;; Volemo elio tTite quole lettere lo quale da mo avanti L'. vi scriverà Heriues nostro por uose spetanti ala fabrica .: dela nostra capolla, lo obodiati et inandati in executione .; non altrimenti cbe come proprie porcile omnibus et per ti omnia le liaveremo por cussi bone ac si bavestive tal co- ti missione de noi proprii )i (1).

Però malgrado le indulgenze papali e i mille du- cati del vescovo , la fabbrica della cappella andava un po' a rilento ; il comune di Desenzano si era ap- priato, per ristaurarc il porto, molte pietre che Lo- dovico aveva fatto comperare colà ('2i ; altri materiali dovevano venire da Lonigo, ma avendo da passare per guastati del duca di Ferrara, erano insorte quistioni per i dazii e quindi nuovi ritardi (^). Ermes intanto faceva continui viaggi a Mantova per attendere al- l'opera e qualche volta si spingeva anche a Verona, dove contrattava dei marmi W.

temo acceptiati per bone vina lista de spese facte per la fabrica del pa- lazo nostro qua, signata de man do Hermes, qual era deputato a quella, elio ascende alla suma di lire 180 soldi di moneta cremonesa. Hostiani, 21 septembris 148ÌJ.

(1) xVrch. sudd. Cart. sudd. Lettera a Fraucesco Gabbioneta, da Quingentole, 31 ottobre 1489.

(2) Ardi. sudd. Cart. sudd. Lettera al capitano di Salò , da Quin- gentole, 26 maggio 1819.

(3) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettere a Francesco Gabbioneta e al Duca di Ferrara, da Quingentole, 9 ottobre e 29 ottobre 1489.

(4j Arch. sudd. Cart. sudd. Hermeti Flavio Pat. Per risposta de

I MEDMILISTI DEL RlNASriMEN TO Ar.I.A CORTE DI MANTOVA 31

Il giovane artista cresceva sempre più in riputa- zione ed il marchese di Mantova , Francesco Gon- zaga, principe amante delle arti belle lo invidiava allo zio Lodovico; tanto che approssimandosi l'epoca stabilita per le sue nozze con Isabella d' Este , egli scrisse al vescovo che lo volesse lasciar venire per qualche tempo al suo servizio. Questi che già si tro- vava col nipote in poco buona armonia, non rispose direttamente a lui, ma si valse di Francesco Socco, suo cognato, a cui inviò la lettera seguente:

u ^agnifice, etc. La Excollencia del signor ^Marchese ti me lia scripto ch'io gli voglia compiacere de Hermes mio '. familiare per certo bisogno delle nozze dove è oxpediente u. l'opera sua et drizarlo alla M. V. do la qua! sera instructo u di quanto avorìi da fare: cussi lo mando quella a afino che ■■'■ intendi la mente di \'. 'SI. ]\Ia perchè di Hermes io ne ho de ti presenti gran bisogno, sta che l'absentia sua non potoria ti essere senza mio gran danno, liavondo lui di andar a Ve- u natia et in molti altri loci por comprar marmi et prede ti di altra sorte et do farle condur per uso de la fabrica a della capella mia in brevi, ad ciò che li magistri che si u sonno obbligati do darmi omno cosa fornita fra certo ti spatio di tempo, non liabiano causa do dolersi di me et u de prolungare più essa fabrica. Et siuiiliter havendo li a ti fornir la scpultura de la bo: me: di ]\radonna mia matre (1), ti alla qual non maneha nisi la sculptura delle lettere de ti lo epitaphio, non essendo ninno do' miei ajito a simili ti exercitii, prego la ^I. V. elio la voglia pregare lo Illu- ti strissimo Signor Marchese a non tenirmi desviato lo

quello ne scriveti 1' altro licri de quelli marmorari , dicomovi clic imi

siamo contenti darli sicurtà et la vOLjliamo ancora da loro Quin-

gentulis, 28 novcmljris 14';!».

(l) Per il sepolcro di Bai-bara di Brandobur_i;-o-Gonzaga, che og!j;i non esiste più e clie fu disegnato dal pittore Gian Alvise de' Medici, vedi il D'Arco, iMlle arti e detjli artefici di Mantova, II, 18, n." 20.

\ì'2 IJMHKKTu RUSSI

li familiar mio et farla excusatione mia cum S. Ex.''^, cum i: sit cli'io mi persuado che allo exercitio dovi sera ado- ii perato go ritrovaranno dolli altri et poi, se per sei od ì; octo zorni avanti la festa delle nozze, vorrà che Hermes ■' venga a servir in chosa alchnna lo predicto signore, non li solimi lui, sed etiam tuta la famiglia mia, essendo cussi ti expediente, serra al comando di sua Signoria. ^Mi farà in li questo la M. V. beneficio et piacer assai et a quella que li bene valeat mi raccomando. Quingentulis , 26 decem- II bris 1489. v

Come lo annunciava questa lettera, Ermes si recò a Venezia, dove, oltre ai marmi e alle pietre per la cappella, acquistò anche elei gioielli, clie il vescovo voleva offrire come regalo di nozze alla novella sposa (^); e non essendosi potuto concludere subito l'affare, vi tornò una seconda volta e riportò al pre-

(1) Arch. sudd. Cart. sndd. Petro Albano. Spectabilis , etc. : Vorria in queste nozze dello 111.""' S. Marchese fare una certa mia fantasia di donare alla sposa, la (jual non posso mandar ad effecto , senza l'adiuto vostro et delli amici. Ondo j)er tal rispecto mando Hermes mio familiare presente exliibitoro et lo drizzo confidentemente da vui, essendo certo di lo amore et alToctione me portati, et sapendo clie nelle occurencie mie sempre vi exhibiti promptissimo per satisfar a quello che cogno- sclti esser lo bisogno mio. Pregbovi adunque che vogliati affaticharvi iu metter per lo mani a dicto Hermes un mercatante zollerò, qual sia de zoio ben fornito et potente et confortarlo ad satisfar ad Hermes di tuto quello glie domanderà por ornamento do le fantasie mie , imperhò che del prctio qual si convonerà , sai-emo bon pagatori al termine debito , qual vorria fosse do la proxima pascha de la resnrrectione a uno anno e CUSSI venendo lo mercadante o mandando uno suo messo cum suffi- cienti mandato se glie farà ugni cautione et obligatione cliel vorrà. Hermes explicarà più distintamente el bisogno et intento mio a vui ; pregovi gli crediati quanto farestive a mi proprio et che vi atfaticliati in questo caso per mi. corno vorestive ch'io l'acessi per vui. Di che me fareti cosa gratissima et restarovi obligato , reputando di bavere rece- vnto ci beneficio da vui solo. Sonno alli piaceri vostri ; bene valete. Quingentulis, 12 ianuarii 1490.

I MEDAGLISTI DEL RIXASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 33

lato un lochv'o, dei balasci e un fermaglio (i). Il lodrio non piacque molto al vescovo che lo mandò a Boz- zolo al fratello Gian Francesco , perchè lo esami- nasse e lo stimasse (-); ma non sappiamo se in seguito lo abbia comperato.

Terminata questa bisogna, Ermes si mise di nuovo ad attendere alla fabbrica della cappella , che pro- grediva poco ; i tagliapietre accordati indugiavano a venire, e il vescovo gli scriveva :

u Vai attendereti ad sollicitare quelli altri taiapredi ohe u. vengano ad lavorare corno pivi presto n i3j.

Ma pili che gli uomini, mancava il denaro, sicché il vescovo fu costretto ad assegnare alla fabbrica lo rendite dei due porti sul Po , del Correggio e di Villa Sa^-iola, facendole pngare direttamente in mano ad Ermes (*'; e continuava ad instare presso di lui perchè gli operai lavorassero alla svelta (•^). Una nuova

(1) Ardi. sudd. Cart. sudd. Petro Albano. Spectabilis, etc. : Reman- dovi Hermes mio per ultimare la pratica do quel lodrio ; se da Domi- nico do Zorzi se potranno havero quelli baiassi no serò molto ben con- tento, cusi die non vi prego securamente vogliati faro el tucto, ne altri- menti spero in vui per farmi havere uno qualclio bello formalio, di quel precio, bontà et sorte ve dirà el predicto Hermes, ad cui credcreti comò a me proprio et ad li beneplaciti vostri me offero sempre. Benevalete. Datum Quingentulibus, xxiij ianuarii 140O.

f2) Ardi. sudd. Cart. sudd. Lettera ad Ermes , da Quingentole , 22 febbraio 1490.

(3) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettera ad Ermes , da Quingentole , 18 febbraio 140f».

(4) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettere a Francesco Gabbioneta , da Quingentole, 21! maggio 1491 e .'> giugno 1491.

(5) I copialettere di Lodovico Gonzaga fanno menzione di un maestro lìevtholami'o e di un marxlro Bcrnnrdino, ambidue tagliapietre : il primo entrò al servizio del vescovo nel 1489, l'altro nel 1491 e oltre ai lavori della cappella, fecero anche in quest'ultimo anno cinqiie para de Uonzelti per cinque camini.

0

34 UMBERTO ROSSI

lacuna nei copialettere ci toglie di sapere come il nostro artista abbia ultimata la fabbrica: lo troviamo però anche negli anni seguenti al servigio di Lodo- vico, che accompagnò nel 1499 ai bagni di Abano, dove rimase dai 7 ai 20 di giugno i^).

In questo stesso anno Ermes tornò ancora ad oc- cuparsi di architettura, avendolo il suo padrone pre- posto alla fabbrica di un palazzo in Castclgoffredo (2). Come già, prima per la cappella, egli si recò in quel paese con pieni poteri; fece venire da Ostiano diversi operai e si adoperò tanto, che l'edifìcio, cominciato in agosto, nell'inverno era quasi terminato.

L'ultimo lavoro d'architettura a cui si applicò, fu il palazzo Gonzaga in Gazzuolo. Il vescovo Lodovico faceva ristauraro il castello antico trasformandolo in una sontuosa fabbrica, adorna di sculture e di marmi, ed Ermes era specialmente incaricato di questo ri- facimento (3). Oggi il superbo palazzo non esiste più ; ma dai frammenti architettonici, capitelli, stipiti, ar- chitravi e bassirilievi diversi che ancora si vedono, sparsi in diverse case a Gazzuolo , si può arguire quanta fosse la magnificenza di quell' edificio , che

(1) Ardi, siidd. Cart. sudd. Lettera .a Tommaso Pasqualino a Ve- nezia, da Quingentole, 20 maggio 1499.

(2) Ardi. sudd. Cart. sudd. Commissario Castrigiufifredi. Venirà d. Hermes nostro marti o mercori proximo, qual informato del tutto sa- tisferà cirdia li legnami o vai interim fareti provedere alle grado et per- tcgoni ; similiter lui si risdolverà cum li magistri da cazole et quelle x opere. Resta die vui instati die li siano prede, sabia et calcina secundo ol bisogno et faciati proveder de alogiamento per 20 opere brazente che nui facemo venir da Hostiano. Quingentulis, 27 iulii 1499. Vedi anche lo lettere al Comune d'Ostiano, 27 luglio 1499; al commissario d'Ostiano, 31 luglio 1499; al commissario di Castelgoflfredo, 2 agosto 1499.

(3) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettera a Gian Francesco Cornacchia, da Gazzuolo, 7 maggio 1501.

1 MEDAGLISTI DEL RLNASI LMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 35

ospitò per qualche tempo una delle più brillanti corti italiane.

Oltre a questi, sappiamo anche d'altri lavori d'arte che Ermes esegui per il suo signore: costui, che era amante assai delle antichità , non avendo spesso i denari occorrenti per comperare le statue che gli venivan offerte, si accontentava di farne delle ripro- duzioni in gesso; Ermes era solito ad eseguire egli stesso queste copie e faceva venire appositamente il gesso da Mantova ''). In tal guisa il vescovo si era formata una galleria di riproduzioni pregevolissime, senza contare gli originali che erano parecchi e di molto valore; e quando sapeva che le collezioni dei suoi amici si erano accresciute di qualche statua di pregio, mandava a chieder loro il permesso di trarne copia in gesso; così fece con Cesare Beccadelli per una testa antica (2) e colla marchesa Isabella d'Este per due teste donatele da Giovanni Sforza, signore di Pesaro i^>. Inoltre acquistava anche gessi formati

(1) Ardi. sudd. ('art. sudd. Fr. Gabloneto. Qui alligata è una let- tera de Ermes a Io. Francesco Cornacchia, qnal scrivo gli manda certo giesso ; volemo qiiainprinium el sia comprato, lo mandiati subito , se altra via non ce sera, per uno cavallo a posta. Ilostiani, 2 iunii 1489.

(2) Arch. sudd. Cart. sudd. Cesari Beccadello. Intendo vui avere una testa di marmora a Bologna, de la quallc tuorrei voluntieri lo im- prompto ; pregovi (juanto scio et posso , che essendo contento eh' io lo piglii , vogliati mandarmi una lettera directiva a vostro fratello, che mandando 11 uno mio per tuor lo imprompto di essa testa, glielo lassi tuorre, similiter di quell'altra figura et a me t'areti piacere singulare. . . Riparoli, 13 magi 1.501.

(3) Arch. sudd. Cart. sudd. 1).»° Xigro. Intendendo io lo III. S. Zoan da Pesaro liavere donato alla 111. Madona Marchesana duo testo di mar- more e ritrovandomi per la longa infirmità mia saturnino et privo di spasso, pregovi, quanto scio et posso che conoscendo vui Sua Ex.''» non tenirle tanto care, clie cuni facilitade sia contenta ch'io me ne diavi l'im- prompto : vogliati esser contento pregarla si vegli dignaro accomodar- mene sino tanto ch'io no hahbi cavato lo imprompto che per uno piacerò

3G UMUERTO ROSSI

da altri, quando si ti-attava di statue i cui originali erano lontani assai , ed a Firenze , per mezzo di Angelo Tovaglia fece comperare quattro busti rap- presentanti Adriano , Tito , Geta , e un yiovene senza barba e senza nome, pel prezzo di tre ducati d'oro (n.

Nelle rappresentazioni teatrali che Lodovico Gon- zaga dava a Gazzuolo, Ermes fu sempre non solo esecutore materiale di ordini, ma anche consigliere ascoltato; e in una festa fattasi a Mantova coli' in- tervento del vescovo, nel carnevale del 1497, egli si recò prima in città per attendere ai diversi prepa- rativi (2).

Cogli altri artisti di cui si serviva Lodovico, Ermes fu in buone relazioni ; nei copialettere già citati si trovano alcuni documenti che dimostrano come egli si trovasse spesso insieme al pittore Gian Alvise de' Medici, che lavorava attorno al sepolcro di Bar- bara di Brandeburgo e dipingeva in seguito un

et spasso questo mi sarà grande , oiFerendomene parimente obligato a Sua Ex.t'a et a vni cognoscendo anche vui quella liaverle tanto chare che me le negasse, pregovi taciati. Gazoli, G octohris 1501.

(1) Ardi. sudd. Cart. sudd. Angelo Tobalee. Mandovi ducati tre per li quali pregovi vogliati tar\'i dare quelle quatro teste di zesso , qualle furono monstrate a Marcilo mio col mezo de uno garzone de m.ro Vrsino, cioè uno Adriano barbuto, Tito vechio senza barba, Geta barbuto e una altra testa giovene senza barba e senza nome , quale pregovi mi man- diate per il primo veturale vi occorrerà che pagarò la victura Ga- zoli, 1" novombris 1501.

(2) Archivio Gonzaga di Mantova. Carteggio interno. Lettera di Fe- dele da Forlì, al marchese Francesco, da Mantova in data 14 gennaio 1497. Io sonno con ogni mio studio dreto alo aparechio dela festa : io du- bitando che li tempi non ce inganino nel meglio, per haver io inteso da messer Hermes che monsignor Vescovo copre el cortile solum de tele : io considero, 111.™° S. mio, che volendo V. Ex.''» mettere in questo pa- rato e li triomphi et anchora molti altri ornamenti pretiosi mi parerla assai stranio che poi la piogia ce facesse pocho honore et utile.

I MEDAGLISTI DEI, RINASCIMENTO ALLA CdRTE DI MANTOVA 37

quadro per Lodovico (i). Ebbe anche rapporti col- l'orefice Bartolomeo Melioli, che eseguì pel vescovo diversi lavori d'argento, e fu mediatore in un grosso acquisto d'argenteria, pagato parte in danari e parte con pezze di panno (-).

L' ultimo documento relativo al nostro artista è una sua lettera, diretta a Firenze a Leonardo Aristeo da San Gimignano, segretario del marchese di Man- tova, che mi piace riprodurre integralmente :

u M. Leonardo mio hon. Vi prego che a la ritornata u vostra avendo lo modo che mi portati mezo ducato de u corde da liuto le quale vi fareti dare a maestro Vitorio u che sta sul campo de Ognisanti el quale le fa bone in u perfecione: lui ne da dozine diece al duellato, ne torete u 5 e fatevi dare dozine 3 aver 4 de elianti e lo resto me- u zane et sotanele e pregatilo che vi servi bene e se a chasu li non volessi guastare li mazi, toletilo tuto che monterà u uno ducato. Come siati arivato vi darò li dinari, li averla u. mandati se avesi abuto mezo che non fusi per posta, du-

(1) Arcliivio di Stato di Parma. Carteggio Gonzaga. Lettera a Giovali Filippo d'Arezzo, da Quingentole , 0 ottobre 1189. Direti a Hermes thcl insti Ioan Alu\-so clie hormai el se meta a lavorare in la sepiiltura de la IH. Madona nostra matre a fino si possa fornir presto.

Lettera ad Ermes, da Qningi'ntole, 21 novembre 1189. Non accade alla lettera vostra rispondere nisi solicitati Zoan Aluiso per lo fornire de la tavola.

(2) Ardi. sudd. Cari. sudd. D. TIormoti Flavio Patavino. Diliecte noster. Porcile il Miliolo co scrivo elio volendo imi dare ducati cento in danari e il resto panni per quelli arzenti, co li farà dare, volerne ritro- vati epso Meliolo et possati epsi arzenti, avisandone per finesto presente messo quello gli rostaremo de' panni ultra li ducati lOO do' denari, perchè vi manderemo poi li denari a vui per far il pagliamonto, e fareti inten- dere al Miliolo che per li ducati 1)1 m- 11 la ]ioza non li volomo lassare e che ne volenio 17, inaisi che quando ultra li ducati loo do denari non più di quello resto, neniancho per non scavezar una pezza; subito inteu- deriti la iutentione nostra. Gazoli xx iulij 15i>l.

38 UMHKUTO ROSSI

ti bito non serebe arivati fin et che m. Bartolameo San- ti vito et M. Nicolò Prendilaqua infinite volte si rachomanda ti a voi e di qua M. Boneto e tutl li sozi. Benevalete. Gazoli, a X augusti 1503,

ti Vi degnereti ricliomandarmi a m. Angelo Tovaglia e u aricliordarli come io sono tuto suo.

a V. Hermes Flavius de Bonis u patavinus n (Ij.

Dopo questa lettera che ci fa conoscere come Ermes si dilettasse anche di musica , manca ogni notizia sul conto suo (2); ò probabile che fino al 1510 egli sia rimasto al servizio di Lodovico Gonzaga, se pure prima di quest'anno non precedette nella tomba il suo protettore. Ma ogni ricerca in questo senso è rimasta finora senza fratto.

Resta ora a dirsi della medaglia che ha dato ar- gomento a questo breve studio; e per i lettori ita- liani sarà opportuno premetterne la descrizione:

Diam. 123. a Alexander - etrvscvs - adolescentue -

PRTNCEPS. " 1^. u HERMES - FLAVIVS - APOLLINI - SVO -

CONSECRAVIT. ■? Al diritto : Busto a sinistra di un ado- lescente , a testa nuda , con lunga e folta capiglia- tura. Al rovescio: entro una corona d'alloro, Pegaso galoppante a sinistra; esso porta un genietto alato che si aggrappa alla sua criniera, e di dieti'o un cigno in groppa (3).

(1) Arcliivio Gonzaga di ^lantova. Carteggio di Bozzolo.

(2) Fin dagli ultimi anni del secolo decimoquinto Ermes si era fatto ecclesiastico; infatti mentre nel 1407 è detto messere, nel 1499 il vescovo lo chiama don Hermes.

(3) V. Tav. III. La medaglia è riprodotta a circa tre quarti di grandezza, da una fotografia gentilmente comunicatami dal sig. Alfredo Armand; essa è rarissima e se no conoscono diie soli esemplari, uno nella colle- zione Armand, e l'altro già nella collezione Robinson, die venne venduto al prezzo di 7000 franchi.

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I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTK 1)1 MANTOVA 3'J

Il signor Armanti, che, come già accennai, ne diede pel primo la descrizione, credette con ragione che il nome di Ermes Flavio dovesse designare non il donatore, ma l'autore della medaglia: a questa opinione non parrà troppo azzardata " scriveva l'e- rudito francese, quando si rammenti che l'orefice Melioli ha usato sui rovesci dello sue medaglie una formola simile Meh'ohfs dfcavft o Melwhis sacravit. ••> Le relazioni che Ermes ebbe col noto artista man- tovano provano a sufficenza quanto il sig. Armand fosse nel vero, annoverando Ermes fra i medaglisti.

\J Alexander Etruscus che è rappresentato nel di- ritto, rimane tuttora un personaggio enigmatico: vi fu chi volle identificarlo con Alessandro de' Medici, ma le linee del viso e specialmente la lunga capi- gliatui'a bastano a dimostrare (u-ronea quest'opinione. Inoltre è poco probabile che Ermes, già vecchio, si sia recato al servigio dei Medici, mentre nel Man- tovano , dove aveva passata gran parte della vita, aveva amici e protettori e fors'anche lìeneficii eccle- siastici. Essendo riuscita vana ogni ricerca negli ar- chivi di Mantova e di Parma per stabilire chi fosso questo Alessandro , non ci resta che entrare nel campo delle ipotesi; e qui mi sia permesso di metter fuori appunto un'ipotesi nuova.

Fra le molte medaglie del rinascimento ve ne sono alcune di personaggi , specialmente giovani , che ci rimasero sconosciuti, p. es. il Bellotus Cumanus, gio- vane poeta di cui il Pisancllo ci ha tramandato i lineamenti e Parupus, il poeta pure giovane al quale Sperandio consacrava i versi pomposi :

Ingi'Hìion, rnorcs, forìnnìn. Uhi pìtJc/w/' Ajxilìo Arfjv.tjoiìJH'.c clit'h(/i>, rìoc/c l'urujx', (h'iUl .

40 L'MUERTO ROSSI - I ,ME1)A«MSTI 1)E[, RINASCIMKNTO

Forse costoro ebbero in que' tempi il loro quarto (l'ora di celebrità, come anche a giorni nostri l'hanno tanti enfants-prodiges ; e \ Alexander Etruscus mi pare appunto uno di questi. Gli attributi della poesia che si vedono sul rovescio e il titolo di ApoUine che Ermes gli dà, mi sembrano baste voli a dimostrare che l'Ales- sandro fu \w\ adolescente poeta, come ce ne furono parecchi a' bei tempi del rinascimento.

Circa al tempo in cui la medaglia fu eseguita, sono d'accordo col signor Armand nel crederla dei primi anni del cinquecento (^J; e lo stile del rovescio, che si risente assai dell'influenza mantegnesca , mi pare contribuisca a farla giudicai'e lavoro davvero non ispregevole, della scuola mantovana.

Umberto Rossi.

(1) Quel tanto che conosciamo della vita di Ermes farebbe credere elle la medaglia debba riportarsi non più in dei primi anni del secolo decimosesto.

--mp^~

STUDI! ECOXOMICI

SULLE MONETE DI MILANO W.

I.

noNTÀ IiKI.l/ORO.

Vera ed unica nostra moneta in oro del medio evo è il fiorino che si cominciò a stampare dalla repubblica milanese circa l'anno 12G0, siccome con ragioni plausibili crede il Conte Verri [Tomo I , pag. 207) avente S. Ambrogio da una parte e li

(1) Dobbiamo <alla gentilezza del Conte Lodovico !N[ulazzani la comuni- cazione e il permesso di pubblicazione di alcuni manoscritti del tu suo padre Conte Giovanni.

Quello che ora pubblicliiamo nella Rirista, e al quale alibiamo dato il titolo di Sludii economici sulle Monete di Mitunu , non è clie un fram- mento del Discorso l'relimiiuire che doveva servire di proemio alla Grande Illustrazione che il Conte Mulazzani avi-va pre])arata per la sua celebre colleziono, che doveva essere una ^Monografia della Zecca di Milano.

Il detto Discorso l'reliminiire sarebbe stato trojipo lungo e in parto anche poco opportuno da pubblicarsi jier intero in una Kivista. Può darsi che la pubblicazione generale s' abbia a fare in seguito : frattanto abbiamo creduto far cosa grata ai nostri lettori dando loro un saggio degli studii di uno dei più appassionati e scrii cultori della Kumisma- tica, il quale lasciò molti manoscritti inediti, non avendo pubblicato, vi- vente, che una piccolissima parte de' suoi lavori.

I capitoli clic pubblicliiamo e che segniamo N. I a V corrispondono ai Gap. XV e seguenti del Discorso l'reUminare. Sono scritti nel 1838 con correzioni e aggiunte posteriori. I'. ed K. Gn-kccih.

42 GIOVANNI M1II.\Z/..\NI

Santi Gervaso e Protaso dall' altra , moneta che formava parte della sua collezione numismatica patria, e che non cessa di essere custodita nella sua famiglia.

Di queir istessa repubblica che fu però per poco rediviva alla metà del secolo XV coll'estinzione della dinastia Visconti, abijiamo altro fiorino pubblicato dal Muratori esistente in ogni ben fornito gabinetto, e la sua metà facile a rinvenirsi ovunque anche nelle collezioni minori.

Ora, tanto questo fiorino ]\[uratoriano che la sua rispettiva metà sono d'oro purissimo dimostrato suf- ficientemente ad occhio nudo dalla somma loro fles- sibilità per non dire che lo sono di sicuro per tutti li documenti istorici di quel tempo e per l'assaggio che ne feci istituire , padrone essendo di tutti due li pezzi , e non ho dubbio , che dell' egual tempra sia il Verriano più antico sia perchè 1' ho avuto in mano a mio bel agio, sia per quelle molte altre ra- gioni che faremo valere alla rubrica dei tre fratelli Viscontei quando si tratterà per disteso del Fiorino d"oro coi primi due esemplari a quel posto che sa- ranno da noi esilnti di una tale moneta.

Similmente puro fu 1' oro posto in opera dai Vi- sconti e dagli Sforza, e ciò mi consta dalle memorie non solo di quell'età, ma dagli esperimenti, che volli far esegaire sovra tutti quelli che conservo in copia, e che ascendono a più di una ventina. L'ottimo re di Francia, e nostro duca, Lodovico XII, mantenne r antico rigore nei suoi doppi ducati , potendosene ognuno persuadere da me che ne posseggo, benché assai rari, più di un esemplare.

La bella prerogativa comincia a venir meno con Francesco I suo successore, il quale nel mentre coniar fece nell'officina nostra, tuttoché diversamente sen-

STCDII ECONOMICI SLl.l.E MONETE 1)1 MILANO 43

tisse , purissimi ducati doppi d" oro , vi introdusse , copiato nello stesso tempo di Francia , per buona fortuna {Le Blanc) in tenuissima quantità, lo scudo d'oro, che ali" ultimo duca Sforza piacque pure in ristrettissimo numero di imitare.

Dell'imperatore Carlo V, che fu largo in coniare argento, non abbiamo si può dire monete d'oro, giac- ché per tale non vi è il merito di nominare la doppia a 22 carati ed un ottavo che fu stampata in numero di 10 mila nel 1548 per farne regalo al principe Filippo suo figlio allorché venne a Milano (An/e- lafi , T. ni in fine aW Appendice , pag , .7/ , nota 1, tav. I). Pui'e da quel tenue saggio si ricava la prava intenzione ch'egli aveva di guastare e togliere presso di noi l'antica, onorevole, utile purità italiana, prava intenzione , ripeterò, che largamente poi mandò ad effetto in Napoli, potendolo io assicurare per assaggio praticato sopra diverse monete in mio dominio di quella zecca.

I re di Spagna che vennero dopo, furono, propria- mente parlando, se non li primi autori dell'abuso, quelli che coi loro scudi e doppie d'oro lo genera- lizzarono, e lo fecero trionfare in casa propria e per tutta r Italia , tanto meno scusabili perché ricchis- simi di un tale metallo, in cui frammischiarono quasi una decima parte di lega, e tralasciando, eccetto una sola volta, di stampare zecchini {^Arg. pjag. 3~>, tao. IV) locché avvenne con loro danno , notabil cosa osser- vata e ragionata dal profondo scrittore in materia monetaria Geminiano Montanari modenese. Grande fu la quantità di tali monete coniate dal 1579 per tutto il secolo dopo, come osservò il Conte Carli, e come può vedersi nelle sopraccitate tavole dell' Ar- gelati. Ed il citato Montanari, vissuto nella seconda metà del IGUO ci assicura che l'Italia era inondata

44 GIOVANNI MUl.A/.ZAM

dall'oro delle doppie Ispane, milanesi, napoletane e dei principi minori italiani.

Il lungo intervallo, sia imperatorio o regio di questo mezzo secolo di Carlo VI , abbastanza è che venga accennato per non aver egli che per debolezza pro- seguito nella imitazione del sistema, che aveva tro- vato in vigore.

Nella riforma monetaria di Maria Teresa del 1778 si ritornò a stampare zecchini con qualche per altro tenue e non lodevole facilitazione della scrupolosa purità antica, e si ritornò pure a coniar doppie della bontà Ispana introdotte nel 1 726, che meglio sarebbe stato di lasciar sepolte nell'obblio. ( Veggasì la tariffa delle monete Napoleoniche, 21 dicembre 1807).

Il governo del regno d'Italia ne' suoi pezzi da 20 e da 40 lire determinò la lega a ^^lo ossia a 0,900 il titolo dell'oro sull'esempio delle monete francesi, cui le nostre dovevano equipararsi in quel tempo per legge politica. Senonchè riflettendo io alla mente che fu magnanima ed illuminata di Napoleone , non DOSSO non meravigliarmi , che non abbia concepito l'idea di l^atter moneta invece di puro oro , poiché allora avrebbe essa sicuramente fatto il giro della terra, come già fecero li zecchini veneziani, che allo scoprimento delle Indie Orientali , fatto dai Porto- ghesi, furono trovati dispersi in tutta l'Asia. La qual cosa, io credo, che sarebbe senza dubbio avvenuta con accrescimento della sua gloria e con guadagno de' suoi popoli, se fra li suoi consiglieri di Francia o d'Italia, se ne fosse trovato uno della forte tempra dell' economista modenese. Tal uomo gli avrebbe detto , che il batter metallo della maggior finezza possibile regola dev' essere di ben ordinata zecca ; che nella culla più antica che si conosca dell'umano sapere, in Egitto, furono coniate monete finissime ;

SrUDIl KCUNU.MJCI SULLE MONETE DI MILANO 45

che della miglior sorta i^) fu 1' oro e 1" argento dei Greci che insegnarono alle genti le arti e lo scienze; che di puro oro furono i nummi dei romani padroni del mondo (2), e che alla bontà pure di 1000 sono i denari d' oro degli Arabi che li emularono nella virtìi e nella grandezza dell'impero. (]'ed/' la tavola a pag. 04 delle monete cufiche del nostro Museo, illu- strate dal Conte Ottado Castiglioni). La purità del denaro arabo nei primi G secoli dell'Egira vi ò di- mostrata; ne alcune piccole differenze che vi s' in- contrano intaccano la proposizione, noto essendo che non sono calcolabili, e sono comuni a quasi tutte le zecche; difetto però del quale vanno esenti le Napoleoniche italiane, dell' uno che dell'altro no- bile metallo , perchè per legge ad ogni fusione no seguiva l'assaggio avanti di porle in circolazione.

Gli attuali sovrani d" oro austriaci di L. 20 e di L. 40 sono fabbricati nella misura napoleonica che sembra ora adottata dai Governi in generale d'Eu- ropa. E ciò è quanto può bastare a porger idea della qualità dell'oro adoperato por sette secoli nelle nostre officine.

(1) ErKEL. Lezioni elementari, dove si conipronde abbastanza essere stata dall'autore o traduttore, adoperata la voce lega per sorta.

(2) Legge rornelia ile fal.sis ist. lib. 48, tit. 10. Legge Jnli". Perutatus, tit. IB, per le c|uali il Dittatore Siila od Aiigusto obbligarono i magi- strati delle monete a batterle di oro fino.

4G GIOVANNI MOI.AZZANI

II.

BONTÀ DI'LL AKGKXTO.

L'esame dell'argento diventa cosa più importante e ]nù intricata , la sua composizione essendo stata collandare dei secoli maggiormente variata e mas- simo nelle piccole monete ora più, ora meno fram- mischiata di parti eterogenee, di rame cioè ed altro vile metallo. Rimandando al capo seguente le mo- nete erose, quelle vale a dire in cui prevale il rame al nobile metallo , entreremo a far conoscere i di- versi impasti delle argentee.

Dell' epoca antica repubblicana del 1200 senza nome d'imperatore o re abbiamo superstiti due mo- nete pubblicate dal Muratori, una delle quali fu posta in dubbio dal Conte Giulini {Tom. VI, i^ag. 110) e vittoriosamente rivendicata dal Conte Verri [Tom. I , pag. 143). In nostro potere esistono amendue in di- versi esemplari; cosicché ne posso dar conto sicuro per averne fatti squagliare a mio talento. Di prelibato argento e quasi si può nominar puro è la più grande, che die segno replicatamente di 0,968; a ^[lo di fino è l'altra. Di queste eccellenti fabbricazioni sono pure le monete con impronto impei'atorio e regio di En- rico VII di Lucemburgo e di Lodovico il Bavaro fra noi coniate nello prime tre decadi del 300, le quali comechè monete appartenenti ali" evo nostro repub- blicano, benché toccante alla sua fine e quindi alte- rato d'assai nelle sue forme, devono qui essere com- memorate. Quelle segnate col nome deUimperatore Federico I e di suo figlio Enrico VI stampato nei

STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MIL\NO

primi anni del nostro governo libero rassodato dalla pace di Costanza sono all'opposto scadenti, di metà rame e metà argento, al titolo precisamente di 0,530 ; le calamità da noi sofferte lungamente nell' aspra lotta della libertà, che in 10 o 15 anni non si pote- vano riparare, ne saranno stata la causa. In apologia d'altronde di que" nostri progenitori illustri si pviò notare, che da lunghissimo tempo la moneta che si coniava nella nostra zecca, e della quale avremo op- portunità di trattare di passaggio , era inferiore di molto ; gli impronti più buoni degli Enrici , che si conoscono per li precedenti immediatamente a que- sto YI ed a suo padre non segnano più di 0,318 e di 0,346; e le monete più antiche degli Ottoni, che si può credere dal loro numero non piccolo arrivato fino a noi avessero corso tuttavia nel secolo XIT, non oltrepassano il limite di 0,554. Successa alhi Repub- blica la dominazione dei Visconti ha principio la de- cadenza della moneta, o invano si ricorcherebbe il su- perlativo titolo di 0,968 : il miglioro impasto che si rinviene è a ^[lo di fino. A questo segno arrivano le grandi e piccole di Azone salito al soglio ]iel 1330; dopo del quale frammiste a soverchio rame le piccole entrano in concorrenza colle grandi per sconvolgerne li rapporti immutabili, che dovrebbero legarle in- sieme: quelle, a cagion d'esempio, grandi di Luchino e di suo fratello l'Arcivescovo che regnarono dal 1339 al 1354 .sono a 0,909, mentre alcune piccole e pic- cclissime di questo secondo principe, che si potevano risparmiare , si abl)assano a 0,500. Li due fratelli Bernabò e Galeazzo che arl)itri per 20 e più anni dopo il 1354 furono della patria nostra , invilirono di più il sistema, poiché nel mentre ne fabbricarono a i{io di lega ne portaroiio non poche delle loro grandi egualmente a 0,650 e le piccole a meno di

48 GIOVANNI MIILAZZANl

0,400. Molto più mi ricorro di diro del primo duca Griovanni Galeazzo che figurò grandemente dal 1385 al 1402 nella scena politica d' Italia ; avvegnacchè peggiorato egli abbia tutta la moneta grande che piccola indistintamente , e tanta quantità ne abbia coniato che tutti li gabinetti ne sono in- gombri; la migliore non giunge che a 0,630 sca- dente, vale a dire, di 1^3 delle precedenti. Sotto Gio- vanni Maria e Filippo Maria suoi figli e successori si accrebbe il disordine e lo dimostrano da soli, senza ricorrere agli assaggi di zecca , li ripetuti e sempre vani editti di questi duo principi contro l'al- zamento ognor crescente del fiorino d' oro non mai mutato in peso ed in bontà. Dichiariamo però di non aver voluto ommettere questi assaggi, sia per togliere fin da questo momento gli scrupoli ai meno addottrinati, sia per arrecare pieno sviluppo, secondo abbiamo promesso nel proemio del capo presente, alle nostre idee, quando sarà tempo. Nel governo del se- condo Sforza volgendo il 1474 in cui compariscono, come vedremo, li famosi testoni in ottimo argento alla lance approssimativa antica repubblicana del 200, ai quali d'appresso in giusta e legale corrispondenza vanno congiunti li pezzi minori, la scienza rinacque e trionfò pienamente degli abusi sofferti in Insubi'ia per più di mezzo secolo con vantaggio in un del principe e della nazione. Lo buone monete acqui- stano di prezzo, le cattive lo perdono. La verità di questa proposizione è stata dimostrata anticamente dal più volto nominato chiarissimo economista ita- liano Montanari , e da tutti gli altri scrittori , che vennero dopo, nostri che d'oltremonte. La bontà precisa di dette monete maiuscole è a den. 11.13 cor- rispondenti a 0,0()2 decimali per ciò che asserir posso, e siccome emerge da pubblici documenti dis-

STUDII ECONOMIfl Sll.I.K MnXKIK l'I MILANO 49

sotterrati dall' Argelati {T. HI, pag. -10). Continuarono li due re francesi nella riforma, che avevano trovata presso di noi, e per mallevadori ne abbiamo gli espe- rimenti da me praticati a tutto rigore in zecca, tuttoché ne dissenta alq\ianto il Le Blanc. Alcun poco decadette 1' argento con Carlo Y ; sul decimo di lega fu però conservato. L'elevato impasto sfor- zesco ritorna in campo cogli spaglinoli che lunga- mente ci dominarono dalla metà del secolo XVI alla fine del XVII ; i loro ducatoiii e fìlippi coi rispettivi spezzati innumerevoli ascendono a titolo di 0,958 pari alla bontà di den. 11.12 a ragguaglio antico espresso nelle tavole deirArgclati sopra detto [T. HI, pag. 30, tav. V e seg.\. Abbassò nuovamente l'argento col sistema monetario di Maria Teresa del 1778 ; quei scudi e loro metà segnano 0,S9(J [Tariffa del gov. italiano 1808, pag. 2'7\. Sorpasso le due abortite repubbliche Cisalpina ed Italiana. A 0,000 per la ra- gione politica già fatta osservare regolate furono le monete del regno d'Italia maggiori dolio scudo da Lire 5 , fino alle più piccole da soldi ò. L' attuai governo austriaco scostandosi con sua lode dalla vecchia prammatica di Germania del secolo decorso che a 0,8I}.'5 prescritto aveva i talleri di convenzione (ivi) adottò nel 1822 la miglioranza napoleonica per li nuovi, che comandò in Italia a Milano ed a Ve- nezia, miglioranza che saggiamente estese anche alle zecche tedesche, se non che per un'anomalia, che non ha retta spiegazione, permise poscia e permette tuttavia (e siamo mentre scrivo all'anno 1838) la simultanea fabbricazione a titolo inferiore, laonde insieme corrono scudi buoni e meno buoni.

50 filDVANM MITAZZAM

UT.

.MONKTi'; laiOSK E DI RAME

Le monete eroso detto altrimenti di hillon già definite di sopra furono sconosciute agli antichi, utilissime per altro riescono per la minuta contrat- tazione, quando siano fatte a dovere, cioè in propor- zioni delle argentee, e siano altresì limitate a numero discreto; clie se arbitrario è il loro impasto, od ecce- dente la quantità, diventano dannose e vera peste del commercio e delle nazioni.

Il primo esempio che di moneta erosa abbiamo nella nostra raccolta ò di una ahimè! appartenente alla seconda categoria, e consiste in una coniata nel 1219 col nome dell' imperatore Federico I già morto fino dal 1191 ma di cui continuava nella nostra zecca lo stampo, della forza non più che di 0,250 circa, la quale si vuole far correre per il prezzo d'altra d'argento dello stesso tipo stampata, come dicemmo, vivente quell'augusto, superiore del doppio in bontà e che produsse perciò una sollevazione popolare. Ripararono a questi errori fatali ben tosto in splen- dido modo li nostri progenitori repubblicani con aver pochi anni dopo, cioè nella seconda metà del secolo istesso battuti gli Ambrosini che dicemmo di ottimo argento ed insieme a loro li denari e li ^[o duodecima e ventiquattresima parte del soldo a giusto ragguaglio dei primi. Legali furono pure li denari del principio del BOO coll'impronto del savio Enrico A"II di Lucem-

STUmi KCOND.MIfi SULI.K MONETK DI MILANO 51

burgo che non allungò le mani in zecca, come sarà provato di Lodovico il Bavaro, o del suo ministro. Nella Signoria dei tre primi Visconti, Azonc, Luchino e Giovanni Arcivescovo, il biglione regge con loro onoro alla prova del fuoco. Xon così è dei loro suc- cessori Bernabò e Galeazzo, dei quali sono buoni li denari e adulterati li mezzi soldi. Ma il sovvertimento vero del sistema accadde col primo duca Giovanni Ga- leazzo. Noi in parte l'abbiamo già accennato, ed ora aggiungeremo, che se l'arbitrio nelle argentee gTandi fu di i[3 , nelle minori non ebbe confine, giunto essendo alla metà ed anche a qualche cosa di più. Per il rimanente evo Visconteo non fa bisogno, ch'io mi estenda in dettagli ; ognuno può figurarsi qual sia stato il biglione di quel periodo di tempo dallo scadimento, che si fece ognora maggiore delle monete d'argento dimostrato, come dissi poc' anzi, all' alza- mento del fiorino d'oro. Nominerò lo Sforza II del 400 per ripeterne gli encomj e tirerò un velo sopra gii altri di quella casa per le sciagure che pesarono sovr'essi e la patria nostra infelicissima di quella età consegnate nella storia generale d'Italia. Sorpasserò similmente una monetina irregolare della Repubblica, transitoria dal 1447 al 1450 meritevole di compati- mento per le dure circostanze che 1" afflissero. Ma mi farò lecito alzare francamente la voce contro del potentissimo imperatore Carlo V, che non ebbe ver- gogna di falsificare il biglione, componendone rag- guardevol porzione, che tutt'ora riempie i gabinetti, di rame, ed inargentandolo al di fuori per farlo parere ciò che non era. Ma pa&seggeri più o meno erano stati questi abusi e cagionati da guerre o da principi malvagi, e nessuno fin allora si era imma- ginato di convertire la frode, che cautamente aveva serpeggiato fra le tenebre, in una teoria stabile ed

52 GIOVANNI MULAZ/.ANl

aperta, e d'imprimerle il suggello sacro della legge. Questo avvenimento infausto è dei primi anni del secolo XVII, e noi lo dobbiamo in conseguenza agli spagnuoli. Cxli stalli di quel governo erano occupati esclusivamente dai Giureconsulti, li quali sostenevano che la moneta vien dalla legge, e non dalla natura ed insegnavano clic il principe poteva fabbricar mo- nete buone, o meno buone ed anche cattive secondo i bisogni dello Stato, e tassarne il valore a suo ar- bitrio. E così si operava alla cieca ; l'oro delle doppie era scadente, l'argento dei fdippi e ducatoni super- lativo coi loro valori fuori di proporziono, il biglione arbitrario e non corrispondente ai pezzi maggiori, e quasi che tante stravaganze e tanti mali non fos- sero sufficienti, si imaginò e si diede mano nei primi anni dello stesso secolo XVII precisamente nel 1603, cosa ignota ai secoli precedenti , al rame puro per ottenere più ingordo guadagno con questo vile metallo coniato colle massime dominanti {Ar g elati , Tomo in in fine, tav. XX , pag. 58, annotazioni 34 e seguenti).

Se quei giureconsulti fossero stati veramente degni di questo titolo augusto, avrebbero consigliato ben diversamente il loro monarca, e dal celeste testo di Paolo nella Lett. I, de Emptione et Venditione, e dalla Lett. Aedis prmtia, Cod. lib. 10, avrebbero conosciuto i loro gravissimi errori. Così classico ed elegante si è il primo testo che mi piace di qui trascriverlo per intiero :

Origo emendi, vendenclique a permiitationibiis coepit. Olim enim non ita erat nnmmns, neque aliucl merx. aliud prEetinm vocabatur ; wed nnusquisqne secnndnm necessitateni tem- porum, ac rerum ntilibns iniitilia permiitabat , qiiando ple- riimque evenit, ut quod alteri superest alteri desit. Sed quia

sri;t)ll KroM.lMlCI SULLE MONKTE IH MILANO 53

non semper, nec facile coucurrebat, ut cum tu haberes, quod ego desiderarem, invicem liaberem, quod tu acciper e velles, electa materia est ciijus publica, ao perpetua aestimatio diffì- cultatibus permutationuni sequalitate quantitatis subveniret; eaque materia forma publica percussa ; usum, dominiumque, non tam ex substantia pr»bet , quam ex quantitate ; nec ultra merx utrumque sed alterum prajtium vocatur. Usum dominiumque non tcm c' si(bst<mtiii. pra'hct quam ex quan- titate.

Così adunque pronunziato aveva Paolo della mo- neta ; colle quali parole non potevasi meglio, come dice il presidente Neri, definire gli attributi della moneta, e stabilire che il suo prezzo è proporzionale alla qualità ed alla quantità insieme del metallo esclusa ogni alterazione arbitraria. L'altra legge poi è di Arcadio e di Onorio riportata da Giustiniano, e stabilisce il prezzo, al quale si doveva accettare il rame nel tesoro imperiale in conto dei pul^blici tributi, legge che doveva illuminare i Giureconsulti di quella età, e renderli avvertiti che non si poteva giustamente comandare, che il rame pagato per tale dal principe, e da esso trasformato in moneta, fosse poi speso per argento ed oro.

Auri magnus honor^ prcrtiurn tamen auì'i est aes, anticamente aveva detto Ausonio, ed in quel torno che i falsi interpreti delle sempre venerande LL. Jììì. fra noi spargevano le loro perniciose dottrine vi erano però ad onore d' ItaHa scrittori esimii. Serra, Turbolo, Davanzati, Scarufìi, Montanari, i quali ave- vano pubblicato il vero, e dimostrato che 1" oro è prezzato dall' argento, od il rame prezza 1" argento e r oro. ;Ma 1' ignoranza accompagnata dall' adula- zione e sostenuta dal potere la vinse sopra i lumi e gli sforzi di alcuni pochi savj di quel secolo, ed anche del susseguente , non avendo 1' imperatore

54 GUIVANM Min.AZZAM

Carlo VI elio regnò per li primi 39 anni tolto il disordino ; i mali elio produssero le cattive monete di biglione e di rame presso di noi furono infiniti; chi desidera di esserne informato appieno, legga le opere del presidente Neri, del Conte Carli, del Conte Verri, e dell' immortale autore del libro Dei delitti e delle pene; le monete buone crebbero di prezzo e scomparirono da noi, restarono le cattive ed altre molte di simil fatta si introdussero dai nostri vicini ; il commercio fu incagliato, ed il cambio mercantile diventò passivo ; una confusione infine s' introdusse nel valore di tutte lo proprietà che non è del tutto ancora finita nella generazione attuale per qualche raro caso, che si verifica tuttavia nella restituzione di capitali in corso prima del 1777.

Maria Teresa, superando da donna magnanima una folla di ostacoli e di volgari pregiudizii, pose termine a questa pubblica sciagura con una moneta nuova che abolì l'antica. Fu elaborata questa moneta coi lumi del Presidente Neri in ispecie, e venne fabbri- cata dietro un principio semplice altrettanto vero ed immutabile, che il valore dell'oro e dell'argento monetato corrisponder dovesse al prezzo medio di tali metalli nei mercati d'Europa emerso in quell'e- poca dagli assaggi di 14 e ^{2 : 1- Sotto a questo principio fu rigorosamente tenuto il biglione, consi- derato unicamente l'argento che in contiene e non calcolata la lega, e solo per il rame si usò faci- litazione ma sobria, eh' io veramente non voglio giustificare, ma che non influì sul sistema.

Poco biglione, però difettoso di \ìq per 0[o abbiamo del governo italiano; la colpa è del ministro delle finanze Prina ; Napoleone non lo segnò nelle sue gride primitive, laonde fu suo suggerimento dopo. Il rame soffre l'eccezione del Teresiano, e così è del-

STIT)11 KCONOMin SLT.I.K MONETK DI MII..\NC) 55

l'austriaco attuale, essendosi a quanto sembra i Go- verni d'Europa intesi fra di loro su tale particolarità; in lode però sia detto del Conte di Saurau, che le redini governative saggiamente stringeva presso di noi, allorché si pensò alla nuova monetazione dopo la conquista del 1814, il biglione fu sottoposto al grande principio , che 1' immortale Maria Teresa aveva fatto trionfare dopo la metà del secolo trascorso.

5G GIOVANNI MU!.\/,ZAN1

IV.

VALÓRI-: DELLE MONETE.

TI valore nominale dello nostre monete ha origine da Carlo Magno, che in anno che non si può deter- nare preciso, avanti però che assumesse Timpero, di- vise, secondo Le Blanc, Zanetti, ed altri che io se- guito a preferenza di Carli, di Liruti, la libbra o lira d'argento di 12 oncie di un nuovo peso comandato da quell'augusto, e che libbra gallica è dotta, divise dissi, in 20 parti eguali chiamate soldi, ed ognuno di questi soldi in altre 12, che furono chiamate de- nari, dei quali in conseguenza ve ne volevano 240 a formare la lira. Questa libbra per altro e nem- meno i soldi non furono, attesa la loro grande massa e per la scarsità dell'argento in quei tempi, coniati allora, e solo lo furono, i denari che abbiamo nei Musei, non che verosimilmente altri pezzi minori, che si sono perduti di biglione e di rame e di bronzo per li bisogni del minuto commercio, pezzi che pare al Le Blanc di aver potuto discernere in qualche antica raccolta francese, e che due nostre pergamene del 803 e 853 inducono a credere essere stati presso di noi in corso col nome di quattrini ossia per ragione etimologica di quarta parte di denaro [antichità Lon- gohardico-Milanesi , T. II, pag. 259). Un tale sistema monetario nominale, che la conquista sui Longobardi introdusse dalla Francia in Italia, e lo fece imme- diatamente a noi comune, se nacque dopo il 773, durò dalla fine del secolo Vili ai primi anni del XIX in cui subì modificazione per l'invenzione del computo

STCDIl KrdNOMKM SUr.r.K MONETE DI MILANO 57

decimale, che tutti conoscono, in t'orza del qnale spari il denaro, e sorse il centesimo per parte ali- quota del soldo e della lira.

Dalla effettiva quantiià di metallo contenuto nella moneta nasce ed è misurato il valore reale della medesima; siccome variabile per la volontà del Prin- cipe 0 della città o popolo che la fa coniare si è questa quantità, variabile in consc.^uenza il vero valore. Il denaro di Carlo Piagno coniato in Italia a ^Milano, a Pavia, a Treviso col tipo del monogramma che io prendo a testimonio, pesa fini grammi 3-'5,180 a marco di ^lilano in regola di misrliiati gr. 35 al titolo di 0,048 per quanto dimostreremo a suo luogo con tal pezzo alla mano, n;essi in disparte Le Piane ed altri scrittori che ne parlarono qualche poco diver- samente. Il soldo quindi constava di gr. 398, IGO e la lira di gr. 79G3,2()0. Ma colfandar del tempo, per cagioni generalmente noto, e che non sarebbe nel mio proposito di narrare, diminuito restò conside- revolmente il peso delToro e dell'argento monetato oppure, anche fermo il peso, n(; fu diminuita la so- stanza colTunione di parti eterogenee. Lungo, ed inutile sarebl)e clie io qui volessi dar conto detta- gliato della decadenza cui soggiaque sotto questi due rapporti la moneta nel corso dei secoli che segna la raccolta nostra, poiché noi lo vedremo di mano in mano coi nostri monumenti lampanti dopo la loro descrizione e vedremo sorgere da quella causa i soldi effettivi e la lira istessa reale metallica in dimensioni infinitamente ognora ])iù piccole in pa- ragone dei tempi antecedenti, salva una sola ecce- zione accaduta ai nostil gioiiii colla lira di Xa])oleone. Non è poi a dire iche sarei )be cosa estranea al mio istituto), se io fpii estendessi le mie ricerche oltre l'epoca che mi sono prefisso, e rappresentar volessi

58 llliiVANNI MIII.AZZANI

un quadro dei cangiamenti accaduti all'estinzione della schiatta dei Carlovingi, che immacolata o quasi, conservarono la monetazione del capo augusto della loro dinastia W, dando principio dal primo Berengario e continuando con sempre maggiore decadimento por tutti gli imperatori e re d'Italia, dal secolo X alla fine del secolo XII da cui abbiamo stabilito di prender le mosse (2).

(1) Nel mio museo stanno, a persuadere quanto asserisco, raccolti de- nari Carolingi italiani di Lodovico, di Lotario, di Carlo il Calvo, Carlo il Grosso imperatori, o di Carlomanno re, che assaggiati risulta- rono di buon argento oltre li 0,900, eccetto Lotario di Milano e di Pavia, che di soli 0,720, e 0,774 diedero seguo, ed eccone lo specchio compreso il loro prototipo annunciato indietro.

PESO TITOLO

Carlo Magno di Milano grani 85 0,948

Idem di Pavia n id. id.

Lodovico, idem n 34 0,930

Idem col tempietto n 29 0,924

Lotario di Milano r 35 0,720

Idem di Pavia ii id. 0,774

Carlo il Calvo, o Grosso )i 84

Carlomanno n 37 j 0,926

(2) Inveterata opinione fra noi incolpa il secondo Berengario, mentre non era ancora pervenuto al soglio ma governava dispoticamente il regno d'Italia a nome del re Lotario, di avere indebolito la moneta, mischiando rame nell'ai'gento per pagare gli Ungheresi che avevano fatto nel 947 una scorreria in Italia [Giulini, T. IL, pcuj. 220). Ma, ijrescindendo dall'os- servazione fatta indietro dell' imperatore Lotario fiorito dall'823 air855, io sono in caso di assicurare che da qualche tempo avanti col primo Be- rengario imperatore fra il 915 e 924 il disordine si era già introdotto e il suo denaro di questi anni che mi venne fatto, quantunque rarissimo, di assaggiare a coppello n'è la dimostrazione, avendolo trovato del titolo di 0,746, che è quanto a dire scadente della calcolabile quantità di 1^4 e li2 del denaro di Carlo Magno, che arriva a 0,948 come dissi e proverò. Li pozzi consimili dopo l'888 sino al 915 con due tipi diversi rigorosa- mente pure esperimentati al fuoco in più esemplari, si possono consi- derare siccome coniati sulla prammatica antica dei Carlovingi, di cui era nato il successore iiumediato; avendo trovato l'uno di poco distante dalla

STL'Dll ECONOMICI SUI.r.E MONETE 1)1 MILANO 59

Tuttavolta, per non lasciar digiuno intieramente il mio lettore e per aprirgli l'ingegno nello studio in cui sta per entrare, gli farò sapere che dopo tre secoli, dalla fine cioè del X al cader del XTI, da cui ha principio, come dicevo, il mio vero lavoro, il denaro di Carlo Sfagno dai puri grani 33,180 era già deca- duto per l'abuso che ne fecero dapprima gli Ottoni e in seguito gli Enrici a meno di i[:5 vale a dire a 10 grani, solo di tal forza essendo un nummo argenteo di Federico I coniato fra noi del 1185, che per de- naro si può sostenere e sosterrò al posto conve- niente. E proseguendo soggiungerò che nel 1354 dubbio poi non avvi di sorta, che il denaro non fosse disceso basso, che rinchiudesse in meno di 2 grani, esattamente gr. 1,830; che alla metà del 1500 per le continue sofferte diminuzioni era diventato tanto piccolo, che gli fu forza di sparire dal mondo numismatico, in cui aveva fatto da principio figura cotanto maestosa, per essere convertito in moneta immaginaria cioè di conto ; che poco dopo la nieth del IGOO subì l'eguale metamorfosi il soldo per resu- scitar più tardi ai nostri giorni, privo d'onore, nel vile metallo; tanto che, per dir tutto in breve, la lira del grande imperatore, che cinse il suo capo del serto d' Occidente , nel corso di mille anni dai gr. 7903,200 d'argento, dei quali era grave presso di noi nella seconda metà del secolo Vili , verso la fine del XVII, regnando in Milano l'imperatrice

bontà di 9(10 di fino, e riscontrato superiore l'altro d'assai. A superla- tivo grado oltre il 0,f>00 precisamente a 0.9G0 lio ravvisato eziandio il denaro, forse più raro di tutti, dell'imperatore Lamberto emulo per (i anni, finche morte lo colse, nell'impero e regno italico del primo Rercngario, moneta che per amore della scienza non ho dubitato di sacrificare. Del- l'istessa forza, per quanto ho potuto discerncro ad occliio, stimo il denaro di suo padre l'imi)eratore Guido giacente nel Museo di Brera.

00 (UUVANM MUl.AZZAM

^[aria Teresa, si trovò ridotta a gr. G7,712, vale a dire ad assai meno della centesima parte delF en- tità sua originaria. Il che volendosi precisare , si può stabilire nella proporziono di 117,G0410G : 1 che e quanto a dire che una lira di Carlo Magno ne contiene di Maria Teresa 117 con di più soldi 12, danari 1, in peso d'argento puro; oppure ital. L. 90, cent. 27, mill. 1.

Per ciò poi che le lire ed i soldi non hanno mutato di nome col progredir degli anni, e che solamente se ne mutò l'essenza, sapientemente il Conte Carli ne dedusse il corollario, che nel calcolo degli antichi capitali, obbligazioni, depositi, prestazioni, restitu- zioni, e simili si deve guardare non già ai nomi delle monete, che nulla significano, ma al peso e quantità del metallo soltanto, che fu obbligato all'e- poca dei relativi contratti. Dimostrato fu di sopra, che lire 117, soldi 12, danari 1 del 1778 pareggiano in peso d'argento una sola lira di mille anni avanti, e così potrebbe provarsi in diverse proi)orzioni di tante altre lire dei tempi intcrmedii, quando si volesse discendere a singoli calcoli per casi che si possono benissimo verificare tuttavia. Che se così è , quale non sarebbe la frode e l'ingiustizia, se si pretendesse di restituire 1 per 117 e più che fu ricevuto? Oppure lasciando le ipotesi ed i secoli remoti (che però ser- vono a rischiarare la scienza nella sua totalità), ed afferrando l'epoca della dominazione Ispana , di cui sono vive ancora le reminiscenze nella patria nostra, ingiusto sarebbe che uno credesse di poter fare qui- tanza oggidì della prestazione annua livellarla per esempio di 100 lire stipulata da suoi antenati nel 1G04, con 100 lire di Maria Teresa, mentre ognuna delle lire del 1G04 in ragione del filippo , che va- leva in allora che fu coniato , solo lire 5 e non

STUniI KCciNdMICI .SULLE MONETK DI M1L\MI C'I

7 e i[2 corno attualmente, manifesto è, che equivale ad una e mezza, per cui le lire 100 del 1604 diven- gono realmente ed equivalgono a 150 da pagarsi in adesso.

Verità così palmare, se conobbero, non abbastanza bene ed esattamente espressero i Giureconsulti, che statuirono sulle obbligazioni del mutuatario nei co- dici europei dei giorni nostri. Il codice francese benché obblighi, è vero, in generale il debitore alla restituzione delle coso nella stessa quantità e qua- lità, che furono date e, nella impossibilità di soddi- sfarvi, a pagarne il valore: con che sembra che sul famoso testo di Paolo riportato nel precedente Capo non che sugli scritti forse del celebre monetografo pubblicista, quei compilatori repubblicani abbiano avuto fisso l'occhio, certo sarà sempre, che per ri- guardo al danaro la questione non fu propriamente considerata definita, avvegnacchè non vi si legge in parole esplicite obbligata la restituzione sull'equa base dell'intrinseco nobile puro metallo ri- cevuto , qualora manchi l' originaria moneta data. Nemmeno il codice vigente ha provveduto come do- veva , in quanto che per le monete che cessarono d'aver corso prescrive la restituzione con altre che prossimamente si avvicinino, termine vago e sconve- niente, che inchiude 1" ignoranza della Docimastica, e che non è atto per niente a misurare esattamente il giusto ed a troncar le liti. Eppure la Francia è il paese più dotto d'Europa, e 1' illustro Sacy vi fioriva nel- Tepoca in cui si pensò alla grand'opcra di dar leggi al popolo nell'idioma che parla, onde conoscere le possa. Vienna similmente contava nel 1812, che fu l'anno della publdicazione austriaca, un Eckel che spaziava da sovrano maestro negli immensi camjii dell" eru- dizione greca e romana (Toc/r/z/r; nummorinn rcln-^'in.

62 GIOVANNI MUI.AZ/.ANI

l'om. VII! , Vindobonw 1802), e soverchio sarebbe di far riflettere, che non avvi può esservi alcuno veramente grande numismatico, che non abbia dovuto penetrare addentro negli studj dei valori, e non fossero in conseguenza gli esimi scrittori, che ho nominati, capaci di dare, interpellati, responsi sapientissimi.

Anticamente del resto la dottrina esposta del Conte Carli, e che abbiamo voluto alcun poco parafrasare ai nostri bisogni, è stata conosciuta e praticata or più or meno. L'abbattimento delle monete nobili che ignobili che n' è cagione , è stato perenne nel mondo, cominciando dall' asse librale romano, che si ridusse, come sanno i medaglisti, sul finire della repubblica ad ^1^4 d' oncia da 12 che fu in origine, vale a dire ad una quarantottesima parte, discendendo ai danari quinari e sestersi d'argento, diminuiti grada- tamente essi pure. In quanto a noi, di cui cade in ac- concio il discorso, abbiamo frammezzo alle violenze ed agli inganni dei tre duchi Visconti, ed alle con- fusioni del primo Sforza, già diversi decreti, nei quali confessando quei principi tacitamente le loro colpe, stabiliscono il ragguaglio fra le nuove e le antiche monete di pregio maggiore, tuttoché di denomina- zioni sempre le stesse. Così di Maria Teresa abbiamo giusti e benissimo elaborati regolamenti analoghi, allorché diede fuori nel 1778 il suo sistema monetario, ed a tutti poi sono note e per le mani le tavole di riduzione del governo italiano del 1807 ed austriaco odierno del 1822, nelle quali epoche comparvero monetazioni differenti.

Ho dovuto tacere della Spagna, poicliè quantunque gravissime alterazioni si siano date nell'entità della lira da Filippo IT (In'ìA) a Carlo HI (1711), a segno che vedremo quest'ultima più leggiera di \q dell'altra, nessun editto adattato registrano gli annali mone-

STLUIl KCO.NOMICI SI'LNK MllNKTK 1)1 MlI.ANd G3

tarii di quel periodo infausto sotto tutti i rapporti sociali.

Non può intender la ragione di questa lacuna, chi non è iniziato nella municipale nostra istoria. Eravi allora presso di noi un corpo pubblico detto Senato di Milano encomiato a torto dal Verri [Storia di Mi- lano, pag. 105i, magistratura d'origine francese, che riuniva in la podestà legislativa , e giudiziaria , nonché parte dell'amministrativa.

Ad ogni lite, in conseguenza, padrone era di dare sentenza, come più gli piaceva, vincolato non essendo da alcuna legge. Le sue facoltà si leggono nel così detto editto perpetuo di Lodovico XIT re di Francia e duca di Milano, dato in Vigevano li 11 nov. 1409 e sono : Damus et concediìim.s fjer pra'sentcs potestnlem seu auctoritatem decreta nostra ducalia con/ìrmandi et inprmandi , dandi omnes qnnsci'mquc dispensationes , statutorum et ordiiiatorvm conjìrinationes , etc. e, ri- spetto alle concessioni del re medesimo, era detto: Xisi prius fuerint in dicto Senatu nostro pro'sentatdi interinata; et verificala', nutlius fìrmitatis, effectus, cel momenti esse poterinl ; easqae tara concessas qnam concedendas, decernimus per prcsentcs irritas et i/ìanas [ivi pag. 104). Di sterminate attribuzioni quale uso a beneficio pubblico abbiano fatto que' Padri Coscritti , le memorie nostre non ne rammentano uno solo, bensì ci hanno tramandato le storie bru- tali delle streghe, e della Colonna infame. Il grande imperatore Giuseppe li U congedò nel 1783 col plauso dei veri (riureconsulti, e degli uomini di Stato, che sanno dover essere la podestà giudiziaria affatto se- parata e indipendente dalla legislativa , ed anche, come volgarmente dicesi, dalla governativa.

64 GIOVANNI Ml.T.AZZANl

V.

VALORI': ASSOLI.'TO E COMPARATIVO COI GIORM NOSTRI DELI. K M 0 N E T E A \ T I C II E.

Chiamo valore assoluto la quantità del metallo depurato dalla lega, che si contiene in una data mo- neta d' argento e d' oro , operazione che si ottiene coll'assaggio.

Come abbiamo più sopra dimostrato, la lira di Carlo j\Iagno della fine del secolo Vili, da cui ha origine la lira milanese, si componeva di puri grani 79GS,200 equivalenti a lire 117, soldi 12 e danari 3 di Maria Teresa del 1778, ovvero ad italiane L. 90, centesimi 27 e millesimi 1 del 1807.

I fiorini e ducati d' oro del medio evo ed i zec- chini venuti dopo per essere stati ognora purissimi, non abbisognano di scandaglio, ma lo esigono le pro- duzioni in generale dal 1500 in poi fino ai giorni nostri distinte per mischianza di parti eterogenee , cioè gli scudi, le doppie, i sovrani e napoleoni d'oro.

Quindi i primi patentemente additano col peso il loro valore assoluto, non così le monete della seconda fatta , dallo quali convien sottrarre il metallo igno- bile per farsene giusto concetto.

Procedendo di fatto modo ognuno vede che fa- cilissimo riesce il determinare con rigore matematico il valore di ogni moneta di qualunque epoca si sia, astrazione fatta dal nome che porta , e dalla tassa- zione per cui abbia avuto corso , e ciò sia detto in correlazione del grande principio esposto dal Conte

STUDII ECONOMICI SUM.E MONETE DI MILANO C5

Carli alla metà del secolo scorso, di cui trattammo non è guari, e che non fu inteso abbastanza bene dai legislatori dell'età nostra.

Ma molto più grave assunto, che non sia quello di decomporre le monete per scoprirne l'intrinseco, si è di fissarne il valore comparativo fra tempi e distanze diverse.

Se la natura non avesse prodigato al nostro pia- neta che \\n solo nobile metallo, o che ad uno, gii uomini avessero data la preferenza per costituirvi sopra il simbolo della merce universale (che semplice e più equo ritrovato sarebbe stato), come si legge di alcuni popoli dell'antica zona torrida, e come fu di Carlo Magno e delle repubbliche italiane che per il concordato del 1254 {JJarli, T. I, pag. 201) non altro che di monete d'argento pattuirono la fabbrica con norme comuni (^) o come tentato aveva il nostro Mi-

(1) E i;osa da far stupire ogni provetto economista dei giorni nostri, riflettendo a:lla sapienza di Carlo Magno, clie in un secolo barbaro im- maginò e ci diede il suo sistema monetario fondato unicamente sull'ar- gento, assicurando per tal modo coU'esolusione dell'oro, la misura inva- riabile dei valori, che non si può ottenere coll'uso simultaneo dei duo nobili metalli soggetti ad oscillazioni continue nel loro ajiprezzamento.

Cosi similmente degno d'osservazione è il senno e la costanza mostrata da 7 nostre città circonvicine: Brescia, Bergamo, Cremona, Parma, Pavia, Piacenza, Tortona nell'ordinamento monetario stipulato nel 1254 due anni dopo l'invenzione del fiorino, la qual invenzione turbò e sconvolse fieramente i primitivi valori dei metalli durante la seconda metà del secolo XIII, ed il principio del XIV, come sarà narrato alla rubrica repubblicana dal f. 14 al 18, od imperatoria e regia dell'evo reinibblicano fascicolo 7, f. 9, pag. 4 e f. 10.

Lode singolare si merita pure il nominato concittadino Prina, per avere il primo in questi tempi moderni risuscitata l'idea e la i)Ossibilità di un vero, di un retto sistema monetario colla riforma dell'antico, annullando cioè i due instabili valori e perfezione anzi arrecando alla coniatura dell'oro in parti determinate di peso e bontà segnativi sopra per comodo, j)er garanzia, per estensione maggiore della contrattazione.

Il vanto di avere in Italia rinnovata la grand'opera di Carlo Magno

GG GIOVANNI MUr.AZZAM

nistro (lolle finanze Prina nel 1804, che l'oro demo- netizzato aveva, nei progetti monetarii della Repub- blica italiana, non vi sarebbe bisogno di prolungare più oltre la discussione presente. Ma la duplicità di cui fanno uso le nazioni involge in astruse ricerche scientifiche dalle quali emergere vedremo che la stessa quantità metallica cangia, e cangiar può real- mente di valore sia in più od in meno da un dato tempo all' altro , e tostamente mi accingo a dimo- strarlo.

Inconcusso principio fra gli economisti è che il valore dei metalli sta nel pregio che gli uomini che ne sono li possessori, danno all'uno in confronto del- l'altro, locchè chiamasi proporzione. jMa poiché queste proporzioni sono soggette a variare grandemente per più cagioni, che furono altrove enumerate, così qiiegli s'ingannerebbe di lunga mano il quale credesse, che la Lira dei Carlovingi marcata di sopra corrisponda dopo mille anni al valore di teresiane L. 117,12,3. Durante la dominazione di quei monarchi la propor- zione ossia il prezzo dell'argento all'oro era come di 1 : 12 che è quanto dire che una libra d'oro si per-

è dovuta ad un altro italiano, Luigi de Medici ministro delle finanze del regno di Kapoli ; che nel 1818 colla mira (cosi leggesi in una sua ordi- nane i , 8 maggio di quell'anno, di coìTegcj'.n^ l'ei-rore della proporzione cogitante fra l'oro e l'argento, e ponendo p)er massima che la moneta sia la misura d/'i prez:i e d'ogni maniera di contrattazione, statuir fece dal suo re, che \\n sol metallo esser possa materia di moneta, e l'argento fu scelto di preferenza. Plauso ed onore adunque sia al forte economista napoletano che degno sarebbe stato di sedere per 1' utilità di cento po- poli, piucchè del Siro dell'estrema parte d'Italia, nei consigli dell'arbitro d'Europa, Napoleone.

In Inghiltera all'incontro domina l'oro per tipo legale con la lira ster- lina pari a 25 di Francia decimali. Ma l'argento maggiormente divisi- bile è da preferirsi por la comodità delle contrattazioni, e perchè si presta, moltiplicati quanto si vuole i valori, all'uso delle ricche o meno ricche, delle grandi e delle piccole nazioni tutte del globo.

STUDII ECONOMICI SULLE MONKTK DI MILANO 07

mutava con 12 d'argento loccliè sappiamo da un editto di Carlo il Calvo dell' 854; ( I^. Le Blanc , pag. 121) all'incontro ai giorni di Ilaria Teresa era di 1 : 14 e ^^2. Per la qual cosa, dovendosi nel com- mercio del 1778 lib. 14 e \2 d' argento per conse- guirne una d'oro, ne viene in conseguenza che le lib. 12 di Carlo Magno rappresentano ed equival- gono a 14 e i[2 di Maria Teresa, e che le L. 117,12,8 non sono che il valore apparente della Lira Carolina, poiché essa equivale a L. 142,2,3 a formar le quali non bastano li puri grani 79G3,200 d' argento fatti conoscere di sopra e altrove, ma se ne richieggono 9G22,200.

A far vedere poi del tutto la mutabilità dei valori non solo in più, come è stato di Carlo Magno a fronte di Maria Teresa, ma ben anco in meno, mi servirò di un altro esempio tratto dalla Lira di Federico Barba- rossa detta imperiale, coniata pure dalla città nostra sulla fine del secolo XII volgendo l'anno 1185 para- gonandola colla stessa Lira di Carlo Magno. Ad italiane L. 28 e cent. 83 ammonta il valore asso- luto della Lira di quel terribile imperatore per la massa argentea che in contiene, e la prova sarà data a suo luogo.

Ora la proporzione di 10 e ^[2 e non di più vigente a quanto si può credere, esso vivente , per ciò che sicuramente sappiamo della metà del secolo dopo, in cui comparve il fiorino d'oro la proporzione dico di 10 e ^[2 fa si che una Lira di Carlo Magno verso il 1185 equivaleva a \q di meno, cioè a soli puri gr. G9G7,800 e cosi per il corso del medio evo, in cui l' argento resta caro ognora, l'oro non essendo asceso che verso 11 rimane chiarito che il valore reale della Lira Car- lovingia si trovò costantemente diminuito.

Li conseguenza per determinare il valore compa-

GS GIOVANNI MULAZZANI

rativo di una moneta dei tempi trascoi'si con quello dei successivi, che è lo stesso che dire, il valor suo reale, indispensabile si rende scoprire le proporzioni rispettive.

Domandar forse più d'uno potrk a quale oggetto io abbia messo in campo la discussione dei valori com- parativi dopo degli assoluti, intorno i quali le leggi hanno provveduto, e di cui nessuno che abbia senno può contrastare la giustizia, l'utilità, l'evidenza.

In poche, ma mi lusingo chiare, stringenti parole, rispondo al quesito.

Se vero è, come è verissimo, siccome fu notato di sopra, che il valore dei metalli in niente altro con- siste che nel pregio rispettivo, che gli uomini danno all'uno in paragone dell'altro, che dicemmo nomi- narsi proporzione, e se queste proporzioni da un tempo all'altro sono soggette a rilevanti variazioni da un tempo all'altro tanto in più che in meno, non si rende egli evidente, che a calcolare con norme di rigoroso gius una somma di denaro sia d'argento o di oro in qualunque modo obbligata ad un tempo e da prestarsi in altro, si deve guardare non alla sola quantità pura metallica originariamente costi- tuita, ma che il ragguaglio deve farsi col dato che risulterà dalla proporzione allora vigente?

Se libbre 12 d'argento di Carlo Magno erano di- ventate 10 e ^{2 al tempo di Federico I, e se le istesse libbre 12 di Carlo ^Magno pareggiano lib. 14 e ^\2 del- l'iimperatrice Maria Teresa, chi non vede l'utile che ne deriverebbe al creditore nel primo caso, o il danno al debitore nel secondo, qualora di tutte queste diverse quantità non fosse tenuto il debito conto?

Il nobile scrittore in conseguenza , che mi ha preceduto, non conobbe il vero che per metà quando trattò del giro del denaro , e stabilì per unico eie-

STL'DII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO ()9

mento di parificazione il depurato })eso metallico. Lodo per altro e gratitudine ancora dobbiamo ad esso per avere di un passo forte fatto progredire la scienza, e spianata la strada ad altri per arrivare alla meta ]Mi si obbietterà, che propongo una nuova teoria di difficile applicazione e ricscita nella pratica, arcano e di lunga lena essendo lo studio delle proporzioni. Sia pur questo, lo concedo ; ma sacra è la scienza nostra, ed ufficio di cittadino degnissimo è d'investi- gare i nascosti recessi ad utilità pubblica, onde poscia la Giurisprudenza in felice accordo colla pubblica economia, cosa fin qui desiderata più che otteiuita, regolar possa con norme severe e giuste le proprietà, e non l'errore, ne l'arl^trio, od il caso. D'altronde in ogni eulta regione o presso ogni illuminato governo d' Europa non vi sono cimelii monetari e professori ad essi preposti, che coi loro responsi possono ser- vire di guida ai privati, ed illuminare i Tribunali nella guisa istessa, che fanno i periti d' ogni altra scienza ed arte? Che se lecito mi fosse, farei sapere che per il periodo, che trascorse dal 1B54 al 1778 in un opuscolo da me stampato nel 1842, e che qui unisco ad ogni buon conto, sulla Lira milanese nostra appellata in quel tempo imperiale, trovasi già una tavola redatta colla massima or ora stabilita, la quale tavola offre appunto le vicissitudini del valore della predetta lira cagionate dalle oscillazioni metalHche, lavoro che potrebbe facilmente impinguarsi de" quadri de' secoli antecedenti, ed essere compiuto con quelli dal 1778 in poi.

(1) Qiiaiitunqiip, come l'autore qui accpima . la tavola sullo vioi.ssitu- dini (Iella Lira "Nfilaneso sia p;ià stata ]mblilicata. crediaiuo opportuno di qui riprodurla a complemento di questo studio economico, tanto ]nù elio l'opuscolo in questione stampato in piccolissimo numero d'esemplari , ò ora diventato estremamente raro e quasi introvaltilo. F. ed E. G.

70

CIUVANNI .MUI.AZZAM

VICISSITUDINI DELLA LIKV IMI'ERIALE MILANESE

nelle dodici Epoche sotto indicate, in ragione dell'Argento puro da essa rappresentato in ciascuna Epoca, giusta la rispettiva proporzione metal- lica dell'Oro e dell'Argento col contVonto della Lira Nazionale, pure ^Milanese, creata nel sistema monetario del 1778, la quale, a peso di Marco, conteneva di Argento puro Grani 67,712, essendo di peso lordo Grani 122. 1C[24, o della bontà di denari G. 15, pari a millesimi 552, e ritenuta l'odierna proporzione metallica, che una parte d'Oro equivale a quindici parti e mezzo d'Argento.

ELEMENTI DI CALCOLO

per desumere la quantità dell'Argento puro,

corrispondente all;i Lira Imperiale in ciascuna

fra le notate Epoche, colla indicazione

dtlla ]iroporzione metallica rispettiva.

Il Grasso d'argento di lìernaìiò e Galeazzo, fratelli Visconti, Signori di Milano, valeva due Soldi Imperali, era del peso d' Grani 5r, i quali, alla bontà di 0,900, corrispondevano, a Crani 45,90 di argento puro: quindi la Lira Imperiale constava di Grani puri 459, quando la proporz'one metallica tro\avasi di I d'oro uguale a 10,592 d'argento.

Il Grosso di Giovanni Galeazzo Visconti,

Duca di .Milano, \ aleva soldi uno e mezzo, ed era del peso di Grani 4S, i (juali, alla bontà di 0,630, davano di argento puro Gra- ni 30,240: cjundi la Lira constava di Grani 403,200, quando la proporzione metallica tro- vavasi i d'oro 11,630 d'argento.

Il Soldo eroso di Francesco I Sforza Duca Milano, era del peso di Grani 30, ì quali, alla bontà di 0,368, davano di argento puro Grani 11,040: quindi la Lira Imperiale con- stava di Grani 220,800, quando la proporzione metallica era di i d'oro 10,965 d'argento.

Il Testone d'argento del Duca Galeazzo Maria Sforza, e continuato dai successori Giovanni Galeazzo e Lodovico Maria, valeva una Lira Imperiale, ed era dei peso di Grani 192, i quali alla bontà di 0,962, davano di argento fmo Grani 184,704, quando la pro- porzione metallica trovava di i d'oro 10,975 d'argento.

il

, Il Testante, coniato nel 1474 sotto il Duca

L Galeazzo Maria Sforza, e continuato da' su'ti

1 successo i, da soldi venti che valeva ncll.i

154S \ sua origine, fu messo in corso, sotto Carlo V

1 per soldi 30, il che riduss; l'argento puro

f de! a Lira a Gr. 123,136, quando la propor-

\ zio ne metallica era i.!i i d'oro 10,833 d'argento.

A.IÌGENTO PUEO COEEISPONDEIJTE ALLi LIBA mPEEIALE

Quantità giusta la propor- zione del- l' Epoca

459

ODO

I Valore I appa- ! rente a! prezzo idei 177S

136

Juastiti

giusta la

propor-

zione

odierna

0

671

685

33;

369

312

120

.60

857

176

1S4

Valore

effettivo al prezzo

del 1778

STUPII ECONOMICI SUM.E MONETE I>I MILANO

VICISSITUDINI della Lira Imperiale Milanese antica e moderna.

T3 O

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1583

ELEMENTI DI CALCOLO

per desumere la quantità dell'ArsTento puro,

corrÌspond-.-nte all.i Lira Imperlale in ciascuna

fra le notate Epoche, coUa indicazione

delia proporzione metallica rÌ3;iettLva

àE2E::T0 PUEO COEEISFOiTLElTTE ALLA LISA I1!P2EIALE

II 1673 /

giusta la

I propor- iion'; del I l'Epoca

Lo Scudo d'argento di lire 5.13 di Filippo II' Re di Spagna e Duca di Milano, era del p ^o di Grani 631,166, i qu»li alla bontà di de- nari 11,12, pari a 0,958,332, davano di ar- gento puro Granì 604, S66: ((uindi la Lira Imperiale constava di Grani 107,030, quando la proporzione metallica tra di i d'oro 11,229 d'argento.

Eo Scudo di Filippo III, eguale in peso et! in bontà allo Scudo precedente, era in corso per lire 5,15; qnindi la Lira Imperiale cor- rispondeva a Grani 105,476, 'luando la ])ro- porzi ine metallica era di i d'oro 11,917 d'argento.

Lo Scudo di Fili IV, non essendo va- riato né in peso ne in liontà, in va'ore di corso, conservava la Lira Imperiale allo stesso limite di Grani 105,476 ; ma la proporzione era i,i rngiijne di i d'oro 14,918 d'argento.

II Filippo d'argento del Rr Carlo II, I)u:a di Milano, valeva lire 6,10, ed era del peso di Grani 546, i quali, ala tjontà di 0,958,332 davano d'argen-.o pur» Gr.ini 523,249: quindi la Lira Imp-^riale constava di (irani 80,500, quando la proporz. metall, era di 1 d'oro 15,752. d'arg.

Il Filippo precedente non fu variato da Filippo V lìorb'jue ; ma portato a lire 7, il che abbassò \x Lira Imperiale a Gran! 74,750, quando la proj^orzione met.tUica era di 1 d'oro 15.054 d'argento.

Tutti gli indicati Filip'^i d'argento, sott*> il dominio dell'Imperatrice Maria Teresa, di; venuta Duchessa di Mi a o, furono portat' al prezzo di lire 7. io: ijuindi l.t Lira Iiiipe- rialc corri-ipose a Gr^n' '9,766 d'argenta puro quando la proporzione meta'lica era di 1 di oro 14,783 d'argeni".

Col sistema monetano di questo anno 1778 si creò la Lira Xaziomle Mila>iese, del peso come s; è detto, di Grani 122 i'j]24, i quali, alta bontà di 0,552, danno di argento puro Grani 07,712, (juando la propor/ijne metallica era di i d'oro 14,445 d'argento.

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Valore

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al prezzo

1778

72 6S7i I

(1. Mi:i.AZZANl - STl'Dll ICCONOMICI SULLE MONKTK IJI MILANO

malagevole adunque, tanto meno insolubile ò il tema da me proposto; tre scienze vi prestano certo sussidio, la Chimica coi suoi non fallibili pro- cessi, la Storia coi documenti, l'Aritmetica colle cifre incontrastabili.

Infranto ad ogni modo sarebbe, seppure esiste, l'intricato nodo per le generazioni almeno, che hanno da venire, e Temi, quell' augusta Dea, cui miriamo costanti in questa nostra opera, trionferebbe in tutti li casi, e di tutte le difficoltà ed imperfezioni del vigente sistema, che per desiderio di brevità ho tra- lasciate, se la duplicità dei nobili metalli cessasse e rimanesse un solo, quello dell'argento, come che su- scettibile di maggior divisioni di parti, e quindi di valori per comodo della contrattazione.

Voto egli 0 questo , che faccio , e che appendo sulla tomba del ministro delle finanze del cessato Regno d' Italia il quale colla sua doppia d'oro della Repubblica italiana altrove accennata ne concepì fra noi il pensiero sublime nel 1804 , onde dar pace a queir ombra onorata e troppo a ragione di noi sdegnosa.

E sia questo altresì il suggello, che appongo alle attuali economiche monetarie prolusioni , che mi hanno occupato con amore a motivo della grande utilità , anzi dicasi necessità di questi d' altronde ameni studii , a torto poco coltivati , e che puro si collegano con bisogni tanto eminenti della civile Società, com'è il giro del denaro, e con una scienza nobilissima, la Giurisprudenza che fu definita dagli antichi sapienti di Roma Dicmartnn atque humanarum iterimi notitia , justi atque injusti scientia {Institut., lib. 1, tit. 1, pag. 1 de Justitia et jure).

Conte Giovanni Mulazzam.

GLI ZECCHIERI DI MILANO NEL 1479

Lontano per oggi da noi il proposito di volerò otYrire una estesa memoria intoi'no alla zecca di ^Milano nel periodo sforzesco. Non ci mancano all'uopo abbondanti documenti e tuttavia ne raccogliamo negli archivii milanesi, ma la loro edizione seguirà più tardi, in altra apposita disserta- zione clic vedrà la luce in questa medesima Rivista, grazio alla larga e benevole ospitalità che le verrà concessa dal suo Direttore.

Noi non produrremo qxà. e più a titolo di curiosità che altro, un completo elenco degli operavi e monetarii della zecca di Milano nell'anno 147n. A nostro debole avviso è questo l'unico che fin qui si conosca, mentre non mancano numerosi nomi di zecchieri milanesi e per diversi anni del XV secolo e risalendo indietro , ma sono nomi isolati o quasi, e non mai offertici in un ruolo cosi completo, come nel documento del 1479.

lo è quello in data IG ottobre 1385 , indicato già ài.'dSX! Ar geli ali ^1 e nel quale sono elencati 28 operai e IG mo- netarii, coi rispettivi loro j^reposti Vìicrleìh) do lieìhcìh) da Pavia e Maffioìo da Marlinno (').

(1) Argki.ati, De Monetis, etc. Ili, 50. I nomi di quegli zec<'liieri figurano noll'istrunipnto Ifi ottobre IfiSó di ammissione in operaio della zecca milanese di Giacomino de' Filippi, figlio di Leonello, già opei-aio esercente nella medesima. L'istrumento accerta die l'elenco <li quegli zeccliiori, specificati co' loro nomi, non è completo ma clic però la Il maior et sanior pars Operariurum et !Monetariorum dicrae Monetae u Commnnis ^^ediolani laliorantes in dieta ^[oneta i\

74 K.Mir.lO MOTTA

E fin dai 23 marzo 13G5 l'imperatore Carlo IV creava monetarii i cittadini Milanesi fratelli Pagano ed Ambrosio de Bìassono (').

Xel 1308 troviamo tra gli operai della zecca i fratelli S<iiiione e Francesco de' Intcrìcnghi. comaschi '^). In quel- l'anno re AVenceslao affidava la soprastanza della medesima zecca alle nobili famiglie Luciui di Como e De Capitani di P. Romana, di Milano (3).

Più tardi , ai 13 agosto 1423, il duca Filippo Maria

Visconti metteva al possesso della zecca di Milano, si- tuata in Porta Ticinese, nella parrocchia di S. Mattia alla moneta (4), i seguenti zecchieri e cittadini milanesi, e cioè: Ihistico di Piantanida, Franccseltino de' Pedrazzi di Geren- zano, Bernardino da Cesano, Marcolo da Morate, Giorgio Fogliani, Giov. da Galiano, Francesco delie Lande, Accor-

(1) Il diploma si logge per intiero noi lìfgistro Paniffarola B. fol. 148, (Ardi, di Stato Milanese).

(2) Ordino ducale 22 nov. 1308 percliè siano ritenuti esenti dalle im- poste nella città di Como. In esso sono qualificati : u Symon et Fran- 11 ciscus fratres de Interlignis qd. Petri , parocbie sancii Fidelis illius Il nostre civitatis Cumarum operarli qui ad fabricam monete , quam in Il liac nostra civitate Mediolani certo preterito continuato tempore fe- II cimus ac facimus prosentialiter fabricari. " (Lettere ducali. Voi. II, f. 181, AìvJi. civico di Como).

Per due altri comasclii , Giacobino de Capile e lianicio de Bognariis monetarii alla corte imperiale germanica , cfr. Gazzetta Numismatica di Como, 1886, anno VI, n. 1, pag. 5.

(3) Arcei.ati, De Monetis, etc. II. 268.

(4) Galeazzo Maria Sforza l'avrebbe tra.sportata nell'altra via poco lon- tana, detta della Zecca Vecchia, per passare finalmente al luogo dove tut- tora si trova (MuoNi, La :ecca di Milano nel secolo XV, pag. 8 in nota). Ma è già dei 15 giugno 1453 la procura ducale nel famigliare Pieh-o Accettanti a stipulare con Giacomo e Luciano fratelli Pestagalli la retro- vendita della casa della zecca situata in P. Ticinese nella parrocchia di S. Ambrogio in solnrolo, per L. imp. 3520. {.\rch. di Stato. Registro du- cale V f. 137 t.)

lil.l ZECCHIERI DI MILANO NEI. liTlt

siilo (hi Limiate, Giaco)iiino di VaUassina, Cristoforo da Oìgiate, Amizino da lìcìlano, Zanone da Fino, Gior. da Mar- nano, Galvano de' Medici, Gior. di Socara, Giov. de' C)'i- velìi , Giov. de' Albrici, Antonio de' Magoni, Guglielmo de' Gallazzi e Giacomolo da Olgiate (1).

Il consorzio degli operavi e monetarii di Milano ebbe sul- l'esempio degli altri paratici milanesi, di sempre gloriosa memoria, statuti proprii e privilegi imperiali al) a.nti<ino. a cominciare dal diploma di re Enrico A^II nel 1311 {2i. Sic- come zecca imperiale quella di Milano, i suoi monetarii im- petravano dalla Maestà regia l'approvazione ad esercitare l'arte loro nobile (3,'. E di tali concessioni se ne serbano ricordi, anche per la fine del secolo XV negli archivi nostri di Stato (4).

(1) Arch. di Stato Milano. Registro P.inigarola C f. 25 e seg.

(2) Il Predari (Bibliografia milanese, pag. 45l(>, cita come alle stampe i II Privilegi d' immunità ed esentioni , ecc. concessi dal Serenissimo Henrico imperatore de' Romani ed altri alli signori operarli e monetari dell'imperiai zecca di Milano. In fol v Loro iirntettoro, come degli Orefici, S. Eligio. Il privilegio imperialo J:ill-l:]2;i leggesi anclie negli .Statuti dei medesimi monetarii, de' quali nella nota più avanti è ancor discorso. E meglio, assieme alle contenne degli imjieratori AVencesl.ao, Sigismondo e Carlo V. (1398, 1131 e 1541J nell'opera àiAVArgellati, loo. cit. II, 2G3 e seg.

(3) Cfr. CiiAPoNNiÈRE, De l'institution des outrirrs monnoi/ers du S. Romain empire et de leurs parlement, in Memorie della Società storica di Ginevra, anno II, pag. 29-80.

(4^ Per es. permessi del duca di Milano per ottenere la licenza impe- riale, a favore dell'orefice Giacomo Crivelli, 2'> ottobre 1493 (Reg. du- cale, n. 61, f. 85) ; di Dionigi e Donalo da Sercgno , 12 gennaio 1194 ; di Martino da Garbagnate , 24 febbraio 1494 (Reg. idem, f. 178, 1. 170 t.) ; di Gian Antonio e Donato fratelli da Varese, 8 luglio 1194 (Reg. Missive, n. 198 f. 42 t.i.

Nella famiglia dei Crivi'lli fu <'ieditaria per molti anni l'arte dell'orafo. Giacomo, intagliatore di cammei celebre, è ricordatf) dal Morigia {No- biltà di Milano, cap. XII, lil)ro Vj e meglio dal Caffi nella interessante sua memoria : Arte antica lombarda (Oreficeria) , noli' Ardi, storico lom- bardo, 1880, pag. 597. Il Cafll ricorda jjure Dionigi e Donato da Scregno (Idem, pag. 600) come zeccbieri ed orafi.

7G EMI MI) MOTTA

Degli Slo.luli (li zecchieri milanesi si ha un' edizione a stampa del 1591. Ma fin dal 1479, e precisamente nell' anno del nostro elenco, abbiamo la conferma anteriore dei me- desimi statuti, per parte di Bona e Giovanni Galeazzo Maria Sforza (4 febbraio 1479) a).

Ma ecco per intiero l'elenco degli zecchieri del 1479, nel quale figurano tra i primi monetarii, diversi del casato Mo- rusini (2). Proposto dei monetarii era don Andrea da Cre- mona; degli operai Gregorio de' Balbi (3).

147 9 Lista monetapiopum zeche Mediolani

PORTA HORIENTALIS.

D. Gabriel et Baptista de Morexinis, fratres, fil. qd. domini Johannis, parochie sancii Babille.

D. Johannes do Morexinis fil. qd. d. Georgij, parochie sancti Babille-

D. Bertolameus, Joliannes, Jeroniiuiis et Symon deMorexinis, fratres, fil. qd. d. Filippi, parochie sancti Babille.

Eigolus de Bossis, fil. qd. d. Francisci, par. s. Pauli in Compedo.

(1) Classe zecca. Ardi, di Stato. Milano. Gli Statuti, a stampa, del 1691 (in fol. di pag. 55 s. a. indiz.) portano in calce la conferma di Massi- miliano Sforza, 11 maggio 1505 ed il privilegio imperiale del 1311. Vennero approvati dal Magistrato ordinario ai 22 maggio 1591. E sono gli unici Statuti di zecca citati, sull'appunto del Predari , dal Manzoni nella sua Bibliografìa statutaria.

(2) Giovanni Morosini è ricordato all'anno 1477 dal Muoni (La zecca di Milano nel secolo XV pag. 26). Anzi il documento che lo riguarda quali altri zecchieri Francesco da Bagnano, Giov. Antonio da Castiglione e Giov. Antonio Magno, e ricorda i capitoli e concessioni delli loro com- pagni. Vorrebbe però essere piuttosto aggiudicato all' anno 1479 , mo- strando una certa qual relazione colla conferma statutaria di quell'anno, sopra indicata.

(3) Cart. dipi. 1479 {Arch. di Stato). L' elenco dei monetarii porta la data dell'anno (1479) ; non cosi quello degli operai. Ma 1' averli trovati compiegati assioma, nella medesima cartella, ce li fa ammettere concordi per cronologia.

i;i,l ZKCCHIKRl iJl MILANO NKI. 1 17'J

PORTA NOVA.

D. Magister Autonius de Ciixauo, fil. iiiag.'^' d. Jacobi, parochie saucti Fidtìlis.

Johannes, Antoniiis et l^ertolauieo de Peregalo, fVatres fil. qd. d. Ambrosij, parochie saucti Victoris ad XL maitirum.

Ambrosius de Ghiringhelis, fil. (jd. d. Bernardi, parochie sancti Victoris ad XL martirum.

Francischus et Antonius de Aycardis, fratre.s, fil. (jd. d. Johanuis, parochie sancti Victoris ad XL martirum.

Johannes Donatus et Johannes Georgius de Vicoraercato, fratres, fil. qd. d. Johaunis. In Iodio de Sovicho.

Petrus de Protis fil. qd d (1) In Modoetia.

Mafiolus de Frotis fil. qd. d. Laureutii, parodile sancti Domini ad mazam.

Bernardus et Donatus de Porris, fratres fil. ((d. d. Aniioui , paro- chie sancti Bertolamei intus.

Job. Andreas de la Cruce, fil. (|d. d. Gabrioli, parodile sancti Martini ad Xuxigiam, guarda ferrorum.

Vaninus de Peregci, fil. qd. d. Marci, parochie sancti Victoris ad XL martirum, guarda ferrorum.

Hector de Pagnanis, fil. qd. d. Christofori, parodile sancti Domini ad mazam, superstans monetarum (2).

(1) Gli spazi in bianco trovansi iiarimenti nel documento originale.

(2) Nomi diversi di soprailaììti e cus'oi/i alla zecca milanese ci olTrono i documenti d'arcliivio. Citiamo ad es. Ayilunio Casali nel 140:i; Simonino Lilla e Manolo da Vimerca/e nel 1110; Giacomo Molìnno morto circa il 1441» '[Ardi, civico. Lettere ducali voi. IH, f. 1)1; V, t'. 17; Registro 1445-.")0 f. 10;5 t.); Princivallo da Lamjntffnaìio, scelto assieme a Qabriolo della Croce nel 1454 (Reg. ducale n. 93, t'. 17 t. Arci,, di Stalo); Gaspare da Lampu- gnano , nominato a vece del defunto suo padre Heltramolo nel 1455 (Idem, f. 4Cj ; Accorsino da Landriano , nel 14G2 , invece del revocato Gl'or, da Meho (Idem, f. 305 f.); Francesco da Landriano nel 1474, scelto in rimpiazzo del suo parente morto ai '27 gennaio di ipiell'anno (Regi- stro ducale, n. UH, f. 151 . Xel 148,S è nominato l'orefKje Mag.'" Anlonio Ambrosio de' Solari e nel Miti il già sopraricordato gioielliere Mag.^u Ja- cobo de Crivelli (llog. ducali, ii. ;'.(i, t'. 14.S !■ n. l'iU f. 20).

78 KM ILIO MOTTA

PORTA CUMANA.

Francischus do Frotis, fil. qd. d. Antonii, parochie sancti Marcelini.

Antoniiis de Modoetia, fil. qd. d. Rigi » » »

Bernardinus de Vicemalis fil. qd. d. Ambrosii, parochie sancti Mar- celini.

Lanzalotiis et Joliannes de Caponibus, fratres, fil. qd. d. Acharisii, parochie s. Marcelini.

PORTA VERCELINA.

Jacobus de More.xinis, fil. qd. d. Johannis, parochie sancte Marcelini.

Lazarus do Modoetia, fil. qd. d. Rigi » » »

Bernardinus ejus filius » * »

Francischus de Modoetia, fil. qd. d. Rigi » » »

Bertela » » » » » »

Pliilippus de Modoetia, fil. qd. d. Ambrosis, parochie sancti Fomei.

Andreas et Petrus, fratres fil. qd. d. Ambrosii. In loco de Figino.

Baptista et Job. Georgius de Mondelis, fratres fil. qd. d. Monde- lodi, parochie sancti Nicholay intus.

Christoforus de Mondelis, fil. d. Georgii, parochie sancti Naboris et Filicis.

Bencdictus et Bernardinus de Monbreto, fratres fil. d. Ghristofori, parochie sancti Marie Pedonis.

Job. Georgius de Crispis fil. qd parochie sancti Marie Pedonis.

Prancischus , Albertus, Gabriel et Job. Benedictus de Marliano, fratres fil. qd. d. Aluisii, parochie sancti Marie Pedonis.

Job. Jacobus de Modoetia, fil. qd. d. Beloli, parochie sancti Alarie Pedonis.

Jacobus et Johannes de Crivelis, fratres fil. qd. d. Aluisii. In loco de Nerviano.

Lafranchus de Vergo, fil. qd. d In loco de Nerviano.

PORTA TICINENSIS.

D. Andreas de Cremona in-cpositiis, fil. qd. d. Johannis, parochie sancti Marie Beltradis. Bernardinus eius filius, parochie sancti Marie Beltradis.

GLI ZECl^HIERI DI MILANO NKL 1479 79

Jacobus de Cremona, fil. qd. d. Joliannis p. s. Marie Beltradis.

Leonardus de Notis, » » d. Jacolii » » » »

Gotardus de Carcliano, fil. qd. d. ;\Ielcliionis p. s. Marie Beltradis.

Christoforus de Xotis, fil. qd. d. Jacobi p. s. » »

Baptista et Johannes Angelus de Scarlionil)us, fil. d. Bertolamei, pa- roehie sancti Petri Caminadella.

Baptista de Xotis, fil. d parodile sancti

Franciscus et Matheiis do Xotis, fratres fil. d. Baptisto, suprascripti parodile sancti

Laurentius de Giramis, fil. qd. d parodile sancti

Marchus de Samarugis, fil. qd. d. rranciscbini, parochie sancti ....

PORTA ROMANA.

Antonius de Crotis fil., qd. d p. s

Andreas de Cremona

l»-epo.siti<s moììdarkiyum.

Lista Operarìorum fabrice monete Mediolani

PORTA HORIENTALIS.

Preimitus. Gregorius de Ball)is, fil. qd. l'etri, {larodiie sancti Viti in

Pasquirollo. Johannes Luchas de Amato, fil. Johannis, parodile sancte diarie ad

Passarelam. Panlus de Amate, fil. Johannis, parochie sancte Marie ad Passarelam- Baptista de Carchano, fil. Bernabos, parochie sancti Simplicianini. Francischus » » » » » »

Antonius de Gorgonzolla, fil. qd. Symonis, parodile sancti Raphaelis. Job. Petrus » » » » » » »

Johannes de Habiate, fil. Antnnij, par. s. Zenonis in Pasquirollo. Bernardinus » » » » » » » »

Petrus Paul US » » » » » » » »

Audreutì de Inzaglio, fil. (|. Antonij » » Steplianii in Brolio furis.

so KMIl.lO M'JTTA

PORTA NOVA.

Fraiicisdnis de Saclielis. fil. qd. Stephani, p. s. Silvestri. Christoforus do Solario » » Johaniiis » » Pideli.s. Nicholotus de Galiìi » » Eranceschinij, p. s. Pidelis.

Bertolomeus de Inzaglio » » Antoni], p. s. Andree ad pusterlam novam. Johannes de Inzaglio, fil. qd, Leonardi, parochie sancti Bartolome\^ Job. Antonius de Sachelis, fil. qd. Stephani, parochie sancti Silvestri. Johannes de Castani, fil. qd. Bertolomey, parochie sancti Andree.

PORTA CUMANA.

Joh. Petrus de Porris, fil. qd. Petri parochie sancti Marcelinj. Alouisius de Fossato » » Autonij » » »

PORTA VERCELINA.

Johannes Antonius do Machachunis, fil. qd. Apolonij, parochie sancte Marie ad Portam.

Apolonius do Machachunis, fil. Johannis Antoni], parochie sancte Marie ad Portara.

Bonaventura de Machachunis, fil. qd. Apolonij, p. s. Xicholay foris.

Joh. Andreas do ilachachunis, fil. qd. Bonaventure, p. s. Nicholay foris.

Michael de Machachunis, fil. qd. Gabrielis, p. s. Xicholay foris.

Daniel de Machachunis, fil. Micliaelis, p. s. Xicholay foris.

PORTA THECINENSIS.

Johannes Petrus de Interlegnijs, fil. qd. Aluisij, parochie sancti Micliaelis ad cluxiam.

Matheus de Fagnano, fil. qd. Domenici p. s. Laurentij foris.

Bernardinus de Predis » » Leonardi » » Yinceutij intus.

Johannes Amhrosius » » » » » » »

Francischus de Fagnano » » Domenici » » Laurentij foris.

Jullianus de Biragho » » Aluisij » » Petri in caminela.

«I.l ZECTHIERI 1)1 MII.AMl .NEI, 1479 81

Corainus de Sancto Xazario, fil. qd. Joliamiis p. s. Laurentij foris.

Ohristoforus de Ghioldis » » Lauzaloti » » Eufemie.

Baptista » » » » » » » »

Bertolomeus de Rizolis » Petri » » Laurentij.

Franciscus » » » » » » » »

Beruardinus » » » » » » »

Melchisadech de Gerenzano » » Francisclioli p. s. Sebastiani.

Job. Ambrosius » » Melcliisadecli » » »

Gabriel de Coregio » Job Petri » » Fidelis.

PORTA ROMANA.

Georgius de Magistris, fil. Jobannis p. s. Eufemie.

Alexander de Sereno » qd. » » » Galdini.

Christoforus de Garbagnate, fil. qd. Franciscboli p. s. Joliannis ad fontes.

Job. Franciscus de Garbagnate, fil. Cliristofìri p. s. Jobanne.s ad fontes.

Nicolaus do Morigijs, fil. qd. Panili, p. s. Tegle.

FONDI.

Guidus de Gironis , fil. qd. Giani. P. Vere. parr. s. Matliie ad monetam.

Johannes de Gattis , fil. qd lynmli, p. v. parr. s. Matbie ad monetam.

CIXOR.

Evangelista do Aplano, fil. qd. Jobannis p. v. p. s. Matbie ad monetam. Bertbola de Bampfis, fil. qd. Cliristofori p. tic. p. s. Sel)astiani.

82 EMIMu MOTTA

Magistri fabrice monete Mediolani.

Franciscluis de Casteliono fil. qd. Job. Petri p. v. j). s. Michaelis ad gallum.

Franciscluis de Morigijs fil. Joliannis p. v. parr. s. Matliie ad monetaiii.

Gregorius de Balbis

lìrepositus operariorum monete Mediolani.

Maestri di zocca figurano in questo elenco Francesco da CasliglioììC e Francesco da Morùjia. Ma nel medesimo 1479, forse prima o magari dopo la registrazione dell'elenco so- praindicato, figura anclie quale maestro di zecca un (riaii Antonio da, Casliglionc (1); e come tale è ancora menzio- nato nel 1481. (2).

A qiresta medesima epoca G^) appartiene ilseguente interes- sante documento, una lettera del maestro di zecca Gerolamo

(ly II (luca di Milano, sulla proposta di detto Castiglione n et sotii a magistri ceche monetarum liujns inch'to urbis n Milano, delega liu- ralto da Trezzo ad inquisitore sopra le falsificazioni delle monete [Arch. di Stato, Zecca).

Omettiamo per oggi di sfoggiare nomi di diversi commissarii, addetti all'ultìcio delle monete false, copiati di su i registri degli Arcliivii mi- lanesi. Lo erano nel 1410 Manfredo Pa>'a::i, Pietraio Medici ed Ambrogio (ihisolfi {Arch. civico. Lettere ducali, V, f. 9 t.). E dei 22 marzo 1403 la facoltà ducale concessa ai XII di Prevvisione in Milano di poter spen- dere sino la somma di 80 fiorini in ogni mese per il salario degli eletti alla ricerca delle monete false (Idem, IV, f. 107 t.). Dai 3 ai 10 fiorini mensili percepivano iiel 1450 e nel 1453 {Arch. di Stato. Reg. ducale n. 00 f. 66-07).

(2) Lettere di posso in di lui favore, in data 3 febbraio 1481 e valevoli per due anni, nel Keg. ducalo n. 120 f. 175 t. Il Castiglioni, come accen- nammo, venne già segnalato dal Muoni.

(3) Vi si ricordano i torbidi di Genova , e crediamo trattarsi di quelli degli anni 1477-78. 0 risale il documento al 14G4?...

ILI ZECCHIKRI Dt MILANO NEL 1479 83

Alberti al duca di Milano. (1) È importante altresì per la storia di Genova; e diamolo in extenso (2).

« Ill.^° Principe.

« Segondo me disse la 111. S. V. che volevi che de la moneda de la cecha fusse dato fine presto e che la S. V. huveva parlato a niisser Tliomaso dariete (da Rieti) et a misser Albrico Muaeta [Maìetta) al tute la S. V. voleva che fusse dato fine a questa caxone de la cecha. E così da quello d'i iufiii a X de questo ho soUicitado con li dicti, che loro debia dare fine. E misser Alhrico Maneta in ultima me ha dicto chel debba aricordare ala S. V. e misser Thomaso da- riete me ha dicto, non se lavorarli questa cecha perfino che Zenoa non sarà quietada. Signore mio, questo porla essere una h)nga cosa, per la quale non turnaria utile a la S. V. ne a Milano ne al vostro payse e saria uno grande maleficio a quelli che hano conducti arzenti in questa terra, per farli lavorare in moneda e mo loro i deba por- tare via e questo sarà de imo grande iiicargi) a Milano. E per certo, Signore mio, me pare una strania cosa che una cita comò è ililano, che voglia che Zenoa lavori in prima cha Milano, che Zenoa fu una volta sottoposta a Milano che questi voglia fare questo incaricho a Milano. Signore mio, io parlare a mendamento ciò ohe dico, io parlo con amore. Che la 111. S. V. aconza la vostra citade et faci lavorare la vostra cecha et far che la vostra moneda apara in la vostra Citade e la S. V. facia soUicitare clie la terra vostra e el jiayso se emjiia de oro, e de arzente stampado. E se Zenoa vorà lìattere. che i veglia a batere segondo vederà essere batudo a Milano. E a questn nimln sarà de honore et utile de la S. V. et de lo vostro popiilo.

« Signore mio, se la S. V. havesse questa iiitentione, che la Ceclia non lavorasse segondo dice misser Thouiaso supplico la S. V. chio vostro fidele servitore ve sia recomandato, però che a mj non tornarla bene a volere aspettare che Zenoa liatesse, stagando comò io sto, che non ho le spese intieramente, che la S. V. se digna de volermi pro- vedere che habia la mia vita et vestito con il garzone mio. E (piando a la S. V. queste non agrata (tiiff/railn) se digiia darmi iiona licentia. E de quello ho speso et del tempo sono stato gli piacia jier sua li-

(1) LiArgrlati (voi. Ili, Appoiidico, p. TiS) da una nota dei maestri dolla Zecca di Milano, ma dossa non risali' oltre il l.")0.") col nome del Lucchese Gio. Torretini La nota è riprodotta dal Biondclli nella sua Prefazione (p. LXXXIIIj alla sj)Iendida opera Le monete di Milano dei fratelli Gaecchi.

(2) Arch. di Stato, Zecca.

84 EMILIO MOTTA (II.I ZKCrHIERl 1)1 MILANO NEL 1479

berale gratia farmi quella satisfactione et provisione meglio li pare et piace corno ampiamente me confido ne la clementia de la S. V. a la quale continue me ricomando.

« il vostro ardentissinio servitore « Jeronimo Dalberto

Maystro da Cecha. >

A tergo: « Supplicatio Jeronimi Alberti Magistri a Cecha » (1).

E qui è tempo di cliiiidere questa nostra qualsiasi informa- zione ; avvertendo die capitoli per la zecca di Milano ven- nero già comunicati àalV ArgehUi, ed altri produrremo noi a suo tempo, giacenti nell' archivio notarile (2).

Emilio Motta.

(1) Un documento del 1451 per bando in Genova delle monete mila- nesi, pubblicammo pochi mesi fa nel Giornate ligustico di Genova, fa- scicolo V-VI, maggio-giugno 1887, p. 227.

(2) Quelli, 4 giugno 1474 ntiWArch. civico. (Lett. ducali 1473-79, f. 66 e seg.) editi dall'Argelati {De Monetis, ecc. voi. Il, 279: III, 49). Quelli inediti del 7 gennajo 1505, tra i rogiti Zunico ulVArch. notarile.

Om^MMOM

NECROLOGIE

CARLO KUNZ

puljli moilr al pi

iicaz stia

IIISO

Con sentito cordoglio dobbiamo annunciare la perdita d'uno de' più fer- vidi cultori della numis- matica italiana ed esperti disegnatori di monete dei nostri giorni. Il nome di Carlo Ktmx, soljbene non sia nuovo agli studiosi, puro non è conosciuto , come dovrebbe esserlo per i grandi meriti e per la vasta erudizione di lui che fu altamente ajiprezzato da autorevoli scienziati , italiani e straniei'i. e da quanti avevano avuto oc- casione di avvicinarlo o di leggero le sue importanti ioni. T.a i-iscrbatczza, nella (juale egli per eccessiva amava di vivere, avverso alle lodi della stampa ed delie accademie, lo tenne ignorato dai più, onde

80 rRONACA

]na""2'iore <"' ora il debito nostro di commemorare la sua proficua attività.

Nato l'anno 1815 nella città di Trieste, Carlo Kunz già nella sua prima età si senti fortemente inclinato allo studio delle bello arti, nel quale con affettuosa cura veniva asse- condandolo la madre, donna d'animo gentile e di mente eli'vata. Ma la morte precoce di questa gli creò una serie infinita di disillusioni e lotte, essendo il suo amore per lo studio vivamente contrariato dal padre e da' fratelli, i quali avrebbero voluto cli'egli apprendesse il commercio o l'industria. Tuttavia gli riuscì di passare a Milano, ove intendeva di dedicarsi all' architettura ; ma avendo dovuto dopo alcuni anni, per le difficoltà sempre maggiori che gli venivano opposte da' siioi, fare ritorno in patria, egli con rara perseveranza e fermezza di carattere, anziché cedere alle loro pressioni , ^^referi di emigrare e trasferitosi a Vienna, affidò la vita alla sua abilità nel disegno lavorando quale litografo.

Le angustie della povertà che lo travagliarono in quegli anni, non gl'impedirono di continuare da solo la propria educazione e di coltivare gli studi suoi prediletti, consa- crando la notte allo lingue, alla letteratura, alla storia ed all'arte. Fu in questo tempo ch'egli acquistò quel fino di- scernimento del bello, quel giusto sentimento dell'arte che perfezionati poscia dall'esperienza e dalle osservazioni, gli furono sempre di efficace guida nei suoi giudizi e nei suoi lavori. Dall'archeologia e dall'esame dei monumenti delle varie epoche dell'arte egli seppe trarre ricco corredo di pratiche cognizioni, ancorché per deficienza di mezzi, non di criterio, non avesse potuto comprendere nella sua tota- lità l'immenso sviluppo recato a questi studi dalle indagini di tanti scienziati del secolo presente. Intorno l'anno 1844 il Kioi'^ ritornò nella sua città natale per esercitarvi l'arte litografica, nella quale egli s'era perfezionato, senza pertanto interrompere l'opera della propria erudizione; ma avido di sapere ei cercò di avvantaggiare mediante il convegno e l'amicizia con quegli illustri che in Trieste avevano dato efficace alimento all'amore delle lettere e delle scienze.

NKCROLOcilE

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A Trieste il Kuii" per la prima volta incoiuinciò a colti- vare la numismatica e coailinvato ilall'egroo-io archeologo avvocato Carlo Gregonitti, imprese a formare una piccola collezione di monete romane, che egli stesso acquistava nelle sue escursioni nella vicina Atj^uileja. Il sito interessa- mento per questo studio divenne in breve una vera pas- sione, animata dalla stessa sua arte litografica, che essendo egli spesso incaricato di riprodurre monete per conto altrui, questa gli offriva la miglior occasiono di esaminarle e d'imparare a conoscerle. Da ciò ne venne che scelta nel 1850 a propria dimora la città di Venezia, egli vi si dedicò colla massima assiduità, iiulla tralasciando per procacciarsi le cognizioni che sono indispensabili a chi vuole dall'esame delle monete ricavare importanti deduzioni scientifiche. Il Knìix: considerò la numismatica (juale potente ausiliare delle indagini storiche e C(Jmpito principale de' suoi cul- tori quello di verificare con lo studio do' singoli esem- plari e con le ricerche ad essi attin(uiti le condizioni e gli avvenimenti che ne determinarono l'origine. Ch'egli fosse a ragione tenuto per uno de' migliori nummografi moderni lo dimostrano i disegni da lui apprestati per moltissime pubblicazioni, delle quali, fra le accreditate basterà citare quelle del Lazzari, del Lambros, del Promis, del Brambilla e del Papadopoli. Da esse ci è dato d'am- mirare non solo l'accuratezza del lavoro e la fedeltà della riproduzione, ma ben anche la grande maestria nel donare all'immagine de' tipi il carattere proprio dell'epoca loro e dell'artefice da cui furono eseguiti, talmente che da quella lo studioso può avere un giusto concetto dell'originalo.

A Venezia, i cui monumenti, il cui glorioso passato meglio si confacovano allo spirito ed allo tendenze di lui, incominciò il secondo periodo della sua vita , non meno travagliato del primo, ma coronato di maggiori soddisfa- zioni e conforti. Xon permettendogli lo suo condizioni economiche di crearsi un proprio medagliere e dovendo d'altro canto limitare il lavoro litografico, il quale oltre al- l'impedirgli di seguitare con successo nello studio, gli riu- sciva nocivo alla vista, egli si mise ad esercitare il com-

mercio delle monete. Tn questo continuò oltre tre lustri, con poco profitto materiale, che la sua scrupolosa onestà e l'animo generoso rifuggivano da qualunque speculazione per quanto la medesima fosse corretta e giustificata, ma bensì con vantaggio inestiniabilo per le sue ricerche. Alcuni cataloghi di vendite da lui allora pubblicati provano quanto egli in pochi anni fosse progredito nella scienza delle monete e quanta diligenza egli impiegasse nel classificarle. La maggior attività del Kìtnn veniva consacrata alla nu- mismatica italiana del medio evo e dei tempi moderni, della quale egli fu meritamente tenuto per uno de' più autorevoli e competenti conoscitori. Sino da' primi anni egli erasi dato a raccogliere i materiali per una storia generale delle zecche d'Italia e delle straniere che con queste avevano avuto attinenza od erano state istituite da dinasti di origine italiana, lavoro colossale, intorno al quale egli con pazienza sorprendente e costanza impareg- giabile impiegò oltre trent'anni di fatica e studio fino a che gli vennero meno le forze vitali. In esso ad una ad una sono classificate ed illustrate tutte le monete pubbli- cate e molte non ancora conosciute, e sotto ogni singolo esemplare s'i fedelmente citata la relativa letteratura. Frequenti sono le osservazioni ed i giudizi, quali potevano essere dettati dal profondo acume e dalla rara intelligenza del Kunz, animato soltanto dal desiderio di presentare le cose nel loro vero aspetto ed intento a confutare con fran- chezza le opinioni errate di molti autori e mettere a nudo l'opera vergognosa di antichi e moderni falsari. Questo prezioso lavoro giace tuttora inedito; ma i saggi ch'egli cedendo alle insistenti preghiere degli amici, affidò alla pubblicazione in alcuni periodici numismatici e nell'^r- cheografo fiHesfmo, gli meritarono la lode de' più insigni cultori della numismatica. Altro lavoro del Kuns, non meno paziente e pur esso inedito, è una bibliografia generale della numismatica, nella quale sono comprese in ordine alfabetico per autori tutte lo pubblicazioni di questo ge- nere fatte da epoche lontane sino intorno all'anno 1880, come pure quelle opere che possono riuscire di giovamento

NECROLOGIE 89

allo studio delle monete e clie ad esse indirettamente si riferiscono. Esso fu donato dal suo autore al Museo trie- stino di antichità. Eppure il Ktinx non menò mai vanto dei propri studi, ed alla sua modestia pari a'suoi meriti è da attri- buirsi se la sua attività rimase ignorata dalla moltitudine. Il suo nome invece si trova citato con onore in molte pubblicazioni numismatiche italiane e straniere, ed in tale estimazione egli trovavasi presso gli studiosi e gli scien- ziati da essere di frequente richiesto d'informazioni e con- sigli, ch'egli prontamente forniva, compiacendosi soltanto di poter per tal modo agevolare le investigazioni altrui.

Nel 1870 il Kiinz che erasi già assicurata la fama di valente, venne creato conservatore delle raccolte donate dal cav. Bottacin alla città di Padova, e come tale egli illustrò quella preziosa suppellettile nel Periodico di Nu- mismatica e Sfragistica dello Strozzi. A Padova egli non si trattenne se non pochi anni : che avendo nel 1873 la città di Trieste, auspice l'egregio avvocato Carlo Gregorutti. decre- tato il riordinamento del proprio museo, ne venne a lui affidata la direzione. Con l'energia e la costanza che erano state sempre le principali sue qualità, egli si accinse alla difficile impresa, nella quale manifestò non solo la sua perizia e la sua dottrina nel campo della numismatica, ma altresì cognizioni archeologiche od artisticlie, frutto di assiduo studio e lunga esperienza. Per sua iniziativa a questo istituto venne procurato l'acquisto della ricca col- lezione del dottore Costantino Cumano, composta di moneto di zecche italiane, particolarmente della veneta, di medaglie, bolle e sigilli, che da lui furono quindi descritti nell'.l?"- cìieoijrafo triestino. In una pubblicazione a parte egli foce conoscere gli oggetti più notevoli posseduti da qi^esto museo ed in un capitolo speciale rilevò lo moneto di mag- gior pregio. Che il Kuìix quale direttore del museo di Trieste abbia corrisposto all'aspettativa de' suoi concitta- dini, vale ad attestarlo il fatto che (juando egli dopo dicci anni di attività staltili di restituirsi nella sua amata Ve- nezia, questo Consiglio Municipale unanimamente gli de- cretava solenne voto di ringraziamento e per la sua be-

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iiemerenza lo proclamava a direttore onorario dello stesso Mi.iseo.

A Venezia, ove liete rimembranze lo invitavano, il Kunz sperava di poter passare tranquilli gli ultimi anni della sua vita, continuando pur sempre il suo prezioso lavoro intorno alle zecche italiane. Ma la sorte non gli fu seconda, ed indicibili sofferenze sopportate con rassegnazione per quasi tre anni, troncarono la sua esistenza il giorno 11 del decorso febbraio.

La morte di questo illustre lascia pur troppo nelle file non numerose de' numismatici italiani un vuoto cbe non cosi presto si potrà riempire; per la qual cosa nell' affidare alla stampa questi cenni ci sia lecito di esternare il nostro vivo desiderio, che la memoria di Carlo Ktinz sopravviva quale seme fecondo di nobile esempio e che gli scritti, frutto delle lunghe e pazienti sue ricerche, sieno incentivo a nuove e pregiate pubblicazioni , le quali ridondando ad onore di chi le imprenderà^, varranno nello stesso tempo ad accrescere la fama di lui che ne raccolse il materiale e ne fu il promotore.

Facciamo ora seguire in ordine cronologico l'elenco delle principali sue pubblicazioni numismatiche, che troppo lungo sarebbe il volere trattare separatamente di ogni singola. Trieste^ nel marzo del 1888.

A. PUSCHI.

PUBBLICAZIONI DI CABLO KUNZ.

Iacopo Mandelli III, conte di Maccagno e le sde monete; nella Rivista della Numismatica antica e moderna. Asti. 1864, Voi. I.

Miscellanea di Numismatica. /. Bella zecca di Crema. //. Gli 0.;ccliini di stampo veneto della zecca di Trevoux. III. Di un piccilo ripostiglio di monete. IV. Sesino di stampo veneto contraffatto a Messerano. V. Di qualche moneta ossidionale. Venezia, 1867.

Illustrazione di una moneta inedita di Fabrlano; nel Bui- lettino di Numismatica italiana. Firenze, 1868, anno II, n. 3.

NECROLOGIE 01

Ancora una moneta di Fabriano; ivi, anno II, n. G.

Il museo Bottacin annesso alla Civica Biulioteca e Museo DI Padova; nel Periodico di Numismatica e Sfragistica, anno I, II e III, 1868-1870.

Adelchi, principe di Benevento , 853-S78; ivi, anno II, 1869.

Osservazioni circa la qualit.\. ed il valore dei fiorini d'oro contemplati in documenti dell'.vnno 1370 sulla pace FRA l'Austria e Venezia; neW Archeografo triestino. Nuova serie, voi. I, 1869-70.

Denari e sigillo di Volchero; ivi, voi. II, 1870-71.

Il medagliere Rossetti, appendici dell'Osservatore Triestino, 1 e 3 Luglio 1874.

Delle monete ossidionali di Brescia; mlV Archeografo triestino, n. s. voi. IV, 1876.

Trieste e Trento, monete inedite; ivi, voi. V, 1878.

Descrizione delle tessere veneziane (anonimo, in tedesco), nell'opera di I. Neumann: Kiipfermiinzen, t. V. pag. 81-92.

Il Museo Civico di antichit.à. di Trieste. Informazione. Trieste, 1789. Vi sono descritte le monete, le medaglie, i sigilli, ecc. più notevoli posseduti da questo istituto.

Due sigilli vescovili di Nona; noli' Archeografo triestino, n. s. voi. VII, anno 1880.

Monete inedite o rare di zecche italiane; t\cIV Archeografo triestino e propriamente: /. Monete dei Conti e Duchi di Urbino, voi. VII, 1880; //. Mirandola, voi. Vili, 1881 ; - 7/7. Correggio. ivi; IV. Massa Lombarda, voi. IX, 1882; V. Asti, voi. X, 1883; VI. Ferrara, ivi.

Due sigilli del Museo Civico di Antichit.v di Trieste; ivi, voi. IX, 1882.

ARNOLDO MOREL-FATIO (*).

La morte dell'erudito Morel-Fatio, avvenuta a Losanna il 10 agosto ,1887, colpiva la numismatica italiana non meno di quella svizzera.

Il suo nome si lega infatti strettamente allo studio delle

(*) In questo primo fascicolo del nostro periodico aLbiamo creduto di raccogliere le necrologie di numismatici anclie defunti da qualclie tempo, perchè la notizia della loro morto potrebbe non esser giunta ancora a tutti i lettori della Rivisla. (L.v Dm.)

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iiuraorose contraffazioni uscite dalle zecche minori del- l'Italia settentrionale nei secoli XVI e XVII, senza dubbio una delle parti più interessanti e più feconde di sorprese che presenti all'indagatore la nostra numismatica.

Ecco una nota degli scritti da lui pubblicati intorno a questo argomento, e ad altri di numismatica italiana :

MoxNAiER DE JACQUES Mandello, comte DE Macagxo, nell'In- dicateur d'histoire et d'antiquités suisses, 1862.

ImITATIONS OU CONTREFAgO.NS DE LA MOXNAIE SUISSE FABRI-

QUÈES À l' ètranger aux xvi' ET xvii' siÈCLES, uelV Indicateuv d''histoire, etc, 1862.

Magagno et Pomponesco. Imitations de diverses monnaies SUISSES, nell'Jwc?. d^hist., etc, 1864.

Cohtemiglia ET PoNZONE. MoNNAiES inédites, Della Revue de la Numìsmatique belge, 1865.

Monnaies inédites de Dezana , Frinco et Passerano, nella Revue Numìsmatique, 1865.

Faux kreutzers de Berne et du Valais fabriqués en Italie, Lausanne, imp. G. Bridel, 1866.

Monnaies inédites des marquis de Montferrat, frappées à Chivasso, Casal, etc, nella Revue de la Num. belge, 1866.

Bellinzona. Teston anonyme frappé dans cette localité

PAR LES CANTONS d'UrI, ScHWYTZ ET UnTERWALD AU XVI' SIÈCLE,

nella Revue Num. 1866.

Genève. Monnaies inédites et imitations italiennes fabri- QUÉES À Bozzolo, Dezana, Passerano et Messerano, nelVIndica- teur d'']iistoire, etc., 1866.

Bibliographie numìsmatique italienne, nella Revue belge, 1867.

Arnoldo Morel-Fatio era nato a Rouen, nel 1813, da ge- nitori svizzeri. Si dedicò dapprima ai commerci, entrando nella banca di suo padre a Parigi, della quale divenne poi direttore. All'età di quarantasei anni si ritirò dagli affari, per consacrarsi intieramente alla numismatica ed all'archeo- logia. Da circa venticinque anni era conservatore del Museo cantonale di Losanna.

NKCROL.OUIE

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PAOLO LAMBROS.

Uno fra i più distinti conoscitori della numismatica greca antica e medioevale, si è spento ad Atene nell'ottobre 1887, Paolo Lambros, autore di numerose monografie e disserta- zioni anche intorno alle monete battute dagl'Italiani nelle zecche dell'Arcipelago e delle colonie. E quindi una per- dita che colpisce direttamente anche la nostra numismatica, e suscita non minore rimpianto fra noi che in Grecia, in Germania e negli altri paesi in cui Paolo Lambros era non meno conosciuto che meritamente stimato.

ERNESTO TAMBRONI ARMARGLI.

Registriamo con rammarico un'altra perdita per la numis- matica italiana; addi 24 ottobre 18<S7 moriva in una sua villa presso Macerata il conte Tambroni Armaroli , appas- sionato cultore della numismatica classica.

Varii suoi articoli si leggono nel cessato Biillcttino di Camerino.

GUSTAVO PONTON D'AMÉCOURT.

La Società Francese di Numismatica e d'Archeologia ha fatto una grave perdita, nella persona del suo fondatore e presidente il visconte Ponton d'Araécourt. che come scien- ziato e come raccoglitore occupava un posto egualmente distinto.

Oltre ai numerosi articoli disseminati weAV Annuaire della Società da lui fondata, si devono al visconte d'Amt'court varie opere di polso, specialmente intorno alla numismatica

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merovingia, nella qiiale aveva acquistato una competenza universalmente riconosciuta. Ci limiteremo a citare l'Essai sur la nuìnismatiquc méroringienne comparse à la géogra- plne de Grcgoire de Tours e le Monnaies méroringicnncs du Cenomannicum, lavoro questo clie riportò il premio di numismatica dell'Istituto.

D'Amécourt si era formato duo collezioni di primissimo ordino: l'una di monete romano in oro, la cui vendita fu un avvenimento nel mondo numismatico (basti il dire che uno dei medaglioni che ne formavano parte raggiunse il prezzo di quasi 11,000 lire), l'altra di monete merovingie, raccolta d'inestimabile pregio scientifico, e che Emilio Caron nelle bellissime pagine necrologiche da lui consacrate testé al defunto neW Annuairo, si augura di veder conservata riu- nita per il vantaggio della scienza e per adempiere al voto più ardente del compianto visconte.

PIETRO CARLO ROBERT.

Un altro namismatico francese che ha pure contribuito potentemente a schiarire le questioni attinenti alla mone- tazione merovingia, Pietro Carlo Robert, è sceso nella tomba dopo una vita mirabilmente attiva e multiforme.

Occupava, sino a questi ultimi anni, un'altissima carica nella amministrazione militare, in cui rese importanti ser- vigi all'esercito nella Campagna di Crimea ed in quella di Italia ; ma le sue numerose occupazioni non gli vietarono tuttavia di dedicarsi agli studi più svariati, talché R. Ser- rure potè dire che in Robert vi era come un riflesso dello spirito enciclopedico degli uomini del Rinascimento.

Griurista, professore, storico militare , epigrafista, numis- matico, egli coltivò con ardore ed intelletto quelle geniali discipline ch'erano state per lui come un sollievo fra le cure dell'ufficio, e che divennero poi la principale sua oc- cupazione quando l'età avanzata gli concesse un ben me- ritato riposo.

NECROLOGIE 95

Abbiamo detto che Robert si rese specialmente beneme- rito della numismatica merovingia ; dobbiamo aggiungere che si dedicò pure ad altri rami della nostra scienza, det- tando intorno ad essi un numero considerevole di volumi, d'opuscoli e d'articoli, comparsi questi nei periodici archeo- logici e negli atti dei Congressi e delle Società di varii paesi, compresa l'Italia.

Come raccoglitore, Robert possedeva una delle più note- voli collezioni che esistano, quella di medaglioni contor- niati, riunita dal sig. Dancoisne, ed arricchita e completata da Robert, sino a conquistarle il primo posto fra tutte.

ELEAZARO DE QUELEN.

Nello scorso autunno, alla immatura età di trentacinque anni , mori un distintissimo raccoglitore , specialmente di monete romane, il visconte di (iuelen. appartenente ad una fra le più antiche famiglio della Bretagna.

La splendida collezione da hii formata verrà venduta al- l'asta pubblica, a Parigi, nel p, v. aprile.

ALFREDO DANICOURT.

Un fino conoscitore dell'archeologia, dotato di molto Ijuon gusto e di molta intelligenza, il sig. Alfredo Danicourt, collaboratore della eccellente Reme Nìinìisniatiquc di Parigi, si è spento non ha guari, lasciando erode di tutti i tesori da lui accumulati la sua città natale, Peronno, nella Francia settentrionale, poco discosto da Amions. La colleziono Dani- court è ricca specialmente di monete galliche.

HANS REIMER.

Nel settembre dello scorso anno, morì ad Oberstdorf in Baviera l'editore AeWa, Zeiischrift fur Niimisììiaiik di Berlino, Hans Reimer, il quale si era reso benemerito degli studi mercè l'incoraggiamento e l'aiuto da lui dato a quella co- spicua pubblicazione. Von Sallet gli dedica nel suo perio- dico un'affettuosa necrologia.

DEMETRIO CANZANI.

Nello scorso gennaio morì in Milano il vecchio Com- mendatore Demetrio Canzani, capo del gabinetto d'incisione della zecca. Entrò giovanissimo nella zecca milanese, della quale suo padre era direttore. Lavorò attivamente, e in questa e nella zecca torinese cui fu addetto dal 1864 sino alla chiusura di essa nel 1870, epoca in cui ritornò a Mi- lano. Incise molte medaglie, che cominciando dai rivolgi- menti di Milano e di Brescia nel 1848, attraverso al periodo della reazione austriaca scendono sino all'avvenimento del governo nazionale. Il Comm. Canzani, nonostante la grave età, fu instancabile sino alla vigilia della sua morte, avendo lavorato ancora ai pezzi da 1 lira di Re Umberto coniati nello scorso anno.

BIBLIOGRAFIA

LIBRI NUOVI.

Barclay V. Ileail. Ilistoria niimorum: A Manual of Grech ISumismatics. Oxford, at tlio Clarendou Press, 1887. Un vo- lume in 8' di pag. LXXIX-808 , con cinque tavole e numeroso incisioni nel testo.

Lo studio delle antiche monete greche è giunto nel nostro secolo ad un grado d' immenso sviluppo, per il con- corso di numerosi scienziati di tutte le nazioni civili, dei quali, fra gli Italiani, particolarmente per la parte che ri- sguarda la penisola, devonsi con onoro monzionaro il Ca- relli, il Cavedoni. il Fiorelli, il Garucci, il Bestini, L. Jam- bon ed altri ancora. Le collezioni già da lungo hanno cessato di non essere se non 1' oggetto della curiosità e dell' ambizione de' dilettanti, i quali rivolgono la loro pre- cipua cura al fare incetta di pezzi di grande rarità, perchè da questi credono che derivi alle loro serio un titolo di preferenza su quelle degli altri, e tutto al più si danno la briga di determinare la specie dei varii esemplari con l'aiuto di semplici ed inesatti cataloghi.

Presentemente la numismatica, elevatasi al grado di scienza, secondo 1' assonnato giudizio di Ottofredo Miiller, è per la natura del materiale ondi; si compone un mezzo efficace per la conoscenza del traifico e del commercio degli antichi, nello stesso tempo che por il valore dei tipi giova alla storia dell' arto. Lo stuilioso no può ritrarre argomento di severe ed utili investigazioni, oltre che nel campo dell' economia politica e ilell' arclioologia, in quello della storia, della coltura, della religione, della cronologia e della genealogia, dovendosi considerare lo monete quali

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piccoli prodotti dell'abilità degli uomini, non meno che quali documenti delle loro vicissitudini e del loro progresso. La nusmimatica antica nel mentre divenne la principale scienza ausiliaria dell'archeologia e sopratutto una sicura base cronologica dello stile, procedette nel suo sviluppo di ])ari passo con quello degli altri studi, ed ebbe valido in- cremento dalla metrologia, dall'epigrafia e dalle grandi sco- perte intorno all' origine ed allo svolgimento della civiltà e dell'arto od il loro passaggio dall'Oriente verso l'Occaso. Da ciò ne derivò che lo studioso, il quale rivolge le sue ricerche alle monete greche, non potendo abbracciare tutta la vasta letteratura, seguire il progresso delle altre scienze che vi hanno attinenza, incontra non poca difficoltà per la mancanza di un'opera retrospettiva, che raccolga con metodo razionale i risultati finora conseguiti in questo campo, e gli sia di guida nella classificazione de' tipi, quale è c^uella che per la storia della monetazione dell' antica Roma ebbe a fornirci l'illustre Teodoro Mommsen.

Il primo esempio di una tale pubblicazione scientifica ci venne dato già nel secolo passato dal geniale Giuseppe Eckhel con la sua Doetrina numorum veterwn, lavoro me- raviglioso di estese indagini e di profonda erudizione che sarà sem]:)re consultato con profitto dal numismatico, ma che oggi non può più corrispondere del tutto alle nostre esigenze, essendo stata verificata l'inesattezza di molte delle sue attribuzioni e dimostrati erronei non pochi de' suoi giudizi; come pure per le mutate condizioni della scienza, principalmente in quanto le medesime si riferiscono all'ar- cheologia, alla metrologia ed alla epigrafia, e perchè soltanto nei giorni nostri si acquistò una base scientifica per la critica necessaria a determinare 1' età delle opere dell' arte antica.

Alla memoria dell'Eckhel, il vero creatore della scienza numismatica, è dedicata l'opera dello Head, il quale appunto con essa tende a togliere la mancanza da noi lamentata ed a rendere più generale lo studio delle monete greche. Il nome dello Head à favorevolmente noto per molte altre pregevoli pubblicazioni numismatiche, come pure per la sua attività insieme con Gardner, Poole e AVroth nella compi- lazione del grande catalogo delle monete greche possedute <lal Museo Britannico. La sua fama non viene smentita dal

)ìihi.iii<;rafi.\ i)0

presente manuale, la cui comparsa noi salutiamo con vivo piacere, quale astro luminoso nella scienza dell' antichità.

Lungi dal pretendere di offrire un lavoro perfetto in tutte le sue parti, l'autore si propose di disporre le diverse serie possibilmente nel loro ordine cronologico, ricostruendo la storia della monetazione greca dalla sua prima origine intorno al settimo secolo av. Cr. sino alla sua fine in sul cadere del terzo centenario dell'era volgare, senza pertanto compilare una raccolta completa di tutti i tipi. Impresa questa ch'egli giudica ineffettuabile prima che i principali Musei non abbiano dato alla luco i cataloghi delle loro collezioni, onde fino a quel tempo dovrà farne ancora le veci, ad onta delle molte mancanze e do' grandi errori, l'o- pera voluminosa del Mionnet: Descriptìon de ìiìcdaiUcs antiqiies grecques et romaiìies.

Egli non comprende adunque tutte le monete conosciute, entra in minuti particolari descrivendo i tipi fondamen- tali e più caratteristici di quelle località e di quei principi, de' quali consta che abbiano esercitata la monetazione ; ma invece entro le modeste dimensioni di un solo volume, se- guendo i principi della critica ed in armonia co' risultati delle altre scienze, esamina anzitutto i sistemi metrologici usati nelle diverse epoche, giusta lo deduzioni del Boeckh, del Mommsen, del Brandis e di altri. Rileva lo distinzioni dialettiche degli appellativi etnici, i nomi e gli epiteti delle divinità venerate per eccellenza nelle singole regioni, indica le particolarità paleografiche più notevoli, por il periodo romano procura di citare e spiegare i titoli di tutti i ma- gistrati locali e le denominazioni delle feste religiose e dei giuochi pubblici, e per le moneto che portano la data non tralascia di notare l'èra relativa.

Un riassunto bibliografico ci metto a conoscenza delle pubblicazioni di maggior interesse e dogli articoli più pre- gevoli che videro la luce ne' periodici di numisnratica, come pure delle principali opero di geografia, mitologia, storia, archeologia, metrologia ed epigrafia, le quali furono consul- tate nella compilazione di questo manuale e sono indispen- sabili a chi voglia addentrarsi nello studio dolio monete greche.

L'introduzione è un ottimo compendio della storia della monetazione, e l'autore accennando al primo commercio di

IJO (;iuiN.\i;a

baratto de' popoli più antichi, va a rintracciare 1' origine de' pesi e dello misure nel lontano Oriente presso i Babi- lonesi e gli Assiri, non senza istituire un raffronto tra il loro sistema sessagesimale e quello decimale degli Egiziani. Dalle fertili contrade bagnate dall' Eufrate e dal Tigri il sistema di pesi costituito dal talento diviso in sessanta ìnine e dalla mina divisa in sessanta secche!, sicli o statere, in- sieme con gli altri prodotti di quella vetusta civiltà, mosse per due vie diverse verso le coste del Mediterraneo, ove dalle due specie della mina babilonese, ohe dalle scoperte del Layard furono qualificate per mina grate o maggiore e per ììiina leggiera o minore, essendo secondo il Brandis la prima eqiiivalente al doppio della seconda, sorsero due nuovi sistemi di peso. Quella segui la via attraverso la Siria e pervenne ai Fenici, che adottando quale unità lo scechel, con cinquanta di essi costituirono una nuova mina ; questa verisimilmente per la mediazione degli Hittiti da Carche- misch fu trasferita nella Lidia, che sotto la dinastia dei Mevmnadi stava in animate relazioni commerciali co' popoli dell'Asia Minore e co' Joni della costa, i quali da' naviga- tori Fenici insieme coli' alfabeto e co' numeri avevano già prima ricevuto la staterà, ossia la 60 parte della mina mag- giore quale unità di peso. Al tempo del re Gige si ritiene che sia stato fatto il primo tentativo di segnare, a garanzia del loro peso, i pezzi di metallo prezioso impiegati nel traf- fico, donde a poco a poco per il perfezionamento arrecato dai Greci sorsero le vere monete.

Il peso di tali pezzi; comunemente della forma di ovoli, era regolato conforme la mina leggiera che l'autore chiama babilonese, por il commercio coli' interno e coli' Oriente, e conforme la mina grave o fenicia per le relazioni della costa e d' oltremare. Il metallo era fornito in grande copia dallo stesso paese e consisteva di un miscuglio naturale di oro ed argento in proporzione di 73 e 27 0[0, conosciuto dai Greci sotto il nome di elettro.

L' autore considera la moneta nel suo nascere indican- done i tipi primitivi, e si diffonde a trattare del rapporto tra l'elettro e 1' argento che era di 10 ad 1, e quello tra l'oro e l'argento che per lungo tempo si mantenne di circa 13'3 ad 1 e contribuì a modificare sensibilmente i pesi prosi a base della monetazione, per modo che già in quel

BIBLIUGRAKIA

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primo periodo s'incontra nna staterà grave d'oro nelle piazze al nord di Tcos sino qnasi allo rive della Propontide, una staterà leggiera d'oro nella Lidia e forse anche a Samo ; una di elettro giusta il peso fenicio dell'argento a Mileto ed in altre città lungo la costa dell'Asia IMinore, come pure nella Lidia, una di elettro e di argento giusta il peso ba- bilonese quasi esclusivamente in questo paese, e finalmente una staterà di argento del peso fenicio pure sulla costa dell'Egeo.

Per quattro vie diverse questi sistemi di peso per i metalli preziosi passarono gradatamente in Europa e vi andarono soggetti ad ulteriori alterazioni, dando cosi ori- gine a nuovi pesi monetari. La staterà maggiore d'argento mosse da Sidone e Tiro e percorrendo le stazioni fenicie attraverso il mare di Creta giunse nel Peloponneso, ove sensibilmente peggiorata si trasmutò nella staterà eginetica. Egina, in cui il santuario di Afrodite aveva formato il centro degli stabilimenti fenici sulle coste e sulle isole dell' Egeo, fu la più antica zecca nell'Europa, dalla quale uscirono già intorno al 700 av. C. le primo monete d'ar- gento quasi contemporaneamente a quelle di elettro della Lidia. Il sistema eginetico si estese rapidamente non solo nel Peloponneso, ma anche in moltissimi stati insulari, nella Tessaglia, nella Focido e nella Beozia, e passò nelle colonie dell' Italia, della Sicilia e di altre regioni. Esso fu in appresso sopraffatto dal sistema attico; si mantenne però in alcuni luoghi sino alla conquista romana. Le sue mo- nete ebbero corso pure in Atene prima della riforma di Solone. Il peso leggiero babilonese dell'oro passò da Samos direttamente all' isola di Eubea ed impiegato per la co- niazione dell'argento, si diffuse quale staterà d'argento eu- boica. Le moneto battute secondo questo sistema acquista- rono rapidamente il prodominio su vasta parte del mondo greco e furono da Solone introdotte in Atene, i cui coni divennero ricercatissimi per la purezza del metallo e l'e- sattezza del poso, ed ancor prima a Corinto, domle furono propagate a settentrione del golfo di i[uesto nome e nel- l'isola di Sicilia. Cosi dall' Eni loico si formarono duo nuovi sistemi monetari per l'argento, 1' Eulxnco-Corinzio e 1' Eu- boico-Attico, distinti l'uno dall'altro per la divisiono del primo in tre e sei e per quella del secondo in due e quattro.

102 CRONACA

La vecchia staterà babilonese d'argento, dalla parte di terra pov la Frigia ed oltre l'Ellesponto penetrò nella Tracia e promosse nel distretto del Pangeon un sistema monetario improntato al culto ed ai simboli dionisiaci. La staterà fe- nicia che nei porti fiorenti della Jonia aveva conservato quasi intatto il suo peso normale, laddove nel Peloponneso con un gradato deterioramento aveva formato il sistema eginetico, da Mileto e dalle altre città dell'Asia Minore, in cui aveva fatto la sua prima comparsa quale misura del- l'elettro, pervenne ad Abdei-a e da qui nella Macedonia ed in epoca posteriore diede origine al sistema monetario ma- cedonico.

Dopo avere rilevato in questo interessante capitolo con ricco corredo di osservazioni critiche l' incremento com- merciale degli stati che avevano impreso a coniare monete sulla base dei sistemi di peso importati dall'Asia, l'autore segue la monetazione nel suo corso ulteriore verso 1' Occi- dente, principalmente nell' Italia ove nelle colonie calci- diche trovasi predominare il peso Eginetico in opposizione all' Euboico della madre patria , nelle colonie achee il Co- rinzio alquanto ridotto, mentre in varie località questi due pesi si alternano, ed a Taranto ed a Siracusa al corinzio va sostituendosi 1' euboico-attico con la sua divisione in te- tradramme, didramme e dramme. Il peso Campano , che sembra essere derivato direttamente dall' Asia Minore, re- golò le prime monete di Velia e di Posidonia, come pure quelle di Cuma e di Napoli. Neil' Etruria si presentano due sistemi diversi, 1' Euboico ed un altro che per il suo peso è affine al Persiano, ma che forse null'altro è se non una riduzione dell'eginetico che i Corciresi vi avevano im- portato per la via di Adria e Spina.

Sino al tempo dei Diadochi il carattere religioso è proprio di tutti i tipi, e viene espresso o dai simboli delle divinità 0 dagli animali ed altri oggetti emblematici che alludono al loro culto. vi fanno eccezione le monete a2)pellate ojjonisticke^ le quali ricordano le vittorie ripor- tate nei giuochi pubblici, essendo che tutte le gare e feste elleniche avevano per loro natura un significato religioso. Perciò l' immagine d'un cocchio o di qualunque altro em- blema dell'agone devesi mettere in relazione con la divi- nità in onore della quale venivano celebrate quelle so-

BIBLIOGRAFIA

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lennità. Chiaro pertanto apparisce che le monete greche di quel tempo per le rappresentazioni ideali dei nximi vene- rati di preferenza nei singoli distretti, sono di grandissimo valore per lo studio della mitologia. Ma alla morte di Alessandro Magno, all' ideale subentra il reale, presentan- doci i tipi nel diritto una serie di ritratti più o meno autentici di principi ; mentre il rovescio diventa sempre più convenzionale nello stile per le esigenze del commercio e per l'uso invalso negli incisori di attenersi ad un dato modello. Al tempo degli imperatori le monete greche hanno i;n valore tanto mitologico quanto archeologico ; poiché ci informano delle divinità tenute nel massimo onore e delle forme ond'erano venerate in diverse località, e ci conser- vano numerose copie di statue contemporanee, le quali esistevano nei loro templi. L' autore riconoscendo ^come dalle monete greche ci sia dato di tracciare in modo par- ticolare il vero processo dell'arte dalle sue prime manife- stazioni sino all'infima decadenza, distribuisco i tipi in sette periodi.

Il primo, detto dell'arte arcaica, comprende lo spazio tra l'ottavo secolo e le guerre persiane, scendendo dalla massima rozzezza del lavoro sino alle forme più chiara- mente definite, ma segnalate dalla rigidezza e dall'angolo- sità dello stile. I tipi consistono di regola in figuro o teste d'animali, rare sono le faccio umane, e nel rovescio predo- mina il quadrato incuso diviso in quattro o più parti.

Il secondo periodo, chiamato di transizione, va dalle guerre persiane sino all'assedio di Siracusa, 480-415 av. Cr., e segna un grande progresso nell'abilità di preparare le impronte. Il quadrato incuso più regolare ed artistico, porta talvolta il nome della città od in forma abbreviata quello de' magistrati sotto la cui giurisdizione la moneta fu bat- tuta. I tratti presentano una crescente delicatezza nella espressione dei particolari ed una certa conoscenza della struttura anatomica del corpo umano e più tardi anche una maggiore libertà di movimento.

Nel terzo periodo dal 415 al 33G abbiamo il massimo fiore della monetazione greca ed il maggiore sviluppo cui per l'eccellenza del lavoro sia mai arrivata l'arte dell' in- cidere nei tempi antichi, come nei moderni; onde i tipi possiedono grandezza di azione, simmetria nelle proporzioni,

lOi CRONACA

eleganza nella composizione, finitezza nell'esecuzione e ric- chezza negli ornamenti. Il capo della divinità è volto di solito di faccia ed è espresso ad alto rilievo.

Il quarto da Alessandro Magno sino alla morte di Li- simaco, 336-280, segna la fine della buona arte. La testa è notevole per la manifestazione del sentimento, rocchio è tenuto alquanto profondo e le ciglia sono meglio rilevato. La figura umana del rovescio è più svelta ed i muscoli del corpo sono più fortemente indicati. Su ambedue i lati ap- parisce l'iniluenza della scuola di Lisippo. Il tipo più fre- quente del secondo lato è una figura seduta, ohe nell'aspetto e nella posa ricorda il Giove etoforo delle monete del grande Alessandro.

Col quinto periodo, 280-146, incomincia la decadenza dell' arte. Le monete di questo tempo portano moltissimi ritratti di re dell'Egitto, Siria, Battriana, Ponto, Bitinia, Per- gamo, Macedonia, Sicilia e di altre regioni. Per le vittorie de' Eomani su Antioco di Siria e Filippo V di Macedonia molte città greche riacquistata la libertà, riprendono a fab- bricar moneta sia col proprio nome, sia ad imitazione di quelle di Alessandro tuttavia molto diffuse e ricercate, ma con r aggiunta di propri contrassegni o coli' indicazione de' magistrati. Fra le prime sono da annoverarsi le tetra- dramme di Atene di nuovo stile. In Italia, ove i Eomani hanno incominciato a monetare 1' argento, cessano le altre zecche autonome ; nell'Africa le monete di Cartagine vanno decadendo rapidamemte nello stile, nell' esecuzione e nella qualità del metallo. Dal lato artistico le monete dell' Asia sono di gran lunga superioi'i a quelle della Grecia propria- mente detta e dell' Occidente.

Nel seguente periodo di progressiva decadenza, 146-27, sono da collocarsi le tetradramme grandi e piatte di basso stile di Maroneja nella Tracia e dell' isola di Tasso. Atene, quasi unica zecca per l'argento nella Grecia, continua fino alla conquista di Siila ad emettere una grande quantità di queste monete. Neil' Asia Minore sono notevoli i cosi- detti cisto foì-i] più ad Oriente perdura la serie dei prin- cipi di Siria ed Egitto ; laddove le monete della Battriana vanno perdendo il loro carattere ellenico e terminano col- r assumere puramente quello indiano. I soli coni di qualche pregio artistico sono quelli che portano il ritratto ideale

KIBMOGRAKIA 105

di ]\Iitraclate il grande. Al settimo periodo., nel quale il peggioramento dell'arte diviene ancor più rapido, apparten- gono tutte le monete imperiali da Augusto sino a Gallieno.

La parte seguente dell'introduzione si occupa delle leggende delle monete greclie ne' diversi tempi e sopra- tutto dei nomi de' magistrati e de' loro titoli, che l'autore cerca di rilevare insieme alla natura del loro ufficio citando, ove ne sia il caso, la corrispondente voce latina. Egualmente egli un cenno storico dei giuochi pubblici e delle feste religiose, dividendoli per le loro attinenze colle mo- nete dell'età imperiale in otto classi ed enumerando le epi- grafi che ne fanno menzione. Illustra piare i titoli e gli epi- teti applicati alle città durante il dominio di Roma, anno- vera le monete battute in comune da due o più città e giusta le loro rappresentazioni aggruppa quelle cosidette coloniali.

Nella descrizione dei prodotti delle singole zecche l'au- tore s'attiene all'ordine topografico generalmente in uso, incominciando dalla Spagna e dalla Gallia e proseguendo per l'Italia, la Sicilia, la Macedonia, la Tracia , la Grecia propriamente detta, il Bosforo, la Colchide ed il Ponto, per le regioni dell'Asia Minore, per la Cappadocia, l'Armenia, la Siria, la Mesopotamia, la Persia, l'India, l'Egitto, la Ci- renaica, la Numidia e la Mauretania. Ad ogni regione ed agli stati più importanti egli fa precedere l'indicazione della letteratura di maggior interesse, e dei concisi cenni storici intorno all'attività monetaria in relazione colla to- pografia, col commercio e colle vicende politiclie. Como già fece in generale nell'introduzione, cosi anche nel corso del- l'opera egli determina il sistema metrologico sul quale si basano le varie specie di monete eil in<lica il peso degli esemplari di elettro, oro ed argento e lo dimensioni di quelli di bronzo, adducendo, ovunque la chiarezza il richieda, particolari dati sul poso monetario e sui suoi rapporti cogli altri sistemi, come a mo' d'esempio quando tratta delle mo- nete dell'Italia, esamina pure quello dell' aes grave nella sua origine, sviluppo, divisiono ed alterazione, secondo le teorie svolte dal Mommsen e dal Bahrfeldt nelle loro opere sulla moneta di Roma. Per le province in cui l'attività mo- netaria fu lunga ed estosa, l'ordine cronologico viene roso evidente da speciali prospetti. Con non minore esattezza

lOG CW)S\r\

sono rilevate le qualità caratteristiche dello stile ed il va- lore delle rappresentazioni per la mitologia, le istituzioni religioso e l'arclieologia, venendo eziandio risolte varie que- stioni , rimossi molti dubbi, combattute alcuno opinioni errate parimenti che addotto lo congetture più verosimili e tutti quegli accessori che possono giovare allo studio delle monete greche. Oltre quattrocento riproduzioni in fototipia dei tipi principali intercalate nel testo, parecchi indici e cinque tavole paleografiche agevolano l'uso di quest'opera. Frutto di assidue ricerche e lungo studio, il Manuale dello Head è una delle più utili pubblicazioni che vanti la scienza della numismatica antica. Non dubitiamo che gli studiosi sapranno degnamente apprezzarlo, e raccomandan- dolo in particolare all'attenzione degli Italiani, facciamo voti perchè in breve una traduzione renda loro maggior- mente possibile di consultarlo con reale vantaggio per l'in- telligenza delle moneto greche.

Trieste, nel mar:o 1888.

A. Pusciii.

Ai*iuaii<I Alfred. Les Médailleurs italiens des quinzième et sei-

zicme sihles. Parigi, Plon, 1887.

Arriviamo forse con un poco di ritardo a dare notizia di un'opera già onorata delle più lusinghiero recensioni sni diversi periodici di Nu- mismatica ; ma la nascente nostra Rivista non poteva certo parlarne prima d'ora, e d'altra parte non ci sarebbe parso giusto il tacere di un lavoro tutto dedito ad illustrare una delle glorie italiane.

Il benemerito autore dei Médailleurs italiens des quinzième et seizième siccles, frugando in un campo fecondo e a dir vero poco esplo- rato finora, lia trovato di fare tutto un nuovo volume di correzioni e di aggiunto ai due già pubblicati. L'Armaud in questo terzo volume facendo nuove ed accurate indagini nel gabinetto imperiale di Vienna, nel Museo Civico di Bologna e in parecchie collezioni particolari, ci dà, oltre a nuraerossimo correzioni , la descrizione di circa ottocento nuove medaglie, ne restituisce alcune prima collocate fra le anonime ai loro autori, e fa conoscere trentatre nuovi medaglisti.

BIRI.IOGRM-IA

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Di molte preziose indicazioni Tautore nella prefazione si dichiara debitore al chiarissimo Prof. Gaetano Milanesi, certo uno dei piìi competenti in questa materia del Rinascimento italiano, ed al nostro collaboratore Dott. Umberto Rossi, e noi non possiamo dimenticare questi nomi nel nostro breve resoconto.

Non nasconderemo che tante aggiunte e correzioni rendono ora le ricerche alquanto difficili e penose, tanto piìi se vi si aggiunge quella divisione per* quarti di secolo e per provincia che, per quanto razionale pure non è scevra d'inconvenienti per la consultazione dell'opera. Da ciò nasce spontaneo il desiderio clie presto l'autore, riunendo la primi- tiva pubblicazione all'appendice, e riordinando il tutto in un seguito omogeneo colle altre correzioni ed aggiunte che fossero del caso e che in tal genere di lavori nascono e si moltiplicano di mano in mano che si sviscera e si approfondisce l'argomento, formi una nuova edizione che si possa dire la definitiva sulla serie così importante dei medaglisti italiani nei secoli XV e XVI.

Ne vorremmo che tale nostra osservazione fosse interpretata come una critica dell' opera fatta, tutt' altro. Nessun' opera nasce perfetta ma si perfe7Ìona a poco a poco, e lode a chi non si ferma all'esito del primo lavoro ma collo studio assiduo tende continuamente alla perfezione.

Frattanto la nostra Rivista è ben lieta di dare in questo suo primo numero un attestato di stima e di riconoscenza a clii con tanto amore si dedica ad illustrare le cose nostro in uno dei rami più profon- damente artistici eppure ancora meno conosciuti.

Ci*espellani Cav. Avv. Arsenio. Ogijetti Gallo-Celtici del Mo- denese. Modena, 1887.

La scarsezza nel Modenese di monumenti riferibili ai Galli rende tanto piìi preziosa la scoperta clie il Itenemerito Cav. Crespellani (noto per altri scritti d'archeologia e specialmente di numismatica) viene ad illustrare, quella di alcune tombe di carattere gallico rinvenute dal 187G al 1883 in un podere posto in Salicela San Giuliano a 7 chilo- metri da Modena.

La prima di queste tombe era ad inumazione e conteneva oggetti di ornamento di stile indubbiamente gallico fra i quali un bellissimo braccialetto di vetro bleu scuro, associati a stoviglie di carattere etrusco.

108 CRONACA

Nella seconda, contenente del pari stoviglie come le precedenti, erauvi alcuni oggetti di ferro che per la loro decomposizione l'autore non fu in grado di determinare.

La terza tomba contenente uno scheletro di adulto alto e robusto aveva per mobiglio : Oggetti di ferro : una cuspide di lancia , una catena da cinturone, un frammento di spada, due anelli uniti da breve catenella, un chiodo a larghissima capoccliia, ecc.; di bronzo parecchi braccialetti di tipi gallici del periodo di La Tene, due fibule del tipo etrusco della Certosa di Bologna e altra della civiltà di Vii- lanova simile a talune rinvenute negli scavi Benacci di Bologna.

Tutto questo mobiglio ricorda nell'insieme il periodo gallico di La Tene e quello delle tombe della Valsassina e del Milanese illustrate da Castelfranco. È però notevole ed importante il fatto che, mentre le tombe galliclie del Modenese sono tutte ad inumazione, quelle del Milanese e di Introl)bio sono tutte ad incinerazione. Nel Milanese prevaleva quindi anclie pei Galli il rito funerario ligure, ultima ma- niera, quello dell'incinerazione, mentre nel Modenese s'inumava alla maniera etrusca. Influenza di ambiente.

Oltre le tombe di cui sopra, il Crespellani pubblica pure altri og- getti conservati nel Museo Civico di Modena e ch'ei ritiene gallici , nei quali ci sembra tuttavolta di distinguere due fibule che riterremo prettamente gotiche, o per lo meno d'un tipo nordico del V all'VIII secolo dell' e. v. Tali fibule si riferiscono probabilmente ad una tomba barbarica interessantissima , ma non appartenente come le precedenti ai Galli -Celti di cui sopra.

PROSSIMA PUBBLICAZIONE.

I Sigg. Francesco ed Ercole Gnecchi stanno stampando una liibliografìa numismoiica delle Zecclie Italiaìic, niedioe- vali e moderne, che vedrà la luce nel prossimo aprile.

Non crediamo inutile dare ai nostri lettori un cenno e sullo scopo che gli Autori si sono prefissi e sul modo in cui l'opera venne compilata. Dare ai Raccoglitori e agli Ama- tori di monete Italiane un mezzo facile e semplice di trovare quanto fu scritto su una data Zecca, facilitar loro ogni ri- cerca nelle opere, nelle riviste, nei fascicoli pubblicati sul- l'argomento, ecco lo scopo.

Quanto al mezzo, tutto il lavoro è distribuito per zecche in ordine alfabetico in modo che le ricerche divengono fa- cilissime. Vi sono poi distinte le zecche incontestabili, quelle

liini.iocRAFiA 109

non ammesso dalla generalità, e quelle male attribuite, ma tutte sono conservate nella serie, onde, a ciascuna, figura quanto anticamente o recentemente fu scritto clie vi si ri- ferisca.

La Bibliografìa niimismatica sarà di grande utilità a tutti qiielli che vorranno puljblicare monete incdile, i cui lavori troveranno la migliore accoglienza nella nostra Rivista.

Bkrtolotti dott, GirsKppE. Illitstra:^ioue di un denaro d'argento inedito di Rodolfo di Horgogna, re d'Italia, coniato in Milano circa il 922-925. Milano, stab. G. Oivelli, 1887, in 8' pp. ("> con tav.

Brambilla, Camillo, 'fremisse di Rotari re dei Longobardi, nel oMiiseo Civico di Brescia. liticato pavese 0 fiorino d'oro di Filippo Maria Visconti, conte di 'Pavia. Pavia, Fimi, 1887, con tav.

Papadopoli Nicolò. Del piccolo e del bianco, antichissime mo- nete veneziane. Venezia. 1887, fase, in 8" j^rande.

Sigillo del doge Giovanni Gradenigo (1355-56). Lettera al conte Gr. Soranzo. Venezia, Visentin!, 1887, pa,;;-. 11, in 8.°

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Blancari) L. Thcorie de la mannaie romaine au III siede aprcs Jesus Clirist. ^Marseille, inip. P.arlatier-Feissat. 1887, pag. 10 in 8.°

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Ci;ri:xhi;, Michkl. Les monnaies de Cliarlemag-ne, Gand, Loliaert, Siffer et C 1887. J)i questa puljblicazioiie terremo parola este- samente in un prossimo fascicolo.

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Petersen d.' Hi:nry. Danske geistlige Sìgiller fra Middelaldercn. Tegnede og litliograf. af Tli. Bergli. Pasc. 1-7. Kopenliagen, Keitzel, 1883-1887, XIV-115pag., con GO tav. in foglio grande.

H1BLII)GRAK1\ 111

TE K IODI CI.

Bttlletlhw di ^Innifitnnficn e Sfra;fi stira per i.a storia d'Italia, compilato a cura dol Can. Prof. ^Milziade Santoni, direttore , e Cav. Ortensio Vitalini, proprietario. Vo- lume III, N. 4. (Camerino, Tipo-lito. T. 3[ercuri, 1888).

Santoni (M.)^^ Un i/inlio inedito ed unico del Pontefice Leone XI. E una lettera indirizzata al March. Filippo Castiglioni di Cingoli , nella quale si illustra un doppio grosso 0 giulio, che si conserva nell' avita colleziono di quei marchesi. Il papato di Leone XI, com' è noto , non era rappresentato sinora da nessuna moneta nella serie de' romani pontefici.

Santoni (M.) e Raffaeeli (F.) Tm zecca di Macercdn e della Provincia della Ma/va, notizie e documenti. Si ri- ferisce la concessione di Papa Giulio II ad Antonio del Migliore e figlio Filippo, che sul principio del secolo XVI conducevano la zecca della Marca d'Ancona, e si un elenco della monete battute dal detto pontefice, da Leone X e da Adriano Yl, sia colla designazione di Macerata, sia con quella della Marca.

B(ELr,RANo) (L. T.) Ln zecca di Montehritno. Ripro- duzione d"un articolo comparso nel Giornale Lir/ìistico, e concernente la emissione di ottavetti o luigini destinati al commercio col Levante, per concessione di Violante Doria Lomellini.

Gozzadini (G.) Un si(jiUo bolognese de' (iozzadini. Succinta illustrazione di un sigillo di Fulcirolo dei (ìOz- zadini, decapitato a Bologna nel 135-1 por ordine di Gio- vanni Visconti. Questo breve scritto venne favorito al Ca- nonico Santoni dal Conte G. Gozzadini un mese prima della sua morte, e si ritiene come 1' ultimo suo lavoro destinato alla stampa.

Bibliografia e Notizie.

Una tavola litografata.

112

liei'ue Xnììiismatique , clirigóe par Axaiole de Baiìtuk-

LEMY, GCSTAYE SCHEUMUERCIER , Er.NEST BaBELO.X. TrOÌ-

sième serie, tome sixième, premier trimestre 1888. TParis, Eollin et Feuardent).

SoRLix-DoRiGXY (A.) Oìjoìc funcraire en or de Cìjzique. Interessante articolo, in cui l'autore cerca di identificare coir obolo di Caronte le bratteato in oro che si trovano nelle tombe della Grecia e dell'Asia Minore.

DiiouiN (E.) - C'hì'unologie et numlsmatique dea rois indo- scyllies. E il principio di una vera monografia intorno a quelle strane monete elio erano rimaste sconosciute sino al 1826, nel qual anno cominciarono a venire scoperte nel suolo dell'India e d'altri paesi dell'Asia, e che dal maggiore Tod, nelle Transactions of Asiutic socie/»/ dell'anno succes- sivo, furono attribuite por la prima volta ai principi indo- sciti di Kabul.

SvoRONOs (J.-N.) Monnaies crètoises inédites. L'au- tore, studiando le monete incerto dei Grabinetti di Parigi, di Londra, di Berlino, d'Atene, confrontandole col catalogo del Museo Hunter, coi lavori di Imhoof-Blumer sulle mo- nete greche , e ricorrendo al sussidio dei testi epigrafici, stabilisce varie nuove ed ingegnose attribuzioni a diverse città dell'isola di Creta.

Prou (J.-M.) Notes sur des tiers de san mérorini/iens du Mnsée bi'itanniqne. La serie numismatica merovingia del Gabinetto di Londra non è molto numerosa, ma per compenso racchiude vari esemplari di molto interesse scien- tifico. L'autore ne trasceglio e ne pubblica alcuni, fra i quali notevolissimo uno di Losanna col nome della città l'ipetuto sul diritto e sul rovescio con differente grafia.

KoBERT (P. C.) Doublé moulon d' or du cliapitrc de Cambrai. Questa breve illustrazione d'una bella moneta d'oro emessa dal capitolo metropolitano di Cambrai durante qualcuno dei tre periodi di sede vacante che si verificarono verso la fine del sec. XIV, è l'ultimo scritto dovuto alla penna del compianto numismatico Robert, del quale abbiamo dato un cenno necrologico.

RI 1! LI OG RAPI A

113

Vienne (M. de). Établisscment et affaihlissement de la livre de compie. Vasto studio economico, che si rannoda ad un lavoro pubblicato lo scorso anno dal medesimo au- tore : Oi'igines de la Litrc d/argent.

RoNDOT (N.) Claude Warin , graveur et módaillcur , 1630-1054. La fama di Giovanni "Warin, incisore gene- rale delle monete di Francia, ha oscurato ed assorbito anche l'opera ed il nome di vari suoi omonimi, i quali furono pure i veri autori di più medaglioni e gettoni che a lui si attribuiscono.

Col sussidio dei documenti, ed esaminando le firme au- tografe conservate nei registri della Corte delle monete e negli atti degli archivi , il sig. Rondot mette anzitutto in chiaro l'esistenza di un secondo Giovanni AVarin, e di i;n Francesco Warin, ch'era figlio del primo Giovanni Warin e gli succedette nel posto d'incisore generale.

Ciò premesso, egli passa a ragionare diUFusamente di un altro artista, Claudio Warin, incisore e più particolarmente medaglista, dimostrando che a lui si devono attribuire molti lavori di cui si ritenne sino ad oggi autore il ce- lebre Giovanni Warin, e, fra gli altri, gli undici medaglioni posseduti dal iluseo Britannico, colla effigie di personaggi inglesi. A- proposito di questi medaglioni, elio si suppone- vano eseguiti da Giovanni Warin durante un soggiorno , forse ripetuto, a Londra, il sig. Rondot, basandosi su varie date biografiche, stabilisce per cosi dire un alibi che ne rende inverosimile l'esecuzione da parte del famoso meda- glista, anche prescindendo dai validi argomenti d' indole tecnica ed artistica che l'autore fa seguire per dimostrare che essi non sono opera di Giovanni ma bensì appunto del Claudio Warin da lui rivelato.

Cronaca. Necrologie. Bibliografia.

Dieci tavole d'illustrazioni.

Annuait'e de la Société FRANgAiSK de Ni;mismatiqi;e et D'Archeologie. T. douzième, année 1888, Janvier-Fé- vrier (Paris, au siège de la Société do Numisraatique).

Oreschnikow (A.) Nouvel essai de cliroiìologie des ìnon- naies d'Asandre. Il numismatico russo discute lo opi-

1]4 CRONACA

nioiii di von Sallet, Waddington e Mommsen, circa l'epoca in cui l'arconte Asandro prese il titolo di re, ed esamina i tipi 'ed i contrassegni delle sue monete, terminando con uno speocliietto cronologico delle medesime.

EoBERT (P.-C.) Monnaies , jetoìts et médailles des ('vcques de Metz. Séguito di un diffuso ed accarato la- voro, che tien calcolo anche delle menome varietà grafiche e di tipo, e che dimostra l'acume e la diligenza del chiaro numismatico di cui si deplora la perdita.

PuscHi (A.) L' atelier monrtaire des patriarches d'A- (/iiììée. Anche questo estesissimo articolo è la conti- nuazione di uno scritto comparso in altro volume dell' An- ìiuaire, e che costituisce una seconda edizione , ampliata , dello studio pubblicato dal medesimo autore e sotto lo stesso titolo a Trieste nel 1884.

In questa terza parte della sua monografia, il Puschi inco- mincia dal descrivere alcuni denari incerti, che si trovarono in numerosissimi esemplari nel Friuli, e che si possono considerare come la introduzione alla serie numismatica di Aqnileia, quantunque da vari autori siano stati assegnati ad altre zecche, anche non italiane. Ad ogni modo, essi for- mano come un anello di congiunzione coi prodotti mone- tari dell'officina di Friesach, dove, come si rileva dalla uni- formità dello stile, furono probabilmente coniati i primi de- nari di Aquileia , che apparterrebbero ai patriarchi Gof- fredo II e Pellegrino II. È questa una scoperta fatta dal Prof. Luschin, esaminando due monete col nome di Aqui- leia ma apparentemente di patriarca incerto, trovate nel 1881 in Ungheria, e da lui cedute poi al Museo civico di Trieste. Egli scoperse infatti che sul libro che il prelato tiene nella sinistra, stanno scritto rispettivamente, in ca- ratteri minutissimi, le sillabe GO TI e PI LI, ossia il prin- cipio del nome del patriarca.

Dopo questa scoperta di Luschin, non v'ha dubbio ohe Goffredo non sia stato il primo patriarca che abbia battuto moneta propria. Lo stile, ed il nome quasi impercettibile del patriarca e del suo successore dimostrano, osserva Pu- schi, che questa monetazione non è il risultato di un pri- vilegio particolare nè_d'un diritto concesso dall'imperatore, ma che è sorta spontanea, limitandosi dapprima a copiare le monete altrui.

IiIBL10(iRAFlA Ut'

L'autore passa quindi alla descrizione delle monete bat- tute dai vari patriarclii d'Aquileia, senza trascurare quelle uscite dalla zecca-sorella di Trieste. Con fine senso pratico, indica pure per ciascuna moneta, quando n'è il caso, le re- lative falsificazioni Cigolane.

Marchéville (M. de). Un demi-r/ros de Charles VI. Nel suo trattato storico sulle monete di Francia, uscito verso la fine del sec. XVI, Le Blanc dice di aver veduto e di aver fatto copiare con molta cura sugli originali tutte le monete di cui il disegno. Infatti, quasi tutte quelle clie figu- rano nelle tavole della sua opera furono poi ritrovate nelle collezioni pubbliche o private. Ne mancano alcune poche ; ed il mezzo grosso che ci vien ora presentato dal sig. de Marchéville è appunto una di tali monete già divulgate dal Le Blanc ma che sono sfuggite sinora a tutte le ricerche. Appartiene al Gabinetto di Francia, e proviene probabil- mente dalla collezione stata riunita a Versaglia per ordine di Luigi XIV ; il sig. de Marchéville ritiene anzi che sia io stesso esemplare su cui fa eseguito il disegno del Le Blanc.

Blanchet (A.) Jean Warm. Notes hingrapltiques. Vi è disaccordo fra gli scrittori intorno alle date od alle cii'- costanze della vita di questo celebre artista, o meglio l'oscurità proviene ed è accresciuta dal fatto che i AVarin incisori erano parecchi, i quali lavoravano in diverse zecche, come si rileva da numerosi documenti. L'articolo del signor Blanchet viene a schiarire in parte questa oscurità, asso- dando alcuni punti incerti della biografia di Griovanni Warin.

Cronaca. Necrologie. Bibliografia. Prezzi di vendita delle monete romano elella collezione Belfort.

Revue lìelge de NuìuLHmatiqìie, publiée sous les auspices de la SociKTÉ Rovale de Numismatique. Dirocteurs : M. M. Maus, de Scliodt et Gumont. 188S. quarante-qua- trième année, premiare livraison (Bruxelles , Libr. Poly- technique de J. Decq.)

CnESTEET DE H.\NEFFE (B.°" de). NiDìiìsmafique d' Ernest, de Ferdinand et de Max imiìien- Henri de Bavière. Mo-

IIG . CRONACA

nografia compilata specialmente sui documenti che si con- servano negli arcliivì di Liegi. Vi si fa la storia delle varie zecche del principato, tenendo conto anche degl'incisori, fra i quali vediamo ricomparire il nome di Giovanni AVarin, che secondo la maggior parte de' biografi sarebbe appunto nativo di Liegi.

CuMONT (G.) Jetons d'éh^ennes des \gouverneurs géné- raux de la Belgique Albert de Saxe-Teschen et Marie-Chri- stine. — Questi gettoni, finissimo lavoro di Van Berckel, furono coniati e distribuiti per circa dodici anni di séguito in occasione del capo d'anno, ai principali personaggi del Belgio. Recano sul diritto i busti affrontati, e sempre diffe- renti in qualche particolare , di Alberto e Maria-Cristina, e sul rovescio una breve leggenda in cui si commemora qualche avvenimento notevole dell'anno allora decorso.

Ciascun gettone viene minutamente descritto dal signor Cumont, che alla descrizione del pezzo fa seguire volta per volta la illustrazione dell'avvenimento ricordato sul rovescio.

Una interessante appendice raccoglie i vari progetti di leggende, che venivano presentati dai migliori latinisti del Belgio. Ordinariamente, la scelta della leggenda definitiva era affidata all'Accademia di Brusselles.

Vanden Broeck (E.) Numismatique bruxelloise. Etude sur les jetons de la famille de Mol. Questi sei gettoni di magistrati brussellesi del XIV e XV secolo, appartenenti alla famiglia de Mol, i cui membri furono ben diciotto volte chiamati alle funzioni di primo borgomastro, sono proba- bilmente unici, ed oltre all'importanza storica si distinguono per l'eleganza del lavoro.

Chaheier (L.) Numismatique africaine. Mannaie d'or de Ptolémée, roi de Maurétanie. De la Blanchère e Mommsen ritengono che il diritto di battere moneta d'oro sia stato concesso soltanto da Caligola al re Tolomeo. La moneta d'oro pubblicata ora dal sig. Charrier, portando la indicazione dell'anno decimo del regno di Tolomeo, prove- rebbe invece che tale diritto gli venne conferito da Tiberio.

Il disegno che accompagna l'articolo non è ben riuscito.

Valliee (G.) Médailles et jetotis daupìdnois. Sotto questo titolo generale, l'autore fa conoscere stavolta una curiosa medaglia di Luigi Mandrin, famigerato capo di con-

lUBI.IOdRAKIA 117

trabbandieri nel secolo scorso. Essa reca da un lato il busto del bandito, colla leggenda : Le portrait de Louis Mandrin. e dall'altro lo stesso ritratto, ma quasi in tutta figura, colla scritta : Mandrin tei quii a pnru à la lète do sa troupe, 1754.

Alvin (F.) L'ieuvre mi'taUique de Charles Wieìier. E, per ora, soltanto un cenno necrologico di questo di- stinto artista belga, morto nell'agosto 1887 ; la descrizione delle sue opere viene rimandata ad altro fascicolo della Revue.

Alvin (F.) La niédailìe des grnissiers de Bruxelles. Questa medaglia, conosciutissima ma, come talora accade , tuttora inedita, risale all'epoca della rivoluzione del Bra- bante, e fu emessa per commemorare la giornata del 12 di- cembre 1789, in cui le truppe austriache dovettero sgom- brare da Brusselles.

Necrologia.

Miscellanea.

Elenco delle opere ricevute dalla Società Reale di Nu- mismatica durante il trimestre 1887.

Cinque tavole d'illustrazioni.

Archivio storico lombardo, 1887, fa.sc. II : Carotti G., Revi- sione dell'opera del Ckrkxhi. : Les Monnaiea de Charleiìiagne, Gaiul, 1887; fase. Ili: C\nti: C. Il gabinetti numismatico in Brera: fase. IV: Gabinetto numismatico: (Jiia lettera di (liorsio Giulini.

Rendiconti Istituto Lombardo, 1,1888: Inama, Commemorazione del prof. B. Biondelli.

Raccolta milanese di storia, geografia ed arte. 1888, jST. I : Pagani Gentile, 'Valore approssimativo della lira imperiale dal jq4 <^l i<'^'"0.

Araldo. Anno VIII, X. 2182, 27 febbr. 1888. Como (Cencio Poggi) : La medaglia del Collegio dei Dottori.

Archivio Veneto, fase. 08, 1888: Di alcune rarissime monete e, medaglie esistenti nella raccolta Miari (V. aiiclie il f;iornale La Vcne:;ia, Anno XII, 1^87, X. 336).

Giornale Ligustico, di Genova, 1887, X. 34. Neri A. La statua e una mi-daglia di .Andrea d'Oria; N. .5-6: Motta E., Bando in Genova delle monete milanesi nel i4Sr ; N. 7-8. Belgrano. La :^ecca di Montebruno; N. 11-12: Desimoni Cornelio, L'Agostaro

118 CRONACA

nel contrasto di Giulio d'Alcamo (altra moneta nominata anch'essa (la Ciullo d'Alcamo, e clic forma più del Mas.santino una qui- stione ardente fra i commentatori del poeta).

Arte e Storia, di Firenze, Argnani. Una nuova moneta dei Manfredi in Faen:^a. Motta. La :{ecca di Belliniona (cout. e fine). Bicltrami. / lavori di Caradosso.

Giornale araldico-genealogico-diplomatico, di Pisa, novembre 1887, N. 5: Bertolini Dahio. // sigillo di Portoguaro durante la prima dominazione austriaca :j()S'-i<^o6.

Bollettino dell'Imp. Istituto archeologico Germanico, Sezione Uomana, 1887,111: Stettinkr P. (jynsidera^ioni sulT « Aes grave » etrusco.

Mélanges d'archeologie et d'histoire (Scuola francese di lloma), VII, X. 1-2, 1887: Rjkkut Ch. Formes et caractères des mé- daillons antiques de bron^e relatifs aux jeux.

Romische Quartalschrift fiir christliche Alterthumskunde und fiir Kirchengeschichte, I Jalirg. 4 Ilefr, 1887 : Marrucchi O. FJne Medaille und cine Lampe aus der Sammlung Ziirla.

Revue internationale, di Roma, dicembre 1887 : Chevassus. La question monétaire en '•Angleterre.

Ballettino di archeologia e storia dalmata, di Spalato, 1887, 8-9, agosto e sett. : Bulic F. Le gemme del Museo di Spalato.

Acadómie des inscriptions et belles lettres. Se'ances l'^'^y, 16 settembre: M. Deloche legge una memoria sul regime mo- netario nell'Austrasia primitiva, sotto il regno di Teodeberto [.,- 30 sett., M. Delisle legge l'idtima parte della sua memoria sulle operazioni finanziarie dei Templari.

Revue archéologique , maggio-giugno 1887: Mowat Robert. Inscriptions osques ornées d'images de monnaies.

Revue Celtique. 1 gemi. 1888. A. De Barthélemy. Légendes des Monnaies gauìoises.

Revue historique et archéologique du Maine, n. 2.3. 1887-88: Bertrand de Broussillon et B. de Farey. Sigillographie des sei- gneurs de Lavai.

Revue du Lyonnais, ottobre 1887 : Nicolas Tìidau, sculpteur et mcdailleur a Lyon (1(322-1692).

Journal asiatique, di Parigi, disp. Il, .sett. ottobre 1837: Sau- VAiRE H. XMatériaux pour servir à llìistoire de la numismatique et de la metrologie musulmanes. Complément.

HlHI.IOGnAKIA 119

Annales de la Societè archéologique de Namur, 1887. II disp. : Henri. L'atelier monctaire de Boiivignes.

Mittheilungen «ler k. k. Centinai Commission, Berlino, XIII. Btl., 3 lleft (1888) : Deschmann Karl. Ueber Fiinde von gallischen •IMiln^en.

Berliner philologische Wochenschrift, 7 Jahr,u-. X. 4.548 (1887) : Sir.nERscHATz Ars Po.mpki. Xumismatische Geselhchaft pi Berlin.

Rheinisches Museum fiir Philologie, X. Tolge. 43 Bd. I Ileft: Beloch J. Zur Finan:[g-eschichte cithens.

Bollettino Storico della Svizzera Italiana, 1887, ii. 8 12 : Le pecche di '£\fesocco e di Rovercdo.

Archives héraldiques et sigillographiques. «li Xcucliàtel, (Sviz- zera) II. 13, freiiiiaio 1888: ^ledaille dii tir fiderà!, Genève 1887, (Con disegno).

Antiqua. Unterlialtungsblatt fiir Freuiide der Altertliuinskunde. Speeial- Zeitsclirift fur Priilii.storie: n. 1-2, 1888. Forrer R. Bine aiitikc gefàlschte gallische fMlinye. (Mit. Abbly.).

Revista de ciencias historicas, di lìareellona, IV, 1887, 1-2:

T'ityol j' Camps. Xuinisinatiea de la HspaJia Citerior. Catàlogo de las monedas no publicadas ^m la obra « Nue\'o metodo y clasift- cacion de las monedas aittónomas de Espaìia, de I). cAntonio Dclgadu » voi. V, fa.se. II e IH: -^ìoneda inedita de Cam- prodàn, por D. a'irtiiro Tedrales y violine. Antigiiedad de la moneda, por D. los'e Brunet.

Le Ciadad de Dios, .5 oetobre 1887: El p. Flore\ y la numis- màtica espanola por Fr. éManiiel Fraile y Mingile^.

Viestnik hrvatskoga Arkeologickoga Dratztva, God. IX, 4, U Zagrebn, 1887: Sigillo aiitieo bos.sine.se. Hren-smid. Ripostiglio di monete ungaresi d'argento in Villanova presso Vinkovce.

The American Journal of Archaelogy and of the history of the fine arts, di Baltimora, 1887. 1-2: 15Ani:i.0N E. Revieiv of Greek and Roman Niimismatics. 'R^eccntly piiblished books.

NOTIZIE VARIE

Ripostiglio di monete greche. - Neir isola di Scio fu scoperto un ripostiglio, di cui rende conto il sig. Arturo Lobbecke nella Zeitscìi.rift fiìr Nimiisniatik. Era composto di 1 tetradramina d'Efeso, 2 tetradrammi ed 11 dramme di Mileto, 11 dramme e 4 emidramme di Ohio col quadrato incuso, 4 bellissime dramme di Ohio con nomi di magistrati, 1 tetradramma ed 1 dramma di Coo, 1 emidramma di Rodi,

I tetradramma e 11 magnifiche dramme di ]\Iussolo e 2 dramme di Pixoda.ro, dinasti di Caria; infine 26 monete di bronzo d'Eritrea e 144 di Ohio.

Il ripostiglio risalirebbe all'anno 335 circa avanti G. C.

Notizie degli Scavi. Spigoliamo dalle Notizie degli Scavi di Aniieiiità, comunicate alla li. Accademia dei Lincei:

A Pompei, negli scavi eseguiti nel bimestre agosto-set- tembre, si trovarono, in varie Regioni : Un sesterzio di Vespasiano, con la leggenda del rovescio fortvnae kedvci e il tipo della Fortuna in piedi a sin., col cornucopia in una mano, e nell'altra il timone poggiato sul globo; nell'esergo se. Un denaro di Vespasiano, col tipo della Pace se- dente a sin. Un sesterzio di Vespasiano , col tipo di Koma in piedi a sin., che appoggiandosi all'asta tiene in mano la Vittoria ; ai lati s e. Due altre monete sconser- vate. — Un asse sconservato di M. Agrippa. Un dupondio di Galba con la leggenda del rovescio : s. p. q. r. |1or || cives

II SERVATOS in corona d'alloro, e un'altra moneta sconser- vata. — Un dupondio di Nerone con la leggenda del ro- vescio : PACE PR viiiQ PARTA lANA'M CLVSiT e il tipo del tempio di Giano : ai lati s e. Due assi di Augusto, l'uno coniato dal triumviro monetale Cn. Pisone e l'altro da P. Lurio Agrippa.- Un asse soonservato di Tiberio. Un dupondio di Nerone col tipo della Vittoria volante a sin. , reggendo

NOTIZIK VAKIK 121

lo scudo, nel quale s p q r ; ai lati s e ; e un'altra moneta sconservata. Un dupondio di Galba col tipo della Li- bertà in piedi ; altra moneta sconservata. Una moneta sconservata di bronzo. Due assi sconsorvati di Aiigusto. Un asse repubblicano ; un dupondio di Domiziano col tipo della Spes, e un'altra moneta sconservata.

A Forli, in occasione di scavi per fondamenti nell'interno del palazzo del Municipio, a m. 2 di profondità s'incontrò un potente strato di terra rimaneggiata, cosparsa di fittili, ed a m. 3 si ebbe una moneta di bronzo dell'alto impero, irriconoscibile per l'ossido. Fuori della Barriera Eavaldino, alla profondità di m. 4. si raccolsero monete di bronzo dei Gordiani e dei Filippi.

A Villanova presso Forli. in ^^na tomba romana piena di avanzi di rogo, si trovò una moneta di bronzo mezzano dell'alto impero, indecifrabile.

Ad Arezzo, in un sepolcreto recentemente venuto allo scoverto, si rinvennero un triente colla testa di Pallade, del sistema sestantario, tre assi onciali consunti, e apposi- tamente spezzati prima di deperii nel sepolcro, ed infine una monetina di Claudio, in bronzo. Luneo la a via romana n che si diparte da porta S. Spirito vei-so la Val di Chiana, i cavatori, d'argilla s'imbatterono in un sepolcro, che con- teneva, fra gli altri oggetti, due monete di bronzo di Otacilia Severa ed un' altra di Alessandro Filippo. Sempre lungo la stessa via romana si trovarono un pezzo di (i.e.s rude; una oncia etrusca colla rota a sei raggi, senza potere intendere se nel rovescio sia un' ancora o una scure ; un asse onciale di Roma; due monete di gran bronzo di Adriano, e tre altre imperiali assai consunte. Sulla collina amenissima di S. Fa- biano, a nord-est della città, la quale era al tempo romano assai frequentata e sparsa di ville, furono trovati fra i rot- tami d'una di queste un asse semionciale molto consunto, e una moneta di Traiano.

A Napoli, nei lavori di sostruzione pel rettifilo S. Giacomo, si rinvennero parecchio monete, alcune ossidate, altre ben conservate, delle quali, cinque spettano a Gallieno ed una a Mario, con leggenda imp . r . m . avr . marivs . Avr, . Vittoria a destra con corno di abbondanza nella dr. e palma nella sin. Vi erano poi otto altre monete di bronzo di piccolo modulo, ma assai sconservate ed irriconoscibili.

17

122 CRONACA

Finalmente, presso Rionero nelle Puglie, fra gli avanzi sotterranei di alcune antiche fabbriche, che sembrano ap- partenere ad edificio termale, si raccolsero molte monete romane imperiali, colle quali si trovarono alcune monete di Turio.

Le antiche monete americane. Gli scrittori spagnuoli ci hanno trasmesso varie notizie intorno alle monete di rame che avevano corso fra gli Indiani d'America al tempo della conquista. Il Sig. Désiré Charnay, nel BuUetin de In Société rrAiit/iropoIogie di Parigi, basandosi sulle testimonianze di quegli storici, e sulla scoperta di un ripostiglio fatta nei dintorni di Oaxaca, sostiene che nel Messico tali monete avevano la forma di una piccola scure. Torquemada. nella SUB, Moìiarquì'a indiana, dice appiinto che gl'Indiani u tisaban a mucho de ixnas monedas de cobre , casi de hechura de u Tau T. de anchor de tres, ó quatro dedos, y era plan- a chuela delgada, unas mas, y otras menos, donde havia Ci mucho oro. n

Una raccolta di gettoni. Leggiamo nella Revue Belgc^ che il Gabinetto Numismatico della Biblioteca Reale di Bruxelles ha acquistato dal Barone L. Geelhand di Merxem lina ricchissima collezione di gettoni, la quale viene a far seguito alla splendida serie di medaglie artistiche concer- nenti i Paesi Bassi, ceduta dal Barone alla stessa Biblio- teca nell'anno 1865. Pei soli metalli preziosi, la detta col- lezione offre 615 gettoni in argento e 11 in oro.

Furto di monete. Un grosso e deplorevolissimo furto ebbe luogo a Parigi nella notte dal lo al 16 Marzo. Nell'a- bitazione dei Signori RoUin e Feuardent, i ben noti nego- zianti d'antichità, furono rubate monete d'oro romane, bi- zantine, francesi e monete greche d'argento pel complessivo valore intrinseco di L. 30.000 . rappresentanti un valore commerciale di oltre 400.000 lire. I Signori Raccoglitori, negozianti, orefici, ecc., a cui qualche indizio di tal furto venisse a cognizione sono vivamente pregati di darne imme- diatamente avviso ai suddetti Signori Rollin e Feuardent, Place de Louvois 4, Parigi.

Vendita Kirsch. Della collezione Hirsch, di Monaco è uscito testé il catalogo di vendita redatto dal prof. Luppi.

NOTIZIE VARIK l'2o

Vendita Belfort. -- Anticamente le raccolte si facevano pian piano, ma duravano almeno qualche generazione ; ora, nel secolo del vapore e del telegrafo, tutto si fa presto, le raccolte si improvvisano, ma sfumano anche colla medesima rapidità con cui sono apparse, quale meteora, non lasciando altra traccia di che il CataLjgo di vendita. Ecco appunto quanto oggi ci rimane della bolla Eaccolta Belfort, messa insieme dal proprietario, ed aggiungeremo anzi in un breve periodo della sua vita, e venduta all'asta pubblica a Parigi negli ultimi giorni dello scorso febbrajo. Trattandosi di una Raccolta importante, e nota principalmente per la bellezza delle conservazioni, crediamo valga la pena di te- nerne parola in modo particolareggiato.

La vendita non si può dire sia riuscita brillantissima. Raggiunsero prezzi relativamente molto elevati le monete comuni, e le bellissime conservazioni, mentre le rarità e principalmente le grandi rarità furono abbandonate a prezzi assai miti ed inferiori a quelli ottenuti in altre vendite pre- cedenti. 11 che significa due cose, l'una che le raccolte al giorno d'oggi si fanno piuttosto sotto l'aspetto artistico che sotto quello scientifico e gli amatori odierni preferiscono un pezzo comune di bella conservazione a uno raro ma sconservato per quanto scientificamente assai più importante; in secondo luogo che le vendite in questi ultimi tempi sono state troppe, e l'offerta ha superato la dimanda, il che certo non è incoraggiante per le prossime vendite annunciate fra cui quella importantissima della Raccolta Quelen.

Della Raccolta Belfort non crediamo necessario dare il completo elenco dei prezzi. Riportiamo quelli che possono destare maggiore interesse :

34 Restituzione della Lncrctia, 101 Lepido e Ottavio, Arg. 105.

Arg. L. 2,50. 121 M. Antonio (Clodia), Oro 490.

40 Minatia, Arg. 200. 137 Cleopatra e Marco Antonio ,

41 Altra Minatia, Arg. 305. Arg. 85.

42 Pompeo, Coh. 15, Arg. 75. 139 Cajo Antonio, Arg. 400.

43 Nasidia, Arg. 42. 155 Augusto, Coh. 21, Arg. 69. 74 Eestit. della Julia, Coh. 54,6.30. 156 Augusto, Coh. 22, G. B. 90. 78 G. Cesare e Augusto, Oro 560. 163 Augusto, Coh. 31, Argento 80 Detto, G. Bronzo 40. Med. 405.

86 Bruto, Coh. 4, Arg. 420. i 179 Augusto, Coh. 59, Oro 300.

94 Bruto (Flavia), Arg. 99. ! 296 Augusto, Coli. 263, M. B. 63.

98 S. Pompeo e figli, Oro 90O. j (sfftjxp)

124

311 Augusto (Aiitistia), Coh. 2SG,

Arg. 150. 332 Augusto (Cornelia), Rest. Ine- dita 800 (1). 340 Augusto (Durmia), Coh. 835 ,

Oro 550. 349 Angusto (Mescinia), Coli. 349,

Arg. 125. 351 Augusto (Mussidia), Coh. 3.52,

Oro 845. 358 Augusto (Petronia), Coh 369,

Arg. 240. 361 Augusto (Petronia), Coli. 379,

Oro 360. 366 Augusto (Vihia), Oro 600. 372 Augusto (Vooonia), Oro 400. 455 Aug., Med. restii, da Adriano,

Coh. 503, Arg. .555.

555 Augusto e Agrippa, Coh. 1,

Arg. 250.

556 Detti, Coh. 3, Arg. 165.

572 Augusto con Cajo Lucio e Giu- lia, Coh. 2, Àrg. 495 (2).

593 Druse, G. B. 126.

606 Caligola, Coh. 5, Oro 225.

701 Clodio Macro, Coh. 8, Arg. 410.

765 Vespasiano e Tito, Inedita Oro 480 (3).

929 Plotina e Trajano, Oro 375.

930 Plotina e Matidia, Oro 610. 933 Matidia, Oro 405.

1018 Sahina, Coh. 19, Oro 205. 1023 Elio, Coh. 4, Oro 145. 1124 Commodo, Coh. 104, Oro 285. 1145 Crispina, Coh. 17, Oro 390.

1151 Didia Clara, Coh. 2, Arg. 220.

1152 a 57 Diversi di Pescennio,

Arg. a L. 100, 285, 99, 130, 58, 142. 1189 Sett. Severo, Coh. 351, Oro 900.

1196 Sett. Severo, Coh. 444, Oro 840.

1197 Sett. Severo, Coh. 455, Oro 40fi. 1304 Sett. Severo, Giulia e Cara- calla, Coh. 1, Oro 850.

1323 Geta, Coh. 55, Oro 610. 1850 Macrino, Coh. 50, Oro 705. 1366 Elagabalo, Iiied., Oro 500. 1369 Elagabalo, Coh. 126, Oro 610. 1401 Aless. Severo, Quinario d'oro

inedito 470. 1412 Orbiana, Coh. 2, Arg. 102.

1416 Uranio Antonino, Coh. 2, 0-

ro 4150.

1417 Uranio Antonino, Inedito, O-

ro 4270 (4).

1489 Tranquillina, Coh. 1, Arg. 550.

1490 Tranquillina, Coh. 2, Arg. 680. 1519 Filippo padre, Inedito, Oro 450. 1545 Filippo figlio, Coh. 28, Oro 415. 1584 Treh. Gallo, Coh. 63, Oro 650. 1607 Cornelia Supera, Coh. 4, Ar- gento 285.

1637 Gallieno, Coh. 325, Oro 190. 1652 Gallieno, Coh. 710, Oro 110. 1709 Aureliano, Coh. 2, Oro 760. 1774 Giuliano tiranno, Coh. 1, 0- ro 505.

1792 Massimiano Ercole, Coh. 61 ,

Oro 90.

1793 Detto, Inedito, Oro 110.

(1) Questa bellissima moneta unica e inedita apparteneva alla Colle- zione Gosselin, alla vendita della quale nel 1864 raggiunse il prezzo di L. 400.

(2) Esemplare della Collezione Racine venduto nel 1879 a L. 600.

(3) Esemplare della Collezione Jarry venduto nel 1878 a L. 500.

(4) L'esemplare d'Amécourt assai meno importante di questo colla leg- genda SAECVLARES AVG raggiunse lo scorso anno il prezzo di L. 6100.

NOTIZIE VARIE 125

2010 Onorio, Coli. 4, Oro 180.

2011 Petronio Massimo,; Coli. 1 ,

Oro 400.

2012 Avito, Coh. 1, Oro 130. 2019 Glicei-io, Coh. 2, Oro 355. 2022 Eomolo Augnstolo, Coh. 2,

Oro 425. Totale vendita 71148.50.

1S09 Camusi o, Coh. 8, Arg. 7.5. 1810 Carausio, Coli. 33, Arg. 2G5. 1813 Domizio Domiziano, M.B. 70. 1843 Massenzio, Coh. 2, Arg. 162. 1850 Licinio padre, Coh. 18, Oro 810. 1927 Vetranione, Coh. 3, Arg. 300. 1969 Procopio, Coh. 4, Arg. 135. 2000 Prisco Attalo, Coh. 3, Oro 159. 2009 Eudoxia, Coh. 1, Oro 1000.

Falsificazioni moderne. Sotto questa Rubrica ci siamo proposti di tenere informati i nostri lettori di tutte le moderne falsificazioni che vengono di tanto in tanto ad infestare il commercio delle monete, ingannando spesso gli inesperti e talvolta anche i più provetti. Una di queste fal- sificazioni ci venne testé fra le mani e ci affrettiamo a farla conoscere, sapendo che qualche amatore fu già sul punto di cadere nell'inganno lusingandosi di acquistare a buonissime condizioni un pezzo veramente straordinario. La moneta cui alludiam.o e che certo alcuno dei nostri lettori avrà avuto occasione di esaminare, è un doppio Testone di Montalcino. Eccone la descrizione:

D. Gùjlio R P SEN IN M ILICINO HENRICO II -AV. Nel campo la Lupa a sin. allattante Romolo e Remo. Sotto, la data 1556 dimezzata dalla sigla A, posta entro un cerchietto.

R. Croce TVO CONFISI PRAESIDIO. - La Vergine se- duta in atto di preghiera in mezzo ad angeli e sopra nubi.

La moneta è identica a quella riportata dal Promis nelle Monete della Repuhhìien di Siena, alla Tav. Vili, n. 91. Il suo peso è di gr. 17,600, equivalente precisamente a un dnpjtio Testone. La moneta sarebbe di esimia rarità; il Promis ne cita un solo esemplare, ritenendolo unico, esistente nella Collezione Franceschi.

Chi è appena sufficientemente versato nella numismatica italiana può di leggieri accorgersi che questa moneta non è genuina. Lo si desume principalmeiito dai caratteri della leggenda, che sono più grossi e ])iù regolari di quelli della moneta antica. Le figuro poi della iladonna e della lupa sono molto inferiori per arte a quelle rappresentate in tutte le moneto di Montalcino e in quelle contemporanee di Siena e tradiscono la mano poco esperta d'un incisore

126 f'KONACA

moderno. Basta farne il confronto per persixadersene. Si direbbe anzi che l'autore non possedendo la moneta l'abbia copiata direttamente dal disegno della Tavola sudd. dell'opera del Promis. Di queste monete ne abbiamo già vedute due in commercio; questi due esemplari, che erano di bellissima con- servazione, furono poi battuti col martello sulla leggenda e specialmente sull'orlo per farle apparire usate.

Poco tempo fa ci occorse di vedere questa identica mo- neta riprodotta in oro, del peso di una quadrupla (gr. 13,800).

Pare che i nostri falsificatori abbiano ora cessato di occu- parsi delle monete in argento consolari e delle medioevali C3muni, di cui hauno invaso il commercio, per darsi a (lualche cosa di più prelibato e peregrino.

E. G.

Contro i falsarli. Nella Numisniatische Zeitsehrift, il Sig. K. Hoffmann espone un suo metodo per riconoscere le monete d'oro false, basandosi sul loro peso specifico.

Ringraziamo la Kedazione àelV Animai re parigino, che annuncia con gentili parole la comparsa della nostra Ri- vista.

La medaglia alla Duchessa di Galliera. Il 17 marzo, in Genova, una commissione municipale si recò al palazzo della Duchessa di G-alliera, a presentare all'illustre gentil- donna la medaglia d'oro coniata in di lei onore per testi- moniarle la gratitudine della cittadinanza per l'erezione dell'Ospedale di Sant'Andrea in Carignano.

La medaglia porta un magnifico ritratto intorno a cui sta la scritta:

Ilonori. Bue. Gallierae. Palriciae. Munificentissimae.

E più sotto :

Ex. Decr. ord. Genuensis. An. MDCCCLXXXVII.

Estro poi si legge la bella epigrafe dettata dal profes- sore Pizzorno. Eccola:

>'0S0C0MIVM

IN CAIUNIANO COLLE

EXSTRVCTVM

EXEMPLA

LIBERALITATIS A^TIQUAE

REiNOVATA

NOTIZIK VARIE 127

La medaglia è coniata dall'egregio artista cav. Filippo Speranza, incisore della regia Zecca di Roma. Di questa medaglia vennero coniati altri sette esemplari in argento, uno dei quali da inviarsi al figlio della munificente signora, e gli altri da conservarsi nell'Archivio comunale, nella bi- blioteca Civica, ecc. Vennero fatti coniare inoltre cento esem- plari in rame, per donarne uno a ciascun consigliere comu- nale, e i rimanenti a disposizione del Comune.

Di questi, per gentile intromissione del eh. sig. T. L. Belgrano, un esemplare verrà spedito in dono al Gabinetto di Brera.

Doni al Gabinetto Numismatico di Brera. Ecco l'elenco dei doni pervenuti al li. Gabinetto di ]\l'ilano, dopo la sua riapertura al pubblico, 1.° agosto 1887:

Dal sig. Giuseppe Bosso, del Cairo (Egitto), N. 222 monete in bronzo e mistura, de'Toloniei e degl'imperatori romani, battute ad Alessandria.

Dal Municipio di Venezia, un esemplare in bronzo della medaglia coniata per commemorare 1' inaugurazione del monumento a Garibaldi (2-1 luglio 1887).

Dal sig. José Ramos Coelho. Ijibliotecario a Lisbona, al- cune monete portoghesi.

Dal Dott. Cav. G. B. De Capitani d'Arzago, già aggiunto per vari anni al Gabinetto, un voi. manoscritto di catalogo, da lui redatto in elegante latino, colla descrizione di 3952 monete greche del Medagliere braidense; ed una pre- ziosa raccolta di 127 lettere autografe di Domenico Sestini a Gaetano Cattaneo, di argomento numismatico.

Dal Cav. Giuseppe Gavazzi, tre pregevoli monete inglesi niedioevali.

Dal Cav. Amilcare Ancona, l'autografo della lettera del Conte Giorgio Giulini pubblicata non lia guari iigìì' Arc/nvio Storico Lombardo.

Dal Dott. Cav. Luigi Zerbi, una medaglia.

Dal sig. Giulio Pisa, alcuno monete del Basso Impero, trovate recentemente in Brianza.

Dal sig. Achille Cantoni, un interessante sigillo veneto.

Da un donatore che desidera serbare 1' anonimo, molte monete di varie zecche; notevole specialmente un luigintj di Fosdinovo,

J28

*

La Direzione registra con grato animo le seguenti offerte a fondo perduto per la istituzione della pre- sonte Rioista, nell'ordine in cui sono pervenute :

G-necclii Cav. Francesco e Cav. Ercole . . L. 500

Gavazzi Cav. Giuseppe •• KJO

Tatti Ing. Paolo :i 100

Sormani Andreani Conte Lorenzo. . . . !i 100

Osnago Enrico " 100

Comandini Dott. Alfredo « 100

Papadopoli Conte Nicolò " 500

Camozzi Vertova Comm. G. B i 100

Bosso Giuseppe (Cairo, Egitto) " 100

Visconti March. Carlo Ermes rs 100

Eatti Dott. Luigi n 100

Butti Alfonso 1 100

Gnecchi Ing. Giuseppe ^ 100

Ponti Cav. Ettore n 100

L. 2200

IjOdovico Feuce Coguati, Gerente responsabile.

FASCICOLO II.

APPUNTI

NUMISMATICA ROMANA

MONETE IMPERIALI INEDITE

NELLA COLLEZIONE GNECCHI A MILANO

Nessun ramo della Numismatica fu tanto e da così lungo tempo studiato come quello della iSerie Romana; di nessuna serie furono costituite tanto e così copiose collezioni; eppure il campo ò così im- menso, che qualche cosa rimane sempre da spigolare anche agli ultimi arrivati.

I ripostigli, che con meravigliosa fecondità offre regolarmente la terra in tutta l' ostensione dell' an- tico mondo romano, i ritrovamenti di antiche mo- nete frammiste agli altri avanzi della romana civilt;^, ora singolarmente facilitati dal rivolgimento della nuova Roma, che va sovrapponendosi all'antica, in mezzo alla congerie di cose già conosciute, portano pure alla luce di quando in quando qualche moneta, che fa la sua prima apparizione nel campo numi- smatico. Tali novità, le quali necessariamente vanno facendosi più rare e più difficili col progresso del

132 KKANCESCO GNECCHI

tempo, fìncliè cesseranno completamente pei racco- glitori dell'avvenire, formano per quelli del presente una delle maggiori attrattive ; e naturale è la com- piacenza che ognuno prova nel far conoscere quelle che ebbe la ventura di scoprire, aggiungendole al patrimonio generale della scienza.

Io qui non intendo pubblicare una nuova serie di tutte le monete inedite entrate nella mia collezione dopo le tre pubblicazioni già fatte sull'ai'gomento. (^)

Tutte quelle che possono considerarsi come sem- plici varianti dai tipi già noti, non mi pare avreb- bero qui un sufficiente interesse, e le lascio da parte, riserbandole per altra occasione.... quella del Cata- logo della mia collezione, il quale, contro le consue- tudini generalmente invalse, vorrei che fosse completato G vedesse la luce.... vivente ancora il proprietario!...

Ma, mi limito per ora a dare notizia di quelle poche monete le quali, o per la loro decisa importanza presen- tano uno speciale interesse, oppure per un motivo qual- siasi offrono l'occasione di fare qualche osservazione sia generica sia speciale, o almeno di porre una dimanda cui altri potrà rispondere, un quesito che altri potrà studiare e risolvere. Fra queste poche se ne troverà anzi alcuna, di cui già ho data anterior- mente la descrizione ; ma, se la ripeto qui, è per cor- redarla di qiialche commento e accompagnarla da un'impronta dal vero nell'annessa tavola; ciò che credo importantissimo. Coi mezzi attuali di riprodu- zione, che danno l'oggetto da studiarsi in tutta la sua verità, ogni lettore può formarsi egli stesso il proprio giudizio, senza doversi fidare di quello di chi scrive. Quanti dubbi cesserebbero e quante contro-

(1) La prima coi tipi dell' Hoepli, Milano 1880, la seconda e la terza nella Gazzella Numismalica di Como nel 1882 e 1886.

APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 133

versie non avrebbero ragione d'esistere se tale si- stema fosse sempre stato praticato nello trattazioni scientifiche! D'altronde le monete rare, di cui forse esiste un unico esemplare, è bene siano per così dire moltiplicate dalle illustrazioni perchè ne sia garantita la conservazione. Una moneta, princi- palmente se di nobile metallo, è sempre esposta a un rischio e a lungo andare vi cade, perchè nulla dura in eterno. Il ladro è sempre ad adocchiarla, e il crogiuolo peggiore ancora del ladro è sempre pronto a riceverla per condannarla inesorabilmente alla distruzione. Ma una tavola dal vero, tirata a molti esemplari è un monumentum aere {et auro) perennius, e le monete cosi illustrate non hanno più a temere i ladri il crogiuolo.

Quanto ai commenti, che accompagnano la de- scrizione delle monete, gioverà che il lettore li prenda per quello che sono. Essi non hanno pretesa scientifica; non sono lo elucubrazioni di un dotto numismatico, ma semplicemente le osservazioni di un diligente raccoglitore.

AUREO DI CLAUDIO

restituito dn Trnjano.

Dopo il N. 07 di Cohen. ;& DIVVS CLAVDIVS

Testa laureata a destra. ?/ ~ IMP CAES TRAIAN AVG GER DAC P P REST

Vesta velata e diademata seduta a sinistra con una patera e una face.

(Tav. IV, Niiin. 1).

Cohen, quando pubblicò la sua prima Edizione della Descriptìon historique des ìtvmnaies frappées sous

134 KRAN-CESCO GNECCHl

l'Empire Roraaìn, non conosceva che un solo aureo di Claudio restituito da Trajano col rovescio della Concordia^ il cui archetipo non è ancora conosciuto. Nella seconda Edizione ne pubblicò un altro col l'ovescio della Speranza, rovescio non conosciuto che in bronzo fra le monete di Claudio. Ora il terzo, da me pubblicato, si trova nelle medesime condi- zioni, non conoscendosi alcuna moneta di Claudio in oro in argento con tale rovescio. Solo vedo citato da Cohen col rovescio di Vesta un bronzo barbaro, che certo non può aver dato luogo alla Restituzione in discorso.

Dato che, come si ritiene generalmente e come finora parve tutto conducesse a credere, Trajano abbia restituito le antiche monete de' suoi prede- cessori non certo inventandole, ma riproducendo i tipi delle monete realmente esistenti, è spiegabi- lissimo come di alcune monete rimanga tuttora sconosciuto l'originale da cui fui'ono riprodotte. Non tutta la serie monetaria romana ci è nota e, come si disse più sopra, qualche nuova moneta di quando in quando apparo. Ma ò però molto curioso il caso che ci avviene colle Restituzioni di Claudio, e degno di qualche osservazione, la quale forse potrebbe modificare le idee che generalmente si hanno sulle Restituzioni imperiali di Trajano. Noi conosciamo ora tre Restituzioni di aurei di Claudio, e di tutte e tre ci rimangono sconosciuti gii archetipi, mentre nessuna Restituzione ci è pervenuta dei molti altri aurei conosciuti di quell'imperatore.

Ne è a dirsi che Trajano abbia avuto una speciale predilezione a restituire i tipi rari; può dirsi piut- tosto il contrario, dacché vediamo che restituì di preferenza i tipi piìi comuni, esempio quelli di Ve- spasiano e di Tito.

AI'l'UNTl DI NUMISMAIMCA ROMANA 135

vSe diamo uno sguardo sommario alla serio delle Restituzioni repubblicane e imperiali di Trajano, vediamo come quelle che ricordano monete della Re- pubblica siano le più numerose e le piìi fedeli , o per dirla con altre parole, quelle di cui ci rimangono tutti gli esemplari originali che loro diedero origine.

Dei cinquanta denari repubblicani restituiti da Trajano oggi conosciuti, conosciamo pure le cin- quanta antiche monete che furono riprodotte, mentre dei quindici aurei imperiali (comprendendo fra questi i due di G. Cesare) otto soli rappresentano monete a noi conosciute, mentre gli altri sette mancano del loro archetipo.

Eccone la distinta:

Kestituzioni Restituzioni

di monete conosciute. di monete ignote.

G. Cesare 1. (K: Vouere viucitrice)

» 1. (1\ : Nemesi)

Augusto 1. [li: Coccodrillo) . . . l. (li: Aquila legiouariu

fra due iusegno) Tiberio 1. (K: Livia)

Claudio 1. (li: (Joiicordiu)

» 1. (K: Sperauza)

» 1. (K: Vesta)

Galba 1. (R: Libertà)

Vespasiano 2. (R: Trofeo)

» 1. (R: Sedia curule col ful-

mine)

» 1. (Stella e Teste di

Marte e Mercurio) Tito l. (R: Trofeo)

» l. (li: Sedia curule col ful-

mine)

N. 8. N. 7.

Dal che parrebbe lecito argomentare che i denari della Repubblica furono da Trajano fedelmente ri-

130 FRANCESCO G.NECCIll

prodotti dai tipi originali, pel motivo che i tipi di quelle monete, essendo assai caratteristici e distinti l'uno dall'altro, non possono in alcun modo essere confusi e frammischiati senza produrre sconcordanze ; mentre invece i rovesci delle monete imperiali, per essere appunto somiglianti gli uni e gli altri, e per buona parte offrendo una rappresentazione generica potevano facilmente essere scambiati senza produrre equivoco di sorta. Gli artisti si sentirono qui più liberi, e alle teste degli imperatori apposero un rovescio qualvmque, senza prooccuparsi molto di ve- rificare se precisamente tale rovescio apparteneva a tale imperatore piuttosto che ad un altro.

Certo non si sbagliarono quando si trattava di rovesci, che, avendo una significazione individuale, non potevano applicarsi che all'imperatore cui si ri- ferivano, come per esempio il Coccodrillo emblema della conquista dell'Egitto ad Augusto, (^) la Livia a Tiberio, ecc.; ma invece furono meno precisi in quei rovesci vaghi, che potevano egualmente adattarsi all'uno o all'altro imperatore. Li presero quasi a caso fra le veccliie monete o forse anche fra le mo- nete correnti e li applicarono indifferentemente ad Augusto, a Vespasiano, a Tito e così via. Difatti, se esaminiamo la serie delle monete da Griulio Cesare

(1) Anche questa Restituzione, che pure sembra rappresentare una vera moneta, quella cioè colla leggenda AEGYPTO CAPTA, non vi cor- risponde che a un dipresso. La moneta originale rappresentante la con- quista dell'Egitto è dell'anno 27 o 28 a. C. e porta conseguentemente nel dritto i consolati VI e VII d'Augusto, mentre nella Restituzione Augusto porta il titolo di PATER PATRIAE, titolo conferitogli so- lamente nell'anno 2 a. C. Eckhel, riportando questa Restituzione da Mo- relli vi prestò poca fede e dubitò sbagliata la leggenda del dritto : ma ora abbiamo la moneta riportata da Cohen come appartenente al Gabi- netto di Francia e quindi non possiamo dubitarne. Ciò corrobora la mia opinione che queste Restituzioni imperiali fossero fatte a un dipresso.

APPUNTI DI .N!'MlSMATir\ ROMANA 137

a Trajano, vediamo che, fatta un'eccezione per quella esistente in unico eseuiplai-e al Museo Britannico , la quale al rovescio di Vespasiano porta le due teste di Ercole (?) e ^Mercurio (?) al di sopra di una stella, e di cui veramente ci è ignoto l'originale, delle altre tutte conosciamo gli originali come appartenenti a qualche imperatore diverso da quello rappresentato sulla moneta di Restituzione.

I due rovesci attribuiti a Giulio Cesare, non com- pajono che più tardi, la Venero vincitrice sotto Au- gusto, la Nemesi sotto Claudio; il rovescio dell'Aquila legionaria fra le due insegne militari attribuito ad Augusto e ) compare sotto Nerone; le tre restituzioni pure di Claudio furono probabilmente imitate dalle monete in corso dello stesso Trajano, dacché tali rove- sci non li troviamo sotto nessuno degli imperatori antecedenti. Esistettero anche prima ? È assai dubbio e io non lo crederei.

Trattandosi di nomi, le cui monete sono molto comuni, quali G. Cosare Augusto, Claudio, ecc., mi sembra assai poco probabile la supposizione che lo monete rappresentate nelle sopra citato Restituzioni possano veramente essere andate smarrito, mentre tante altre ne sono rimaste: e , riassumendo , credo che la frase finora usata a L'Archetipo della data Re- stituzione non si conosce ancora " sia per lo meno poco esatta,, mentre potrebbe darsi benissimo che non dovesse mai comparire per la semplice ragione che as.sai probabilmente non ha mai esistito.

(1; Anclie la Ri'Stiiiizinne del ileiiaro d'ai-;;eiito d'Aui^ii.sto rolla sodia cunile, chu pare .sia l'unica re.stituzioiio veramente imperiale in argentd pervenutaci, sembra presa dalle monete di Tito o di Vespasiano, tale ro- vescio non comparendo prima di «niest'epoca.

ly

138 KR\NCE,SC<J li.NKCi.HI

AUREO DI VESPASIANO

con Tito e Domiziano.

2." Dopo il N. 44 di Colieii.

B" IMP CAESAR VESPASIANVS AVO

Testa laureata a destra. 1^ COS (in alto) TR POT (all'esergo)

Vespasiano coi due figli Tito e Domiziano in una qua- driga lenta a sinistra. L' imperatore tiene uno scettro sormontato da un' aquila. (Anno 69, d. C.)

(Tav. IV, N. 2).

Il rovescio di questo curioso aureo è nuovo sia per la rapprentazione come per la leggenda. Tito e Domiziano, al rovescio delle monete d'oro e d'ar- gento di Vespasiano, quando non hanno i busti af- frontati, sono sempre rappresentati o correnti a ca- vallo o in piedi togati, o assisi sulla sedia curule, e la leggenda vi si riferisce (titvs et domitian. caesares

l'RINC. IVYENT. CAESARES VESP. AVO. FILI CAES.A.R.

AVO. F. COS. CAESAR. AVO. F. PR. e simili). Ma la rappresentazione dell' imperatore coi due figli in una quadriga trionfale, e colla leggenda che si ri- ferisce al solo imperatore è assolutamente nuova, e ci appare per la prima volta in quest'aureo, uno cer- tamente dei primi battuti da Vespasiano appena eletto imperatore , come indica la data del primo suo consolato. La qual data pure è espressa in modo inusitato colla leggenda cos tr pot, (a meno che si voglia leggere tr pot cos.) mentre soli- tamente ò aggiunta alla leggenda del dritto della moneta colle semplici parole tr p o tr pot senza menzione del consolato, oppure colle altre equivalenti tr p (o pot ) cos des ri - L'aureo,

Al'l'U.NTI L)I NLMIS-MATICA ROMANA 139

appartenendo ai primi mesi dell'elezionG di Vespasiano a Imperatore, è battuto fuori di Roma e probabilmente ad Antiochia.

AUREO DI VESPASIANO E TITO.

3." Dopo il N. 4 di Cohen.

S^ IMP CAESAR VESPASIANVS AVO-

Testa laureata di Vespasiano a destra. ^ IMP T FLAVIVS CAESAR AV F

Testa laureata di Tito a destra.

(Tav. IV, N. 3).

Fra le monete rare, alcune lo sono pel nome che portano, ma i pochi esemplari conosciuti hanno tutti una medesima leggenda e un medesimo tipo; altre invece, oltre all'essere rare pel nome o per l'associa- zione dei nomi, lo sono anche pel tipo e per le leggende, dimodoché ogni esemplare che appare differisce dagli altri conosciuti, e ciascuno quindi può vantare in qualche modo il titolo di unico, Appartiene a quest' ultima categoria l' aureo rarissimo colle teste di Tito e Vespasiano, conosciuto in pochissimi esemplari tutti differenti e di cui un nuovo tipo ho qui sopra descritto. Quattro tipi di questo aureo sono descritti nella prima Edizione del Cohen, a cui altri due furono aggiunti nella nuova. Tutti sono di fabbrica più o meno barl^ara, come appare oltrecchè dallo stile, dalle leggende inesatte; e tutti, eccettuato l'esemplare del Gabinetto di Francia, si trovano in tale stato di conservazione o così male coniati, da non permettere la lettura della leggenda che in parte, e sovente poco chiaramente.

Un solo esemplare, a quanto io sappia, di questo aureo comparve nelle pubbliche vendite, quello della Collezione Jarry d'Orléans, esemplare diverso dai sei

140 FRANCESCO GNECCHI

pubblicati nella seconda Edizione del Cohen, ma esso pure colla leggenda incompleta dalla parte della testa di Tito. E questo medesimo esemplare che ricomparve nella collezione Belfort venduta a Parigi nello scorso febbraio. Del resto , fatta quest' unica eccezione, mancavano di simile aureo tutte le più importanti collezioni private come quelle d'Ennery, Schellersheim, Thomas-Thomas, Dupré, d'Amécourt, Quelen, ecc. ecc.

L'esemplare della mia collezione sopra descritto, trovato verso la fine del 1887 nelle vicinanze di Roma, è di perfetta conservazione. La leggenda com- pleta e perfettamente leggibile dalle due parti ofifre un interesse speciale sia per la sua novità sia perchè serve a spiegarne altra di un simile aureo già appar- tenente al medagliere del Duca di Blacas e attual- mente al Museo Britannico , descritto da Cohen al suo N. 4.

Dal lato della testa di Vespasiano i due aurei non offrono che una variante, sufiiciente però a determi- nare che sono il prodotto di due conii differenti. La leggenda nell' esemplare del Museo Britannico è : iMP. CAES. VESPASiANVs Av., mentre nel mio si legge: IMP. CAESAR VESPASIANVS AVO., con un o finale di forma barbara.

Dal lato della testa di Tito, Cohen lesse nel citato esemplare al Museo Britannico: imp t fi av i.... leggenda certamente male interpretata nella prima metà, a causa della cattiva conservazione della mo- neta, che ne rese assolutamente indecifrabile il se- guito. Ma quelle lettere , a cui davvero non si sa- prebbe qiiale significato attribuire , se si leggono staccate, come le il Cohen, colla guida del mio esemplare, in cui è detto chiaramente : imp t flavfvs acquistano il loro vero e giusto significato, leggen-

APPUNTI DI NUMISMATK-A ROMANA 141

dole: iMP T FiAvr... E non era facile tale interpreta- zione colla semplice scorta di un cattivo esemplare, perchè questa è la prima moneta svi cui appaia tale leggenda. Il cognome di FL.wrvs, assolutamente non si legge per esteso in abbrevazione in nessuna delle monete dei due Flavii, essendo costantemente chiamati : vespasianvs il padre e titvs oppure T VESPASIANVS il figlio su tutte le monete romane. Fanno solo eccezione alcuni aurei di fabbrica barbara o straniera, in cui sovente al figlio è dato il medesimo nome del padre sopprimendovi quello di Tito, che lo caratterizza in tutte le altre sue mo- nete di fabbrica romana, ossia è chiamato semplice- mente VESPASIANVS senza il prenome di titvs. Ne abbiamo parecchi esempi appunto in questi aurei barbari portanti i due nomi, ove il figlio è contraddi- stinto dal padre o pel consolato o per l'appellativo di CAESAR, invece che pel prenome titvs.

È solo nell'esemplare ora descritto che leggiamo il T. precedente il cognome flavivs, il quale co- gnome, come ossei'vai, appare in quest'aureo per la prima ed unica volta.

Quanto alla fabbrica dell' aureo in discorso essa non è certamente Romana, ma barbara. Nel Ca- talogo Jarry trovo accennato dubitativamente che l'au- reo colà descritto potesse essere battuto ad Efeso. Non conosco quell'aureo, ma dal disegno pubblicatone posteriormente nel Catalogo Belfort non mi pare presenti il tipo di quella zecca; mi pare più barbaro. E tale è anche il mio, che attribuirei piuttosto a fabbrica spagnuola. Difatti fu trovato insieme ad un aureo di Galba, le cui moneto si trovano di pre- ferenza nella Spagna, dove furono in buona parte coniate. Non dico ciò come una prova, ma come una coincidenza che può corroborare l'ipotesi.

IJ'2 FRANCESCO flNKCCHI

L'oro ò alquanto pallido , il peso è di g. 7,750, ossia raggiunge il peso massimo degli aurei perfet- tamente conservati di quest'epoca.

DUE DENARI D'ARGENTO DI TRAIANO.

4.° Dopo il N. 17B di Cohen.

jy IMP CÀES NER TRAIANO OPTIMO AVG GER DAC

Testa laureata a sinistra. 9' P M TR P COS VIPPSPQR-

La Pace o la Felicità a sinistra col caduceo e la cornu- copia. (Anno 144, d. C.)

(Tav. IV, N. 4).

5." Dopo il N. 235 di Cohen. ^ IMP TRAIANO AVG- GER DAC P M TR P COS V P P

Busto laureato a sinistra col petto ignudo.

9I S P Q R OPTIMO PRINCIPI

La Pace seminuda seduta a sinistra con un ramo d'ulivo e uno scettro. Ai stioi piedi un Dace in atto suppli- chevole. (Anno 104 a 110, d. C.)

(Tav. IV, N. .5).

Questi due denari sono qui registrati unicamente per avere la testa dell' imperatore volta a sinistra ; il che pai'rà forse a tutta prima non valere la pena di tenerne conto. Così sarebbe di certo se si trat- tasse di moltissimi altri nomi, dirò anzi della mas- sima parte degli altri nomi ; ma non per Trajano, nella cui ricchissima e abbondantissima serie di monete d'oro e d'argento, queste sono le prime due che compaiano con tale specialità, non una essendo finora conosciuta colla testa a sinistra.

Le monete Romane, come tutte le monete antiche, hanno per regola generale la testa del principe volta

Al'I'UNTl UI NUMISMATICA ROMANA 143

a destra, e figurano come eccezioni quelle che l'hanno a sinistra; il che si spiega abbastanza naturalmente riflettendo, come qualsiasi artista trovi più agevole il disegnare o l'incidere un profilo a sinistra, ciò che può confermare chiunque abbia la minima pratica del disegno, e come perciò tale profilo riesca poi a destra colla coniatura.

Ai tempi nostri, in cui l'arte pur troppo non ha più nulla a che fare colla coniazione delle monete, questa è regolata da una legge così rigidamente per la parte intrinseca come per la parte rappresentativa. Approvato il disegno di un conio , questo viene meccanicamente riprodotto a migliaja di copie sempre identico e la monetazione procede colla più desolante monotonia.

Ma, quando l'arte dominava sovi'ana e aveva ap- punto una delle sue più belle manifestazioni nel campo della numismatica, l'incisore non era un sem- plice ajuto della macchina; bensì il vero artista che, dato il soggetto, lo svolgeva come meglio il suo genio gli suggeriva. A lui era accordata ogni libertà di di- segno, di rilievo, di disposizione , e la sua fantasia aveva agio a svilupparsi e a sbizzarrire, senza vincoli e senza restrizioni. È per ciò che nella meravigliosa varietà dei conii antichi possiamo osservare e seguire la tendenza artistica istintiva ora più elevata ora più depressa e sempre varia a seconda delle epoche. E per limitarci a un solo e piccolo particolai-e, quello che ci ha offerto occasione di fermarci ai due denari di Trajano, non è forse senza un certo interesse il dare uno sguardo complessivo alla disposizione delle teste nella monetazione dell'oro e dell' argento ro- mano. Lascio da parte il bronzo, pel quale pare domi- nasse in tutte le epoche una ancor maggiore libertà.

L'epoca di Augusto è quella in cui troviamo più fre-

144 FRANCESCO GNECCHI

quenti le teste a sinistra. Buona parto dei tipi delle sue monete d'oro e d'argento sono replicati colla testa ora a destra e ora a sinistra ; molte di tali varianti ci sono note da tempo , altre si vanno scoprendo di mano in mano, talché si può argomentare che quasi tutte le monete d'Augusto furono coniate nei due modi.

Ma tale varietà va gradatamente diminuendo nei regni successivi, e la testa a sinistra appare sempre più raramente sotto Vespasiano e Tito : diventa una vera eccezione per Domiziano , e scompare affatto sotto Nerva e Trajano ; motivo per cui abbiamo cre- duti degni di nota i due denari descritti.

Ricompare abbastanza frequente con Adriano, continua con Antonino Pio, per farsi nuovamente rarissima da Mai'co Aurelio in avanti e scomparire quasi totalmente nella maggior parte dei nomi fino a Gallieno. Sotto taluni imperatori, come p. es. sotto Filippo, le poche monete conosciute colla testa a sinistra hanno un tipo piuttosto rozzo e barbaro, e una lega alquanto più bassa dell'ordinaria, ciò che le fa supporre o il prodotto di fabbrica asiatica, come le ritiene il conte Salis, oppure anche l'opera di poco abili falsarli, che copiarono le monete esi- stenti, senza preoccuparsi che colla coniazione sa- rebbero riuscite al contrario. Ho pubblicato anch'io due denari di Filippo colla testa a sinistra che pre- sentano appunto questo tipo barbaro W.

La testa a sinistra cessa d'essere una rarità e di- venta anzi affatto comune all'epoca di Gallieno, quando si può dire non esista più nessuna regola. Gli artisti si prodigavano nel produrre una immensa varietà di conii e si sbizzarrivano nella massima

(1) Monete e Medaglioni romani inediti, ecc., nella Galletta Numis- matica di Como, 1886, N. 227 e 228.

APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 145

libertà del disegno, seguendo l'esempio degli zec- chieri di quel tempo, i quali si erano presa ogni licenza nella parte ben più importante della monetazione, voglio dire nel peso delle monete d'oro e nella lega di quelle d'argento.

Dopo Gallieno ritorniamo nella regola generale ; e senza dilungarci troppo fermandoci ad ogni nome, accenneremo solo che sotto tutti i seguenti impe- ratori le teste a sinistra sono sempre eccezioni più o meno rare.

Non ne troviamo un certo numero che sotto il regno di quel fecondissimo coniatore di monete che fu Probo, la cui serie numismatica è forse la più ricca di varianti.

Ma, tornando ai nostri due denari di Trajano, no- terò ch'essi provengono da un abbondantissimo ripo- stiglio scoperto alcuni anni sono nel Piemonte ed erano i soli fra parecchie migliaja di denari di Tra- jano e Adriano.

Siamo all'epoca più splendida dell'arte romana e questi due denari sono il prodotto di un'arto finis- sima, come si potrà osservare alla tavola. Alto ne è il rilievo, accuratissimo il conio, correttissimo lo stile, quale anzi meglio si addirebbe alle monete d'oro che a quelle d'argento.

Noto questo per concludere che i due denari in discorso, di buonissimo argento, escono dalla zecca ufficiale di Roma, e non possono in alcun modo esser creduti 1' opera di un falsario. Sono dunque il prodotto isolato del capriccio di un incisore? o furono cosi fatti ad un determinato scopo? Pappresentano essi una ]irova non adottata? E porcile abbiamo due soli esemplari colla testa a sinistra in tutto il regno di Trajano, mentre subito dopo con Adriano vediamo diffondersi tale uso poco meno che al tempo

140 FRANrESCO CNKCCHl

d'Angusto? Era infine semplicemente la moda, regina in ogni tempo e in ogni luogo, oppure una specie di prescrizione legale che regolava tale parti- colare della monetazione? Ecco parecchi quesiti, che se non hanno importanza storica possono almeno avere un interesse artistico e potrebbero formare oggetto di studio e d'osservazione.

QUINARIO D'ORO DI PLOTINA.

6." Dopo il N. 1 di Cohen.

^ PLOTINA AVG IMP TRAIANI

Busto diademato e colla coda a destra. yl CAES AVG GERMA COS VI P P

Vesta seduta a sinistra col palladio e lo scettro. (Anno 112 o 113, d. C.)

(Tav. IV, N. 6).

Cohen descrive due Quinarii d'oro di Plotina di- versi dal mio ; ma li ambedue per sospetti, il che ò sinonimo di falsi. Uno (col rovescio traiaxi partici) appartiene al Gabinetto di Vienna, ma è dato per sospetto anche dal Sig. Arneth nel Catalogo di quella Collezione, l'altro (col rovescio vesta) è ripor- tato da Mionnet, ma senza citazione di Museo, quindi senza nessuna garanzia. Questo mio che ho descritto rimane dunque l'unico Quinario d'oro di Plotina. Di autenticità incontestabile sarebbe anche pregevo- lissimo come freschezza di conio , se nonché , pesto fra le macerie in cui venne ritrovato, ne uscì così malconcio che davvero fui tentato di ometterne l'impronta; ma poi ho creduto più giusto il darla, non trattandosi di offrire nella tavola un lavoro artistico o piacevole a vedersi, ma semplicemente di farne la documentazione e V autenticazione dei pezzi de- scritti.

APPUNTI DI NUMISMATICA UOMANA 147

Il Quinario venne trovato nel 1884 in una vigna nelle vicinanze di Roma, fuori di Porta Salara.

QUINARIO D'ORO DI SABINA.

Dopo il N. 37 di Cohen. ^ SABINA AVGVSTA HADRIANI AVG

Busto diademato a destra colla coda. 1}, Anepigrafe.

Pavone a destra colla testa rivolta a sinistra e la coda spiegata.

(Tav. IV, N. 7).

Quantunque non importante come il precedente , anche questo Quinario ò non solo nuovo pel rovescio ma quasi unico come quinario d'oro di Sabina.

L' emblema giunonico del pavone, che ne costi- tuisce il rovescio, figura su questa sola moneta di Sabina e noteremo come qui appaja per l'ultima volta su di una moneta battuta, vivente l'imperatrice; (e tale è il nostro Quinario, come è indicato dalla leg- genda del dritto) ; mentre dopo Sabina, incomin- ciando con Faustina di Marco Aurelio e scendendo fino a Mariniana 1' emblema del pavone è riservato in sostituzione dell'Aquila alle moneto ricordanti la Consacrazione delle imperatrici.

Cohen nella sua prima Edizione descrisse due Quinarii d' oro di Sabina, ambedue appartenenti al Museo Britannico, uno colla leggenda concordia avo, l'altro anepigrafe colla rappresentazione di Vesta. Ma di questi due Quinarii uno solo, il primo, figura nella 2.* Edizione, l'altro ò scomparso, e, debbo sup- porre, per essere stato riconosciuto falso o inesistente. E così l'estano due soli i Quinarii d'oro conosciuti di Sabina.

Il mio, di bellissima conservazione, è proveniente dagli scavi di Roma del 1880.

148 KRANCESCO GNECCHI

GRAN BRONZO DI ANTONINO PIO.

8.° Dopo il N. 98G di Cohen.

& ÀNTONINVS AVG PIVS P P TR P

Testa laureata a destra. ^ Anepigrafe.

Diana cacciatrice di fronte volta a sinistra, offre a man- giare con una patera ad un antilope che a lei si ri- volge. Alla sua destra un tronco d'albero a cui sono appese le spoglie di un cervo.

(Tav. IV, N. 8).

Diana cacciatrice è rappresentata in diversi me- daglioni di Antonino Pio. Nella nuova edizione di Cohen poi al N. 1143 è descritto un medaglione di bronzo il cui rovescio si assomiglia moltissimo e forse è identico a quello del G. B. ora descitto ; il quale per quanto mancante delle lettere s C ha tutti i caratteri di un Gran Bronzo , e non si potrebbe assolutamente classificare fra i medaglioni pel rilievo pel tipo. Sarebbe perciò il solo Gran Bronzo anepigrafe di Antonino Pio. Proviene dal ripostiglio trovato nelle vicinanze d' Atene nel 1886 , ed era l'unico esemplare fra circa settemila Gran Bronzi.

DENARO O PROVA D'AUREO DI GALLIENO.

9." Dopo il N. 494 di Cohen.

/©' GALLIENVS AVG. GERM

Busto laureato a sinistra armato di lancia e scudo. ^ ROMA REDVX.

Roma cavalcante a destra colla destra alzata e il manto svolazzante. Un soldato (Gallieno ?) conduce pel freno il cavallo volgendosi indietro e tenendo nella sinistra un'asta colla punta a terra.

(Tav. IV, N. 9).

APPUNTI UI NUMISMATICA ROMANA 14'J

È un vero denaro d'argento o Antoniniano, quello ora descritto di Gallieno, oppure la prova di una moneta d'oro? Inclinerei molto per la seconda ipo- tesi principalmente per la corona d'alloro, che non si vede mai sulle monete d'argento di Gallieno, (fatta naturalmente eccezione pei quinarii), poi pel tipo e lavoro fine della moneta, assai più conforme alla coniazione già poco accurata dell'oro che a quella trascuratissima dell'argento ; infine anche per l'enigmatico rovescio; il quale ò la parte più strana di questa strana moneta. Assolutamente nuovo sia per la leggenda che per la rappresentazione, è anche di assai diffìcile spiegazione. Potrebbe darsi che alla leggenda: roma uedvx fosse stato attribuito da Gallieno un significato simile a quello di : roma RESVRGES, ROMA REXASCES 0 REXASCEXS 6 simili delle mo- nete di Galba e di Vespasiano; ma potreblje anche darsi e forse con maggiore probabilità che la moneta fosse satirica e che la leggenda roma redvx allu- desse alla decadenza morale e materiale di Roma sotto il regno di Gallieno; nello stesso modo che l'altro ben noto aureo che porta al rovescio la leg- genda vbiqve PAX, cui corrisponde quasi a complemento della satira l'altra gallienae avovstae, fu evidente- mente una satira allusiva alle guerre che infestavano r impero e alle effeminatezze dell' imperatore.

L' interpretazione satirica convaliderebbe la sup- posizione che la moneta in discorso non sia che la prova di una moneta d'oro finora sconosciuta.

Ad ogni modo, dopo aver fatto conoscere la mo- neta, che se non è di buona conservazione è però indubbiamente genuina, lascio agli intelligenti di sciogliere il problema del significato.

150 KRANCESCO GNECCHI

DENARO D'ARGENTO DI MASSENZIO.

10° Dopo il N. 15 di Cohen.

ly MAXENTIVS P F AVG

Testa laureata a destra. !>' MARTI PROPAG-ATORI AVG N

Marte a destra in abito militare e galeato sta di fronte a Massenzio pure in abito militare, ma a capo sco- perto. Ambedue sostengono insieme colla destra un globo sul quale sta una piccola Vittoria che incorona l'imperatore. Marte tiene lo scudo appoggiato a terra, Massenzio uno scettro traversale.

(Tav. IV, N. 11).

Questo rovescio, somigliante per la leggenda a quello descritto al N. 1 5 di Cohen, (marti propag. avo. n.) è nuovo per la rappresentazione, e quantunque non mi offra materia ad osservazioni speciali, ho creduto di descriverlo e riprodurlo fra questa scelta di monete, come novità da aggiungere alle scarse e rare monete d' argento di questo imperatore.

AUREO DI CRISPO.

11.° Dopo il N. IG di Cohen.

^' FL ILV CRISPVS NOB CAES

Testa laureata a destra. ^ VICTORIA CONSTANTINI AVG

Vittoria che cammina a destra con una corona e una palma. Ai suoi piedi due prigionieri legati , 1' uno a destra, l'altro a sinistra. All'esergo PTR-

(Tav. IV, N. 12).

Certo quest' aureo fu coniato nei primi anni del regno di Crispo, poiché il rovescio, nuovo fra le sue monete , si riferisce a una vittoria del padre ; ed è l'unico fra gli aurei di Crispo che si riferisca a Costantino.

APPUNTI DI NUMISMATICA. KOMANA 151

li.

RIPOSTIGLIO DI MONETE ROMANE IN EGITTO.

Dall'Egitto ho ricevuto in principio del corrente 1888 un piccolo ripostiglio di monete Eomanc (An- toniniani) che si estendono da Gallieno a Massimiano Erculeo. Sono in tutto 18G, di cui 185 di zecca Ro- mana e una sola Alessandrina. È intero il piccolo ripostiglio? oppure solo una parto? Non lo so. Ad ogni modo, se non per i nomi in generale comuni, fatta un'eccezione per l'Alessandrina appartenente ad Aureliano e Atenodoro, il ripostiglio merita d'essere ricordato per le parecchie varietà inedite che vi si contengono. Accade sovente di trovare abbondanti ripostigli di questi bassi tempi, i quali in un numero sterminato di monete non offrono nulla di nuovo. Ma è raro invece il caso di trovare in così piccolo numero tante monete che presentino varietà e anche notevoli coi tipi conosciuti. Sulle 18G moneto di questo ripostiglio , fra cui parecchie sono ripe- tute in più esemplari, ve ne sono 28 che non trovo pubblicate nel Cohen prima Edizione. La più parto non sono che varianti, ma alcune offrono tipi nuovi, e credo valga la pena di darne la completa descrizione dopo aver accennata quanto ai nomi la costituzione.

152 KRANOESCO (INECCIll

Le 186 monete vanno distinte per nomi come segue:

Gallieno Esemplari N. 2

Claudio Gotico » » 8

Aureliano » > 13

Severina » » G

Atenodoro e Aureliano .... » » 1

Vabalato o Aureliano .... ■» » 1

Tacito » » 5

Floriano » » 10

Probo » » 59

Caro » » 13

Numeriano » » 11

Carino » » 13

Magna Urbica » » 4

Diocleziano » » 22

Massimiano Erculeo » » 18

N. 186

Ed ecco la descrizione delle vai'ianti :

AURELIANO,

1.° Dopo il N. 65 di Cohen.

^' IMP e AVRELIANVS AV&

Busto corazzato e radiato destra Iji CONCORDIA MILI

La Concordia militare a destra con due insegne. Nel campo S.

2.° Dopo il N. 1.55 di Cohen.

^ IMP C AVRELIANVS AVO

Busto corazzato e radiato a destra. 9I PRICIPI (sic) IVVENTVTIS.

Due personaggi (Aureliano e Vabalato) di fronte in abito militare e capo scoperto, ciascuno con una bac- chetta. Aureliano , ossia il più grande dei due , die sta a destra , tiene anche uno scettro traversale. Dietro a ciascuno un' insegna. All' esergo una stella fra le lettere C- S-

(Tav. IV, N. 10).

APIT.NTl DI M.'MIS.MATK'A KiiMANA 153

La Leggenda principi ivventvtis comunissima nelle monete romane di molti imperatori da Augusto a Costantino è assolutamente nuova per Aureliano. Sconosciuta a Cohen fra le 212 monete d'Aureliano che descrive nella V Edizione, e clie sono portate a 287 nella seconda, è pure sconosciuta al Rhode nella sua monografia delle Monete d'Aureliano e Seve- rina W, in cui ne descrive ben 446 del solo Au- reliano.

La leggenda printipi ivvextvtis riferendosi , come è noto, alla cerimonia della toga virile, non può naturalmente trovarsi sulle monete di quegli im- peratori che salirono al trono in età matura , a meno che si riferisca al figlio o al Cosare designato successore. Tale è il caso delle monete di Vespa- siano al rovescio delle quali troviamo Tito e Domi- ziano presentati quali pkincipks ivvkxtvtis , e tale è il caso del nostro Antoniniano, il cui rovescio non può Inferirsi che a Vabalato.

Ma v'ha in esso un'altra particolarità che merita d'essere notata; quella di vedervi i-appresentato anche ]' Imperatore insieme al Cosare cui la leggenda si riferisce. Il tipo più comune clie corrisponde alla leggenda principi ivvkntvtis è la figura dol Cesare o del giovane Imperatore in abito militare con un'asta e un globo, oppure con una bacchetta, e il globo allora è posto a terra. Qui invece la rappre- sentazione è affatto nuova e sembra quasi significare la presentazione del giovane Cesare fatta dal vecchio Imperatore, oppure un giuramento prestato dal primo nelle mani del secondo.

(1) Die Mvnzen des Kaisers Aurelianus , fcincr frau Severina , und dry F'h-xten ron Palmijm, Milskolcz, 1880-1881-1882.

154 FKANCESCO clNEfCllI

Gli Antoniniani d'Aureliano sono generalmente di buona fabbrica e uniforme , discreto ne è lo stile e corrette le leggende. Questa ora descritta invece, come può osservarsi alla tavola, appare di fabbrica rozza e barbara ; ha un orlo eccessivamente irrego- lare e di più un errore nella leggenda (pkicipi). La crederei battuta in Siria.

3.° dopo il N. 170 di Colieii.

D' - IMP DEO ET DOMINO AVRELIANO AV&

Busto corazzato e radiato a destra.

y - RESTITVT ORBIS.

Figura femminile 'Roma?) a destra in atto di presen- tare una corona ad Aureliano che le sta di fronte tenendo un'asta.

FLORIANO.

4.° Dopo il N. 53 di Cohen.

-»' IMP C M AV FLORIANVS AVG

Busto radiato a destra col paludamento. yi PRINCIPI IVVENTVT

Floriano in abito militare a destra con un gloljo e un'asta.

PROBO.

5.° Dopo il N. 120 di Cohen.

B' IMP C M AVR PROBVS AVO

Busto radiato a sinistra col manto imperiale, armato di lancia.

^ ADVENTVS AVG.

Probo a cavallo a sinistra con un' asta e la destra alzata.

AI'l'UNrl III M'MI.SM.VriCA ROMANA 155

C)." Dopo il N. 2:52 di Cohen.

T^ IMP C M AVR PROBVS P F AVG

Busto radiato e corazzato a sinistra armato di lancia e scudo.

T^' - CONSERVAI AVG

Il Sole a sinistra colla destra alzata e nn globo nella sinistra,

7." Dopo il N. TO9 tli Cohen.

:& - IMP PROBVS P F AVG-

Busto radiato e corazzato a destra.

^ LAETITIA AVG

L'Allegrezza a sinistra con una corona e un'ancora.

8.° Dopo il N. 396 di Cohen. ^ IMP C PROBVS AVG COS IMI

Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato da un'aquila.

9/ PROVIDENT AVG

La Provvidenza a sinistra con un globo e uno scettro traversale.

9." Dopo il N. 476 di Cohen.

fy IMP e PROBVS P F AVG

Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato da uii'a(i>iila.

9I - SALVS PUBLIC

La Salute a destra in atto di nutrire un serpente che si tiene fra le braccia.

]5(j KR.VNCESCO GNECCIll

10.° Dopo il N. 493 di Cohen.

B" IMP C PROBVS AVG COS IMI

Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato dall'aquila.

y SECURIT PERP

La Sicurezza a sinistra appoggiata ad una colonna e col braccio destro alzato sopra la testa.

1 1 ." Dopo li N. 49G di Cohen.

B' ~ IMP C M AVR PROBVS AVG

Busto radiato a destra col paludamento e la corazza.

!>' ~ SECVRITA SAECVLI.

La Sicurezza seduta a sinistra con uno scettro e appog- giata col braccio sinistro alla spalliera della sedia.

NB. Questo rovescio è nuovo fra le monete di Probo, 0 per lo meno pubblicato nella prima edi- zione del Cohen in due esemplari simili a quello da me descritto e riportati da Wiczay (Num. 484 e 485), venne soppresso nella seconda (?).

12.° Dopo il N. 600 di Cohen.

/©' IMP C M AVR PROBVS AVG

Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato dall'aquila.

^ VIRTVS AVG

Il Valore militare a sinistra con una piccola Vittoria e appoggiato al proprio scudo. L'asta riposa nel suo braccio sinistro.

13.° Dopo il N. 608 di Cohen.

B" IMP C M AVR PROBVS P F AVG

Busto radiato a destra col paludamento.

APPUNTI DI M'MISMATII.'A ROMANA 157

^ VIRTVS AVG

Marte armato a destra coll'asta e appoggiato al proprio scudo.

1 4." Dopo il N. 625 di Cohen.

jy IMP e M AVR PROBVS AVG

Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato dall'aquila.

9/ VIRTVS AVGVSTI.

Marte galeato a sinistra con un' asta e appoggiato al proprio scudo.

15." Dopo il N. 669 di Cohen.

^' IMP C M AVR PROBVS PIVS AVG

Busto radiato e corazzato a destra.

9' VIRTVS PROBI AVG

Probo galloppante a destra in atto di colpire colla lancia un nemico inginocchiato, che perde lo scudo.

CARO.

IG." Dopo il N. 95 di Cohen.

i& IMP C M AVR CARVS P F AVG

Busto radiato a destra col paludamento.

^ VIRTVS AVGG

Caro e Carino di fronte sostengono insieme un globo. Quegli che sta a destra tiene un'asta, e l'altro uno scettro.

17." Dopo il N. 97 di Cohen. ^ IMP C M AVR CARVS P F AVG

Busto radiato a destra col paludamento e la corazza.

1^ VIRTVS AVGG

Caro e Carino in abito militare di fronte. Quello che è a destra tiene un'asta, e presenta all'altro, che tiene uno scettro, un globo con una Vittoi-ia che lo incorona.

158 KRANCKSCO GNECCIIl

Questo rovescio sembrerebbe nuovo fra le monete di Carino, senonchè essendo molto comune, io credo che debba essere lo stesso, che è descritto poco esat- tamente ai Numm. 9G, 97, 08 di Cohen.

]8.° Dopo il N. 08 di Cohen.

ly IMP e NI AVR CARVS P F AVG-

Come il precedente.

^ - VIRTVS AVG&&.

Come il precedente.

NUMERIANO.

lO.o Dopo il N. 7.5 di Cohen.

,Ty IMP C M AVR NUMERIANVS NOB C

Busto radiato a destra col paludamento. T^ VIRTVS AVGG& Numeriaiio e Caro in abito militare di fronte. Quello che è a destra (Caro) tiene un'asta e presenta all'altro (Nu- meriano") che tiene uno scettro, un globo sormontato da una Vittoria che lo incorona.

CARINO.

20." Dopo il N. 78 di Cohen.

^ - IMP CARINVS P F AVG

Busto radiato e corazzato a destra.

'^ ORIENS AVG

Il Sole che cammina a sinistra colla destra alzata e il flagello nella sinistra.

21.' Dopo il N. 86 di Cohen.

^' M AVR CARINVS NOB C

Busto radiato e corazzato a destra. 9I PAX AVGVSTI.

La Pace corrente a sinistra coir un ramo e un lungo scettro traversale.

M'flNTl DI NLMISMAI'K A ROMANA 1 Ù'J

DIOCLEZIANO.

22.° Dopo il i\. U7 di Colien.

ly - IMP e DIOCLETIANVS AV&

Busto radiato a destra col manto iniporialo o lo scettro sormontato da un'aquila.

1^ CONSERVATOR AVGG

L'Imperatore in abito militare tiene uno scettro colla sinistra e sacrifica su di un tripode insieme a Giove che gli sta di fronte ignudo con un' asta e il man- tello sul braccio sinistro.

52.° Dopo il N. 200 di Cohen.

!>' IMP C C VAL DIOCLETIANVS AV&

Busto radiato e corazzato a destra.

1^' - HERCVLI CONSERVAI

Ercole ignudo a sinistra tiene un ramo colla destra, la clava alzata e la pelle del le<nie colla sinistra.

24.° Dopo il N. 252 di Cohen.

iy IMP C C VAL DIOCLETIANVS AVG

Busto radiato a destra col pahidamento e la corazza.

y lOVI CONSERVATORI AVG

(jriove ignudo a destra con un globo, un'asta e il man- tello sul braccio sinistro riceve una corona da una Vittoria elio gli sta di fronte (nel campo T R al- l'esergo XXI).

2.').° Dopo il X. 253 di Cohen. 1/ Como il precedente.

lOVI CONSERVATORI AVGG

Come il precedente.

100 1--U.\N(,'KSCU (i.NKCCIIl

20.° Dopo il N. 340 di Colien.

iiy IMP C C VAL DIOCLETIANVS P F AVG

Busto ratliat(j a destra col paludamento.

1^ VICTORIA AVG

Diocleziano in abito militare a sinistra con un globo e un'asta riceve una corona da una Vittoria che gli sta di fronte.

NB. Di questa moneta, non comune e presentante anzi un rovescio sconosciuto fra le monete di Dio- cleziano, ho trovato nel ripostiglio quattro esem- plari varianti per lettere che portano nel campo, ossia A, F, G e TR. All' esergo hanno tutte e quattro la sigla XXI.

MASSIMIANO ERCULEO.

27." Dopo il N. 400 di Cohen.

,iy IMP C M A VAL MAXIMIANVS P AVG

Busto radiato a destra col petto ignudo.

'ì^ VICTORIA AVGG

Massimiano e Diocleziano in abito militare di fronte. L'imperatore che sta a sinista (Diocleziano ?) offre una vittoria al suo collega, che tiene un'asta traver- sale (nel campo B. all'esergo XXI)-

NB. Anche questa moneta presenta un rovescio nuovo nella serie di Massimiano Erculeo.

28.° Dopo il N. 40G bis di Cohen.

D" IMP C M A VAL MAXIMIANVS P AVG

Busto radiato e corazzato a destra.

]>' VICTORIA AVGG

Come il precedente, ma nel campo T-

Francesco Gnecchi.

I MEDAGLISTI DEL RINASGLMENTO

ALLA CORTE DI MANTOVA

II.

PIER JACOPO ALARI-BONACOLSI DETTO h' Antico.

I.

Fra i molti artisti che fiorirono in ^NFantova sul cadere del secolo XV, gli scultori furono fino a questi ultimi tempi poco studiati: ciò forse dipende dal non esservene stato alcuno che si sia levato a grande altezza, e fors' anche la gloriosa figura di Andrea ^lantegna che tiene il campo fino ai primi anni del cinquecento, distrasse l'attenzione degli studiosi da questi artefici, che, a giudicarne dai pochi lavori che ci rimangono, non occupano certo l'ultimo posto fra quanti in tutta Italia resero splendido il periodo del rinascimento.

Uno di questi fu Pier Jacopo Alari-Bonacolsi, detto YAnfico; rammentato per la prima volta dal Gaye, che ne pubblicò una lettera, W fu poi men-

(1) Gaye. Carteggio inedito d'artisti, I, 337, n. CLXVI.

Ì62 UMIÌKRTO ROSSI

lionato ancora dal conte d'Arco (^) e ultimamente dall'Ai'mand (2) e dal Molinier, i^) ma le notizie che questi autori ne danno si riducono a così poco che non credo inutile pubblicare quanto mi venne dato di trovare nell'Archivio Gonzaga di Mantova e nel- l'Archivio di Stato di Parma.

Pier Jacopo nacque da Antonio Alari, probabil- mente in Mantova, dove suo padre aveva casa e dimora ; ci ò ignoto l'anno preciso della sua nascita, ma si può congetturare che egli abbia veduto la luce verso il 1460, o poco dopo, perchè nel 1480 lo troviamo a lavorare alle medaglie di Gian Fran- cesco Gonzaga e Antonia del Balzo e nel 1499 era già ammogliato e con parecchi figli, tutti però di giovane età. (*)

Dove apprendesse i rudimenti dell'arte in cui do- veva poi riuscire così eccellente, non si può dire con sicurezza: ma siccome nelle sue medaglie si fa molto sentire l'influenza della scuola mantegnesca, bisogna credere che abbia cominciato a Mantova, e proba-

(1) D'Arco. Delle arti e degli artefici di Mantova, II, 40, n. 50.

(2) Armand. Les mcdailleurs italiens, I, 61.

(3) Mounier E. Lcs plaquettes, I, 68.

(4) In quest'anno l'Antico ricercò un beneficio in S. Andrea di Man- tova per uno dei suoi figli al vescovo Lodovico Gonzaga, e questi gli ri- spose colla lettera seguente :

u Antiquo. Havemo visto quanto ne scrive per lo beneficio de Sancto Andrea, di che ne havereti excnsato se non vi compiacemo, havendolo etiam negato non solum a molti nostri servitori che ce l'hanno ricerchato, ma] etiam a Pyrrlio nostro nepote : perchè seben qualche volta spondemo assai et usciamo de' nostri denari, non volemo però uscire de alcuna de nostre intrate, cuin quale quando volemo possemo remettere nostri denari insieme, et se designati fare prete alcun de vostri fioli, ve offeremo, come sieno in età de provederli de beneficiis. Benevalete. Quingentulis. 2'J maij 1499. ì: (Archivio di Stato in Parma; Carteggio Gonzaga).

I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 163

bilmente presso nn orefice. Infatti i suoi primi la- vori sono medaglie, vasi d'argento, cinture ed altri simili oggetti minuti d'oreficeria; ed anche più tardi, quando era all'apogeo della fama e la marchesa di Mantova ricorreva a lui, quale intelligente conosci- tore d'antichità e critico di buon gusto, egli non isdegnava occupai'si ancora in lavori d'oro per com- piacere alla sua gentile protettrice.

Le medaglie di Gian Francesco Gonzaga, signore di Bozzolo e di Antonia del Balzo, sua moglie, sono le prime cose che di lui conosciamo. Secondo l'Ar- mand, esse furono eseguite poco dopo le nozze del Gonzaga (1479) e quindi nel 1480 circa. Descriverò più oltre questi bei prodotti dell'arte mantovana nel rinascimento, i soli che possano attribuirsi con sicurezza al nostro maestro; qui tuttavia non trala- scierò di accennare come fin d'allora esse venissero conosciute ed apprezzate, perchè il rovescio di una di esse venne riprodotto in uno dei bassorilievi della porta Stanga di Cremona, ora al Louvre. Contem- poraneamente alle medaglie sono forse state eseguite le due placchette che il Molinier attribuisce al- l'Antico, (^) delle quali una è la riproduzione fedele, meno la leggenda, del citato rovescio, l'altra rap- presenta un trionfatore in quadriga, colla leggenda DO : HE : FIDES : qvam : fecit.

Disgraziatamente su questi lavori noi non abbiamo alcun documento che valga a fissarne la data: fu- rono forse essi che aprirono al nostro artefice la via al favore dei principi di Bozzolo, al servigio dei quali rimase quasi sempre finché ebbe vita; fors'anche fu l'accomandato a Gian Francesco dal fratello Fe-

ci) Mounier. Op. cit., I, 68.

164 UMBERTO ROSSI

clerico, marchese di Mantova, il quale aveva donato all'Antico un banco nella beccheria grande, proba- bilmente in compenso di lavori eseguiti. La prima notizia che di lui ho trovato sta in una lettera che Antonia del Balzo così scriveva da Bozzolo al mar- chese Francesco Gonzaga:

111."^^ et ex.™= D."« nepos et dne. hon. Per lo Antixi u mio famiglio mando ala Ex. V. uno cinto a presentargli, " pregando quella me perdoni se fin hora ho tardato a mandarlo ala predicta , la qual prego che de quanto u esso Antixi per parte mia gli exponerà , la Ex. V. dagi a fede quanto se io personalmente gli parlassi sopra questo tt facto, et a la sua bona gratia continiie me ricomando. a Datum Bozuli, 16 augusti 1487.

u. Antonia de Bautio u de Gonzaga marchionissa a Rotingique comitissa n (1).

Pili avanti, nel 1490, l'Antico era qualificato scul- tore dalla stessa Antonia del Balzo, che interveniva presso il marchese Francesco a favore di Francesco Alari e gli scriveva in questi termini:

a Ill.mo S.i" mio. Essendo familiare de lo Illu. S. nostro ti Consorte Francesco , fratello de lo Antiquo et suo scul- u tore, et per essere stato infermo già tre anni se n'è stato a ti Mantua a casa de Antonio de Halari suo padre per resa- ti narse. Hora pare che dicto Francesco habia havuto certa u differentia cum uno suo vicino, et venendo a parole, mi- u. nacciandogli de baterlo esso Francesco gli ruppe la testa.

(1) Archivio Gonzaga di Mantova; Carteggio di Bozzolo. Giova no- tare che il nome dell'Antico è spesso storpiato nei documenti che a lui si riferiscono, trovandosi scritto Antixi^ Antixe, Antise, Antiquo e Antico.

I MEDAGLISTI DEI, RINASCIMENTO ALLA TORTE DI MANTOVA 165

u Dove gli è stato dato la deminctia et sera coiidennato , u non havendo la gratia de V. Ex.''^ Non posso fare, per u. esser pure stato servitore de casa et è insieme cimi l'An- u. tiquo suo fratello , che non lo raccomandi ala predicta, u supplicandola non consenta per amor mio che dali offi- u tiali sia punito, anci che a me la facia questa gratia et u comitta che non sia molestato, come sono etiam li nostri u. altri familiari. Di che ne remarrò obligata a V. Ex.'ia u a la cui gratia me raccomando. Bozuli, xxx Julij 1490.

a Ill.m. D. V.

u Antonia de Bautio i. de Gonzaga Marchio. ^^a u Rotingique Co.... (1). ti

n marchese, che si trovava a Marcarla, concesse la grazia richiesta, ma così non la intese il podestà di Mantova, che tornò a procedere contro il Fran- cesco Alari, motivando per tal modo nuove proteste dell'Antico e della sua protettrice. Questa volta An- tonia del Balzo si rivolse alla nipote marchesa Isa- bella, la quale seppe appianare le cose di guisa, che del commesso reato non si parlò più. (2) In seguito l'Antico si recò ancora a Mantova e fu raccoman- dato al marchese da Gian Francesco Gonzaga stesso, che lo chiama mio servitore, et suhdito et servitore de V. Ex."" (^) Ciò prova che, pur rimanendo al ser- vizio del signore di Bozzolo, l'Alari non aveva ri-

(1) Arch. sudd. Cart. sudtl.

(2) Arch. smld. Cavt. sudd. Lettpr.i di Antonia del Balzo ad Isa- bella d'Este : da Bozzolo, 1 ii.arzo 1491. u Lo Antiquo sfultore de lo Tllu. S.« mio consorte, et servitore, me fa intendere corno questo po- testate impedisse Francisco de Hilarii suo fratello, etc. n

(3) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettera di Gian Francesco Gonzaga al marchese Francesco Gonzaga, da Bozzolo, 2 novembre 1493.

16G UMHERTO ROSSI

nunciato alla sudditanza mantovana; tuttavia egli ritornò quasi subito presso Gian Francesco e con- tinuò a lavorare per lui.

Del 1494 abbiamo una lettera dell' Antico al marchese Francesco, che per essere la prima in data, credo opportuno riportare :

a Illustrissimo signor mio. Mando ala Celentia vostra u un fero ritrato clie io ho dal vostro de fatione non diclio u de bontade, ma di fineza tanto duro ch'io credo chel farla ■^ un grandisimo pasare, perchè io lo temperato molto duro i( e con bon modo. Io l'ò sgranito in ponta a ciò chel non a bisogna altro per farlo atachare. Ma bono o tristo come u el se sia, io ve lo apresento voluntiera et prego la si- u gnoria vostra si degni aceptar la bona voluntade et siate ti certo che s'io sapese a ohe modo poter far cosa che vi u fuse a grato eh' io non me vedria mai stancho , perchè a esondo vostro sudito vi tegno per mio signore e patrone.

u Antiche V (1).

È il primo lavoro che ci consti egli abbia ese- guito pel marchese di Mantova e non è opera da orefice o da scultore, ma piuttosto da fabbro-ferraio : di maggior interesse sono quelli che fece per Gian Francesco e che sono menzionati nell'inventario ge- nerale de' suoi beni, cominciato il 29 agosto 1496 per cura della vedova Antonia del Balzo e di Lo- dovico Gonzaga, vescovo eletto di Mantova, tutori dei figli minorenni (2). Ivi fra le molte argenterie e gli oggetti d'arte raccolti da quel munificente signore

(1) Arch. sudd. Carteggio interno. Dietro la lettera vi è una nota della segreteria marchionale : u Antiqui, 1494, 25 Junii. n

(2) Biblioteca Maldotti in Guastalla. Carte Gonzaga.

I MEDAGLISTI DEI, RINASCIMKNTO ALLA CORTE DI MANTOVA 167

son notati due vaseti de argento dorati; de man de lo Anticho; e più oltre vi è un elenco di statue, delle quali alcune forse furono antiche, ma altre sono certamente riproduzioni dall'antico, fatte dal nostro artista.

E qui mi pare utile riportare questo elenco :

li Una testa cum mezo el busto, de ramo.

u Uno Hercules de bronzo.

u La nuda del speghio, de bronzo.

a Lo Hercules dal bastono, de bronzo.

u Lo Hercules assetato, de bronzo.

u Una testa de uno putino de melalo cum li capelli u d'oro.

u Una testa de uno zovene de mettale , cum capelli u d'oro.

u. Una figura de mettale gliiamata el villanello.

ti Una testa de uno putino che pianze de mettale.

u Una testa de Casaro de metale.

u Uno putino de metale ghiamato pastorello.

u Uno Gigante da Monte a cavallo.

ti Uno cavallo de Montecavallo de bronzo.

ti El cavalo de Sancto Jani cum Antonino suso.

u Una testa de Pompeo de bronzo.

u Uno beccho che excusa Candeloro.

ii Una dona cum uno corno de abondantia.

. Una figura de metale che ha uno serpo in mano.

ti Dui fauni cum due lumere.

u Una dona vestita de longo senza uno brazo.

ti Una testa cum la barba cum uno pezo de petto.

ti Un' altra testa minore cum uno pezo de petto cum u una tavola de sotto.

ti Uno sancto de bronzo.

ti Una figura do argento cum uno mantello dorato sul u brazo; pesa onzi cinque et mezo quarto.

u Una figura de una dona cum uno speghio in mane u et uno corno de abondantia.

168 UMBERTO ROSSI

u Una figura cum le gambe incrosate, de metale.

a Una figurina de metale che ha schavezo uno brazo.

u Uno homo che par ad una simia, de mettalo.

u Una testa de metale cum mezo el busto, cum una ta- li voleta per pede.

u Una figurina de metale che ha lino fiore in mane.

ti Uno dio damor de metalo cum el carchasso.

u Dui che zochano ale braze de metalo.

u. Una femina che mancha le gambe.

u Una figurina vestita mancha uno pede et una u mane.

ti Una testa de cavallo de metale.

li Una mane de metalo carga de rane et bisso schu- u dellare.

u Una figurina de metalo vestita che ha rota una man a et le gambe.

u Uno hercules picolino che ha una pelle de leon al a brazo et rota una gamba.

ti Una Minerva picolina.

u Una figurina che ha una taceta in man.

ti Una figura de metalo che ha rotto li brazi et il u naso.

ti Una Victoria de metalo.

ti Uno cavallo senza gambe.

ti Una testa do putino de metale.

ti Uno asino de bronzo.

ti Una figura de metalo senza una gamba et uno ti brazo.

ti Uno calamaro de bronzo cum l'arma de Gonzaga n (1).

(1) Evidentemente la maggior parte di queste statue sono antiche : però chi compilò l'inventario non usò indifferentemente le espressioni bronzo e metallo, talché si potrebbe credere che le statue di bronzo fossero di fattura recente, mentre le antiche erano dette di metallo perchè il color della patina non lasciava distinguere precisamente di quale metallo fos- sero composte. Infatti tutte le statuette frammentate e guaste, che si pos- sono credere antiche, si dicono di metallo, e altri oggetti che sono senza contrasto moderni, come un santo e un calamaio coll'arme Gonzaga, vengon qualificati di bronzo.

I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 169

Morto nel 149G il suo protettore Gian Francesco Gonzaga, l'Antico si recò per qualche tempo a Man- tova, ove probabilmente lavorò pel marchese : infatti ottenne da lui sulla fine di quelFanno una lettera di famigliarità e sul principio del susseguente 1497 venne inviato a Roma con uno speciale incarico. Il marchese Francesco lo aveva provvisto di pa- recchie raccomandazioni e in modo jìarticolare no aveva scritto al protonotario apostolico Lodovico Agnelli ; ed essendo questi noto, come appassionato raccoglitore di antichità, (K' si può credere che il nostro artista si sia recato colà a comperare o for- s'anche soltanto a esaminare oggetti antichi.

Da Roma l'Antico scrisse al marchese, pieno di entusiasmo per le belle cose che vi aveva veduto (^^ :

(1) Il protonotario Agnelli si incaricava anche di trovare ogi;etti d'arte per la marchesa Isabella, alla quale Tolomeo Spagnoli scriveva da Roma in data 22 febbraio 1 407 :

li Ilo visitato in nome di la .S. V. il profhonotario Agnello et factoli la ambasiata sua : lui mi risponde che di continuo jìcnsa in adornare il camerino de la S. V. et che l'ha per la mano certa cosa, che è de le belle, non solum di Roma, ma del mondo, v (Ardi. Gonz. ; Carteggio di Roma).

Non ho trovato che cosa fosse questa rarità ; ma l'anno successivo in una lettera della marchesa Isabella si fa menzione dell'invio di un braccio di bronzo :

u Dno Electo Cosentino. M. ITaniltale vostro fratello ne ha presentato el brazo di bronzo, qual per desiderare nuy molto copia de antiquità per ornare uno studio principiato, non )ioterossimo bavere hauto cosa più grata et se non l'havevimo richiesto liberamente alla S. V. restas- simo per modestia, e.xistimando che quello piaceva a nui dovesse etiam piacere al compagno, ma havendocclo sua sj)onto mandato, tanto più lo gratificamo et gli restanio cum magiore obligo. Mantue, 7 martii 1498 p. (Ardi. Gonz. ; Copialettere dulia marchesa).

(2) Vedi la lettera pubblicata dal Gaye e dal D'Arco, loc. cit.; questo ultimo la suppone erroneamente scritta da Cosenza.

23

no UMHERTO ROSSI

quindi esaurita la sua missione tornò verso la fino di maggio a Mantova, (i)

L' anno seguente 1' Alari era ancora a Bozzolo , dove lavorava per il vescovo Lodovico Gonzaga alla fusione di statue di bronzo imitanti originali antichi: la sua presenza colà ci è rivelata da due lettere del vescovo suddetto diretto al vicario episcopale di Mantova, con cui gli ordinava di far imprigionare im don Alberto Vassalli suo cappellano , e sog- giungeva :

u Li domandareti se l'ha improntato, oscia chi altri Tha- a bii facto, alcuna cosa de quelle de l'Antiquo qui, che lui u ve intenderà bene, facendovi dir tutto quello ha facto et u scià circa questo et cum qual mezo. Et de quanto cava- a reti da lui ce avisareti senza dimora, ita che per questo a correrò habiamo zobia matina vostra risposta de tale exe- u cutione 71 (2).

Pare tuttavia che le risposte del Vassalli (3) non fossero soddisfacenti, per cui il vescovo che ci teneva

(1) Lettera del protonotario Agnelli alla marchesa Isabella :

Il Ill.ma et Ex. ma Domina Fna singul. Humili cum premissa. Re- tornando lo Antiquo presente exhibitor, in satisfactione del debito mio m'è parso per questa mia visitar V. ra Ex.''» cum significarli se ad pre- dicto Antiquo non ho facto tutto quello che seiia snto mio desiderio. Almancho de quanto ho potuto non li sono mancato in exequtione de quanto era venuto per expedire de qua: si per respecto de V. Ex.''» come per lo digne et copiose sue virtù. Come più diffusamente quella intenderà dal predicto. Ala quale sempre me raccomando. Rome xv maij 1497. 111."'= D. V. servitor L. Agnellus protonot. n (Arch.Gonz. ; Carteggio di Roma).

(2) Archivio di stato in Parma; Carteggio Gonzaga. Lettera al Vi- cario episcopale di Mantova, da Bozzolo, 27 ottobre 1498.

(B) Don Alberto Vassalli di Cremona fu frate carmelitano e, al pari di Ermes Flavio, amatore ed intelligente di cose d'arte.

1 MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 171

a che altri non avesse copia delle sue sculture, tornò a scrivere al vicario :

u Non è a satisfactione nostra quanto vi ha dicto don il Alberto, et di novo replicateli clie vi voglia dir la verità, u cioè se r ha improntato 1' Apollo e la Nuda della bissa u scudelara che sonno suso la rocha a Bozulo in lo stu- u diolo de lo x\ntiquo, e chel sia certo che lo volemo saper u e lo intenderemo ogni modo ; e dicendone liberamente la u verità, e dandone le forme , se le ha facto fondere , per- u donaremoti, ma che non la dicendo, la intenderemo ogni u modo e lo castigaremo e puniremo talmente che se ne a pentirà, quando possiamo mai poi intendere lo habii facto: u. e non manchareti de ogni minatie per intendere la verità, u avisaudone del tutto presto -n (1).

Stavolta il cappellano, messo alle strette , confessò la colpa commessa e fu mandato a confine in Castel- goffredo, dove restò due mesi: il 29 gennaio del 1499 il vescovo scriveva al commissario di quel paese : a don Alberto direti cìie ritorni a nui , e nel marzo dello stesso anno lo raccomandava caldamente al suo segretario Gabriele Bossi, detto il Poetino , di- mostrando così di averne completamente dimenticato la scappata (2).

Intanto Pier Iacopo continuava a lavorare pel ve- scovo Lodovico, nella rocca di Bozzolo, dove aveva

(1) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettera al vicai-io episcopale di Mantova' Bozzolo da 29 novembre 1498.

(2) Il Vassalli aveva una causa a Mantova per una casa di cui era stato spogliato, e Lodovico ne scriveva cosi al Poetino:

li Havendo nui grato et cliaro don Alberto nostro capellano.... desiderosi di adiutarlo, mancarli di quello favore e protectione deblie un buon patrone al suo benemerito servitore, etc. n (Ardi. sudd. Cart. sudd.j.

172 UMIÌERTO ROSSI

lo studio : e pare che si occupasse anche in opere di marmo, perchè il prelato mandava a Venezia a provvedergli la materia prima , come risulta dalla lettera seguente diretta a Pietro Albano:

u Spectabilis et prestans vir , amice honorande. Vi ti prego vogliati far afatichare un poco Thadeo vostro in u trovar et comperare un pezo de marmo de la sorte se u contiene in la inclusa police et operare ch'io sia ben ser- ti vito, mandandomelo poi per la prima nave ohe vi occor- 14 rerà venire a Mantua, che me fareti piacer assai, offrendomi u a vui sempre et raccomandandomi. Riparoli, 4 decembris a 1498.

a Un pezo de marmo grande, per diamitro braccio uno et a un quarto, el pezo sia tondo et sia grosso ad minus quatro a dita, se più, meglio è, et sopratutto sia bianche senza vene li et saldo che non sia cotto , perchè tal marmo ha a ser- u vire per fare figure : et sera bone informarsi da maestro li Piero Lombardo o da altro maestro sculptore di figure di a marmo : el sopradicto marmo sia da Carrara gentile et in u tutta bontade et belleza r> (1).

Contemporaneamente al bassorilievo di marmo , l'Alari lavorava attorno a un Ercole di bronzo: e appunto perchè l'artista indugiava alquanto a com- pire questa statua, Lodovico immaginò un curioso espediente per costringerlo a far presto. A Tommaso Pasqualino, suo agente in Venezia, ingiunse di com- pei'are un anello del prezzo di circa dieci ducati (2) e quando l' agente , venuto a Bozzolo , lo avvertì di aver portato 1' oggetto richiesto, il prelato gli rispose:

(1) Arch. sudd. Cart. sudd.

(2j Arclu sudd. Cart. sudd. Lettera a Tommaso Pasqualino, da Eiva- rolo, 18 febbraio 1499.

I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 173

u Quando quello anello col diamante non sia in maggior u pretio de 8 ducati, io lo pagarò, e vui lo dareti alla mo- u gliera de lo Antiquo in nome mio, pregandola che la non u vogli dare di quelle cose che la scià a suo marito, sino u che habbi fornito lo mio Hercule n (1).

Nullameno nel maggio susseguente 1' Ercole non era finito ancora e Lodovico scriveva al suo scultore :

u Expeditene cum più presto de l'Horcule, ad ciò possiamo u attendere ad altro et non vi mancharomo n (2).

In questo tempo Pier Iacopo si recava di frequente a Gazzuolo: i figliuoli di Gian Francesco Gonzaga e la di lui vedova Antonia del Balzo avevano fissata dimora in questo paesello la cui rocca era stata ab- bellita con artistici lavori , di guisa che Gazzuolo rimase poi per lungo tempo residenza dei signori di Bozzolo. L'Antico non segui subito la piccola corte a cui era addetto , ma conainciò a fabbricarsi nel paese una casa, chiedendone in dono i materiali alla marchesa Antonia (3). Non tralasciò per altro di at- tendere a lavori d'arte pel vescovo, il quale ordinava al suo agente in Gazzuolo di provvedergli bronzo e

(1) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettera a Tommaso Pasqualino, da Ri- varolo, 10 aprile 1199.

(2) Ardi. sudd. Cart. sudd. ~ Lettera all'Antico, da Quingentole , 22 maggio 1499.

(3) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettere all'Antico e a Giorgio Raineri da Quingentole, 22 maggio 1499 ; a maestro Ruggero , da Quingentole, 26 maggio 1499.

174 UMBERTO ROSSI

stagno per la fusione di una testa di Scipione W. La testa , spedita al prelato , non fu di suo gusto , per cui la rimandò allo scultore con questa lettera:

a Antiquo. Ve remandemo la testa per essere troppo u grande e pregamovi ce vogliati mandare dessignate su u sfogli tutte le figure de cera liaveti , cum la mesura u. de la longlieza e grosseza che hanno ad venir facte do u nietalo. Quingentulis, xiij iulii 1499 v (2).

Qualche giorno dopo tornava a scrivere:

u Antiquo mio. In rispuosta della vostra, occorre dirvi u ch'io resto cum piacer grandissimo che la testa de Sci- u pione sia venuta bella; et che haverò continuo desi- u derio vider quella fornita, tanto me 1' haveti posta in u grafia. Li mantici farò ogni opera per haverli dal Conte u Federico, possa che li indicati a vostro proposito.

u Vogliatime mandar la misura de l'alteza de la nuda de u la bissa scudelara , perchè non mi pare sij tanto grande u come il satiro. Ale altre particularità della lettera vostra u non dirò altro perchè spero d'esser li presto. Quingen- u tulis, xxij iulii 1499 V (3).

La seconda statua è certamente quella che don Alberto Vassalli aveva tentato di improntare; e di essa e del satiro sarà quistione più avanti , quando riporterò nuove notizie su queste sculture , di cui

(1) Arch. sudd. Cart. sudd. Lettera a Giorgio Raineri , da Quin- gentole 6 luglio 1^99. Percliè manca all'Antiquo certo bronzo o stagno per fare corto opere, provedetegli de quello li bisogna, ch'io ve sati- sfarrò poi. n

(2) Ardi. sudd. Cart. sudd.

(3) Arch. sudd. Cart. sudd.

I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 175

anche la marchesa di Mantova desiderava nna ri- produzione W.

Il nostro artista non aveva ancora trasportato il domicilio da Bozzolo a Gazznolo , quando Isabella d' Este che cominciava ad averlo in grande stima , inviò a lui lo scultore Gian Cristoforo Romano, colla lettera seguente:

a Antico. Ne la porta del nostro camerino cTesido- u ramo liavere qualche cosa de mano vostra: perliò man- u diamo a posta a vui Zoan Cristophoro nostro sculptore, u qual ve declarerà la intentiono nostra et vi darà la mo- u sura secundo lo bisogno: pregamovi clie vogliati pigliare u lo assumpto voluntieri et mettervi subito ad opera che a ve ne resultarà honore et utile , et faretine cosa grata, u Mantue, xxvii Martii, 15(XJ n (■■2).

Pier Iacopo non potè accettare 1' onorevole inca- rico, perchè era occupato a finire alcune forme di statue, per cui dovè rispondere in tal guisa alla mar- chesa :

u IH.™' Signora mia. Ho visto quanto me scrive vostra u signoria ancora quanto ol desiderio vostro de fornir una u porta e Zolian Cristofalo me lia narrato el tuto et incre- u semi a non poter al presente satisfar a vostra signoria, per

(1) Pei lavori eseguiti nel 1109 l'Antico eljbe 18 ducati: il 30 giugno di quell'anno il vescovo Lodovico scriveva al suo tesoriere Nicolò della Croce :

li Volemo et comottemovi daghati allo Antiche ducati 23, (juali glie

daaemo per alcliuni lavori ce fa. n

E il 4 settembre dello stesso anno, in un'altra lettera allo stesso : Il Al conto de li 50 ducati de la provision nostra do septembro p

sente volemo e vi comettemo respondati al Antiquo ducati 25, quali 1

donarne, n (Arch. sudd. Cart. sudd.).

(2) Ardi. Gonz. Copialettere della marchesa,

re-

176 UMBERTO ROSSI

a alcune forme ch'io ho fate di novo e non fornendole per- u. deria tanta fadicha e per el certo lohan Cristofalo ha Li visto el tuto, lui ne è bon testimonio. Ancora siate certa che a quando liavese intese prima, più presto me seria disiolto a che no haver satisfato al desiderio vostro, per tenirve e a havervi tenuto per mia signora, al qual di continuo me u recomando. Bozolo, xxviiij martii, 1500.

tt Antiquo n (}).

Isabella d' Este non si offese punto di questo ri- fiuto ; anzi F anno seguente diede allo scultore una nuova commissione , di cui troviamo cenno in una lettera che essa gli indirizzava :

" Del puttino del spino non ne reputamo solo obligate ti al Il.™° Monsignore nostro barba, ma etiam a vuy che lo u. haveti facto, et però ve ne ringratiamo quanto possiamo. u Per dimostratione del grato animo nostro, non per premio, u vi mandiamo una de le nostre veste de veluto alistata u perchè ne faciati un dono a vostra moglie, quale avemo a già inteso da vuy ohe la amati più che vuy stesso et per- a suadendone che ancora siati de la medesima dispositione, " havemo voluto gratificarla più presto che vuy , attento a. che non ne ritroviamo cosa che fussi secundo il merito « vostro n (2).

Questa statuetta, copia ridotta della celebre statua antica, venne dalla marchesa posta sopra un uscio del suo appartamento. Qualche tempo dopo , essen- dovi un'altro uscio, a cui per simmetria doveva es- sere sovrapposto un altro bronzo , la marchesa Isa-

(1) Ardi. sudd. Carteggio di Bozzolo.

(2) Ardi. sudd. Copialettere della Mardiesa. Lettera all'Antico, da Mantova, 26 marzo 1501,

1 :mkiiA(;i.isti riKr, rinascimento alla torte di Mantova 177

bella pregò il vescovo Lodovico che gli volesse far fare dall'Antico una statuetta che potesse armoniz- zare col imttmo dal spino; ma la commissione fu eseguita malamente da Cesare da Gonzaga che ne era stato incaricato, e che aveva detto desiderare la marchesa una riproduzione del cavaspino. Il vescovo e l'Antico chiesero quindi schiarimenti alla commit- tente (1), che mandò loi'o istruzioni precise così:

li Mons/ R."i". - Lo Antiquo et E. "a Y_ gig.ia hanno u meglio compreheso el concepto nostro che non gli ha sa- a puto exponero Cesa.r da Gonzaga, al quale lo exprimetti : u, però ch'io voria una figurotta de bronzo do la grandeza a del putino dal spine et non un altro proprio a quello : la u quale voria mettere sopra una cornice da uscio al incontro u. de quello putino per darli conformità, essendo li ussi de u Tina proportiono, siche prego V. S. vegli farla far et pili u. presto che la può. lassando la electione do la figura in ar- ti bitrio de l'Antiquo; elio da lei l'haverò gratissimo : et di Il cuore me gli raccomando. ]\[antue , xxix Januarii a 1503 T, (2).

L'esecuzione della statuina , che proliabilmente rappresentava una donna, fu tirata in lungo, perchè

(1) Arch. sudd. Carteggio di Bos^zolo.

Il 111. ma et ex. ma Dna Dna mea colendiss.a Co^ar da Gonzaga l'altro giorno in nomo do l'Ex.''» vostra me recprcò ch'io gli volessi far fare al Antiquo uno de quelli piitini dal .spine: ed io parlandone con epso aciò el mete.sse ad ordine de farlo, me rispose cliel desiderio suo seria d'havere una cosa simile e non el putino proprio dal spino : cosa che mi fa star dubioso : prego adunque quella, aciò di' io la possi satisfare secundo el desiderio suo et voluntà mia, me voglia nvis.ir che cosa et di che sorte la me ricercha, che la farò fare quanto più presto mi sera possibile. Ala bona grafia sua me raccomando : quo felix sit. Gazoli xxvii .Januarii 1503. 111."= D. V. Ser.o'- Lo : de Gonzaga, Ellectus Mantuanus, Marchio etc. n

(2) Arch. sudd Copialettere della marchesa.

178 UMIiEKTO KOSSI

tanto il vescovo elio l'artista erano stati ammalati : finalmente, il 9 settembre 1503, Lodovico spediva a ^lantova la statua desiderata, accompagnandola con questa lettera:

u Ill.'"a et ex.'^a Domina mea observan.'T'=' Mando ala u. Ex.'ia Yj^ una figura de mettallo per lacobo di Lecti a mio mastro di casa , comò li promissi et se sonno a stato tardi ad mandarla, quella ne incolpi lo male mio a et quello de lo Antiche. Credo bene de mandarli una bona u cosa: et tanto più voluntiera la mando , quanto che la li Ex. ''3 vostra cognoscha che anchora io ho de le donne " per casa; dignandossi de acceptarla con quello bono animo a ch'io gliela mando. Gazoli, die vini septembris 1503.

u lU.ni'^ et Ex. D. V.

a. Servitor Lo. de Gonzagha w Electus Mant. Marchio n (1).

Fin dal 1501 l'Antico aveva trasportato definiti- vamente la sua dimora da Bozzolo a Grazzuolo : e pel vescovo aveva anche eseguito in quell'anno una statua d'Apollo (2). Inoltre ora stato nominato came-

(1) Ardi. sudd. Carteggio di Bozzolo.

(2) Ardi, di stato in Parma. Cart. Gonz.

II Geòrgie Bainerio. Eengratiamovi delli avisi ce dati che ce sonno gratissimi : et una buona nova circha lo Apolline : diti a m. Thomaso die per bora non è possibile lo possiamo far fornire per dui rispetti: l'uno perchè lo Antiquo lavora malvolentieri le feste : e magistro Zoan è occupato circha una testa e non può attender ad altro. L'altro se ritro- vamo talmente exhausti do denari cum le nostre mensuale provisioni avilupato, cb'el non è possibile puotiamo valersi d'uno soldo. E questo dicemo perchè lo Antiquo non ce dona simile cose ma ce le mette 25 o 30 ducati e non vole lavorare senza il quatrino. Mai si che se li expecta sino abbiamo francata la provision nostra che sarà fra pochi zorni, faremo fornir lo Apollino et de le altre chose anchora. Bene- valete. Gazoli, 7 decembre 1501. n

1 MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 179

riere di Lodovico, carica che gli fruttava 18 ducati d'oro all'anno W.

La marchesa Isabella intanto non cessava di farlo lavorare ; è interessante la storia di una figurina d'oro di San Giovanni Battista, che essa gli commise, ed il carteggio che vi si riferisce merita di essere conosciuto per le diverse modificazioni che vennero portate alla statuina e perchè serve a provare una volta di più quanto la colta marchesa di Mantova si cui'asse dell'arte anche in ogni più piccolo parti- colare. La prima lettera è diretta al vescovo Lo- dovico :

u E.'n° Mons. L'amore ch'io porto a V. E.'"a S. me fa u esser pocha respectiva ad operarla si come voria che lei u facesso cum me. Bisogna adunque che la me aiutti a u pagar un debito : voria far fare una figuretta piccia a d' oro de santo Zoanne Baptista che non fosse de la u magiore grandeza de la carta inclusa. Pregola vogli u ordinare allo Antico che facci una forma de cera in u tutta perfectione , advertendo che voria che fusse nudo u o cum tale vestimento che la persona fusse scoperta , u et come meglio gli parerà convenire , adaptando le u mane in forma che in una habbi la croce et in 1' altra u un breve, da potersegli scrivere dentro que Agnus Dei : u quando non potese di cera fare la croce et lo breve pre- u dicti, facia le mane apte a metergli poi in quel d'oro, et u quanto più presto me servirà, tanto più me sera grato, a mandandomelo cossi facto de cera, ch'io puoi lo farò far u qua d'oro et serene obligata a V. S. alla quale me rac- u comando. Questa figuretta voria metter in una filza de la u corona portatila. Mantue, xxviii martii mdiiii. n

(1) Il nome delTAntico compare nella lista della famiglia di Lodovico Gonzaga fatta il 20 maggio 1501, collo stipendio di diciotto ducati e coll'appellativo di camarero ; i camerieri erano sei, tre a diciotto ducati e tre a quindici ducati.

180 UMHEUTO ROSSI

a Postsc. Voria clie el dimostrasse la età de uno putino li de tri anni, et benché liabbi dicto che voria che l'havesse d in mane la croce , me ne pento , ma voria che cum la u mane dritta tenesse el dito de indicar et in la sinistra il a breve. Iterum me raccomando a V. S. n (1).

Contemporaneamente scriveva a Pier Iacopo :

u Antise. Intendereti da Mons. E.™» el desyderio nostro

a eh' è che ne faciati una forma de cera de una figuretta de

" Santo Zoane Baptista. Farne superfluo confortarvi a farla

u bona, perchè un bono maestro non saperla farla trista,

a ma vi pregamo a farla a vostro modo et presto , perchè

" sapeti che siamo appetitosa. Serimovene obligate, offeren-

a done alli vostri piaceri. Mantue, xxviii martii, 1504 n (2).

Il vescovo ingiunse subito al suo scultore che, la- sciato da banda ogni altro lavoro, soddisfacesse al desiderio della marchesa; e le scriveva:

u Eecevuto la lettera di la Ex.''a V.^a , fui col nostro a Antico et li commissi lo desiderio de quella: il quale, a comò suo buon servitore, acceptò voluntiera de servirla: u comò farà sempre mai in ciaschuna cosa che li comandarà : a cossi domane se penerà a lavorare per la Ex.'"» vostra: a abbandonarà la impi'esa insiuo che 1' opera non sarà u perfecta n (3).

Tre giorni dopo il piccolo san Giovanni era finito in cera e spedito a Mantova, come appare dalla let- tera seguente:

(1) Arch. Gonzaga. Copialettere della marchesa.

(2) Arch. sudd. Copiai, sudd.

(3) Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo. Lettera di Lodovico Gon- zaga ad Isahella d'Este, da Garzuolo, 29 marzo 1504.

I MEDAIÌLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 181

u 111. "'2 Signora. Mando ala Celentia vostra lo Santo u lohani, fato non già come saria el desiderio mio, perchè u non mi potria trovar più infredato di quel oh' io sono , u per aver il di propio che la S. V. me scrisse, zetato una a figura de metalo, la qual hame fatichato asai, dove prego a la signoria vostra non satisfando questo, si degni quella u darmi un podio di miglior comodità , perchè sforzaromi u de satisfar meglio ancora, esendo questo per voi et con- u tentarvi chel sia fato a Grazolo , mandatillo ohel reveren- u dissimo nostro ara di gratia , non de cosi pocha suma , u ma d'ogni sua facultà spensarli in vostro benefitio. Prego u la Signoria vostra si degni arrecordarsi dela mia do- u manda, de la quala n' ave ti intese ne la mia litera a la a qui gratia di continuo merrecomando. Gazollo , adi u 30 martii (1504).

a Le mane et i piedi non sono finiti per eserge dentro u filo de fero, perchè non se porla far altramente : bisognarà u satisfar, in quel d'oro farasi ogni cosa più delichato.

u. Antiquo servo n (1).

La marchesa, appena ricevuto il modellino di cera rispondeva allo scultore :

u Restamo satisfacte della forma de Santo Zoan Baptista u che haveti facta et ve ne ringratiamo n (2).

(1) Ardi. sudd. Cart. sudd. Il vescovo Lodovico accompagnava anch'egli l'invio del modellino con una lettera:

u 111.""» et ex."» D.na obser.""» Mando per questo mio corriere a V. m.™» Si. la figurina ha fatto a (quella l'Antiquo : qual se gli offe- risse, non piacendogla, de refarla tante volte quanto lei vorrà per sa- tisfare a sua Ill.ma Si. : ala qual me ricomando. Gazoli : ultimo martii 1504. S.'""' Lo. de Gonzaga, Klectus Mantuan. Marchio, n

(2) Arch. sudd. Copialettere della marchesa. Lettera all'Antico, da Mantova, 2 aprile 1504.

182 UMBERTO ROSSI

Ma dopo alcune ore, pentita dcH'approvazione ple- naria , mandava a Gazzuolo una seconda lettera :

a Antiquo. Doppo clie ve scrivessimo questa mattina, " havendo meglio considerato el sancto Zoan Baptista che li tene el dito indicante dritto, dubitamo clie da qualcuno u saria reputato uno Dio patre che se dipinge col dito a quel a modo : ma che meglio starla a stare che lo tenesse non cossi u dritto, ma ben volto verso il cielo, comò saria ad indicar il u sole, et a quella via volgesse etiam gli ochii, quando cossi a ricercha l'arte: si comò questo ch'haveti facto ne pare vol- « gore al loco dove era driciato il dito, adaptando poi et cum u ragione l' altra mane dove va il breve : et perchè non lo a poteressimo ogni modo far zetare de qua de Pascha, n'è a parso mandarvelo , pregandovi che cum vostra comodità u lo vogliati reformare, finire et netare: quando vui havesti la u. commodità de farlo zetare li per farlo a vostro modo, ve li mandaressimo 1' oro et non ne pigliaressimo altra cura , li sapendo che vui ne faresti servire bene. Se anche vi pa- u resse che qvia fussimo meglio servite , consiliatine senza u rispecto, che noi desiderarne haverlo bono, se acostarimo u al consiglio vostro. Mantue, secunda aprillis, muuii n (1).

Lo scultore, che per certo suo interesse partico- lare, non voleva scontentare la marchesa, le rispon- deva così :

u Illu. Madama. Non mancharò de satisfar a ogni mio li mio potere al desiderio vostro et siate certa, se non sarete u così ben servita come voresti, incolpate me non saper più li usare ogni delgentia, non mancharò de rifarlo come havete u scrito , avisandovi che prima non avea inteso , perchè li legende la litera me paria chel dicesi dover tener el dito li in alto, adeso farò chel mostrarà el dito verso el breve,

(1) Aroh. sudd. Copiai, sudd.

I MrDAGLlSTI DKr. RINASCIMENTO Al.I.A CORTE DI MANTOVA 183

a mostrando non tropo alto, ancora voltarà la testa verso a el breve : farò nu anelato in cima la testa, sei par a ti vostra sign-oria. per atacliarlo e sei vi parese che non u. avese ben inteso , fatene far un podio de disegno, aciò u non liabiate tanto fastidio a la cui gratia de continuo me ti recomando: d'oro ne sarà per farlo tanto quanto a me a piace.

u Antiquo servo n (1).

E la marchesa, che desiderava il lavoro perfetto, gli replicava:

ti Antiquo. Non accade replicare altro circa el santo a Zoan Baptista, perchè ne pare che habiati ben inteso, ma ti adverteti perhò che anchora chel dito e li ochii voltano u verso il breve che l' bavera in la mane sinistra, veleno a perhò guardare verso il cielo: cossi gli fareti lo aneleto ti in cima la testa per poterlo infilzare. Mantue , iiij u aprilis, M'o'm-j" n (2j.

Il 15 d'aprile il san Giovannino era finito in oro e spedito a Pianto va; il vescovo Lodovico e Pier Iacopo lo accompagnavano con due lettere (S) e Isa-

(1) Arch. sucld. Carteggio di Bozzolo. La lettera e senza data, ma è scritta certamente 'la (fazzuolo il 3 aprilo 1504.

(2) Arch. sudd. Copialettere della marchesa.

(3) Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo.

u Ill.m» et ex. domina niea observaml.""^ Se la Ex.'" vostra non ha cosi presto havuto lo san Zoanne che ha gettato lo Anticho nostro corno forsi Iiaveria desiderato, lo voglia havere excusato, che invero non ha perduto tempo alcuno: et ha usato ogni sua arte et diligentia per condurlo meglio sia stato possibile. Io lo mando hora ala Ex.''^ vostra et liavorò piacere che satisfactia ad quella corno desidero do satisfarli in ciaschuna cosa. Il san Zoanne è facto per le mano di lo Anticho. Il cordono per quelle di la Margarita Gambacurta : la (juale dice che qua ad Gazolo non scia fare altro che cordono et se raccomanda con me in bona gratia di la Ex,

184 UMBERTO ROSSI

bella d' Este rispondeva all'invio con queste parole che, scritte dalla principessa più colta ed intelligente del rinascimento, formano il più bell'elogio del nostro artista :

u Antiquo. La imagine del santo Zoanne Baptista è in u tanta bontà , che ben dimostra che l'habiati fatto vuj. A u. noi non potria satisfare più vi poteressimo rendere a tante laude et gratie che più, non meritasti. Eeserva- a remo ad satisfare cum effecti: non bisognava che facesti « scusa di tardità , perchè non credevamo pure chel fusse u anohor facto di cera: ma in questo haveti voluto dimo- u strare la perfectione de l'arte vostra: ofFeremone alli u vostri piaceri. Mantue, xvi aprilis mdiiij n (1).

Fu certo in seguito alla premura e all'impegno con cui r Antico eseguì questo lavoro , che Isabella d'Este gli ottenne la riconferma del banco in bec- cheria , donatogli dal marchese Federico. Francesco Gonzaga aveva voluto che tutti i banchi fossero messi all'incanto, e lo scultore si rivolse subito alla sua protettrice per non perdere quella piccola pro-

vostra, che Dio la conservi et feliciti. Gazoli die xv aprilis 1504. 111.™= et ex. D. V. servitor, Lo. de Gonzagha. Electus Mant. Marchio. (fuori) 111.1"= et Ex.me Domine, Die Colen.m= Dfie Isabelle Marchionisse Mantue, etc. d

Il Illu. Madama. S'io non ho satisfate la S. V. come seria il desiderio mio, pregovi me abbiate per excuso perchè mi trovo assai tristo e come amalato : siate certa quel poco che ho potuto 1' ò fato volentiera : non è manchato Monsignor reverendissimo de solicitarmi per aver gran pia- cere che siate servita, ancora de oro non me a manchato, se bene ne avese bisognato dece volte tanto, perchè la S. sua farla asai per quella ala quale me oferisco de continuo servo. In Gazolo, adi 15 de aprilo 1504. Antiquo servo. (fuori) Diva Isabella Augusta, Mantue Marchio- nissa. 11

(1) Arch. sudd. Copialettere della marchesa.

1 MEnAGLISTI DEL RINASCIMKNTO AM.A rORTE DI MANTOVA 185

prietà (1); anche il vescovo Lodovico lo l'accomandò caldamente (2) , sicché la marchesa rispondeva così all'artista :

u De quella vostra bancha havemo ordinato che la sii u descripta a vostro fratello nel modo che se fanno le altre a perchè el signore le ha levate ad ognuno, et vole che u siano incantate , che per non rompere questo ordine S. u Ex. non ha voluto conmpiacervi adesso, ma noi volemo u parlargene , et stati securo cho non pagareti el fitto, u vi sera levata, se ben noi dovessimo pagare, che per amor a vostro voressimo fare magior cosa , richiedendo cossi le u virtù vostre v (3).

Finalmente nel settembre successivo, per decreto della marchesa W , il banco veniva confermato in perpetuo all'Antico ed a' suoi discendenti.

La perdita dei copialettere di Lodovico Gonzaga ci toglie di sapere quali lavori il nostro scultore abbia

(1) Ardi. sudd. Cartec;gio interno. Lettera dell'Antico alla marchesa Isabella, senza data, ma nel marzo del lóOt.

(2) Arcli. sndd. Cartet^gio di Bozzolo. Lettera del Vescovo Lodo- vico Gonzaga alla marchesa Isabella, da Gazzuolo, 29 marzo 1501.

(3) Arch. siidd. Copialettere della marchesa. Ijcttora all' Antico, da Mantova, 2 aprile 1504.

(4) Arch. sndd. Registri dei decreti. u Isabella Marchionissa 'Man- ine &. Virtute qua plurimnin pollere pcrspexsimns nobilem et egregium sculptorem, dilectum civem nostrum Petrnm .lacobum lUarium, cogno- mino Antiquum, nec non et innumer.abilibns obsequiis per euni in nos hactenus collatis ellectum ipsum munere, favore ac gratia nostra com- plecfendnm duxinnis et ideo prosentium vigore, tenore etc. eiusdem Petri Jacobi filiis ac descendentibus quibuscumque suis masculis, scilicet tan- tum ex legiptimo matrimonio natis et nascituris et in pcrpetuuni dnmns tradimus et eonccdimus banchum primula manu sinistra in ordino ce- terorum in macello, seu ut vulgo dicitur beccharia malori, etc. Datum Mantue, xii septembris mdiui. Egidius Spaniolus, Cancellarius etc. n

180 U.MMERTO KOSSI

ancora fatto pel vescovo, clie fa grande amatore di belle arti e d'antichità; però nell'archivio manto- vano vi sono molti dociimenti posteriori ai fin qui citati, che ci permettono di segnalare parecchi la- vori dell'Antico, quasi tutti eseguiti per la marchesa di Mantova. Così nel 1505 egli le mandava i modelli di una testa di cavallo e di un'aquila che dovevano essere gettati in argento (i). Nel 1506 acconciava per lei due teste antiche di marmo, una delle quali rap- presentava Minerva (2); e la marchesa gli rispondeva colla lettera seguente, che ci un' idea di quanto essa lo avesse in i stima, anche come conoscitore di antichità:

u Antiquo. Havessimo le teste , quale haveti tanto

(1) Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo.

« lllu. Madama. Se soii stato tardo a mandar la testa del chavallo come l'aquilla, non incolpate altro chel malie et iterum non son ben fora per esare inferdato. Ancora prego mi perdonate se non è cosi ben servita la S. V. come quella desidera. Sei maestro non sera pratico a zetarlli d'ar- zento, li insignarò di gratia e potendo altro, pregni me comandate. Antiquo servo. (fuori) Diva Isabella Augusta Mantue Marchionissa. n

La lettera porta posteriormente la data 1505.

(2) Ardi. sudd. Cart. sudd.

a Illu. signora. Mando le due teste ala Signoria vostra le qualle conzai già molti giorni, ancora ricordo ala S. V. che li fazia aver diligentia nel manezarle, percliè la bontà sua merita tal fatica : ala prima ho giunto el naso di marmerò ancora uno ochio, alcuni peci nel pano. L'altra gionto quel che vedete de una compositione de durar mile anni : el nome suo è Minerva, avisando che qui a Gazolo non ne è ninna più bella, ogni volta quando la sia in opera un podio lontan da l' ochio, non se porà dir se non ben de lei. Ancora s"io posso alcuna cessa per la ece- lentia vostra, vi suplico di gratia me comandate e al signor vostro acha- dendovi li recordate il suo servo Antiche, e ancora se ricorda de coman- darmi. Prego quando le vorrete metere in opera, non vi sia gl'ave a farmi scrivere. Antico servo. {fuori) Diva Isabella Augusta, n

La lettera porta posteriormente la data 1506, ed è anteriore al 18 maggio.

1 MEUAlil.ISTI DEL lilNASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 187

u bene aconzie , che creclemo il proprio sculptore non

u haverle di prima forma si ben formate et sculpite. In

u questo si cognosce la perfectione di 1' arte vostra. Tene-

u rimole più oliare che non facevamo , essendoni da vui

a tanto laudate. Vi ringraciamo assai et quando le vorimo

u reponere in loco firmo, vi chiameremo : vegliatine avisare

u quando havereti tempo di venire ad conciare il Cupidine.

u Benevalete. Sachette, die xiix Mail 1B06 v (1).

Qualche tempo dopo Isabella d'Este voleva acqui- stare da Andrea Mantegna un busto di Faustina che era stimato la cosa più preziosa che il grande pit- tore possedesse nella sua collezione di oggetti antichi. Il Mantegna, che si trovava alle strette , ne voleva cento ducati, ma la marchesa diceva che il prezzo le pareva ingordo <2) e non voleva dargliene che ven- ticinque. Tuttavia temendo che la preziosa scultura le sfuggisse, essa deliberò di consultare l'Antico, del cui giudizio faceva gran conto, e gli scrisse:

u Antiquo. Havemo gran desiderio di comparare la u Faustina de m. Andrea Mantegna , el quale ha adesso Ci animo di venderla et perchè el ne dimanda cento ducati a et noi non sapimo quello che gli potemo spendere. Però u ni è parso driciarvi il lator presente a fine che libera- u mente ne vogliati far intendere l'animo vostro di quanto a fin a un quadrante gli potemo spendere, che vi promet- u temo sopra la fede nostra che may ne farimo motto cum

(1) Ardi. sudd. Copialettere della marchesa. Non so che cosa sia questa statua di Cupidine che la marchesa voleva far ristaurare : il non avergliela mandata a Gazzuolo, come fece di tante altre, fa credere che essa la tenesse come cosa preziosa assai.

(2j Arch. sudd. Copiai, sudd. Lettera a C'ian Giacomo Calandra. 16 luglio ISOC.

188 UMHERTO ROSSI

u alcuno et vi tenerimo secretissimo. Sachette, xv lulii u 1506 V (1).

Pier Iacopo le rispose in tal guisa:

a Illu. Madama. Quando la testa de miser Andrea u non fuse consumata dal tempo in molti lochi la precerea u ancora ])iù di cento duchati, dove la signoria vostra, pia- ti cendovi, poterla aspetar alquanto perchè se poterà veder a a Eoma in alchun locho e tramar de alchuna, questa non u mancharà: in questo mezo la signoria vostra darà prin- u cipio al desiderio vostro, pure di questo la signoria vostra u ne farà quanto li pare: non starò tropo a dar opera in u alcuna cosa per la S. vostra, a la quale di continuo me u recomando. Gazoli, xv lulii 1506.

u Antiquo servo n (2).

Negli anni seguenti l'Antico lavorò per la mar- chesa a ristaurare statue antiche e fu anche spesso chiamato a dare il suo giudizio su oggetti d' arte , sulla cui autenticità poteva nascer dubbio: così nel 1507 la marchesa gli mandò a Gazzuolo un Zoanne di Aruschoni milanese che voleva venderle alcune cose antiche, pregandolo che le dicesse il suo parere e ne stimasse il valore (3) ; nel 1514 l'Alari le racconciò una statua di Marte (4) ; nel 1515 dava il suo giudizio su

(1) Arch. sudd. Copiai, sudd.

(2) Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo.

(3) Arcli. sudd. Copialettere della marchesa.

« Antiquo. Zoanne di Aruschoni milanese presente estensore ne ha presentato alcune cose le quale lui dice essere antique. Perhò ne è parso, nauti che facciamo altra spesa, driciarvilo a fine che le vediati et che poi l)or lettere vostre ce avisati se vero è che siano buone et antique. Apresso expoctamo anche intendere da voi quello che gli potressimo spendere particularmente. Mantue, xv Nobr. 1507. ii

(4) Arch. sudd. Carteggio interno. Lettera di Giovan Battista Cattaneo alla marchesa, da Mantova, 20 giugno 1514. El Marte mandai

I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 189

di un bassorilievo (i) e su altri oggetti antichi, che pro- venivano da Pesaro ed erano stati di Galeazzo Sforza (2) ; e nello stesso anno ristaurava per lei dei busti in marmo, che erano piaciuti assai ai signori di Gazzuolo (^).

Per tutte queste cose TAntico, oltre all'essere pa- gato, riceveva spesso altri favori dalla marchesa ; così nel 1509 veniva esentato dal dazio per sette pesi di

a Gazolo al Antiquo, che gli fu molto caro, dicendo non poter havere niagiore piacere clie servire la S. V. in bona gratia di la quale basan- dogli la mano, si raccomanda, n

(1) Arch. sudd. Copialettere della marchesa.

u Antico. Essendone stato messo alli mani questo quadro de mar- moro che vi mandamo per una cosa antica da vedere , perchè non com- praressimo simile cosa senza il parer vostro, havemo voluto prima farvelo vedere: haveremo piacere clie ne scriviati quel che ve ne pare et quanto pensati che si vi possi spendere : veduto che l'abbiati, subito ce lo reman- dareti insieme con la risposta. Benevaleto. Mantue ix maij, mdxv. ii

(2) Arch. sudd. Copiai, sudd.

u Antiquo. Essendone sta' donate alcune belle antiquità ch'erano del q. s. Galeacio da Pesaro di bona memoria, haveremo piacere che domane vogliate trasferirvi qua da noi a vederle. Mantue, 2G Mail 1615.

(3) Arch. sudd. Copiai, sudd.

u Antico. Ci è stato molto caro che le teste siano piaciute tanto quanto ni scriveti a quelli 111. Signori et madonne : et siamo contentissime che le lore signorie le habbino viste et reviste et godute a suo modo. Nui anchor le goderemo la parte nostra et tanto più quanto sono ben acconcie parendoni tutte equalraente antique. Dil che laudamo la diligente opera vostra et vi ne ringratiamo assai, offerendoni a tutti li comodi et pia- ceri vostri dispositissime. Mantue, xiii novembris .mdxv. h

u Antiche. Vi mandiamo in una cassa una testa quale volemo far metere in uno de li nostri camerini , loco molto più bello che non è è quello dove stata sin hora. Volemo che con la solita arte et industria vostra vediati de cavarli via un zerto signo che ha el naso et poi ce la remandiati recontia , et alli piaceri vostri ce offerimo. Mantue , xi Xbris MDXV. n

Il Anticho. Hora che non è più freddo, mandiamovi la testa per ac- contiarli il naso, come anche vi scrivessimo: rotenetela mo' voi et accon- ciatela remandando indreto il mulatero. Et alli piaceri et comodi vostri ni offerimo. Mantue, primo Martii, mdxvl h

190 UMBERTO ROSSI

carne salata e tre pesi di formaggio W e nel 151 G otteneva il condono di una multa inflittagli, perchè im suo famigliare, a Mantova, aveva contravvenuto al regolamento di polizia urbana della città (2).

Trovo ancora memoria di lavori suoi, che egli si pro- poneva di eseguire per Isabella d'Este, in una interes- santissima lettera che egli le scrisse nell'aprile del 1519 e che riporto testualmente :

u. Illu. Signora. I pasati vostra signoria mi dimandò u se el si trovava de quelle antichità che altra volta fece ti per il vescliovo : ò cercho et trovato la nuta che ineno- u chata in su la bisa schudelara , quella che fu robata a ti vostra signoria, ancora il satiro che la chareza, che bella tt cossa, il se pria farli la bracha de fogli per honestade , ti ancora io ho trovata la forma de 1' Ercule che amaza tt Anteo, che la più bella antiquità che li fusse, anchora il a chaullo de Santo lani Laterano , zoè Auellio Antonino, u circha oto cose de le migliore. Ancora io ho parlato come u il maestro che laurava al veschovo, et dice dagandoli de tt cera netizate , chel farla ])er vinticinque ducati il paro tt dele figure di longeza di mezo brazo, dove seria grandis- u simo merchato, che l'Ercule vai cum l'Anteo duellati cin- ti quanta , la nuda inzenochiata non vai manco de vinti- u cinque, dove se aria per la mità manoho de la valuta, u Io li darla li chose per amor de la signoria vostra tt voluntera per eservi obligato ancora quando vostra si- ti gnoria volesse adornar qualche loco de alchuna testa di u bronzo, io lio il modo e farne fare che sera più belle che tt non è quelle del vescho. Il dito maestro lohan ma ha dito u chel starla al modo et lavoreria a mese chome faceva col

(1) Arch. sudd. Registri dei mandati : 15 Aprile 1509.

(2) Arch. sudd. Carteggio intei-no. Lettera dell'Antico alla mar- chesa Isabella, ottobre, 1516.

Copialettere della marchesa. Lettera all'Antico, da Mantova, 21 ot- tobre 1516.

I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 191

u veschovo, a sei ducati il mese et le spese pei- bochi tre

a et voria li clese le figure zotate di metalo, dove volendo

u. vostra signoria cliel lavora il faremo lavorar a dodese du-

u chati e mezo dil p perchè sei starà el dopio meglio.

u Prego la signoria V. non li dispiatia la risposta ; de

li aprilo 1519.

u. Anticlio servo n (1).

La marchesa, occupata in affari politici gli rispose:

ti Havemo visto quanto ni scrivete di quello anticliitii , u ma perchè siamo al presente tanto occupate in altro che u non possemo pensare bene a simile fantasia, vi pregamo ti vogliati soprasedere cossi circa questo per vinti giorni o u uno mese et alhora venendo voi a Mantua parlaremo u diffusamente insieme et intenderete 1' animo nostro n C^).

Non si sa quindi se le riproduzioni di quelle sculture siano state eseguite: forse si riferisce ad esse un'altra lettera della marchesa, di due anni dopo, nella quale essa diceva di non voler faro altre sjìose (^').

Queste sono le ultime notizie di lavori eseguiti dal nostro artefice: già avanti negli anni, egli si godette in pace nel ti'anquillo Gazzuolo l'agiatezza clie si era procurata co' suoi lavori, richiesto talora di consiglio da quei principi che riconoscevano in lui un gusto squisito insieme ad una non comune sapienza ar-

(1) Arch. smld. Carteggio interno.

(2) Arci), sudd. Copiali.'ttere della marchesa. Lettera all'Antico, da Mantova, 2 magj^io l.')19.

(3) Arch. sudd. Copiai, sudd.

u Antiquo. Ilavemo liavuta la vostra et intesala ve rispondenio che mandammo il nostro thesoriero, poi aspetammo gran peza quello che doveva venir ])er mostrar quelle coso, tardando tanto corno ha facto, noi

liavemo dato ordine che se facciano alcuni che per nostri lochi desi-

deramo et datovi principio, siche non ne pare de far per hora altra .spesa. State sano. Da Mantova, x di febraio 1521. )'

192 UMBKRTO ROSSI

cheologica W. A Gazzuolo Pier Iacopo si era fabbri- cata una casa, a cui era annesso \in vasto frutteto; e alle sue piante appunto egli dedicava amorose cure, tanto da averne frutti copiosi e di scelta qualità (2). Verso la metà di luglio del 1528 moriva il nostro scultore e Ippolito Calandra ne dava così avviso al marchese Federico Gonzaga :

u lU.mo et Ecc.™» Sj mio sing.""" Perchè è seguito u. il caso della morte di quello homo da bene di Mes/ An- u tiquo, quale veramente era homo ingenioso et gran ser- u vitore di V. S., dove lei se ne poteva prevalere assai, il u quale è morto a Gazolo di bona morte et è confessato u et comunicato come da vero cristiano. Pertanto havendo u lassato dui filioli e tra gli altri Federico suo filiolo ,

(1) In occasione di lavori al palazzo Gonzaga in Gazzuolo , l'Antico fu chiamato da Camilla Bentivoglio Gonzaga a vigilare le nuove fab- briche di cui si fa cenno nella lettera seguente diretta alla marchesa di Mantova.

Il Ill.ma et ex.ma D."» D.na mia obser.""» In questi di passati maestro Antonio mio tagliaprete fu destenuto a Bozolo et poi per ordine del magnifico sindico suo conduto in pregione a Mantua per la causa che V. S. IIl.™a intenderà da niesser Antiquo : et perchè in verità epso An- tonio non ha comesso manchamento alchuno, anci ha facto quello ha facto fedelmente verso li suoi principali che gli haveano ordinato il spazo dele navi che scaricavano qui a questa ripa li mercanti, supplico lei se digna farmi gratia d'epso maestro Antonio, come glie ne supplicarà etiam da parto mia el dicto messer Antiquo, che ne ho grandissimo bisogno qua al mio lavorerò del pallazo che tutti li altri maestri stano indarno per 1' absentia sua , et lui poveretto el patise grave incomodo et danno che quella farà opera pia et a me gratia grandissima: ala qual mi racco- mando sempre in bona gratia. Gazoli , die xxv februarii mdxxii.t. Serva Camilla Ben.» de Gonzaga, ii (Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo)-

(2) Isabella d'Este gli scriveva per avere da lui piante fruttifere:

li Antiquo. Desideramo bavere sei o octo cazoni delle vostre lazarole et a questo effecto mandamo il presente cavallaro, ve pregamo mandarne et bene ancor con la sua terra che vengano salvi. De Mantua, xxiiii di febr. 1621. » (Arch. sudd. Copiai, sudd).

1 MEDAOLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 193

u quale ancora lui è vero et fidele servitore, di V. S. et a V. S. se ne po' prevalere di lui in molte cose et ma- ti xime in questi lavoreri de ogni sorte, V. S. potrà fare a di lui quello li parerà perchè suficientissimo et bene se a intende et ha bon disegno , si che prego V. S. a non il ti voler abandonare per amore di quello poverino di suo u padre et di lui et fare che li resta quel poco officio che a soleva bavere suo patre sotto al ponte di Molini, quale u dava 60 ducati, ma V. S. se ne valerà di più di 400 in u farlo lavorare, perchè non è mai per mancare di servitù a con V. S. siche commetterà V. S. che dito loco sia di esso u Federico et tanto più che lui il sa fare et lo faciva la u magior parte, et mi ha pregato il voglia racomandare a a V. S. si che il facio, per amor mio V. S. velia fare che u habia ditto officio et non lassar partire qiiesto giovane , u perchè se bavera questo loco mai si partirà da V. S... u Mantue, xvinj lulii 1528. u D. V. 111. S.

u fid. serv. Hipp.'» Calandra n (1).

All'elogio che faceva dell'Antico il segretario man- tovano, si può aggiungere che egli fu amantissimo della sua famiglia: per la moglie nutriva un affetto svi- scerato, e, cosa singolare fra gli artisti di quell'epoca, non si vergognava di confessaiio; e pei figli fu padre amoroso e pieno di core O^).

Come apparo dalla lettera più sopra riportata Pier Iacopo lasciò due figliuoli maschi, Federico e un altro di cui non ho trovato il nome, e una femmina,

(1) Arch. sudd. Carteggio interno.

(2) La moglie doll'Antico serviva la marchesa Isabella di saponi pro- fumati, che fahln-iiava essa stessa a Gazzuolo. (Ardi. sudd. Carteggio di lìozzolo. Lettera dell'Antico ad Isabella d'Este, da Gazzuolo, 15 luglio 1506. Copialettere della marchesa. Lettera all'Antico , da Mantova , 12 aprile 1510).

194 UMBERTO ROSSI - 1 MEI)A(il.ISTI I)Kr. RINASCIMENTO

Delia, che fin dal 1518 aveva sposato Galeotto Nu- voloni, gentiluomo mantovano (i); quest'ultima era la prediletta del padre, che la raccomandava spesso con calde parole alla marchesa Isabella (2). Federico addestrato nell'arte paterna, risiedette in Mantova : e fu al servizio di Federico Gonzaga, che gli confermava nel 1535 il possesso del banco in beccheria, già donato all'Antico da Isabella d'Este (3) ; il banco venne poi comperato dalla Camera Ducale ed atterrato in occa- sione di una riforma edilizia, nel 1543 W.

fContinuaJ.

Umberto Rossi.

(1) Il matrimonio fu combinato dalla marchesa Isabella, al cui servizio si trovava la Delia. (Ardi. sudd. Copiai, sudd. Lettera all' Antico da Mantova, 3 gennaio 1518).

(2) Arch. sudd. Carteggio interno. Lettera dell'Antico alla mar- chesa Isabella, settembre 1519.

(3) Arch. sudd. Registri dei decreti 1535, 3 dicembre. II decreto comincia cosi:

Il Federicus dux, etc. Eis libenter gratiflcari solemus ut optimum decet principem quos aut maiorum aut sua in nos observantia aut aliqua virtute dignos iudicamus, qualis est nobilis civis et familiaris noster Fe- dericus Bonacolsius, cuius pater Petrus Jacobus Bonacolsius, cognomine Antiquus, servitute fidelique obseqnio ac virtute sua lU.mo Q. D. patri nostro nobisque dum vixit gratissimus fuit, quique optima patris vestigia seoutus in gratia-n amoremque nostrum sese insinuavit, cum igitur etc. n

(4) Arch. sudd. Jlagistrato camerale antico. 1543 , 12 gennaio. Emptio 111. mi Dui, Dui Ducis Mantue a sp. D. Federico de Bonacolsis, unius banchi, etc.

LE MEDAGLIE FRIULANE

DEL SECOLO XV e XVI

Aifgiunte ai Médailleurs Italiens di A. Armand

La interessante pubblicazione del Sig. Armand si è testé arricchita, com'è noto, di un terzo volume. Non possiamo far a meno di esprimere il desiderio che il lavoro sia continuato per le medaglie fuse nel secolo XVII, e che un lavoro simile venga fatto da qualche italiano per le medaglie coniate dei secoli XVII e XVIII, e più ancora per quelle che dall'epoca napoleonica giungono ai tempi moderni, illustrando tutta l'epopea del nostro risorgimento nazionale. Per quest'ultime, a dir vero, il Commen- datore Nicomede Bianchi dava alla luce un volume nel 1881 (^), ma se questo può riuscire d'un qualche ajuto agli studiosi, lascia però molto a desiderare al numismatico, sia dal lato della distribuzione della materia, come dell'abbondanza di notizie particolari, essendoché ora riporta l'iscrizione e non descrivo la medaglia, ora ne cita il dritto od il rovescio soltanto; ma, lo dice lui stesso nella prefazione:

(1) Le medaglie del terzo risorgimento italiano, descritte da Nicotnede manchi, anni 1718-1848. Bologna, Zanichelli, 1881.

19G VALENTINO OSTERMANN

.. questo non è un libro di severa archeologia, bensì .i una spigliata narrazione delle vicende principali .; di quell'era di vita italiana, appellata terzo risor- .; GiMEXTO, esposta mediante la descrizione delle me- .i daglie •* : e poi l'opera rimane interrotta nel periodo più interessante, oltre di che numerosissime sono le medaglie politiche che vi sono ommesse. Ultima- mente però il Comm. Cesare Correnti, giovandosi specialmente del ricchissimo medagliere del Senatore Comm. Giov. Battista Camozzi Vertova, che figurava all'esposizione nazionale di Torino, ha dato alla luce un pregevole catalogo, edito dal Dumolard a Milano. Ma torniamo al lavoro del Sig. Armand. Per quanto si riferisce alla provincia del Friuli dobbiamo notare varie inesattezze ed ommissioni. Se in ogni provincia d'Italia vi fosse taluno che facesse altrettanto, noi potremmo dar adito all'autore, in una nuova edizione, di valersi di quelle osservazioni, che, se fatte con cri- tica benevola, riescono sempre gradite, e per le quali il sig. Armand, siamo certi, non vorrà farci un carico.

Riporteremo prima quelle medaglie friulane che neir Armand non sono citate, e che per la maggior parte esistono nel Museo Friulano in Udine, e furono da me pubblicate negli Atti dell'Accademia in due letture alle quali attingerò per colmare le lacune.

La prima medaglia dunque che troviamo è quella del Patriarca Giovanni Grimani. Successe egli a Marino, il quale a sua volta aveva tenuto dietro a Domenico, tutti dell' istesso casato; Giovanni tenne il soglio per quasi l'intera seconda metà del sec. XVI, e fu cagione di lunghi dissidii fra la Repubblica ve- neta e la corte papale. La medaglia porta il:

D' Auepigrafico. Ritratto a destra con hmga barba e calvo.

LE MEDAGLIE KKIULANE DEL SECOLO XV E XVI 197

9/ IOANNES GRIMANVS - PATRIARCA - AQVILEI ENSIS.

In cinque linee ; diametro mm. 36.

L'eccidio di Aquileja ad opera di Attila re degli Unni è ricordato da un medaglione satirico di bronzo fuso, opera che io giudico della seconda metà del secolo XVI, sebbene recentemente il dottissimo pro- fessore Luschin abbia fissato l'origine di questa me- daglia al 1629(1). L'esemplare del museo friulano ha un cerchietto d' argento.

^ ATTILA REX.

Busto barbato e cornuto, con corazza, volto a destra. 9/ AQVILEIA.

Città veduta a volo d' uccello, cinta di mura con torri merlate; diametro mm. 60.

')

L'avanzarsi della potenza Ottomana sul Danubio e lungo la Sava, rendeva mal sicuri i confini orien- tali della provincia del Friuli, già soggetta sulla fine del 1400 a ripetute irruzioni di Bosniaci e Croati, i quali vi seminavano le stragi, le distruzioni, gl'incendi; fu perciò che la veneta repubblica pensò di difendere il passo sull' Isonzo colla costruzione della cittadella di Grradisca, ridotta con bastie a castello fortificato. I lavori si cominciarono nel 147B e furono condotti a termine dall' architetto Enrico Gallo nel 1479. Con bolla ducale dello stesso anno si chiamavano a popolarla gli abitanti fuggiti da

(1) Die Attila Medaillen, von D. Arnold Luschin de Ebengrenth nella Numismatische Zeitschrift, voi. 13, pag. 392 e seg. 1S81. Wien, K. K. Hof- und Staatsdruckerei.

198 VALENTINO OSTERMANN

Scutari, città distrutta dai Turchi. A ricordo del- l'erezione v'ò il seguente medaglione fuso che il nostro Museo possiede:

B' S. M. P. IOANNES MOCENICO DEI GRATIA DVX VENETIAR ET. C.

In setto riglie nel campo.

1^' B. N. D. ~ GRADISCH/E AD SONTIVM PROPV- GNACVLVM EREXIT ~ AN. SAL MCCCC LXXIX.

Pure in sette righe nell'area. mm. 75 (1).

Sino dall'anno 1511, durante la disastrosa guerra di Cambrai, Venezia perdeva Grradisca suo propu- gnacolo orientale, perdita cui mai la regina dei mari seppe adattarsi, perocché mirava a togliere quella discontinuità di confine alpino, che, interrotto fra l'Istria ed il Friuli occidentale, dava si facile accesso ai predoni oltramontani, i quali tenevano così in loro balia Trieste e le contee di Gorizia e Gradisca, e dava loro la possibilità di invadere la Venezia anche con un colpo di mano. Venezia pensò quindi a costruire caserme nelle città lito- ranee, e ad innalzare dalle fondamenta la fortezza di Palma, sopra progetto di Giulio Savorgnano. Il 7 ottobre 1593, anniversario della battaglia di Le- panto, fu posta la prima pietra, e Palma, dopo Ca- sale, fu allora il piìi forte baluardo d'Italia.

A ricordo di tutti questi fatti si hanno varie

(1) Qui bisogna notare come il Sig. Armand abbia tenuto conto in modo speciale dell'elemento artistico, nel riunire le descrizioni delle medaglie italiane dei secoli XV e XVI. Evidentemente il medaglione fuso per la cittadella di Gradisca non può interessare chi si occupa di storia dell'arte, poiché consta solo di due iscrizioni, al diritto e al rovescio, senza alcun ornamento.

(N. d. R.)

I.F MEDAGLIE FRIULANE DEL SECOLO XV E XVI 199

medaglie, e la prima che trovo nelle tavole del Cumano porta al:

jy PAX * TISI * MÀRCE * E * M *

Venezia coronata, seduta a sinistra sopra un sedile che è sostenuto da due zampe di leone, nella sinistra ha una palma, colla destra corona il leone alato e nimbato sostenente colle zampe davanti uno stemma ; all' esergo, in tre righe, principatvs pascalis

CICONIA.

:^ * MILITVM. HOSPITIA. IN. VRBIS. LITTORE. - &EORG.' GRAD.' MC." SVRI - ANVS. ET. CAROL.^ CORNEL.' - MVNIENDIS. OPPIDIS. PREFECTI. EX S. C. CON STRVENDA. CVRARVT. ANNO. DOMINI.

* 1592. *

In dieci righe nel campo.

La seconda fu riportata ora dall' Armand nel III volume a pag. 304 B, e di questa completeremo la leggenda del dritto, perchè, forse per cattiva con- servazione, non gli fu possibile rilevarla bene.

B' PASCHALE. CICONIA. DVCE VENETIAR. ET. C AN.

DNI 1593.

Il museo friulano ne possiede due differenti, una in argento ed una in bronzo ; in qualche esemplare c'è la variante d'una postierla praticata in una cortina del poligono fortificato.

Due altre belle medaglie di Palma, pur fuse, pos- siede il Museo, ma non possono entrare in questo articolo perchè portano la data del 1G04 e 1005.

Come abbiamo detto, Venezia mirava sempre ad allargare i siioi confini orientali, ed in una vertenza fra la repubblica e Rodolfo II d'Austria, nel 1582, Krasmo Graziani Udinese, che fu consultore legale

200 VALENTINO OSTERMANN

del Veneto governo per ben mezzo secolo, tutelò i diritti della patria con grande abilità e risolutezza. La Serenissima fu talmente soddisfatta dell'ope- rato del Oraziani, che a perpetuarne il ricordo fece fondere una medaglia portante al:

jy MVNVS - REIPVBLIOE - AD ERASMVS G-RA- TIANVS VTINENSIS (sic) A. D. E. I. C.

In sei righe nel campo con tre rosette sopra, e tre sotto, entro un contorno rilevato ed a rabeschi.

Ijl SENATVS. DECRETO. FIDEI. VIRTVTISQVE. TESTI- MONIVM.

Leone in molleca, sotto ed ai lati tre stelline sopra S. M. V. bronzo ; mm. 37.

Cornelio Gallo dagli storici nostri si volea fare nativo di Cividale {Forii.mjulii), ma il Mommsen lo dimostrò nativo di Frejus in Provenza. Di lui il nostro Museo possiede in argento e bronzo una bellissima medaglia, sullo stile di Roma imperiale, che per la maniera del lavoro si vede subito essere opera del Cavino; porta al:

^' CORNELIVS GALLVS FOROIVLIENSES (sic).

Testa nuda a destra.

9I VIR - TVS

Nel campo, ai due lati di un palmizio, ai cui piedi , poggiati a terra, uno scudo, un arco ed una freccia a sinistra; a destra una lira. mm. 32.

Giovanni Nanni detto de' Ricamatori, meglio cono- sciuto col nome di Giovanni da Udine, fu uno dei migliori allievi di Raffaello; di lui mi fu mostrato dal compianto Comm. Biondelli un bel medaglione

r.K MEI>.\(iIJK l'itUM.ANK I>1:|. SKCOI.d XV K XVI 201

die si conserva nella Raccolta di Brera in Milano, giudicato opera della metà del secolo XVI W.

^ GIOVANNI DA VDINE PITTORE

Nel giro, a lettere incavate a punteruolo ; testa barbuta a sinistra, con cappello a larghe tese.

9/ MEMORIA ETERNA DELLA PATRIA.

Incavato a punteruolo nel campo che del resto è liscio. bronzo mm. 68.

Altro medaglione che pur .si conserva nella Rac- colta di Brera, mostratomi dal Biondelli, è quello del letterato friulano Lodovico Martelli. Nato citta- dino di Udine, fa allievo della famosa accademia di Bernardino Partenio in Spilimbergo, poi insegnante di belle lettere in Esto, dove pare morisse verso il 1590. Di lui v' è un'opera in versi stampata dallo Zanetti in Venezia nel lo?;]; anche lo stilo di questa medaglia dimostra chiaro che appartiene alla seconda metà del secolo X\'I: e perciò la medaglia fu attri- buita al ]\rartelli friulano, che havvi notizia pure d'altro Lodovico ^Martelli iiorentino, morto nel In'Mi ('2;.

(1) Se non erriamo, quest.i di Giovanni da Cdino .appnrtiono ad nna serie di medai^Iie d'artisti, lavorato nella prima metà del sorcio XVIf ed abbastanza comuni; ronosfiamo quello di Raffaello, di Benvenuto Cellini, di Giulio Romano, di Francesco da Volterra, e di ])arecclii altri e tutte lianno la legi^enda incisa e dei rovesci di pochissima importanza dal lato artistico ed iconografico non hanno grande valore.

(N. d. R.)

(2) Pure lasciando piena libertà di apjirozzamento al nostro eh. Colla- boratore circa la distinzione fra Martelli friulani e Martelli fiorentini, dobbiamo osservare elio questo pezzo è un ihrido, formato da un diritto simile a quello della luedaglia di Lod. Martelli pubblicata dal J^itta fu Famiglia Martelli di Firenze nj e dal rovescio colla Fontana delle Scienze e la leggenda VIRTVS NVNQ. DEFICIT, rovescio clie si trova in varie medaglie ed ò attribuito a Leone Leoni o piuttosto a .Jacopo da Trezzo (v. le opere dell' Armand e del Plon).

(N. d. R.)

202 vaij;nti.no oStkhmann

B' LVDOVICVS MARTELLVS.

Busto barbato a dritta.

^- . .

Leggenda irrilevabile nell'esergo. Nel campo figura di donna ritta di faccia, alzante sulle braccia una cesta sopra il capo ; ai suoi lati altre figure che non si possono ben rilevare, essendo l' esemplare una riproduzione in getto mal riuscita nel rovescio. bronzo mm. 77.

Altra medaglia friulana che ritengo inedita, e che finora era sfuggita alle mie ricerche, è quella di mons. Lodovico di Porcia, la quale mi fu segnalata dalla gentilezza del bibliotecario di Udine D. Joppi.

Le origini di questa famiglia si perdono nella caligine dei tempi. Gli storici della Marca Trevi- giana vogliono che la famiglia da Prata, detta poi anche di Porcia e Brugnera, derivi dagli antichi conti di Ceneda di nazione Longobarda. Guecel- letto da Prata, ch'ebbe tanta parte nei rivolgimenti della nostra regione nel secolo XII, è il più vetusto personaggio di quella famiglia, di cui si abbiano notizie esatte dai documenti (^). Gli alberi di famiglia lo dii'ebbero figlio di un Gabriele, ma di costui non si trova memoria in verun atto contemporaneo.

Guecello o Guecelletto comparisce per la prima volta nel 1184 come capitano generale del Patriarca d'Aquileja, dei vescovi delle città di Belluno, Ceneda e Conegliano, contro i Trevigiani nella famosa lega della Marca Veronese. Ha poi parte in tutti i fatti importanti dell'epoca, e nel 1177, coi pi'incipali

(1) e. Feiierico Stefani, Di Guecelletto da Prata e dell'origine dei principi di Porcia e Brugnera. Venezia ; Naratowicli, 1876. Pei- nozze Manfren-Piove.^ana.

LK .MEDAGLIE KRIULAXE DEL SECOLO XV K XVI 2C0

gentiluomini della Marca, comparisce egli pure alla famosa pace di Venezia stipulata fra il Barbarossa ed Alessandro III.

Morto Gruecelletto nel 1230, lasciò due figli; Gabriele primogenito, capostipite della linea da Prata, Federigo secondogenito, che forma il ramo di Porcia e Brugnei'a.

Discondente da questa linea fu Lodovico quondam Bartolomeo di Porcia. Era egli canonico di Treviso nel 1528, fu Priore di S. Leonardo in Padova, e Pievano di S. Taziano di Francenigo, di S. Giovanni di Brugnera, ed aveva il chiericato (i) di S. Nicolò di Brugnera, che rinunziò nel 1537 a favore del proprio fratello Brizalia. Il primo marzo 1549 fu posta la prima pietra di S. Nicolò per ingrandirne la Chiesa; era questa situata entro il castello di Brugnera. In tale occasione venne fusa la medaglia che riportiamo, esistente nel museo Pisani di Venezia. Lodovico morì nel 1570 e fu sepolto in quella chiesa.

^ LVDOVICVS COMES PVRLILIARVM. M- D. XLVIIII.

Busto barbato a sinistra con quadrato in testa.

9' DEO ET SANCTO NICOLAO DICATVM.

Stemma bipartito portante sei gigli d'argento in campo rosso caricato di bianco. mm. 38.

Altra nobilissima famiglia friulana ò quella dei conti Frangipane di Castello Porpetto, o meglio semplicemente di Castello, la quale pretende discen- dere da quel Leone Frajapane di Roma, di cui si

(Ij Nelle Pievi maggiori, fino dai tempi antichi, era stato istituito un Ijenoficio minore, detto il chiericato, avente rendite speciali; spesso però i chiericati venivano accordati in commenda, cioiì a rendita vitalizia, ed il chierico nominava allora un suo vicario; il chierico dovea aiutare il pievano nella cura d'anime.

204 VALKNTIM) USTERMANN

hanno memorie certe che risalgono ai primordi deirXT secolo. Comunque è certo casato assai illustre, ed il personaggio più antico che si trovi citato nei documenti ò Volrico o Vodalrico di Castello, il quale con atto 16 dicembro 118G, esistente nell'archivio dei conti Frangipani d'Udine, concede alcune terre a titolo di feudo a Federico di Brazzano. Certo che questo Vodalrico fu personaggio importantissimo , poiché nel 1213 fu a lui scritta una lettera commen- datizia, esistente nell'archivio di stato in Venezia, dallo stesso Fedeinco II imperatore.

Ora, in una delle più vecchie mie schede, trovo segnata una medaglia di Federico Frangipane dei signori di Castello e Tarcento, senza ch'io in allora abbia indicato il modulo, la fonte da cui ri- trassi l'indicazione; non so quindi dire in oggi dove esista la medaglia, od in quale autore si trovi pub- blicata.

Federico nacque in Tarcento verso il 1530 ; fu Griureconsulto, elegante scrittore in poesia, e nunzio della Patria dinanzi al veneto Senato. Indi si fece sacerdote, e come tale fu assunto segi*etario dal- l'arcivescovo di Salisburgo Marco Sittico conte di Altemps. Più tardi fu proposito di S. Pietro in Cargna e finì col farsi monaco di S. Agostino, col nome di Paraclito, morendo nel convento di Porcia nel 1599. La medaglia in suo onore porta :

^ PARACLITVS FRAN&IP MVS DEC

Suo busto di faccia. 9* Anepigrafe.

Il monte Parnaso sormontato dal Pegaso, ed una musa gradiente con la lira.

Fin qui le giunte ; ora passiamo ad alcune retti- licay.ioni.

I.K MKDAGLIE l'RIL'LANE DEL SECOLO XV E XVI 205

Nel voi. II a pag. 128 N. 6 troviamo descritta una medaglia, che si attribuisco ad un Pietro Antonio del (sic) Castello di sconosciuta origine.

Como abbiamo detto i conti Frangipane si noma- vano propriamente S>gìiori eh' Castello. Pietro di Ni- colò di Castello e di Susanna Arcoloniani, sposava nel 20 docembro lòOG i^) Giulia quondam Giorgio Neyhaus, alla volgare Nausero, latinamente Castro- novo, di Connons. Fu padre di sette maschi e cinque femmine, ed il primogenito fa il celebro Cornelio Frangipane di Castello, Giureconsulto, oratore e poeta del secolo XVI, sul quale ultimamente fece un im- portante studio il compianto C.® Prospero Antonini senatore del Pegno v'-). Della morte di Pietro (nell'al- bero di famiglia è indicato con ([uesto solo nome) non si conosce la data precisa ; vivo ancora ned 1545 era già morto al 10 ]\Iarzo aiuio stesso, ed io non esito ad attribuire a lui la medaglia di cui devo la conoscenza all'Armand che così la descrive :

jy PETRVS ANTON DE CASTELLO 1515.

Busto a siuist-ra, l^arbatu o coperti) ili l)nrretto.

9' DVM SPIRITVS HOS REGET ARTVS 1515.

Veltro avvinto ad un albero, al quale sta appoggiato, mm. 46.

L'identitJi del rovescio, eccettuata la leggenda, con quella della medaglia di Kustachio Bojani , friidano esso pure, ma erroneamente citato nell'Armand come napolitano (Voi II, pag. 1()S, N. 10), aggiunge valore all'opinione esposta.

(1) Patti dotali, Arrhiv. Frangipani Udine.

(2) Prosperi Antumm, CodìcUo Fyimyijinìn' ili Castello. Firenze, M. Cel- lini, 1882.

•20G VALENTINO OSTERMANN

La medaglia del Bojani si trova abbastanza fre- quente in Friuli, avendone io avuti a mano otto o dieci esemplari. Quello esistente nel nostro Museo, fu rinvenuto nel demolire un muro nella casa do- menicale dei Bojani in Ipplis presso Cividale, e forse quella villa potrebbe aver dato motivo alla medaglia stessa (V. op. cit. N. 79). La famiglia dei Bojani di Cividale è celebre nelle storie del Friuli per nume- rosi personaggi distintisi nelle armi, nelle lettere, nelle leggi e nella religione. Un Corrado Bojani fu vescovo di Trieste dal 1212 al 1232; della Beata Ben- venuta Bojani, nata a Cividale l' anno della morte del vescovo Corrado, l'illustre Bernardo MariadeRubeis stampava la vita in Venezia nel 1757, altro Corrado nel 134G esibiva al Doge Andrea Dandolo di portarsi al servizio della repubblica con buon nerbo di cavalli, per cui n'ebbe dal Doge affettuosissime lettere in ringraziamento, ed un terzo Corrado militava come capitano dei Carraresi , quando nel 1390 ricupera- vano Padova, e Venceslao Bojano era in relazione epistolare col Berni nel 1525.

Io non ho mai potuto vedere l'albero genealogico della famiglia , per trovare chi fosse V Eustachio citato, ma la frequenza con cui si rinvengono tra noi quelle medaglie , e l' identità del rovescio con' quella di Pietro Antonio di Castello, mi accerta che quel bronzo ricorda un Bojani Friulano ; la leggenda del rovescio in questa è soltanto: sic vivendo

DIV VIVITVR AN MDXXV CVR CV yETATE SVA AGRICVL C^PIT

Altro bel medaglione dall' Armand ritenuto appar- tenente ad un conte di IMonteniac francese (voi. II, pag. 144 e voi. ITI, 215 d.) è quello di Sebastiano, Montagnacco. Sebastiano ]\Iontagnacco fu figlio di Giov. Francesco do'Signori di Cassacco. Ebbe per fra-

l.K MKDAcil.lK I-RUI..\NE DKI, SKCOM) XV E XVI 207

tello Giacomo canonico e preposito d'Aquileja morto nel 1513. Sebastiano sposò Luigia (Aloysia) quondam Francesco Corbelli , fu uno dei cinque oratori deputati dalla Città di Udine al ricevimento solenne del Patriarca Marino Grimani , avvenuto l' ultimo d'ottobre 1524. Morì al 3 Luglio 1540, lasciando due figli, Girolamo Dottore, e Leonardo gentiluomo d'a- nimo nobilissimo. Quest'ultimo portossi nel 1530 in Venezia, assieme agli ambasciatori della città di Udine, per congratularsi col Doge Andrea Gritti della sua assunzione al Dogado, e fu dalla Serenis- sima in tale occasione creato cavaliere aurato, onore riservato solo ai membri delle famiglie più illustri. L'ignoto medaglista della sigla P. V. si vede tosto dalla maniera del lavoro, essere Tidentico elio fuse nel 1530 la medaglia di ^larco Antonio Contarini (di cui r Armand al voi. II pag. 174 X. 6). Anzi nell'esemplare bellissimo che il nosti'O Museo possiede, sotto la testa del Contarini v'ò la .sigla V, sfuggita all' Armand, il (piale nel III volume però ritiene appunto che la medaglia appartenga ad un meda- glista Veneziano che visse nel 1525. Io credo che la medaglia del Montagnacco .sia stata ordinata a Ve- nezia in occasione del viaggio sopra notato nel 1530, anno in cui si fuse quella del Contarini. A provare ad esuberanza che il Montagnacco è personaggio friulano, citeremo ancora che la leggenda del rovescio della medaglia: CASSiAWM sol- kt i.mi'Kxsa rkstitvtvm s e trova esatto riscontro in una pietra esi- stente nel castello di Cassacco :

CASSIANVM VK

TVSTATE COI.LAl'SVM

lACOIìVS ET SEIÌAS

T I A N VS MG N T EMACI

FRATKES KESTITV

Mrccci.xxx

208 VALENTINO OSTERMANN

Non cita poi l'Armancl la patria di Floriano An- tonini (voi. I pag. 179 N. 2) il quale nacque in Udine. Il suo palazzo figurante nel rovescio della medaglia, esiste in questa città, in borgo Gemona; fu architettato dal Palladio, ma è tuttora incompleto.

La stessa ommissione fu fatta pure per Giovanni Mels (voi. I pag. 182 N. 20) nato anch'esso in Udine sul finire del secolo XV. Fu assessore e vicario di Luogotenenti veneti nella nostra provincia, e nel 1543 vicario del Governatore di Vicenza. Abbandonato il mondo, il Mels si ritrasse in un convento a Milano, e nel 1558 fu eletto preposito Generale dei Barna- biti, fra quali meni un anno dopo.

Tiberio Deciani l'Armand lo dice nato ad Aronzo (sic) in Friuli, nel 1508 e morto nel 1581 .(voi. I pag. 180 N. 13): Auronzo sarebbe in provincia di Bel- luno, ed in Friuli non vi sono villaggi di tal nome; il Deciani nacque invece ad Udine li 3 Agosto 1509 e morì nel 1582.

Altro lieve errore è quello che si riferisce ad Ago- stino de Girolami o de Hyeronimis (voi. II pag. 72 N. 15) che l'Armand erroneamente chiama Agosto, mentre dovea dirlo Augusto, pseudonimo assunto dal de Gerolami, quando stampò le sue odi safìiche a Venezia coi tipi di Marc' Antonio Moreto 1520.

Dalle citazioni fatte, chiaro apparisce che in Friuli, nella prima metà del secolo XVT i nobili e letterati voleano perpetuare la propria memoria colle meda- glie. Per questa moda tanto diffusa e per le altre ragioni che verremo enumerando, crediamo che ap- partengano a personaggi friulani anche altre due medaglie antecedentemente da me ignorate.

La prima (voi. II pag. 77 N. 17) appartiene ad un Partenio, indicato come sconosciuto.

Fu Bernardino Partenio uno degli Umanisti più

LE MEDAGLIE FRIULANE DEL SECOLO XV E XVI 209

distinti. Nacque in Spilinibergo sulla line del secolo XV od al principio del XVI. Xel 1538 apri nella sua patria un' accademia, alla quale, por la fama del maestro, affluivano studenti di ogni nazione. Il Par- tenio fu di poi professore a Serravalle e Vicenza, e quindi a Venezia ove morì come docente di greco nel 15S8 in Parocchia di S. Luca, lasciando nume- rose opere stampate, specialmente in poesia.

L'Armand nel III voi., pag. 179 e 185, si corregge, supponendo che la medaglia appartenga ad Ippolito Aurispa detto il Partenio da Macerata ; io credo però che un precettore stimato, un docente di valore, un letterato distinto com'era Bernardino Partenio, abbia fatto sorgere ne' suoi discepoli il desiderio di tramandarne la memoria ai posteri, come prima i discepoli aveano contribuito a tramandare i ricordi di Vittorino da Feltra, del Decembrio, di Egano Lambertini, di Francesco Filelfo, di ^larc'Antonio Passeri e di tanti altri umanisti e filosofi che ti'oppo lungo sarebbe qui il voler citare.

La seconda l'Armand, voi. II, pag. 85, N. 9, la crede di un Giovanni Candido francese, citato dal Burchard fra gli inviati del re di Francia che ven- nero a Roma nel 1491; io ritengo invoco sia ([uesti lo storico friulano GHovanni Candido. Xacf|uo egli in Udine da Nicolò signore del castello di Lusc- riacco, verso la metà del secolo XV. Laureato in giurisprudenza prese ad esercitarla con plauso nella sua patria ; ma implicato nelle famoso vicende del Giovedì grasso 1511, seguendo la parte dei Collorcdo, fu costretto contro il furore di pai-te Savnrguana a salvarsi assieme ad altri, noi canq)anile del Duomo. Allorquando Venezia mandò un membro del Con- siglio dei dieci a sedare quei torbidi, il Candido potè passare a Cividale, ove prese stanza, dedicandosi

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210 V. OSTKUMANN - I.R MEDAGLIE Fltll LANE DEI, SEfOI.O XV E XVI

con aiiioro agli stndì dolio patrio istorie, e nel 15 Luglio 1521 diede alla luce in Venezia i Commen- tarii AquiJejrnses Johannis Candidi, ristampati a Ve- nezia da Micliielo Tramezzino nel 1544 tradotti in italiano. Moriva in Udine il 20 Luglio 1528.

Come abbiamo detto erano di moda le medaglie in Friuli, l'avevano Augusto Vate, Girolamo Savor- gnani, Pietr' Antonio da Castello, Sebastiano IVfon- tagnacco, Eustachio Bojani , Lodovico di Porcia , Paraclito Frangipane, Giuseppe Colloredo, l'Antonini, il Deciani, il Mels e tanti altri; non è irragionevole supporre quindi che l'abbiano avuta anche il Partenio e Giovanni Candido.

L' Armand ripoi'terebbe la leggenda del D : ioiiannis CANDIDA ; sarebbe da vedere se non fosse invece cax- DiDVS ; o meglio iohannes candidvs.

Con questo ho finito la mia rassegna pel Friuli, e se ai lettori non sarà per riuscire sgradito questo mio breve studio critico, darò in un prossimo fasci- colo della Rivista alcuno giunte e correzioni per altre Provincie, e per Venezia specialmente, deducendole da qualche nota che trovo nello mie schede.

Valentino Ostermann.

-*585*-

DI UNA MONETINA TRIVULZIANA

con S. Garpoforo

A due tei'zi di strada fra ^lenaggiu sul Lario e Porlezza sul Ceresio , si trova il piccolo ma pitto- resco Lago del Piano o di Romazza, incastonato fra le verdi pendici che si elevano poi in altissime montagne. Tn una penisoletta di questo lago, de- nominata Mirandola, avendo verso la fino dell'anno scorso il proprietario, Pietro Gilardoni bel tipo di agricoltore lombardo reduce dall' America rimosso un macigno por eseguire alcune piantagioni di viti , venne in luce un gruzzolo di monete sotto nascoste; erano circa una cinquantina, tra fran- cesi , svizzere e milanesi , ed il ripostiglio poteva risalire al principio del secolo XVI.

Fra queste monete, tutte conosciute, e qual più qual meno pregevole e rara, una soltanto spiccava a prima lettura per singolarità e per novità assoluta.

Si trattava di una monetina di mistura, col nome di S. Cai'poforo nome ignoto sinora all' agiologia numismatica e qui la descriviamo :

212 SOLONE AMBROSOU

Peso grammi 0,440. ^ _ {cerchietlo) |0 lA TR M V LE M F

Croce ornata, entro cerchio sottile. ■^ _ {cerchietto) . s KARPOFORVS D M

Busto nimbato, entro cerchio e. s. (Vedi Fig.)-

Evidentemente, questa monetina fu coniata da Giangiacomo Trivulzio ; essa tuttavia costituisce un unicum, che si stacca dalla intera numismatica tri- vulziana, quale ebbe recentemente la sua splendida sintesi nell'opera dei fratelli Gnecchi.

Nuovo il tipo (benché scelto a palese imitazione delle monete di Milano), e nuovo il santo raffigurato, non solo per le zecche trivulziane (i) , ma, come ab- biamo detto, per la numismatica in genere (2).

Ora, a qual periodo della signoria ed a quale fra le due zecche di Giangiacomo Trivulzio, Mesocco e Musso, si doveva attribuire questa nuova monetina?

La risposta alla prima domanda era facile, perchè il titolo di « Marchese di Vigevano, " che si legge sulla moneta, e che fu conferito a Giangiacomo nel 1499, ne limita la coniazione fra quell'anno ed il 1518, data della di lui morte.

Ma quanto alla determinazione della zecca, le dif- ficoltà sembravano insuperabili anche per questa moneta, come per quello altre di Giangiacomo le quali portando il titolo di « Marchese di Vigevano " possono essere state battute a Mesocco che a Musso (3).

(1) Il I Santi effigiati sulle monete dei Trivulzio sono tre : la Beata u. Vergine col Bambino, San Giorgio e San Biagio. » (Gnecchi F. ed E. Le monete dei Trivulzio, descritte ed illustrate, Milano, Dumolard. 1887, Prefazione, pag. XXXIII).

(2) Non è compreso neppure nel vastissimo elenco di santi pubblicato dal Reni'ZMANN, Numismatisches Legenden-Lexicon.

(B) » E assai diiificile, jjer non dire impossibile, l'assegnare con sieu-

DI UNA MONETINA TRIVULZIANA CON S. OARl'OKORO

213

E ciò tanto più che il santo effigiato sulla mo- netina non poteva presumibilmente servire di criterio per tale attribuzione, sia pei validi motivi esposti dai fratelli Grnecchi ragionando dei santi clie compaiono nella numismatica trivulziana (^), sia per la circo- stanza che a S. Carpoforo non sapevamo dedicata nessuna chiesa a Mesocco a Musso in altra parte dei domini trivulziani (2) .

Quando fortuna volle che c'imbattessimo in un distinto giovane milanese, il Rag. Emilio Tagliabue,

u rezza le singole monete di Gian Giacomo Trivulzio all'una piuttosto u che all'altra Zecca, non potendo noi basarci che sopra congetture. È u assai probabile che tutte le monete, le quali non portano che il suo u semplice nome, o colla sola aggiunta di comes, siano coniate a Mesocco, u quando egli non aveva altro titolo che quello di Conte di Mesoccc n (Gnecchi, op. cit., Prefazione, pag. XXIII).

(1) Motivi che giustificavano la loro conclusione: uche i Santi rappre- u sentati sulle monete dei Trivulzio non sono, come in gran numero delle u monete italiane dell'epoca, indizii della Zecca ove furono coniate, ma li sono piuttosto Santi da essi scelti come protettori o difensori, o per u ricordare onorificenze ricevute dai Sovrani, ii (Gnkochi, op. cit.. Prefa- zione, pag. XXXIV).

(2) Nei dintorni , o almeno a non soverchia distanza , troviamo due chiese dedicate a S. Carpoforo, l'una a Delebio in Valtellina, e l'altra a Bissone nel Canton Ticino.

Ma ben più importante è la notizia comunicataci dall'amico nostro In- gegnere Emilio Motta, che a Gorduno presso Bellinzona la nuova chiesa parrocchiale è dei SS. Rocco e Sebastiano, ma l'antica era dei SS. Car- poforo e Maurizio (u 0 milites Chrìsti, sanrti Carpophore et Maurxti, inter- cedile prò nohis et benefactorihiis nostris apud Deum. l'iOO. n leggesi su una delle campane della chiesa).

E Gorduno, quantunque situato sulla sponda destra del Ticino , fron- teggia lo sbocco della Val Mesolcina, od a Gorduno sorgeva un cast«llo dei Signori di Sacco o Sax, già dominatori di ((uella valle. Il Bai.i.arim, Compendio delle Cronirìir della Città di Como (1619), cosi ne parla , pa- gina 306: u II castello detto de Sacchi nella Villa di Gorduno della n Pieve di Bellinzona fu edificato per opera del Conte Alberto Sacco u Signoro della Valle Mesolcina, quando prese Bellinzona l'anno 1402. u Ma fu distrutto al tempo delle jìarti, essendo soprale lui testiggia fahri- u rata la Chiesa di S. Carpofforo. n

Nel recentissimo N. 22 del Foglio Officiale del Canton Ticino, leggesi a pag. 712 l'avviso 28 maggio anno corr. 188.S,del Consiglio parrocchiale di Gorduno per l'asta publdica per i lavori di ristauro, alzamento e co- struzione della volta della chiesa di S Carpoforo.

214 SOLONE AMHROSOLI

residente da vari anni al S. Bernardino , pratico na- turalmente della Val Mesolcina , e studiosissimo inoltre delle cose trivulziane.

Egli ebbe la cortesia di comunicarci una copia da lui presa di un vecchio manoscritto clie si trova presso un privato in Mesocco, e clie alla sua volta ò una copia o traduzione dell'antico istrumento di fon- dazione della Canonica di S. Vittore in quella vallo (i).

Ne riportiamo quanto occorre pel caso nostro:

u Nel nome del Signore e della SSt.ma ed Individua Tri- u nità, 1219 in giorno di terza Domenica sulla fine del mese u d'Aprile, Indizione Settima, il Sig. Enrico figliuolo del u Sig. Alberto de Sacco per rimedio dell' anima sua e del u Suo Sig. Padre e di tutti li suoi Antecessori ha ordinato u e deliberato talmente , che in perpetuo debba esser os- u servato inviolabilmente per lui e suoi Eredi che la Chiesa u di S.' Grioanni, la quale è situata nel luogo di St. Vittore, u da qui innanzi sia Plebe e Canonica, nella quale debban u essere sei Canonici e Prebendari]' li quali debbano essere u della Valle Mesolcina, talmente che uno di loro sia Pre- " posito e Rettore d'essa Canonica e Fratelli.

u Rem ha deliberato e ordinato che tutti li frutti , ren- u dimenti, offerte, prebende, ecc. ecc.

u Kem ha dato ed offerto overo per titolo di donazione u donato, ecc. ecc.

u Item ha deliberato e ordinato che quatro delli predetti u Canonici sieno tenuti celebrare li divini Uffizij nella u Chiesa de SStt. Grioanni e Vittore e li altri due debbano u celebrare li divini Uffizij nella Chiesa di St. Maria di u Mesoco, ecc. ecc.

u Item ha deliberato e ordinato che uno di quelli quatro u li quali celebrano li Divini Uffizij nella Chiesa de SSti. a Grioanni e Vittore debbano celebrar Messa una volta u ogni quindici giorni nella Chiesa di Santa Maria di Ca- u lanca ed ogni quindici giorni una volta a Santo Pietro u di Verdabbio, ecc. ecc.

u Ite)n ha deliberato e ordinato che uno di quelli due

(1) Documento citato dall' Eichiiorn , Episcnpatus Cwiensis , e dal- I'a Marca, Compendio storico della Valle Mesolcina, ma non ancora pub- blicato in exlenso. Manca al Codex Diplomaticus del Mohr.

DI UNA MONETINA TRIVUI.ZIANA CON S. CARPOFORO 215

li che celebreranno li divini Uffìzij in St. Ilaria di Mesoco

u ogni quindici giorni sia tenuto celebrar Messa nella

u Chiesa di St. Martino di Soazza ed ogni quindici giorni

u alla Chiesa di St. CARPOFORO sopra il Castello (1) , ed

u una volta ogni quindici giorni nella Chiesa di St. Pietro

a di Crinieo (2), ecc. ecc. n

Di questo stesso istrumento del 1219, si conservano tre copie nell'Archivio vescovile di Coirà, come risulta da una lettera del eh. Dott. Liebenau di Lucerna , che gentilmente se ne volle occupare per intromis- sione del sig. Ing. Motta. Due copie sono in latino, ed una in italiano. Quelle latine, collazionate dall'ar- chivista Tuor , dicono in ultimo : u Ifeìn statuii , u. id unus de illis duohus qui dehent celebrare ad eccle- u, Siam St. Maìie de Misocho semel in qicindicim die- u bus debeat celebrare raissam ad ecclesiam S.''- Mar- ti tiìii de Souasza et semel in quindicim diebus ad ce- il clesiam SJi CARPOFFOltl de Sorcdstello. r Nella copia italiana leggesi invece Ckristoffero , ma 1' ar- chivista Tuor crede che la lezione Carpofjfori sia l'esatta. Tutte le detto tre copie conservate a Coirà, datano probabilmente dal 16B4, e per una almeno ci consta che fu trascritta dalla copia fatta sull'ori- ginale nel 1475 dal notaio Alberto de Salvagno C^).

(1) Cioè intendasi nel recinto del Castello, poiché il Castello di Me- 80CC0 è posto sulla sommità di una rupe isolata che domina il centro della valle.

(2) Crimeo o Cremeo è uno degli abitati componenti il comune di Mesocco.

(3) Al momento di licenziare questa breve memoria, il sig. Tagliabue ci scrive dal S. Bernardino int'ormandoci che la pergamena originale si custodisco nell'archivio dell'Amministrazione parrocchiale di S. Vittore, dov'è inventariata e rubricata sotto il N. IG, Ordinamento del capitolo di Enrico de Sacco 1219. originale. Sotto il N. 17 sono due pergamene in rotolo copie auteìitiche della pergamena al N. tO. Detto pergamene corrispondono alla trascrizione già favoritaci dallo stesso sig. Tagliabue, e che abbiamo pubblicata più addietro; e vi si legge chiaramente: " S. Carpoforo So- pra il castello, n

21G A.Mimosor.i - di una monetina trivi:i,ziana con s. carpoforo

È insomma fuor di dubbio elio a IVIesocco vi era una chiesa di S. Carpoforo , de Sorcastello , u sopra il Castello " ; ed allora , a no.stro avviso , dovrebb'essere quella chiesuola di cui si veggono gli avanzi fra le rovine stesso del Castello. Essa è quasi interamente diroccata, ma no rimane intatto il campanile. Il nomo se ne è perduto, e viene co- munemente chiamata la « chiesa del Castello " W.

Si noti che nella intera diocesi di Coirà non si ha notizia che di un'altra sola chiesa dedicata a S. Carpoforo, ed ò quella di Trimmis presso Coirà i^), la qual chiesa nell' anno 958 venne donata a quel vescovato da Ottone I (3).

In base a questi documenti ed a queste conside- razioni, non esitiamo ad attribuire alla zecca di Me- socco la singolare monetina con S. Carpoforo da noi pubblicata W ; poiché S. Carpoforo era venerato in Mesocco, ed anzi doveva esservi particolarmente ve- nerato, se la sua chiesa sorgeva nel Castello mede- simo, come speriamo di avere dimostrato.

SoLoxE Ambrosoli.

(1) V'iia bensì chi dice che questa cappella del Castello di Mesocco fosse consacrata a Santa Caterina, ma crediamo che ciò provenga dal con- fonderla con un'altra antica cappella che si trova a poca distanza dal Ca- stello, e nella quale è appunto raffigurata quella santa.

In una vecchia immagine di devozione , incisa da un tedesco di Au- gusta, u Vero Ritratto della B. V. Maria Miracolosa Appresso il Castello di Mesoco in Valle Mosolcina n, si vede , in alto, un quadro rappresen- tante la Vergine col Bambino e Santa Caterina (dal dipinto che si con- serva tuttora a Mesocco) , e in basso una veduta del Castello , della chiesa di Santa Maria, e della cappella dedicata a Santa Caterina.

(2) NiiscHELER, Die Gotteshi'iuser der Schvei;, I, Bisthum Chur, 139.

(3) MoHR, Codex dìplomaticus ad historiam Racticam, I, pag. 75-76.

(4) Che, pei buoni uffici del sig. Giacomo Cavallini di Chiasso, ha po- tuto essere acquistata dal Gabinetto Numismatico di Brera.

DOCUMENTI INEDITI

DELLA ZECCA DI CORREGGIO

Fra le carte lasciate dal compianto Prof. Biondelli, già Direttore del Grabinetto Numismatico di Brera, carte ch'io ebbi la fortuna di acquistare , ho rinve- nuto due documenti inediti relativi alla zecca di Cor- reggio. Sono due Concessioni di zecca stipulate fra Siro principe di Correggio e il suo zecchiere Agostino Rivarola. Unito a questi documenti sta un manoscritto autografo del medesimo Prof. Biondelli intitolato : La Zecca e le monete dei Signori di Correggio, illu- strale con documenti inediti. Il lavoro fu cominciato nel 18G8 e, a giudicarne dalle poche pagine di cui si compone , doveva essere una monografia completa delle monete di Correggio coll'aggiunta dei due do- cumenti accennati.

Nel 1870 venne in luce l'opera del Bigi: Di Ca- millo e Siro di Correggio e della loro zecca ; e forse allora il Biondelli , vedendosi in parte prevenuto , lasciò in tronco il suo lavoro e non vi pensò più.

Ora io credo interessante pei lettori della Rivista il pubblicare queste due Concessioni di zecca, tanto più che esse contengono il disegno di monete finora inedite e che forse rimasero sempre allo stato di progetto.

J9

218 ICUCOI.E GNKCClll

Premottiamo ora qualche cenno sulle vicende del principe Siro. Lasciando da parte le dolorose peri- pezie d'ogni genere, di cui fa vittima questo prin- cipe, forse più infelice che malvagio , accenneremo solamente a quelle che si riferiscono alla zecca. Siro, figlio naturale di Camillo principe di Correggio, e di Francesca Mellini, rimase erede dello Stato alla morte del padre nel 1605, e fu confermato nel principato con tutti gli annessi privilegi dall'impe- ratore Mattia, con suo diploma 13 febbraio 1G15. In quell'anno appunto o nel seguente , la zecca co- minciò a lavorare a nome di Siro; i primi contratti regolari di zecca, che si conoscono, però non hanno principio che nel 1617. Dopo soli tre anni, nel 1619 0 1620, cominciavano già i guai cogli zecchieri, i quali per avidità di guadagno commettevano le più enormi frodi nella lega dei metalli; sicché in breve tempo varii di essi furono sfrattati e sostituiti. Dalle case bancarie di Grermania cominciavano intanto a giungere le più vive rimostranze suU' adulterazione delle monete italiane, la quale cagionava non pochi danni ai loro mercati. I principi italiani sapendosi tutti, dal più al meno, colpevoli di queste frodi , e visto il nembo clie si addensava sul loro capo, si adoperarono in mille modi e col denaro e cogli in- trighi e colle aderenze , finche riuscirono a far constare l'insussistenza di quelle accuse. Siro invece non si curò affatto di quei lamenti e continuò a battere moneta coll'usato sistema, limitandosi ad in- trodurre ne' contratti di zecca maggiori cautele e facendo rigorosamente sorvegliare e controllare l'ope- rato de' suoi zecchieri. Dopo qualche anno, nel set- tembre del 1623 , Siro fu accusato presso la Corte imperiale di Vienna come colpevole di grandi frodi nell'esercizio della sua zecca di Correggio. Fu dun-

DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CUliREdGlO 219

qiie citato a comparire dinanzi all'imperiai Con- siglio, sotto pena di perdere il privilegio della zecca. Siro mandò un suo delegato a Vienna, per far giun- gere colà le sue ragioni e dimostrare che le accuso erano per lo meno esagerate. Le cose restarono a questo punto e por allora non se ne fece nulla. Siro si adagiò dunque nella speranza, che non si sarebbe pensato più che tanto a lui, e che nella peggiore ipotesi la condanna che gli poteva toccare sarebbe stata una multa in denaro , come prescrivevano le leggi. Senonchè dopo otto anni, nel 1G30, la Corte di Vienna mandò il generale Aldringen ad intimare a Siro di costituirsi nella rocca di Xovellara avanti il Commissario imperiale W. Intanto si compiva il sequestro ne' suoi palazzi e 1' arresto del suo zec- chiero Agostino Rivarola. Fu immediaraente istituito il processo e nel giugno di queir anno stesso uscì da Vienna la sentenza che dichiarava Siro niente- meno che decaduto dallo Stato. A nulla valsero le raccomandazioni, le proteste, le pratiche d'ogni ge- nere fatte presso la Corte di Vienna per ottenere almeno una sentenza più mite. La Corte confermò la sentenza, col patto di redenzione mercè lo sborso di 2.30,000 fiorini d'oro, misura illusoria, stante la enormità del prezzo e Fimpossibilità in Siro di sbor- sarlo. Xello stesso anno il Duca di Guastalla, in nomo dell'Impero, prese possesso dello Stato di Correggio e minacciò severissime pene a quelli che avessero osato far opposizione. Nell'aprile dell'anno seguente 1631, Siro colla moglie e i figli e quel poco che aveva potuto salvare dalla rapacità de' nuovi padroni, abbandonò Correggio e si rifugiò a Mantova. Visse

(1) Bigi. Opera citata, pag. 32.

220 ERCOLE GNECCHI

COSÌ privatamente, guadagnandosi di che vivere colla vendita di qualche capo d'arte che ancora gli rima- neva, finché nel 1642 , volendo fare un ultimo ten- tativo presso la Corte imperiale , si recò a Vienna in compagnia di un suo figlio. Colà, facendo valere tutti i suoi diplomi e privilegi, intercedette da prima per riavere il principato, poi si accontentò di chie- dere le allodiali , in fine discese a chiedere gli ali- menti ; ma tutto gli fu negato. Ritornò scoraggiato e deluso a Mantova, dove passò altri tre anni nella miseria e nell'avvilimento, finche morì nel 1645.

Siro di Correggio, fu chiamato il falsario per ec- cellenza, e si disse che egli sorpassò tutti i suoi coe- tanei nel contraifare i tipi delle monete italiane ed estere in credito a quel tempo e nello speculare vergo- gnosamente sulla lega dei metalli nobili. Forse però egli non fu più colpevole della maggior parte dei signorotti del suo tempo, i quali tutti, al par di lui, imitarono i tipi specialmente delle monete estere , frodando sul titolo dell' oro e dell'argento, come ad esempio quelli contemporanei di Messerano, Tresana, Desana, Frinco, ecc., ecc., i quali suscitarono spesso le più vive rimostranze de' loro Sovrani, che di tanto in tanto si trovavano costretti a pubblicare de' bandi per proscrivere dal mercato una buona parte delle loro monete, inferiori di titolo a quanto prescrive- vano le leggi. In ogni modo la colpa degli abusi verificatisi nella coniazione delle monete di Siro va in gran parte attribuita a' suoi zecchieri , i quali non rispettando i capitoli stipulati col loro Signore, specularono per proprio conto sulla zecca, tanto da meritarsi un dopo l'altro il licenziamento. Forse fu Siro un capro espiatorio per tutti , e la condanna inflittagli fu un avvertimento e una minaccia per tutti gli altri.

DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CORREGGIO 221

Del resto l'accnsa di adulterazione delle monete fa il pretesto dell'enorme condanna inflittagli; ma le cause vere e più influenti bisogna ricercarle in alcune private odiosità che il Principe Siro s' era tirato addosso, e nei maneggi politici di chi spiava un'occasione favorevole per ispogliarlo del princi- pato e venirne in possesso. Gli editti monetarii di allora assegnavano una multa di cinquanta marche d'oro a coloro che avessero battuto monete non ap- provate dalla legge e in ogni caso il maximum della pena poteva essere la perdita del privilegio della zecca. La condanna toccata a Siro fu dunque per ogni verso ingiusta , come fu ingiusto ed iniquo il modo tenuto nell'istituire il processo contro di lui : lo provano ad evidenza i documenti , le cronache, le memorie del tempo, e le opere stesse di storici illustri ed imparziali. Non è nostro compito il far qui delle numerose citazioni ed esaminare quanto ne scrissero in proposito i contemporanei. Chi de- siderasse consultare quelle fonti , le può trovare accennate nell' opera citata del Bigi. Del resto il giudizio su tale condanna fu concorde anche in queir epoca. Fino da allora si elevarono generali proteste contro l'operato della Corte imperiale, o il notaio Tebaldo Serri con nobile coraggio stese una violenta protesta sull'atto ingiusto della Corte e sulla enorme violazione dell'editto monetario e del trat- tato di Ratisbona e la fece pubblicare per tutta Italia. Poco mancò che quell'atto generoso costasse la vita al coraggioso Serri; egli fu infatti condan- nato a morte, benché poi venisse graziato (i).

Fatti questi pochi cenni , veniamo ora ai due

(1) Bigi. Opera oitatn, pag. 33.

222 ERCOLK GNECCHl

documenti inediti. Il pi'imo di essi (vedi Tav. V) è datato da Correggio , li 22 ottobre 1620, e si rife- risce alla concessione di battitura di talleri tipo olandese (i) .

Vi vediamo il disegno di tre impronte diverse da apporsi a monete d'argento del modulo ordinario dei talleri , senza indicazione di diritto e di rovescio. Eccone la descrizione :

1. MO NO SYRI AVS P I C-

Guerriero galeato in piedi che sostiene colla sinistra uno scudo col leone rampante, clie ricopre la metà inferiore della persona.

2. CONFIDENS DNO NON MOVETVR-

Un gran leone rampante che occupa tutto il campo.

3. MONETA NOVA CIVITATI C

Scudo inquartato di aquile e leoni rampanti, separati da una gran croce, nel cui centro è posto lo scudetto colla fascia, antico stemma del Casato. Lo scudo è attor- niato da ricco collare e sormontato da corona.

Segue poi il contratto così concepito :

Concede S. E. III.''"^ a Gio. Agostino Rivarola al pnte Zecchiero durante tutta la sua locatione che possa metter nelle monete d'argento grosse li sopradetti impronti varia- tamente a suo piacere , risalvando sempre però il peso et bontà conforme alli capitoli agiustati. E per fede

Siro Gio. Agostino Rivarola mano propria.

(1) In testa al documento sta scritto in forma di protocollo :

u 'concessio exhibita p. Jo. Aug. Rharolam de m. {mandato) IH. et

excelL d. {domini) Pomponij Spilimberghi subd. (subdelegati) Cesarei, ut in

actis sub die 7 maij 1627. ìi

norx'MKNn inediti hem.a zkcoa di Correggio 223

Il tipo de' disegai n. 1 e 2 è precisamente quello dei talleri d'Olanda; quello n. 3 imita perfettamente il t'po di molti talleri delle città libere della Ger- mania. Il tipo olandese (n. 1 e 2) era già stato imi- tato dal principe Camillo padre di Siro ; ma di quest' ultimo non conosco alcuna moneta che gli assomigli.

Veniamo ora al secondo documento (vedi Tav. VI) in data del giugno 1622 (i). Precedono lo scritto i disegni di una moneta da battersi del valore di soldi quattro e sono i seguenti :

^ SYR AVSTRIA PRIN + P C ET DE S R IMP C- F-

Aquila bicipite coronata e col globo crucigero in petto, sul quale è segnato il numero 48.

?/ MONET NOVA ARGENTEA GIVI COR

Grande scudo ovale composto di molti quarti; nel mezzo le aquile inquartate con leoni rampanti, in giro altri leoni rampanti, il leone gradiente, il sole, la fascia, la correggia, stemma della città, l'aquila ed il giglio: il tutto sormontato da corona imperiale e attorniato da ricco collare.

Ora ecco le parole del Contratto :

S. E. UI."^^ concede a Già. Agostino Rionrola una moneta de bontà d'onze ima p. lib.^ et n'aìiderà alla libra pezzi cin- quanta cinque, nella qle potrà mettere li suddetti impronti , et le potrà spendere nello sfato di S. E. III.'^^ p soldi quatro lima, et le potrà far piti greve, ma non piti leggiere, et p.

(1) In alto al documento vi vediamo, come nel precedente, l'indicazione protocollare : Septima concessio exhibit. per Aug. Rivarolam d. m. iti. et excell. d. Pomponij Spilimberghi suhd. Cesarei, ut in actis, sub die 17 Maij anno 1627.

224 E. GNEOCHI - DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CORREGGIO

honoranza pagare lire tre p. libra, et p. fede la pntc sarà sotto scritta di mano di S. E. Ill,^'-

Il Giugno i622.

Siro Già. Agostino Rivarola mano propria.

Questa moneta è un' imitazione perfetta delle monete contemporanee da 48 stiXher di varie città austriache.

Siro di Correggio, invece di imitare le buone mo- nete italiane dell' epoca , sceglieva di preferenza a modello il tipo delle monete straniere, forse perchè meno conosciute , e quindi più diffìcile il sapere da quale officina uscissero e potessero poi avere facile corso anche oltralpe. Così fecero anche i Gonzaga a Bozzolo e Guastalla , gli Spinola a Tassarolo , i Tizzoni a Desana e in generale tutti i feudatarii dell'alta Italia.

Ercole Gnecghi.

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A PROPOSITO DELLE MONETE DI GIANCARLO VISCONTI

Nell'autunno del 1850, entrato con un mio fratello socio di collezione (ora morto, poveretto) da un ore- fice di Lecco e chiestogli di monete antiche, ne fu mostrato un sacchetto di monetine di lega apparen- temente milanesi del principio del quattrocento e ci fu detto essere state ritrovate da poco tempo a Valgreghentino .

Data una rapida occhiata al contenuto e scam- biatacene una seconda, comperammo senza mercan- teggiare. Eravamo poco più che ragazzi, si racco- glieva un po' di tutto e ci si metteva della passione. Qiial fu la nostra sorpresa, allorcliè ne fecimo l'esame, vedendoci passare sott'oecliio donaretti di Giancarlo ed Estore Visconti, collegati e soli, frammisti con altri di Giangaleazzo , Giovanni ^[aria e Filippo Ilaria ! Ci pareva di sognare.

Fatto passare per bene il nostro tcsoretto , tro- vammo che non consisteva clic di trilline, denari e bisciole, mille e cinijuecento circa. Y' erano pochi denari di Giangaleazzo ])<'r Milano, \"orona, e credo anche Padova, quantità di bisciolo di Giovanni Ilaria, buon numero di P]stor<' e (ìiancarlo associati, una del solo Estoru, una del solo Giancarlo ben chiara, più duo poco leggibili, tuttora inedito, cinque 0 sei con Medfo^anensfs nel rovescio, una trillina di Giovanni da Vignate, un denaro di Cabrino Fon-

3o

226 filUSEPPE GAVAZZI

dulo, lino di Franchino Rusca (assai probabilmente il secondo) e parecchi di Filippo Maria come conte di Pavia. Nessun conio più moderno di quest'ultimo, nessuno più antico di Giangaleazzo. Concludemmo, che il nascondimento dovea aver avuto luogo nel 1412.

Tenemmo ciò che giudicammo convenirci meglio, fecimo dei cambi con diversi, e cedemmo il rima- nente al Cav. Morbio.

Le bisciole dunque di Estore e Giancarlo e le poche col MediolanensìS distribuite dal Morbio a di- versi collettori, provengono dal ripostiglio di Val- greghentino, è meraviglia se le prime da raris- sime che erano siano divenute piuttosto comuni.

Delle da noi ritenute, giudico tuttora inedite le tre seguenti:

1." Giancarlo solo. Bisciola. Grammi 0,40. ^' - ^I^ lOHANES : KAROLVS

Biscia viscontea. li >^ VICECOMES : (VILI. 3 : &

Croce fiorita.

2.» Estore solo. Bisciola. Grammi 0,55.

^ STOR VICECOMES

Biscia viscontea. ]^ {rosetta) HESTOR VI ES

Croce fiorita.

3.° Bisciola, 0 a questa metto un punto interrogativo seb- bene la mia sia di perfetta conservazione e leggibilis- sima. — Grammi 0,60.

ly lOHANES . VICECOM

Biscia viscontea. !{,' _ {rosetta) MEDIOLANENSÌS Croce fiorita.

Gli amici fratelli Gnecchi nelle ^tonete di Milano, ai N. 3 0 4 di Giancarlo solo, descrivono due esem-

A PROPOSITO DELLE MONETE DI GIANX'ARLO VISCONTI 227

plari, l'uno della colleziono Bertolotti, l'altro della loro. Nel diritto del primo (grammi 0,51) leg- gono lOHANES KAROLVS: in quello del secondo leggono lOHANES K VICECOM.

Dubito però che questi valenti conoscitori non avendo avuto a disposizione conii abbastanza leg- gibili abbiano dovuto ricostruire le leggende per congettura. Infatti se vorranno rivedere il pezzo ri- prodotto nell'opera citata a Tavola LVII N. 4, tro- veranno che nella loro bisciola giudicata di Giancarlo manca la parte inferiore, quindi si possono avere le lettere fra lOHANNES e CECOM (queste ul- time tagliate a mezzo).

Nella collezione Verri havvi una bisciola simile, di conservazione mediocre, nella quale lessi colla scorta, della mia esattamente come in questa.

In omaggio all'autorità dei prelodati amici la lasciai anch'io per ora sotto Giancarlo Visconti ma non giu- rerei che sia di lui. Oserei anzi dubitare del contrario.

Osservo intanto e anzitutto che mi sembra strano quel Medwlanensis scritto su una moneta di Milano.

Uno che sta e comanda in un luogo, non ha bi- sogno di dire donde sia ; e in quei tempi, conviene riconoscere che nelle moneto si omettevano le pa- role inutili e le qualifiche invero vi sono molto pre- cise. Debbo però confessare che l'apparenza del conio è affatto milanese. Il che non vieta anche .supporre, 0 che sia stato fatto in Milano per un milanese avente dominio altrove, o anche imitato dal tipo milanese. Cosa ne difficile, improbabile, nuova. Per ci- tare un esempio, accennerò a Giovanni da Vignate, il cui grosso e la trillina hanno tutta la caratte- ristica dei milanesi. In secondo luogo, la mia bisciola e quella della collezione Verri non portano il nome intero KAROLVS l'iniziale K in aggiunta a Johannes.

228 (i. GAVAZZI - A PROPOSITI DELLE MONETE DI GIANCARLO VISCONTI

Non saprei perchè Giancarlo Visconti, che non si chiama giammai con altro nome in tutte le monete, tanto in compagnia d'Estore, che solo, abbia a fare vma simile eccezione. Più strana sarebbe per Gio- vanni Maria, che in ogni caso avrebbe dovuto qua- lificarsi anche Duca. E nemmeno la crederei di Giovanni Visconti Arcivescovo, pel carattere molto diverso delle monete di lui.

In qualunque caso però la parola Mediolanensis mi persuade sempre più che la bisciola apparterrà certamente a un Giovanni Visconti milanese, ma probabilmente ad altra città che non sia Milano.

Ho esposto un dubbio e con un dubbio un que- sito. Altri più valenti di me lo sapranno sciogliere. Chi sa che studiandoci sopra non s'abbia a trovare qualche nome o qualche notizia nuova.

Giuseppe Gavazzi.

-r^jJS-

IL RIPOSTIGLIO DI S. ZENO IN VERONA CITTÀ

Un'importante scoperta numismatica è stata fatta in Yo- rona nel principio dello scorso anno nel vicolo Chiodo quasi allo sbocco delle regaste di S. Zeno ove trovasi l'antico pa- lazzo dei Conti Chiodo ora proprietà dei signori Peranzoni.

Nella seconda settimana del febbraio 1887 mentre alcuni muratori eseguivano certi lavori nel cortile di detto palazzo per fare un forno ad una caldaja, il piccone s'imbattè alla profondità di circa un metro in un corpo solido che si ruppe facendo contemjooraneamente sentire nella fossa il rumore come di moneto che si spandono. Era un'anfora ansata romana in terra cotta dello spessore variante dai millimetri 60 ai 100 tutta ripiena di denari d' argento in gran parte a fior di conio dei vari imperatori che si segui- rono da Nerone a Lucio Vero. Come ebbesi a riscontrare in tanti altri ripostigli consimili che vennero alla hice in questi ultimi anni si verificò anche in questo che i da- nari dei primi imperatori sono i più consunti e ciò si comprende facilmente per la ragiono che furono in corso un maggior tratto tempo. E di fatti quelli di Nerone e giù gradatamente fino Adriano sono tutti di conservazione terza e seconda. Quelli di Elio Cesare e Sabina di conservazione prima, mentre con Antonino Pio comincia invece il fior di conio e troviamo finalmente i denari ruspi fra quelli di Marco Aurelio e Lucio Vero che probabilmente saranno stati appena coniati all'epoca del sotterramento di questo piccolo tesoro. Frammezzo a questi denari d'argento se ne trovarono anche due d'oro di perfetta conservazione e bel-

230 AM1[,CAKE ANCONA

l'arte che sembrano bellissimi cammei, uno è di Faustina seniore col rovescio aeternitas (Cohen 6), 1' altro di An- tonino Pio colla testa di Marco Aurelio giovane nel rovescio (Cohen 16) ; si trovarono inoltre due medi bronzi di Adriano e Faustina seniore assai danneggiati dall'ossido ed una lu- cerna di terra cotta di forma combine e senza fregi.

Tale scoperta fu anche accennata ma incompletamente nei giornali locali. L'Adige N. 45 del 14 febbraio 1887 u. Il te- soro di S. Zeno n parla di 60 monete di Vespasiano e Fau- stina e VAì^ena N. 4.5 del 14-15 febbraio u. Scoperta Ar- cheologica n dice che le monete trovate furono 50, 100 e forse pili ancora.

Il caso volle che potessimo tener dietro alle vicende di qiTesto ripostiglio e siamo perciò in grado di poter affer- mare che la sua importanza è ben maggiore di quanto dapprima si credeva, mentre il numero accertato delle mo- nete è superiore alle 2800. Pare che una parte di questi denari sia passata in altre mani nello stesso mese del ri- trovamento mentre in quell'epoca ad intervallo di pochi giorni ne vennero alla luce in due riprese 647 ; forse rap- presentavano la parto toccata a due lavoranti, ma più pro- babilmente furono venduti dal proprietario perchè essendo passati per le nostre mani abbiamo potuto constatare che vi erano rappresentati tutti gli imperatori del ripostiglio compreso il primo, cioè Nerone, del quale sette soli esem- plari troviamo in 2528 denari classificati, ed anche Elio Cesare del quale se ne trovarono 6 esemplari soltanto fra i suddetti 2528. È dunque quasi evidente che la divisione fu praticata da mano esperta. Il ragguardevole numero dei pezzi di questo ripostiglio non venne a nostra cognizione che nello scorso mese d'aprile; dapprima ci si faceva cre- dere che il proprietario tenesse soltanto due aurei di Fau- stina e circa un trecento denari d'argento, ma la pre- tesa di un prezzo piuttosto elevato, il dubbio che altre poi potessero sortirne e la incominciatane dispersione, ci fece allora ritenere quasi impossibile di poter reintegrare l'intero repostiglio per cui non ce ne siamo più occupati ed abbiamo ceduto l' acquistato piccolo nucleo di pezzi 367 al signor

IL RIPOSTIGLIO DI S. ZENO IN VERONA CITTA

231

Cav. Francesco Gnecchi, il quale ne conserva tuttora le schede che gioveranno se potremo seguire le traccie del nucleo minore disperso di pezzi 280.

Verso la fine del detto mese d'aprile poi ci venne offerto nella sua interezza il nucleo principale che trovavasi ancora nelle mani del proprietario Don Giov. Batt. Peranzoni e del quale possiamo dare la seguente nota esatta :

Nerone

denari d'argento N.

G

Galea

» » »

G

Ottone

» » »

4

VlTELLlO

» » »

9

Elio Cesare (1)

fra i quali quello assai raro colle teste attVoutate dei figli ? nel rovescio :

LIBKKI IMP OERM

Vespasiano

»

»

>/

117

Tito

»

»

»

33

Domiziano

»

»

»

16G

Nerva

»

»

»

4G

Trajano

»

»

»

435

Adriano

»

»

»

381

»

medio bronzo

»

1

Sabina

denari

d'argento

»

29

e fra questi uno inedito

SABINA AVGVSTA IIADKIA-

ni avct p '^. Testa diade- mata a destra rovescio anepigrafe Donna (Ve- nere ?) a destra con asta e scudo ai piedi tenendo nella destra un elmo, fra i quali uno inedito AKLivs CAESAR. Testa a destra rovescio : tr POT cos II Donna velata in piedi a destra, colla mano destra rialzata e la cassetta dei profumi nella sinistra, ai suoi piedi un altare.

Totale da riportarsi N. 1238

(1) Apprezzato nel Cohen L. 12. È da notarsi il numero cosi limi- tato dei denari d'Elio Cesare iu un ripostiglio d'oltre 2800 pezzi.

2532 AMHX'AKl

K ANCONA

Riporto N.

1238

Antonino Pio denari d'argunto

»

418

Faustina seniore » »

»

213

» » d'oro

»

1

» medio l)ronzo

»

1

Antonino Pio e

Maiic'Aurelio denari d'argento

»

7

» » d'oro

»

1

Marc'Adrelio » d'argento

»

151 e fra qnesti uno inedito. (Vedi Prospetto in seguito).

Faustina juniore »

»

102

Lucio Vero » »

»

29 fra i quali uno inedito (Vedi Prospetto in seguito).

In totale pezzi N. 21G1 ai quali aggiunti gli altri G47 dispersi formano un complesso di N. 2808 pezzi.

Avuti nelle mani questi denari , dopoché il proprietario ne prelevò cento (a quanto ci si assicura fra i rovesci du- plicati dei vari imperatori), constatando la cattiva conser- vazione di tutti quelli da Nerone ad Antonino Pio ed il loro numero superiore alla metà del complesso e riconfer- mandoci nella certezza che sarebbe stata oramai assoluta- mente impossibile la reintegrazione dell'intero ripostiglio, ci siamo decisi ad acquistare soltanto quelli più ben con- servati, cioè i denari di Sabina, Elio Cesare, Antonino Pio, Faustina seniore, Antonino Pio e Marco Aurelio, Marco Aurelio, Faustina juniore e Lucio Vero. E di buon grado avremmo acquistato anche gli altri se si avesse potuto rag- giungere lo scopo suaccennato, e ciò per una doverosa de- ferenza all'illustre amico nostro Professore Luigi Adriano Milani, Direttore del Museo Etrusco e del Gabinetto Numi- smatico di Firenze, il quale cosi dottamente e diffusamente illustrò i cinque ripostigli di Fiesole, A.leria, Koma (questo di nostra proprietà), della Venera e di S. Bernardino (1), quest'ultimo da noi pure recentemente acquistato sempre in

(1) Milani Luigi Adriano, Di alcuni repostiyli di monete romane (studi di cronologia e storia). Estratto dal Museo di Antichità classica diretto da D. Comparetti, Voi. II, Puntata I, Anno 1886.

Il, RlI'OSrillUO 111 S. ZENO IN VERUNA CITTA

233

omaggio alle idee svolte dal sullodato Prof. Milani nel suo pregiato lavoro, sull'importanza cioè che dovrebbesi annet- tere al mantenimento integrale dei ripostigli per il vero valore storico indiscutibile che rappresentano, talcliè ben a ragione egli li chiama veri codici del tempo, codici origi- nali ed inalterabili.

Ai numismatici ricchi di censo è raccomandabile di entrare nella linea di vedute del chiarissimo Professore Milani perchè potrebbero, se lo volessero, iniziare questo nuovo ge- nere di importanti collezioni per le quali non basta la buona volontà, e che non sono quindi alla portata di tutti, ma riescirebbero certo di grande utilità alla scienza, che de- plora la scomparsa di preziose raccolte. Lo riscontriamo anche qui a Milano che appena trenta o quaranta anni ad- dietro vantava contemporaneamente, oltre le celebri colle- zioni Trivulzio e Verri, tuttora in essere, quelle del Conte Taverna , del Conte Griacomo Bolognini Attendolo e del Rag. Giuseppe Sorniani passate poi per legati nel Civico Museo, quelle del Conte Mulazzani, del Nobile Cagnola, della Principessa Belgiojoso Trivulzio (1), dei fratelli Vandoni, del Marchese Cusani, del Cav. Giuseppe Gavazzi, del Gerson, del Rag. Consonni, del Franchetti, del Marchese d'Adda, del Cav. Muoni, dell'avvocato Bertolotti, del Conte Burini, del Cav. Morbio, del Cav. Rejiossi, del Bazzi conduttore del- l'albergo del Biscione, del Canonico Codara, ecc. Di tutte queste per la maggior parte insigni raccolte, frutto di pa- zienti e lunghe ricerche locali, non ci restano oggi clie quelle del Nob. Cagnola, del Cav. Gavazzi, del Cav. Muoni e dell'avv. Bertolotti i quali meritano lode per aver costan- temente persistito negli studi e nelle ricerclie numismatiche e per aver saputo resistere alla corrente delle vendite che da circa un decennio si susseguono non interrottamente.

(1) In questa collezione, ricca di tremissi longobardi, trovavasi pure quello di Desiderio, col klavia meuioi.ano, ora nel Museo di Torino, unico che si conoscesse sino all'anno 1885 in cui ne sortì un altro nell'Agro Lodigiano il quale forma ora parte della Collezione Averara di Lodi.

3i

2;ri

A.MII.CATllO ANCONA

Sorsoro ò bensì vero in Milano diverse nuove collezioni ed in prima linea devonsi menzionare quelle dei Signori Gav. Francesco e Gav. Ercole G-necchi che godono oramai una fama europea; vengono in seguito quelle del Gav. Prayer, del 13/ Garetti , del Rag. Gogliati , dell' avvocato Ratti , del D/ Comandini, del Sig. Rodolfo Sessa, del Sig. Miglia- vacca e qualche altra, dimenticlieremo la biblioteca nu- mismatica raccolta dal modesto ma eruditissimo Prof. Luppi, ma senza far torto a tutti questi egregi nuovi numismatici ci permettiamo di asserire che ancora non ci compensano pienamente dei perduti.

Ma torniamo ai nostri denari del ripostiglio e passiamo ora in rassegna quelli degli ultimi due imperatori Marco Au- relio e Lucio Vero associato all'impero da Marco Aurelio dopo la morte di Antonino Pio l'anno 161, i quali potranno met- terci forse sulla via di stabilire all'incirca l'epoca del sot- terramento e le cause che lo determinarono.

Prospetto dei denari di Marco Aurelio.

N. degli

Aimo (li

esemplari

ROVESCIO

coniazione

1

OLEM (all'esergo) tk . pot . v . cos . ii .

inedita

G

PIETAS AVG

140.43

4

IVVENTAS

141

1

COS . nES .11

144

IG

cos . Il . La Speranza a sinistra .

145.46

1

TR . poT . cos . II La Speranza a sinistra

146

3

TR . FOT . II . cos . Il Pallade a destra .

148

3

TR . POT . Ili . cos . II La Provvidenza .

149

1

CLEir . TR . POT . Ili . cos . 11 .

149

2

TR . POT . Ili . cos . Il Pallade a destra .

149

4

TK . POT . HI . cos . . La Provvidenza .

149

42 Da riportarsi

IL RlPoSTlGMo DI S. ZEND IN VKKONA CVriX

2r.5

N. degli semplari

ROVESCIO

Anno di coniazione

42 1 4 1 1 5 1 2

8 6 5 1 1

4 12

4 12 1(5

o ■J

5 2

1 I 1

4

1 1 1 1 1

148

Riporto

TR . POT , TU . POT TR . POT .

TR

TR TR TR

POT

POT

POT

POT TR . POT TR . POT . Xll TR . POT . xin TR . POT TR . POT

faccia

TR . POT

VII . cos . Il . Eoma in aiuto niilit. a sii: VII . cos . II . Il genio doU'armata a sin vai . cos . II

vili . cos .II

X . cos . II . La (iiustizia

X . cos . Il . 11 genio del popolo romano

XI . cos . II . La Felicità o la Pace a sin XI. COS. II. Saldato a sinistra

cos. II. La Pace o la Felicità . COS . Il . La Speranza . . COS . II . Il valore a sinistra . . cos . Il . DF.siG . Ili . ( Juerriero di

XIII XIIII

XIIII

cos . II . Pallade a destra

PROV . DEOR . TR . P . XV . COS . Ili . CONCORD . AVG . TR . P . XV . CuS .III PROV . DEOR . TR. P . XVI . CoS .111. CONCORD . AVG . TR . P . XVI . CoS .111 . PROV . DE OR . TR . P . XVII . CiiS . Ili CONCORD. A\'G . TR . P . XVII . OS .111 AR.MEN . TR . P . XVIII . IM1> . II . C'is . III. TR . P . XVIII . COS . II .

COS . Ili . La C'iiiicordia . (•OS . IH . La Felicità

TR . P . XVIII TR . P . XVI li P . M . TR . P .

a destra

TU .... COS , TR . POT . X\'III[ PAX . AV . TR . P . PAX . TR . P . XX . VICT . AV(i . TR . P

XVIII . IMI' . II . COS . Ili . (iiierneri

11

Minerva a sinistra

C()S .11

XX . ciis .111

iMP . mi . ci)s . Ili . La Pace

XX . COS . Ili .

l.');3 l.-)3 1.54 15.5 15(3 15() 157 157 158 150 159

KiO IfiO 1(51 1(51 1(52 1(52

1(;3 KU Kit IG4 1(51

1(51

'/<

1(55

i(5(;

!()(■) l(5C)

Inoltre nello schedo doi .'5(57 denari del Cav. (Tnocchi si trovano i seguenti altri denari di ^iarco Aurelio :

N. degli esein [ilari

ROVESCIO

Anno (li coniazione

Colien 9 » » Il

152 1(51 1(52 1(53

9 Da riportarsi

-J36

AMII.CARK ANCONA

N. degli

ROVESCIO

Anno di

esemplari

coniazione

9

Riporto

1

Cohen

dopo 77

161

3

»

151

140.43

1

»

181

161

1

»

184

162

2

»

185

162

2

»

219

150

2

»

228

153

1

»

240

156

1

»

dopo 244

«

1

»

252

158

1

»

253

158

1

»

265

160

2

»

278

164

28 che cogli altri 148 formano 176.

Prospetto dei denari di Lucio Vero.

N. degli esemplari

ROVESCIO

Anno di coniazione

1

AEQViTAS . AVO . La giustÌ7,ia a sinistra coll'asta e la bilancia

inedito

4

1

14

l'ROV . DEOR . TU . P . COS . Il . .

CONCORDIA . .\VC, . COS .11

PROV . IIEOR . TR . P . Il . COS . II .

161 161 162

3

2

PROV . DEOR . TR . P . III . COS . II .

TR . p . III . iMP . II . COS . II . (all'esergo) armen

163

163

3

TR. P . un . I.MP . II . COS . IH . .

164

28 E fra le sclietle del sig. Cav. Gnecchi ne troviamo:

N. degli esemplari

ROVESCIO

Colien 37 » 50 » 58

7 che uniti ai 28 sopradescritti formano 35.

Anno di coniazione

162 164 165

IL RIPOSTIGLIO UI S. ZENO IN VERONA CITTÀ 237

Mentre adunque riscontriamo che fra i 35 denari di Lucio Vero l'ultimo coniato è quello dell'anno 165, fra quelli di Marco Aurelio ne troviamo invece tre coniati posterior- mente e cioè quelli col rovescio della Pace e della Vittoria coniati l'anno 166. Altri denari di Lucio Vero si conoscono con rovesci diversi dai nostri che furono coniati nei suc- cessivi anni sino al 168, è improbabile che qualcuno ce ne fosse fra i 280 dispersi. Meno agevole poi riescirebbe il supplire alla lacuna dei denari di Marco Aurelio che cer- tamente dovevano formar parte del nucleo disperso, perchè se ne conoscono moltissimi coniati a tutto 1' anno 180 in cui avvenne la sua morte.

Ma se l'esperta mano che operò la spartizione del ripo- stiglio ne collocò 28 nel nucleo dei 367 pezzi del signor Cav. Gnocchi, non ne avrà collocati forse più di 20 nel- l'altro dei 280, e crediamo ben difficile che fra questi 20 ve ne fossero di battuti posteriormente all' anno 168 con- siderato che nella totalità dei 176 pezzi che conosciamo se ne trovarono appena tre battuti nel 166 ed uno battuto nel 165. E facciamo constatare che i denari di questo ri- postiglio sono coniati anteriormente all'anno 168 perchè ap- punto allora combattevasi la guerra Marcommanica, quindi gran passaggio di soldati nell'alta Italia, e fu in quello stesso anno che i due imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero con poderoso esercito si recarono sino ad Aquileia in seguito a che i barbari del settentrione cessarono le ostilità e si mostrarono propensi alla pace. I duo imperatori, ridonata la tranquillità alla Pannonia ed all' lUiria , poterono ri- tornarsene nel 169 verso Iloma, ove giunse il solo Marco Aurelio, essendo morto Lucio Vero colpito da accidente presso Aitino ; ma nel successivo anno 170 i barbari ripre- sero le armi e Marco Aurelio, al quale mancavano da- nari e soldati in causa specialmente della peste che infie- riva in Roma, liberati gli schiavi ne formò alcune legioni, come erasi già fatto all'epoca della guerra punica. Prese inoltre i gladiatori, i banditi della Dalmazia e molte com- pagnie di Germani formando cosi un grosso esercito e per supplire ai bisogni dell'erario vendette al pubblico incanto

238 A. ANCONA - 11, un'(,.snc;i,io in s. /.v.yo in vkkona cuik

gli effetti preziosi del palazzo imperiale , persino lo vesti di Faustina. E con una parte di tanto oro e argento rica- vato è probabile sionsi coniati i numerosi denari del 170 che avranno seguito 1' esercito nelle casse militari e dei quali accenneremo soltanto i rovesci più comuni:

VICT . AVG .COS . HI

VICT . AV(i . COS . HI . S . e .

COS . Ili . La Fortuna in piedi a sinistra. COS . Ili . La Saluto in piedi a destra. COS . Ili . Diana in piedi a destra. COS . IH . Pallado in pitidi a destra.

SALUTI . AVG . COS . Ili . FEMCITAS . AVG . COS . IH .

Ebbene di tutti questi neppure uno ne troviamo nel ripo- stiglio di S. Zeno, come non no troviamo di quelli coniati nel 173-74 colla Vittoria Germanica, alcun altro dei coniati successivamente sino al 180 epoca della morte di Marco Aurelio e della fine della guerra Maroomannica. Incliniamo quindi a credere che il nostro tesoretto sia stato sotterrato nel 168 o nel 170, per il panico forse cagionato dal pas- saggio di tante milizie e più probabilmente nel 170 in cui sarà precorsa la voce dello strano esercito raccolto da Marco Aurelio.

Ad ogni modo sta il fatto che Verona, già dichiarata piazza d'armi sino dai tempi di Vespasiano, era spesso mi- nacciata dai barbari presso le Alpi, ed è quindi possibile che, durante la lunga guerra Marcomannica, il timore ap- punto d'una invasione abbia determinato il sotterramento del ripostiglio di S. Zeno, che in tal caso sarebbe avvenuto fra il 168 e il 180.

Amilcare Ancona.

CRONACA

BERNARDINO BIONDELLI

COMMEMORAZIONE.

Col (/ionio 11 del pros- simo luglio stanno per compiere due anni dalla morte del Prof. Comm. Jìerìiarilino JiioiidefH , ijià Direttore del B. Ga- binetto Numismatico di Brera. La ^Rivista crede ili non poter meglio ono- rare il nome di Lui, che riassumendo iìi se- ti ulto a gentile permesso la hella Commemora- zione pronunciata da' cìi. Prof. Vigilio Txama nella solenne adunanza del 11. Istituto LjOìh- lardo, il 12 ijennaio del- l' anno corrente.

Nacque il Bioiuìolli in Vrroiiii il 14 marzo 1S04, e (]uivi fece gli stuilj ginnasiali e liceali, dedicandosi subiti^ dopo all'insegnavaeiito didla matematica, della storia e della geo-

240 f-RONACA

grafìa, ora nelle scuole della sua città, ora in altri istituti del Veneto.

Venuto nel 1839 a Milano, qui prese stabile dimora, e più non si mosse da questa città, che diventò sua seconda pa- tria dilettissima, se non per fare più o meno lunghe escur- sioni o viaggi in Italia e fuori, sempre per ragioni di studio o per doveri d'ufficio.

Nel 1849 venne nominato Aggiunto e presto dopo Bù^et- tore del Gabinetto Numismatico, ufficio che egli conservò fino al giorno della sua morte. Nello stesso tempo aveva avuto l'incarico dall'I. R. G-overno austriaco di dare un pub- blico corso di Archeologia e di Numismatica, nei locali del Gabinetto ; e quando mutarono felicemente i tempi venne dal E. Governo nominato, nel 1861, professore ordinario di Archeologia nella R. Accademia scientifico-letteraria, allora istituita, dal quale ufficio cessò solo due anni prima che egli morisse, avendo egli stesso chiesto di essere collocato a riposo.

Fu nominato Socio Corrispondente, poi Membro Effettivo del E. Istituto Lombardo, copri la carica di Segretario nel biennio 1880-81 e fece parte di parecchie Commissioni no- minate per iscopi scientifici o artistici.

Quando il Biondelli giunse a Milano ferveva qui operosa una vita intellettuale piena di nobili aspirazioni e di alte promesse, ridestata sopra tutto per la iniziativa di Carlo Cattaneo, il quale in quell'anno appunto (nel 1839) vi aveva fondato il suo Politecnico, organo insieme ed efficace pro- motore di codesta insolita operosità di studj.

Il nuovo giornale aveva preso subito il primo posto fra i giornali letterarj e scientifici della penisola.

Il Cattaneo era circondato e sorretto nell'impresa da una eletta schiera di valorosi che miravano con lui a rialzare sempre più insieme colla prosperità economica anche la coltura del paese.

In quella eletta schiera di studiosi entrò, e ben presto ebbe im posto distinto, il nostro Biondelli. Egli coltivava allora gli studj linguistici e dialettologici, e di questi fu il rappresentante nel Politecnico.

CO.MMKMOKAZIONK DI lìERNARDlNO HlO.MiEl.Ll 241

In una serie di articoli, più tardi raccolti in un volume, egli si era proposto di far conoscere a' suoi compatrioti la scienza della Comparazione dei linguaggi che il genio del Grrimm e del Bopp aveva da poco creato in Germania ; e discorreva àeW Origine e dello sviluppo delia linguistica.

In un altro articolo metteva in evidenza la grande uti- lità di codesti studj, per le molteplici loro applicazioni alla ricerca delle origini delle nazioni e sopratutto di quelle che occuparono anticamente il nostro paese {Della lingui- stica applicata alla ricerca delle origini italiche).

Era un campo di studj affatto nuovo per l'Italia codesto che il Biondelli veniva rivelando nelle pagine del Politecnico, e i suoi articoli, scritti con bella chiarezza, venivano letti avidamente dai giovani italiani, ai quali aprivano un oriz- zonte del tutto sconosciuto.

Ma egli tuttavia non pretendeva punto di essere creatore di nuove dottrine, ilodestamente anzi ripeteva che a a nul- u l'altro egli aspirava che a rendere, co' suoi scritti, mag- u giormente diffusa presso di noi la coltura di questi studj u importantissimi, v nei quali ormai gli stranieri erano d'assai progrediti e ci avevano di tanto preceduti.

A tale intento egli concepì il disegno di un vasto lavoro che u adunasse in un'opera sola le più recenti scoperte u linguistiche sparse in molti scritti di varia favella, e trac- u ciasse sulle norme di questi, confermata e ampliata dalle u sue proprie induzioni, una classificazione compiuta di u tutti i popoli d'Europa, in riguardo al genio e ai rap- u porti delle lingue che parlano, n Quest'opera fu l'Atlante linguistico 'd'Europa , il quale doveva constare di quattro grossi volumi in-8 gr. e di un Atlante in foglio di 40 ta- vole, nei quali tutte le molto lingue parlate in Europa do- vevano essere classificate. Ma non usci che il primo volume con cinque tavole.

Se in questi lavori che riguardano la linguistica in ge- nerale, il Biondelli si accontentava di raccogliere e di ri- produrre, con lucida esposizione, quanto gli altri avevano fatto prima di lui, nello studio dei dialetti italiani invece egli portava indagini sue proprie, e raccogliendo abbou-

32

242 CRONACA

danti materiali nuovi li disponeva e illustrava con metodi da nessuno tentati ancora prima di lui.

Fin dal 1840 egli dettava per la EncicTopedia popolare del Poniba di Torino il lungo articolo che tratta delle lingue e dei dialetti d'Italia.

Questo lavoro è steso, come richiedeva l'indole della pub- blicazione, in forma popolare ; ma il Blondelli u si riser- u vava di svolgere più tardi e di proposito su tela più vasta u e di documentare con irrefregabili monumenti il prospetto u che qui aveva solamente sbozzato, n

E tale suo divisamento cominciò egli ad attuare nel Saggio sui dialetti Gallo-italici che pubblicò parecchi anni più tardi, nel 1853, in tre volumi.

Questo lavoro seriamente pensato, s' ebbe meritamente larghissime lodi in tutto il paese quando comparve alla luce e rese illustre il nome di Biondelli fra tutti i cultori degli studj dialettologici.

A compimento di questo suo Saggio pubblicò il Biondelli, tre anni dopo, alcune Poesie lombarde inedite del secolo XIII (Bernardoni, 185fi), per mostrare che in Lombardia, non meno che in altre parti d'Italia, si usasse fin dal 1200 il dialetto volgare in componimenti poetici.

Ultimo frutto degli stiidj linguistici del Biondelli è la splendida edizione dell' Evangeliariwn , epistolarium et lectio- nariuni Aztccum sive Mexicanum (1858), tolto da un an- tico codice scritto assai nitidamente su fogli di agave, che circa trent'anni prima (1826) era stato portato dall'America dal dotto viaggiatore bergamasco Giulio Cesare Beltrami. Al testo del codice segue un glossario azteco-latino^ il quale, dieci anni più tardi, venne dal Biondelli ripubblicato col- l'aggiunta di un corrispondente glossario latino-azteco.

Ma le nuove cure che la direzione del Gabinetto e la cattedra di archeologia richiedevano dal Biondelli lo dis- tolsero mano mano e sempre più dagli studj linguistici ; e dal 1850 in poi gli studj del Biondelli furono rivolti prin- cipalmente appunto alla nutnismatica e &IV archeologia.

Quando assunse l'incarico di darne pubbliche lezioni, egli aveva già dato qualche prova del suo sapere in tali discipline.

COMMEMORAZIONE 1)1 BERNARDINO BIONDEI.LI 243

Nel Congresso degli Scienziati che si tenne in Napoli nel 1845 il Biondelli fece parte della Sezione archeologica, e ne fu Segretario, e come tale stese la relazione dei lavori e delle discussioni che vi si fecero, la quale venne stam- pata negli Atti del Congresso.

Il nuovo insegnamento di Archeologia ebbe principio nel 1851, nella sala di lettura annessa in quel tempo al Gabi- netto Numismatico, e il Biondelli, innanzi a scelto e nume- rosissimo uditorio, vi lesse la prolusione (che fu poi stam- pata nel Crepuscolo di quell'anno) per indicare a larghi tratti la via che intendeva di percorrere nel corso biennale delle sue lezioni, u Egli si proponeva n (seguo le sue pa- role) u. di esaminare tutti i monumenti architettonici delle u antiche nazioni, prendendo le mosse dai Celtici, perchè u più semplici e più strettamente collegati colle origini u lombarde, per passare poi agli Etruschi, e quindi all'India u dalla cui civiltà scaturirono l'assira e babilonese, la per- tt siana e la egiziana, di ciascuna delle quali doveva trat- « tare. Dall'Egitto egli passerà poscia nella Grecia e da u questa in Roma, e ti'ascorso cosi tutto il mondo antico, u tratterà anche dei monumenti cristiani. Compiuta poi la u ispezione generale dei monumenti architettonici dell'Asia, tt dell'Africa e dell'Europa egli si farà ad adombrare (j^uelli u degli antichi abitatori del Nuovo Mondo, n

Programma vastissimo ed audace davvero, che io ho vo- luto qui esporre perchè mi sembra caratteristico per mo- strare qual fosse l'indole dell'ingegno e dell'insegnamento del prof. Biondelli.

Un saggio di codesto suo insegnamento diede il Biondelli pubblicando nel Crepmscolo del 1853 un breve Sunto di al- cune lezioni sidle antichità americane.

Quando, nel 1861, il Biondelli inaugurava nella medesima sala del Gabinetto Numismatico il suo nuovo corso come professore della R. Accad. Scentifico-letter., le opinioni sue e i suoi propositi sul compito di un insegnamento superiore dell'Archeologia non erano mutati. Era sempre la vastità dei nuovi orizzonti archeologici che attraeva sopratutto e seduceva il Biondelli.

244 CRONACA

Ma oltre che colla viva parola dalla cattedra, il Biondelli promoveva qui a Milano lo studio e il culto dell'Archeologia in altri due modi ; coll'illustrare, vale a dire, tutto quanto si conservasse in città o nella Lombardia di antiche iscri- zioni, o ruderi, o monumenti che non fossero già stati da altri convenientemente illustrati, e collo spingere le auto- rità competenti e le persone più autorevoli alla fondazione di un Museo Archeologico^ il quale provvedesse u cosi alla u coltura di storia patria come ad impedire l'ulteriore di- u spersione dei ruderi che vengono di mano in mano dis- u sotterrati, -n

Noi dobbiamo senza dubbio attribuire in gran parte a merito suo se Milano potè finalmente avere un Museo Ar- cheologico non del tutto indegno della ricca città.

ristava intanto egli dallo studiare le antichità mila- nesi e lombarde, e la illustrazione delle iscrizioni romane valse al Biondelli l'amicizia di Teodoro Mommsen, il quale quando venne a Milano per raccogliere anche in questa parte d'Italia i materiali per quella monumentale sua opera che è il Corpus iìiscriptioniim lalinnrion, si giovò non poco della molta pratica e della profonda conoscenza che dei mo- numenti milanesi aveva il Biondelli, e di lui parla con assai lusinghiere espressioni in quel volume appunto ove sono raccolte le iscrizioni della regione lombarda.

La attività del Biondelli nella illustrazione delle antichità del paese fu per parecchi anni grandissima.

Nel 1863 egli qui descrisse un'antica necropoli etnisca scoperta nell'Umbria ; nel 1864 riferisce intorno a un sepol- creto romano discoperto nella pianura sottoposta a Vergiate, sepolcreto che egli crede di dover attribuire all'epoca della decadenza romana, deducendolo da alcune monete e dai piccoli oggetti che vi si rinvennero. Di un altro sepolcreto scoperto a Vittuone egli rende conto nel 1868, rilevando il probabile significato simbolico di alcuni oggetti ritrovati.

Due anni prima egli aveva richiamato l'attenzione sulle: Iscrizioni e ìnonumenti romani scoperti ad Angera sul Verbano.

Di un' altra scoperta rese conto il Biondelli nel 1867 ,

COJIMEMORAZIONK DI FiERNARDINO lìIONDEI.l.I 245

pubblicando la descrizione di Una tomba gallo-italica a Sesto Calende sul Ticino.

Che se la predilezione del Biondelli e la operosità sua erano sopratutto rivolte ai monumenti delle età più remote, non per questo egli trascurava quelli che potevano illu- strare qualche punto della storia dell'età di mezzo.

Ed anche di storia più recente si occupò il Biondelli quando pubblicò un Nuoro documento storico relativo alle condizioni politico-eco7io?niclie delle città di Milano al tonpo della conquista del Ducato fatta dal re Francia Lodo- vico Xn (Archivio Storico Lombardo, V, 1878).

Per ciò che concerne la numismatica, già nell'elogio che egli fece del conte Carlo Ottavio Castiglioni quando, il 5 settembre 1855, venne solennemente inaugurata la statua che gli fu eretta nel palazzo di Brera , il Biondelli diede prova di molta dotti'ina parlando con rara competenza della illustrazione che il Castiglioni aveva fatto delle monete cufiche del Gabinetto milanese , competenza riconfermata presto dopo nella pubblicazione di alcune interessanti Let- tere inedite sulle zecche d' Italia del chiaro numismatico Guido Antonio Zanetti (Milano, 1861) con erudite annota- zioni esplicative. Ma il primo lavoro che mostrasse quanto ormai il Biondelli fosse addentro in questi studj è la sua bella Memoria sulle Monete auree dei Goti in Italia presen- tata a questo R. Istituto nella tornata del 13 dicembre 1860, come rapporto di una Commissione che era stata nominata per rispondere a un quesito proposto da un dotto straniero, l'illustre numismatico francese C. Robert.

u Per unanime consenso dei dotti era ormai ammesso il u fatto che i re Ostrogoti coniarono in Italia monete auree u colle effigie degli Imperatori romani (Anastasio , Giu- u stino I, Giustiniano) ad imitazione ^delle monete bizan- u tine, sia per convenzione stipulata fra Teodorico e Ze- u none, sia per agevolarne il corso in commercio presso le u popolazioni ormai avvezze al tipo imperiale n. Ma in quali zecche fossero state battute codeste monete non si sapeva. Il numismatico Lenormant, pochi anni prima aveva manifestato e sostenuto l'opinione che certe sigle o lettere

24G CRONACA

isolate neir area delle monete dovessero interpretarsi come iniziali dei nomi delle officine donde erano uscite e in tal modo era venuto a couchiudere che i Goti battessero monete d'oro non solo nelle città principali come Eoma, Eavenna, Milano, ma anche in altre di minore importanza quali p. es. Bologna, Verona, Vicenza, Pavia.

Il Biondelli con prudente e assennato riserbo mostra nel suo rapporto la incertezza di tali deduzioni fondate sopra base cosi poco sicura, e consiglia a non accettare, senza prove ulteriori e più convenienti, le conclusioni del dotto francese.

Qualche anno più tardi, nel 1869, pubblicò una estesa e assai pregevole Memoria su La Zecca e le Monete di Mi- lano, nella quale riassumeva con molta diligenza quanto su questo argomento era già stato scritto prima, sopratutto in un accurato lavoro del conte Giovanni Mulazzani (Sulla Zecca di Milano dal secolo XIII fino ai giorni nostri) uscito nel 1834 nella Rivista Europea, e aggiungeva molte nuove notizie e osservazioni sue proprie, quali venivangli sugge- rite dalla lunga esperienza ormai fatta nel Gabinetto, e dal numero sommamente accresciuto delle monete ivi raccolte.

Parlando delle origini prime della zecca milanese asse- riva allora il Biondelli che non volendo u affermar cosa " che non sia da fatti indiscutibili dimostrata , conveniva u limitarsi ad asserire che la serie incontrovertibile delle u monete milanesi non incominciava che colle monete Ca- u rolingie e più precisamente con quelle di Lodovico u il Pio. n Ma in la^'^ori successivi che egli scrisse intorno alla nostra Zecca si accostò anch' egli sempre più all' opi- nione di altri chiari eruditi i quali sostennero che a Mi- lano si battesse regolarmente moneta non solo durante il regno dei Longobardi , ma anche assai prima sotto il do- minio dei Goti, e anzi già nel quarto secolo al tempo degli imperatori Teedosio e Valentiniano (395). Se non che solo da Carlo Magno in poi la zecca di Milano diventò vera- mente autonoma.

Egli passa in diligente rassegna la serie delle monete milanesi da quel tempo sino alla fine del secolo scorso, di-

COMMEMORAZIONE DI HEUNARDINO HIONDELLI 247

stribuendole in sei periodi storici, assegnando al primo le monete dei Caì^oUngi e successivi re d'Italia , al secondo quelle degli Imperatori germanici (Case di Franconia, di Sassonia, di Svevia, 290 anni), al terzo le monete ojUo- nome della prima repubblica milanese comprendendo il go- verno dei consoli, e tutto il periodo Visconteo (fino a Fi- lippo Maria, morto nel 1447, che fu l'ultimo della stirpe), al quarto le jnonete della repubblica Ambrosiana, , degli Sforza e dei re di Francia (sino a Francesco II, morto nel 1535) e finalmente ai due ultimi periodi le monete dei re spagnuoli (da Carlo V a Filippo V, 1713) e quelle degli imperatori di Casa d'Austria (da Carlo VI a Francesco II) fino al trattato di Campo Formio (17 ottobre 1797).

Il sistema fondamentale di monetazione decretato da Carlo Magno per tutta la vasta sua monarchia, e ben presto introdotto anche in Italia, fu quello che regolò sempre pel corso d' circa dieci secoli la monetazione della zecca mila- nese. Tale sistema fondato interamente sull'argento è prova, dice il Biondelli u della molto sapienza dalla quale furono u dettate in generale le nuove istituzioni di quel Grande, u essendo ormai pienamente dimostrati dalla ragione e dal- o l'esperienza i difetti di un sistema monetale che sia fon- u dato simultaneamente sopra due metalli diversi, n

E segue il Biondelli di secolo in secolo le vicissitudini del sistema monetale in uso nella nostra zecca e i turba- menti cui andò soggetto, notando a come interceda un nesso u inseparabile e costante fra le vicende politiche delle na- u zioni e quelle della rispettiva moneta, n

intera tutta la serie dei principi dei quali si conoscono monete coniate in Milano, discorre dei nomi diversi coi quali nei varii tempi queste furono distinte, e delle impronto e dei tipi loro, delle iscrizioni e leggende che vi furono impresse, del loro pregio artistico, della loro importanza storica, e conchiude la sua Memoria, assai bene elaborata e compiuta, col dichiarare u che la officina monetaria mila- u nese, sotto qualsiasi aspetto si consideri, non solo è una u illustrazione della metropoli lombarda, ma è ancora una u gloria nazionale, dapoichè giureconsulti artisti ed eruditi

248 CRONACA

a di varie provincie concorsero in ogni tempo a mantenerla u. in onore, n

Pel Q-abinetto cui era proposto aveva il Biondelli grandis- sima affeziono, e illustrò con dotte Memorie alcune delle medaglie e delle monete più rare o più importanti che vi sono contenuto. Cosi fra lo altre egli descrisse, in seno a questo E. Istituto, due medaglioni vnpcriali greci, correg- gendo la erronea attribuzione che prima n'era stata fatta. Uno si credeva ohe appartenesse alla città di Lampsaco nella Misia, l'altro a Stratonicea nella Caria; ma esaminata meglio l'impronta e letta più attentamente la leggenda egli mostrò come il primo sia da ascrivere alla città di Lamos in Cilicia che lo fece battere in onore dell'imperatore Elagabalo, e il secondo alla città di Temnus nell' Eolide. E il Biondelli nel fare codesta illustrazione diede bella prova di modestia e di lealtà assai lodevole dichiarando che la correzione gli era stata suggerita dal chiarissimo archeologo "Waddington, quando questi venne a visitare il nostro gabinetto per ma- turare gli studj che egli stava facendo sull'Asia Minore.

Altra numerosa serie di monete illustrò nella dissertazione che pubblicò ncìV Archivio Storico Lombardo (Voi. VI, 5-38) nel 1879, intorno all'origine del Cantone Ticino e intorno a BeìUnzona e le sue monete edite ed inedite, mettendo sempre più in evidenza la sua diligente accuratezza, la sua larga dottrina e il suo acume.

Del Gabinetto Numismatico egli narrò pure la istoria con cura gelosa e appassionata. In una memoria scritta nel 1880 egli riporta un lungo e particolareggiato rapporto del va- lente suo antecessore l'archeologo Gaetano Cattaneo, al quale era dovuta la prima fondazione del Gabinetto e la sapiente sua coordinazione. In questo rapporto sono narrate le varie vicende della nuova istituzione, sorta dapprima col nome di Rende Gaììinetto di medaglie e monete presso la vecchia zecca nel 1803, e traportata poi insieme colla propria biblio- teca nel 1821 nel Palazzo di Brera, e resa autonoma col nuovo nomo di Gabinetto Numismatico. Con leale compia- cenza narra il Biondelli dei molti acquisti di importanti medaglieri e di rare monete fatti dal Cattaneo, degli incre-

('OMMEMURAZIUNE DI HERNARDlNù BIONDEI.M 249

menti coutiniii che il Gabinetto ebbe per opera di lui e dei molti e costosi volumi di cui egli venne arricchendo la bi- blioteca che v'era annessa. A chi racconterà in avvenire le ulteriori vicende di questa preziosa raccolta toccherà di mettere in bella evidenza come essa sia stata notevolmente aumentata, durante i trentasei anni in cui l'ebbe in custodia il Bion lelli, di quali e quante rare ed importanti monete sia stata arricchita, e come sopratutto fosse diventata insigne per numero di opere archeologiche splendidamente illu- strate la sua biblioteca, quella biblioteca cui il Biondolli vide nel 18G4, con vivo e non mai dimenticato dolore, fusa insieme colla Braidense.

PUBBLICAZIONI NUMISMATICHE

BEKNAUIUNO HIONUELLI.

Sulle moneti-: airee dei Goti in Italia. Milano, Bernar- doni, 18(31, con tavole (anche negli Atti dell'Istituto Lonib., Voi. II).

La Zecca e la moneta di Milano. Valeutini , 18G9; riprodotto con parecchie modificazioni nella Prefazione (di pag. 85) all' opera : Le monete di Milano da Carlo Mayno a Vittorio Emanuele II , descritte e illii.strate da Francesco od Ercole Gnecclti. Milano, Du- molard, 1884.

EiroRDO DELLA Zeita DI MiLANo (noU' Arcluvio storico Lom- bardo, Anno V, pag. 449; 1878); riprodotto con lievi modificazioni nel capitolo : La Zecci. nel libro : Gli Istituti scientifici, letterari ed artistici di alitano. Pirola, 1880.

Lettere inedite di Gtido Antonio Zanetti sulle zecche d'Italia, con prefazione e note. Milano, 18G1.

Cenni storici sul 11. Gabinetto Numismatico di Milano. Mi-

33

250 CRONACA - COMMEMORAZIONE DI HERNARDINO BIONDELLI

lano, Bernardoni, 1872 ; riprodotto con Uovi modificazioni nell' arti- colo : Il Gabinetto Numismatico, del libro : Gli Istituti scientifici , letterari e artistici di Milano, nel 1880.

Dichiarazione di due medagijo.vi imperiali oreci inediti del K. Gabinetto Numismatico di Milano ; nei Rendiconti del R. Istituto Lombardo, 13 maggio 1880.

Dichiarazione di sessantatre monete pontificie inedite del Regio Gabinetto Nu.mis.matico di Milano. Milano, 1884.

Bellinzona e le sue monete edite ed inedite {Origine del Cantone Ticino). Archivio Storico Lombardo , Voi. VI , pag. 5-38 , anno 1879.

» *

BIBLIOGRAFIA

LIBRI NUOVI.

Muliniei* Émile. Li'S hronzes de la Renaissance: Lks pla- QUKTTES. Catalogue raisonné précède d'une introduction. Tome premier accompagni de 82 gravures. Parigi, Libreria AeW'Art.

1 Francesi usano chiamare colla voce plaquette una sva- riata serie di laminette scultoriche del Rinascimento che da pochissimi anni han principiato a innamorare studiosi e collezionisti. Si tratta di piccoli bassorilievi di bronzo ; paci, medagliette , imprese , ornamenti di qualsiasi oggetto d' uso comune o di riguardo , eseguiti anche in oro o in argento sbalzato e cesellato con suprema finezza.

Or raccogliere in un catalogo sistematico così abbon- dante serie di oggetti i quali anche per la loro natura pos- sono più dei quadri e delle statue trovarsi sparpagliati qua e in Musei pubblici e Collezioni private, è certo stata idea ottima sotto tutti i riguardi.

Noi italiani, poi , dobbiamo esser sinceramente grati al- l'Autore del presente Catalogo perchè ivi si tratta di og- getti nostri illustrati da belle silografie e lumeggiati da larghi e appropriati cenni storici.

Comincia, il Molinier, con una Introduzione sobria di parole e abbondante di fatti. Non che ivi l' A. dica cose tutte nove o faccia osservazioni tutte suo personali ; per quanto si tratti di un argomento novo, il Molinier ha tro-

252 '.'KONACA

vato clii l'ha in qualche punto preceduto ed egli onesta- mente lo riconosce (Vedi p. es. a pag. X) e di pagina in pagina cita autori, intrecciando (!Osi alle sue indagini le indagini d'altri, alle proprie le osservazioni altrui.

Tra le osservazioni che più fanno senso in questa Intro- duzione sta di certo la presente a pag. XIX dove consta- tato che quasi tre quarti di placchette italiane apparten- gono all'arte del nord d' Italia l'A. scrive : u La Toscane , u. si riche et si feconde sous le rapport des autres arts , u n'a produit qu' un nombre assez restreint de fondeurs et u de médailleurs, et ces derniers n'apparaissent qu'à la fin u du XV= siècle. -n Fatto davvero assai strano e facile a ve- rificarsi. Ci Ce qui s'est passe pour les médailles a eu lieu a également pour les plaquettes n pag. XX, aggiunge l'A.

Altra osservazione interessante e , parmi, originale è la seguente a pag. XXXII.

ti Tout ce qu'il importe d'établir ici n dice l'A. u c'est que si ben nombre de sculptures décoratives de la u première Renaissance francaise, n'ont pas été executées u par des artistes italiens , du moins les artistes francais u avaient entre les mains des modèles italiens. n E altre osservazioni considerevoli ho notato leggendo le quaranta pagine dell' Introduzione : senonchè io non debbo e non posso propormi, in verità mi proporrei, di cavare il succo di queste pagine per presentarlo qui ai lettori.

Cosi passo senz' altro alla parte sostanziale del libro e mi fermo per oggi a questo primo volume. Il quale è di- viso in ventidue capitoli che dalle placchette di imitazione antica traverso le sculture di Donatello e della sua scuola, di Fra Antonio da Brescia, di G-iovanni delle Corniole, del Caradosso, va sino alle sculture di Valerio Belli detto Va- lerio Vicentino.

L'A. di ogni artista di cui parla, oifre dei dati biografici che oltre ad essere necessari in quanto danno modo a ogni lettore di aumentare con poca fatica le proprie cognizioni, servono, cornice opportunissima del quadro, a fissare i limiti entro i quali 1' opera artistica d' ogni autore, studiato nel libro, va compresa. E altra cosa da segnalarsi : l'A. offre di

r.lHl.llHWlM'M \ 25))

sovente un'abbondante bibliografia riguardante le opere che egli segnala all'attenzione del collezionista. Cosi, per citare un esempio, si ferma assai su la bibliografia riferentesi alla laminetta di bronzo, il Martirio di S. Sebastiano, della col- lezione del sig. Edoardo André di Parigi, che l'A. dà, sen- z'altro, a Donatello.

Qui peraltro mi permetto di osservare (quantunque io mi trovi d'accordo col Molinier su 1' attribiizione della plac- chetta di cui parlo) die non sarebbe stato male che l'A. avesse ivi accennato che la laminetta della collezione Andrò non è ritenuta da fidti opera di Donatello ; tanto j^iù che questa notizia non comprometteva minimamente l'opi- nione dell' A. che è quella di molti e contribuiva a provare la completa imparzialità del Molinier quale ordinatore del Catalogo.

Vo avanti per avvertire un'inesattezza che credo sia stata già corrotta nella Errnta-Corrige unita al secondo volume ch'io ancora non ho visto. Il Molinier anzi ne fu da me già avvertito. Comunque sia mi permetto di segnalare an- cora questa inesattezza per ([uei lettori che ancora non avessero il secondo volume del Catalogo.

A pag. 100 dove si parla del Caradosso (cui sia detto pur di passaggio cosa mancò per esser pari al Cellini ?) l'A. accenna a un S. Sebastiano a un S. Sébastien en bronz'e u (H 0,50 1 qui se trouve à Milan et dont la photographie u m'a été n, è l'A. che scrive, u obligoamment communiquée u par M, E. ^Miintz n. E qui il ^lolinier fa la descrizione abbastanza efficace di questo S. Sel)astiano. Il quale sa ormai il mio A. che non è affatto di bronzo ma di marmo, che l'originale trovasi nel Museo Arclieologico di Milano nella saletta a sinistra entrando, e elio l'unica riproduzione pubblicata trovasi nel mio liljro VOrnamcntn poìicromo (1).

Uno dei punti più ingegnosi del libro del Molinier mi è parso quello riguardante la interpretazione del nome

(1) L'Oi-ii amen/o policromo nelle Arfi <' nellf Inilustrie artistiche. Ta- vola XXXII. TI. Iloopli, editore. Milano. 188G.

251 CRONACA

Vlocrino ; nome di un artista eminente del XV secolo o del principio del XVI secolo. Crede l'A. che la voce Vlocrino sia un gioco di parole, una specie di rebus. E essendo un gioco di parole, in tal guisa lo spiega senza, pertanto , esser persuaso di darne la definitiva interpretazione.

Vlocrino è, crede il Molinier, una parola ibrida, formata dal greco o'Ao; e dal latino crinis , letteralmente capello crespo 0 riccio a Pour ma part n copio dal libro u je ne penso pas que cotte étymologie puisse surprendre u ceux qui sont aii oourant des habitudes bizarres et de u l'amour quelquefois déréglé que les hommes de la Renais- u sance professaient pour l'antiquité. Qu'on se rappelle ce u sculpteur vénitien, Simone Bianchi, qui a pris plaisir à si- u gner ses oeuvres en grec et à transformer son nom en u colui de As'j/có;. Andreas Riccius, dit Scardeone en par- u lant d' Andrea Briosco, alias Crispus a crispa capitis coma u nuncupatus. Nam fastiditus barbarum nomen, Crispus u dici maluit. Le trait caractéristique de la physionomie de u Briosco, sa chevelure crépue, 1' avait fait surnommer u Riccio, n E vero.

E se questa interpretazione ingegnosa che l'A. mette in- nanzi senza alcuna gravità sarà sfatata da indagini future, si dovrà pur sempre ammettere che fu ben trovata.

Un'altra osservazione, ma questa riferibile a una prossima ristampa del presente volume.

Il Molinier parlando di Valerio Belli detto Valerio Vi- centino, accettando la data di nascita proposta dal Cabianca lo fa nato verso il 1465 (p. 189) (1). Ora indagini nuove do- vute al chiariss. prof. Morsolin danno per certa la data 1468 come quella in cui Valerio vide la luce. Invero il Cabianca dando la data 1465 non recava argomenti che la suffragassero in modo definitivo. E l'errore accolto e ripetuto anche succes- sivamente non venne smentito per difetto di prove da al- cuno. Giova pur notare che prima che il Cabianca definisse

fi) Cfr. Cabianca. I)i Valerio Vicentino intagliatore di cristallo, negli Atti della R. Accademia di Belle Arti di Venezia, 1863, pag. 10.

BIBLlUliR.Vh'lA

255

quella data può dirsi che i biografi non avessero mai osato dilungarsi dal 1468; e le congetture piuttosto che le prove si avvaloravano dell'autorità del Vasari. E anche per questo la scoperta del Morsolin ha una grande importanza, che non isfuggirà certo al mio chiariss. A W.

Addentrarmi ancora nei particolari di questo voluuie non credo necessario ; credo necessario di raccomandarlo al- l'attenzione degli intelligenti cosi per la sua serietà come per la sua opportunità.

È veramente un buon lavoro.

Alfredo Melani.

Engel Arthur et Serrnrc Raymond. Ri'pertoirc des soiirces imprimces de la Xtimismatique franraise. Tome premier. Paris , Leroux, 1887. (Un volume in 8' gr., di pag. XIX-400).

I sigg. Engel e Serrare non hanno bisogno di presentazione presso i nostri lettori, essendo troppo favorevolmente conosciuti , nonostante la giovane età di entrambi , pei molteplici lavori di numismatica da essi pubblicati separatamente , prima di associare i loro nomi e le loro forze nell'opera di cui abbiamo sott'occhio il primo volume , e che certo accrescerà e assoderà la bella fama di cui già godono fra i cultori della nostra scienza.

H Itépertoire al quale hanno posto mano e che speriamo verrà presto compiuto (ce ne affida la nota attività degli Autori) , per quanto la stampa di un tal lavoro debba presentare non pociù in- ciampi e non lievi difficoltà tipografiche doveva essere anzitutto, per rispondere al suo titolo, un'opera di utilità pratica. E noi ci af- frettiamo a dire che i sigg. Engel e Serrure iianno saputo egregia- mente conservargli questo carattere, mirando diritto allo scopo e ri- nunziando ad inutili digressioni o divagazioni.

(1) Ct'r. Valerio Virenlino. Discorso del prof. Bkkn.vrdo Mursolin. Firenze, 1887, pag. 6 e 7.

250 IKUNACA

Quando essi adunque, al bel principio del lil)ro, asseriscono che in generale si leggono poco le prefazioni, noi vorremmo poter loro in- fliggere un'amorevole smentita, tanto più clie la loro Jntrodadmt, non solo si leggo d'un fiato, ma è utilissima a dare un concetto pre- ciso degl'intendimenti e dei limiti del Ilrjertoire.

In questa Introduzione si indicano in primo luogo i confini topo- grafici e storici che gli Autori si sono prefissi ; questi confini, sia detto di passaggio, s'intrecciano sovente colla numismatica italiana , ciò che aggiunge uno speciale interesse al libro anche per quei nostri studiosi che si occupano esclusivamente di monete italiane (1).

Poi si tratteggiano le divisioni dell'opera, clic saranno le seguenti :

Farle prima. Periodici numismatici, classificati secondo la nazione ed ordinati cronologicamente. T'urta seconda. Libri, memorie, ar- ticoli d' autore conosciuto ; il tutto disposto in ordine alfabetico di autore (con una brevissima notizia biografica di ciascun autore , e con un cenno o giudizio sul contenuto di ciascun libro od articolo.)

Farle terza. Scritti anonimi, in ordino cronologico. Farle quarta.

Ordinanze monetarie, gride, ragguagli, tariffe, pure in ordine cro- nologico. — Farle quinta. Indice alfabetico, per materia, degli scritti registrati nelle parti seconda, terza e quarta.

Como si vede, un materiale copiosissimo, basti il dire che era disseminato su piti di ottomila scliede. Questo volume comprende , oltre la breve prima parte, cli'è tuttavia un accurato elenco dei pe- riodici numismatici di tutto il mondo (2), la prima metà della parte seconda, sino a tutta la lettera J.

Nel seguito dell'Introduzione, i sigg. Engel e Serrure passano a de- scrivere il metodo da essi adottato per la compilazione del loro libro.

(1) Il Répertoire comprende infatti .indie la bibliografia relativa alle monete della Gallia Cisalpina, alla monetazione dei Carolingi in Italia, a quella dei Papi, alle imitazioni cui furono fatte segno le monete ca- rolingie (e più tardi quelle francesi in genero) nel nostro paese, alle monete dei Normanni di Sicilia, alle moneto battute durante le spedizioni francesi in Italia, a quelle dei Granmaestri di Malta, e infine a quelle degli Stati fondati da Napoleone I.

(2) Il primo periodico numismatico, in ordine di tempo, come risulta da tale elenco, fu quello intitolato: Historische Remargues l'iber di neuesten Sachen in Europa, » Osservazioni storiche sulle cose più recenti d'Eu- ropa, Il che si pubblicava ad Amburgo, sin dalla fine del Sec. XVII, l'ultimo dovrebb' essere certamente la nostra Rivista, che anzi è tanto recente da non poter figurare ancora in questo primo volume del Rcpertuire.

HIBLIOGRAKIA 257

e danno un interessante ragguaglio di ciò che si è fatto finora dapprima in Francia , sin dalla meta del Sec. XVII , poi altrove per facilitare le ricerche bibliografiche di numismatica, ricerche tanto difficili talvolta, come ogni studioso potrà attestare per esperienza propria.

In questo campo, gli egregi Autori del Jìépertoire assegnano giu- stamente il posto d'onore alla BMiograpliie ycnfrale et raisonnce de la Numismntiqiie hehje (Bruxelles, 1833), del sig. Giorgio Cumont , citando onorevolmente anche un' altra pubblicazione notevolissima , e nostra italiana , vale a dire le Tavole sinottiche di V. Promis, le quali, benché siano limitate agli autori che recano disegni di monete , costituiscono pur sempre sotto altra forma un'opera insigne di bibliografia numismatica.

Abbiamo voluto dare un sunto della Introduzione , per far cono- scere da quali criteri siano stati guidati i sigg. Engel e Serrure nel redigere la loro opera ; la esecuzione non è meno commendevole del disegno, e l'insieme giustifica largamente il fiivoro che il Iléper- toire incontra sin dal suo primo apparire, e gli encomi coi quali vien salutato dalle varie rivisto speciali.

Tavole delle misure, pesi e monete in vigore nei varj Stati del mondo, e delle parità camhiarie. Milano, G. Massa, 1888, in 1(3", pag. 109.

ST.\Nrovicit canonico Pietro. Biografìa degli uomini distinti del- ristria. II ediz. Capodistria, Carlo Priora, 1888, in 4°. A pag. 297-329, diffusa biografia del conte Gian Rinaldo Carli.

Catalogue de la Golìection A. de Belfort. MèdaiUes romaines. Macon, Protat, in 8°, pag. 17.") et (5 pi.

Reinaoii (T.) Les nwnnaies juivcs. Paris, Leroux, in 18', pag. 80 avec figures.

S.\uv.\iRE. Matcriaux poiir servir à l'histoire de la niimismatique et de la metrologie miisuhnanes, tradiiits ou recueillis et viis en ordre etc. Paris, impr. nationale, 1888, pag. in 8."

CosTER (L. de) et Everaerts (A. J.). Alias contenant toutes les monmiies du Bràbant, frappées depuis Van 1000 jusquen 150C. Bruxelles, llaym, in 4°, 51 planches.

34

•25S

Taiion V. Les origines de la metallurgie dupays d'Entre-Samlre-

et-Meiise. Mons, Merceaux, in 8°, pag. 46.

Imiioof-Blumer ((!.■■ F.) Z»r MiìnzlMiide Grossgrieclienlands. Si- cilìen, Kretas. mit einigen Mìjmgriqipen iind Stempelgleichheiten. Leipzig, Kohler, in 8", pag. 82.

OvERHECK J. Griecliiscìie Kunstniì/tìiologie. Band II. (Besonderer Tlieil,) Bucli. V. Apollon. Liefening I, Bogen 1-20 mit 5 Lichtdruck- tafoln (Miinzen) n. Pig. 1-19 im Text. Leipzig, Lox. 8."

BissiNGER K. Fuìide Itoììiischer Miinzen ini Grosslierzogthuni Baden, I. (Prograinm des Gro.s.sherzogL Progyranasium). Donau- escliingen, A. AVillibald, in 4,° pag. 18.

KiRMES (M.). Vie Numismatil: in der Scinde (Programma del Pro- ginnasio e Ginnasio Beale di Xeumiinster, pel 1888), in 4." pag. 30.

Leii.m.\nx P. (von). Die Thaler und Meineren Miinzen des Frdu- leins Maria von Jever. Erhlierrin von Riìslringen, Oestringen u. Wangerland. Jever, Mettekor, in 8,° pag. XIII-142 e 2 tav.

TumbìU.t G. Die icestfiilischen Siegel des Mittelalters. II Heft, 2 Abth. Die Siegel der SUidte, Bergmannscliaften u. Ministerialitiden. Munster, Regensberg.

Verzeichniss derjenigen Silherscheidemiinzen, n-elche gegenwiirtig in der Schiceiz gesetzlicìien Cnrs liaben. Tableau des pièces division- naires d'argent qui oiit aduellement cours legai en Suisse. Blatt in fol. Silberliochdruck. Bern, Schmid, Froneke et. C.'^

Verzeichniss derjenigen^ dem silhernen Vereinsthaler der lateinischen Milnziinionsstaaten iììadiclien fremden Geldstiìclce. deren Annahtne zu verircigern ist. Tableau des' monnaies d^argent e'trangcres. semblables aiix ccus de cinq francs des états de V Union monétaire latine, dont l'acception doit étre refusée. Blatt in fol. Silberhocli- druck. Bern. Sclimid, Froneke et. C.'=

Geigy d."' Alfred. MédaiUe dite de la fraite (Tire à part du « Bulletin de la Socift^ snisse do Xiimismatique, » voi. VI). Bàie, inip. Pillile Birklumsor, 1888, pag. 4 in con tav.

FuRRER A. 'Volhrirthchafts-LeMl;on der Scl/>reiz, XVII Lieferung, Bern, Dalp, 1888. A pag. 4G6-500, Miinzicesen (della Svizzera) von Hn. Edm. Pe.vtef,, eidg. Miinzdirektor.

lUlU.loCRAKIA 259

Head B. V. Catalogne of r/reeìc coiiis , Attica- Megaris, Aeginn.

London, 1888, pag. LXTX-174 con 2G tav., in 8."

BuRNS. Coinage of Scotìand front Darid I to tlie Union, illu- strated front tltn Fergiisiie cabinet etc. London, Black. 3 voi. in 4".

XiciiOLSox. A treatise on ntoiicg, and csMgs oh present nio)ietnrg probìems. London, Low, 1888, pag. 380 in 8.°

PE E IODI CI.

Anniiaire de la Société Francnlse de JVumismatiqtte et d'Avcliéologle, Mars-Avrii 1888.

Delattke (V.) Monnaies de Camhrai drconvcrles de- puis 1861. Con questo articolo , il sig. Delattre inco- mincia una serie di aggiunte alla classica monografia: Nu- mismatiquc de Camhrai, del compianto Carlo Robert.

Serrure (R.) Lea anges d'or de Jean IV, Due de Bra- bant. Coatte de Ilainaat et de Iloìlande. Bravo notizia intorno a queste rarissime monete, di cui si coiinsceva dai documenti l'esistenza, ma che non erano ancora state ritro- vate in natura. L' esemplare pubblicato ora dal sig. Rai- mondo Serrare fu scoperto qualche anno fa da suo padre, il eh. numismatico sig. C. A. Serrure.

Préau (C.) .k'totis de ,fean (ìe Saul.v , Vieomle-maieur de Dijon. Gli abitanti di Digione , nei secoli andati , avevano il diritto di eleggero il loro rieomte-ntatear o sin- daco, scegliendolo fra i nobili o fra i cittadini più distinti per ingegno e per probità.

Le funzioni dei riconttes-ma'teunt erano annuali. In oc- casione della loro nomina venivano emessi dei gettoni che ne recavano il nome ; il sig. Préau pubblica quattro di questi gettoni, costituenti altrettante varietà, tutti col nome del sindaco (ì-iovanni de Saulx. !■] quindi ]ii'iibabilc che

260 CRONACA

queste quattro varietà corrispondano ai quattro anni durante i quali, interpolatamente, un Giovanni do Saulx coperse la carica di vicomte-maieur di Digione nel Sec. XV (anni 1426, 1430, 1431 e 1432). Quest'ipotesi è suffragata dal fatto che uno dei quattro gettoni è notevolmente diverso dagli altri tre; dovrebb'essere quello battuto nel 1426, mentre gli altri, presentando una m )lto maggior somiglianza fra loro, appar- terrebbero al gruppo degli anni 1430, 31 e 32.

G. (M.) Monnaics polonaises. L'A. il catalogo delle 33 varietà di monete da lui possedute di Giovanni Casimiro Vasa, re di Polonia e granduca di Lituania, soffermandosi su una di esse, la cui leggenda gli sembra oscura ed anzi satirica.

Cronaca. Nuovi acquisti del Museo Britannico. Ven- dite. — Necrologie. Verbali delle sedute della Socióté frangaise de Numismatique.

Revue Belge de Mmiìsmatique. 1888, deuxième livraison.

Alvin (F.) Ij oeuvre métallique de Charles Wiener. Elenco delle medaglie e monete incise da questo pregiato artista belga ; sono in numero di cento e si trovano ora raccolte nel Gabinetto numismatico di Bruxelles. Carlo Wiener ha lavorato per governi, società e privati, delle più diverse nazioni.

EouYER (J.) Móreaux du XIV' siede. Interessante illustrazione di alcune tessere di beneficenza, che si rife- riscono al culto del SS. Sacramento del Miracolo, a Bru- xelles. Vi è rappresentato il volto del Redentore, trafitto da due pugnali.

Mazerolle (F.) Numismatique lorraine. Eestituzione di alcune monete del duca Ferri IV al duca Ferri III.

CoMONT (G.) Lejeton de présence de ì'Académie de Bru- Telles. L'I. E. Accademia di Scienze e Lettere di Bru- xelles era stata fondata nel 1772, da Maria Teresa. Dopo

RIBLIOORAKIA

261

cinque anni dalla sua fondazione, l'Accademia decise di far battere dei gettoni di presenza da distribuire ai soci. Se ne trovano diverse varietà , tutte però col ritratto dell' impe- ratrice.

WiTTE (A. DE) Un dcnier ìiégeois à insigne ópiscopal de l'epoque d'Otton III. Sinora, le più antiche monete del principato di Liegi che recassero distintivi proprj, non ri- salivano che al regno di Enrico II (1002-1024); questa mo- neta pubblicata ora dal sig. de Witte è battuta invece sotto il regno di Ottone III (996-1002) , come lo indica il nome che vi sta scritto.

"Witte (A. de) - Les sires de la Grutlmse. La famiglia della Gruthuse era una delle più nobili ed antiche delle Fiandre. Ad essa appartenne quel Griovanni, capitano del castello di Lilla, che s'immortalò negli annali della caval- leria pel gran torneo tenuto nel 1392 sulla piazza del mercato di Bruges, cui presero parte quasi cento cavalieri.

Il sig. de Witte ci presenta due gettoni da attribuirsi a questa illustre famiglia.

CocHETEUx (Cu.) De la livre monélaire et du sou d'ar- gent. Esame coscienzioso e minuziosissimo delle varie questioni attinenti alle dette monete di conto. Questa dotta memoria del Gen. Gocheteux è occasionata dalla pubblica- zione del sig. de Vienne: Origincs de la licre d'argenl.

Nauuys (C."= M.) Si/stème mnnrlaire de Vh'lat indé- pendant du Congo. - Il nuovo stato africano, che è posto, com'è noto, sotto la sovranità di re Leopoldo II del Belgio, ha adottato il sistema monetario dell'Unione latina. Il conte de Nahuys comunica alla Revue il relativo decreto reale, datato da Ostenda, nonché i disegui dei pezzi da franchi 5, 2 ed 1, da mezzo franco, e da contesimi 10, 6, 2 ed 1. Verrà coniato anche il pezzo da 20 franchi, ma di questo non è dato il disegno.

Necrologie. Miscellanea.

Estratti dei verbali della Sociélé Roiyale de Numismatiqìie, ed elenco delle opere ricevute dalla Società nel 1" trim. 188S.

Tre tavole d'illustrazioni.

262

Jìtdletin de JVmnisìnafiqiie et d' ArcJiéolof/le, publié avec la collaboration de plusieurs savants par Raymond Ser- ru)-e. Sixième volume, années 1886-88, N.°' 8 et 9 (Ké- daction: Paris, ruo de Lille, H. - Expédition: Bruxelles, rue aux Laines, 48).

Discours prononcrs (uix funèrailles de P. Charles Robert.

Le iriens frappé au noni die cìief frison Audul/us. Les CoUeelions de Bordeaux, par E. Caron. Mannaie inèdite de Pierre IV, èvèque de Cambrai, par A. Blanchet.

Jeton de Pierre de Rocliefort, par C. Preau. Jetons rares ou inédiis, par F. Mazerolle. Bidletin bibliogra- p)hique. Chronique.

Tìidletiìi de la Société suisse de JVamisniatique.

VII"- Année, 1888, N.° 1 , 2 , 3 et 4 (Bàie , Alb, Sattler, Blumenrain, 7).

E. Demole, Jeton de Louis de Ijongueville. E. "Weber, Bus Mimzìcesen voti Zng. T. v. Liebenau, Zur Mìinzge- scJiichte von Chur. A. Henseler, Anf. Bovy, sa vie et ses principaìes (euvres. Schweizerisclie Mi'mzen in deutschen Munzfunden. Ericerbungen in die eidg. Mi'mzsammhaig. A. Greigy, Bicken von Sololimrn. T. Henlé, Descripj- tion des mèdaiìlcs non officieìles du Tir federai de Ge- nève 1887. J.-E. I. Mèdaiìle anf die V Sàcularfeirr der Scldaclìt bei Ndfels. Varia. Iìibliograj)ìiie. Verkaufska- taloge u. Aiditionen.

American Journal of Xutni.sniatlc.<i &nà Bulletin of Ame- rican Niimismatic and Archseological Societies. Vo- lume XXII. No, 3., January, 1888 (Boston, published by the Boston Numismatic Society).

Tìie Goethe Medals. Orientai Coins. A Neir Mea- ning to Some Old Medaìs. Communion Tokens. ,1 Mormon. Coin. Siam's New Bronze Ciirrencij. Cotigo

;u.\MA 263

Free State Coinage. The Old Scottish Me>-I;. Masonic Medaìs. J'ransactions of Societies. British Decinìal Currencìj. Coin Snìes. Ohifuarì/. Notes and Qucries. A Meduì E.rlnaned. Pattern Picces. Editoriaì. Ciirrency.

Archivio Veneto, fase. LXIX, 1888 : Cecciietti B., Appunti sulle finanze antiche ddla repuhblica Veneta. (1. Alcune niouete ricordate nei documenti veneziani del secolo XIY. 2. Ducato d'oro, giu- stezza del suo peso. 3. Ducati bollati. 4. Corso dei ducati. 5. Aggio. 6. Del cambio. 7. Banchi. 8. Prestiti privati. 9. Allo Stato. 10. Ad altri Stati. 11. Creditori del Governo. 12. Conto di previsione e consuntivo. 13. Salari. 14. Riduzione di essi). Necrologio: Carlo Kum.

Ateneo Veneto, fase. I-TII, genn.-marzo 18S8 : Carlo Kunz (brevi cenni uecrologici).

Atti dell'Accademia di Udine pel triennio 1884-87. 2.' serie. Voi VII. Udine 1887 (1888): OsTKK\rAN.v. Bi alcune medaglie friu- lane inedite : Idem. Una moneta inedita di Clodoveo I.

Accademia delle Scienze, di Torino. Atti. Disp. G-8. C[>aiiett.\. Sigilli in -diti dei secoli XV e XVI.

Rassegna Nazionale, di Firenze, IG marzo 1888 : C.\st.\(5na Nioc. Ferdinando Gaìiani nelle feste centenarie, in Citieti (scritto d'occa- sione per le dette feste centenarie, 30 ott. 1887. Galiani, il noto autore del trattato Della Moneta).

Accademia dei Lincei, Atti. (Roma), Serie IV, voi. I, fase. 6 : Pkìori.n'I. Leghe usate nella, prima età dei metalli.

Archivio storico dell'Arte. (Roma), n. 3, 1888: VE.NTriu A. Di un medaglista sconosciuto del rinascimento (Giovanni Metra).

Archivio Storico, di Roma. voi. XI, fase. I, 1888: Milani (Luigi A.), Itccensione (ampia) dell'opera del dot t. Karl Korher : « Beitriige zur rijmischen Miinzliinde » (Magonza, 1887), p. li)9 a 175.

Exposition Vaticane illustrée, n. I: Médaille commémorative des noces d'or : n. IH : La médaille des péierimiges.

Revne archéologique. (Parigi), genn.-febbr. 1888 : Cagnat R. Ne- crologie de B. Ch. Boleri.

Gazette archéologique, n.°^ 1-2, 1888: Revillolt. Sur un pré- tendu sceau hittite trouvé prcs de 'Farse.

2G4 CRONACA

Société nationale des Antiquaires de Prance, Séances. 1888, 7 niars: « M/ le liouteinint Espi':i;axi)Ii;ij presente diverses monnaies impériales ou nK^rovmgieanes vécemmeut decouvortos par lo P. de la Croix ; l'ime d'elles est à l'effigie d'AnthéiTiuis, uue autre porte le noni du monétairo Ledavidus et de la localité de Novoviciis. »

Revue de l'Art frangais, genn. 1888: Roxdot X. Les orp:rres de Lìjon du XTV' au XVIIT" suole (aache medaglisti o zecchieri).

Nouvelle Revue, di Parigi, fobb. 1888: E. Masskras. La dette américaine ^ les finances des Ktats Unis de J8G1 à 1887. P. de TuRENNE. Les mines d'or du Transvaal.

Revue-Gazette maritime et commerciale , 2 marzo 1888 : Ro- land P. La monnaie de nicJcel.

MÓDioires de la Société des Antiquaires du Centro, XIV (1887). Vicomte Alpiionse de la Gtèrk. Le seeaii du XIIL" siede de l'E(jlise de Saint-Eloi de Gij (Cher). Bulletin uumismatique.

Bulletin de la Société des sciences , lettres et arts de la Corrèze. 4= trimestre 1887 (1888) : Barbier de Mo.ntault. Les médniìles drs papes ìimomins.

Annales Bourbonnaises, n.^^ 8-9, 1887: Vannaire. Une monnaie prcliistorique.

Revue du Lyonnais, marzo 1888: Rondot N. Lalyame. Hendrioj et Mimerei, sculpteurs et me'dnilleurs à Lyon au XVLI' siede.

Bibliothèque historique du Lyonnais . 1887 , n.°^ .5. Le sceau d'IIuglies de Saint-Cher (cardinale di S. Sabina, domenicano, e pro- fessore all'Università di Parigi, XIII secolo).

Annales du Comité flamand de Prance. tome XVI (1887) ; Dau- cois.XE. Tjes mcdaiUes réìiyieiises de MerviUe.

Journal des Économistes, fobb. 1888: P. van de.n Berg. La cir- rulation monc'taìre et fìduciaire des Indes orientales néerlandaises.

Revue Britanuique (Parigi) , u.° 4., avril 1888 : Les mines d' or du Transvaal.

Revue des questions scientiflques (Belgio), aprile 1888 : Bapst G. L'étain dans Vantiquité. H. et L. Siret. Les premìers dges du metal dans le sud-est de TEspajne.

Zeitschrift des Vereins fiir Geschichte u. Alterthum Schlesiens,

voi. 22'' : FRiEDEXSRURa, Einfiìhrung in die schlesische Miinzge- scìiichte mit besonderer Beriichsiclitigung des Mittelalters.

HIRl.IOGRAKIA 265

Zeitschrift fiir christliche Kunst (Dusseldorf), I Jahrg. Heft. 2 (1S88): Goìdene Bulle des Kaisers Friedrich 111 (Con ine.)

Altpreussische Monatsschrift, Heft. 1-2 (1888) : Miìnzfunde aiis Ost- und Weslpretissen.

Jahrbiicher des Vereins von Alterthumsfreunden im Rheinlande, Heft 81 (Bonn, 1887): F. va\ Vleutex, Ein Ideinex Miìmfund aits Pesch (in massima parto moneto del secolo XV).

Annalen des Deutschen Reichs fiir Gesetzgebnng, Verwa?- tung u. Statistik, iriincheu u. Leipzii^, 1888; n. 2-3 : J.\coby d.'' S., Die Aiissichten der himetallistischen Bestrehungen fiir das Verliehrs- leben.

Jahrbiicher fiir Nationalokonomie u. Statistik. X. Folfje, XVI 4 : Der Gold- ti. SilhervorratU der Bank von Franlcreich te. die Fin- ti. Ausftihr in Frankreich bis ziim J. 1887.

Viestnik hrvatskoga Arkeologickoga Dratztva (Indicatore della Società arclieologica croata), voi. IX, fase. II (Zagabria, 1887): Liuiuc Monete romane del Museo di Zagabria.

35

NOTIZIE VARIE

Falsificazioni moderne. Le due falsificazioni di cui stiamo pei" parlai'e non sono recentissime , essendo state fabbricate a Roma nel 1881. Siccome però queste monete continuano a circolare e possono , come è già avvenuto, trarre in inganno gli amatori poco esperti , cosi crediamo far cosa grata ai nostri lettori , dandone la descrizione, tanto più che una di queste monete fu, or non è molto, og- getto di una pubblicazione.

La prima di osse ò un [/rosso di Manfredi II Lancia per Busca. È lina moneta d'argento del peso di grammi 1,200 ed ecoone la descrizione :

^ + MLA.KOE Nel campo Croce. }>' + INPATOR Nel campo le lettere FR e al disopra il segno dell'abbreviazione.

La possilìilo esistenza del grosso di ^Manfredi II Lancia fa preconizzata da Domenico Prorais , quando in una sua eccellente monografia su alcune monete del Piemonte (1) publ)licò il rl/'uaì'o piccolo dello stesso. Molto probabilmente i nostri falsari (e conosciamo i nomi di chi forni il disegno e di chi lo pose in esecuzione) appoggiandosi alle parole dell'esimio numismatico, fabbricarono questa moneta ridu- condo alle proporzioni di un grosso il tipo del denaro pic- colo pubblicato dal Promis e conservando la stessa leg-

(1) D. Promis. Monete del Piemonte inedite o rare. Torino, 1852; in 4." Pag. 11-13; tav. I, n. 7.

NOTIZIE VARIE 267

genda e le stesse rappresentazioni del diritto e del rovescio. Questa moneta fa pubblicata dal Cav. Giancarlo Rossi nel Buìlettino di Numismafica e Sfragistica di Camerino (Anno I, n. 2-3, pag. 65-79, n. 4, pag. 117-133, tav. IV n. 1) e il disegno , che accompagna tjuella monografia , corri- sj)onde perfettamente ai due esemplari che abbiamo sot- t'occhio. Non oseremmo asserirlo con piena certezza, poiché noi siamo soliti rispettare tutte le opinioni, ma dubitiamo assai che anche 1' esemplare pubblicato dal ogr. Cav. Rossi sia falso al pari di tutti gli altri che circolano sul mer- cato, e sui quali vogliamo mettere in guardia i nostri cortesi lettori.

L'altra falsificazione è un Bolognino di Giosia, Acquaviva duca d' Afri. Eccone la descrizione (peso gr. 0,550).

jy --- lOSIAS D AQVA Xol campo, disposte a guisa di croce, le lettere VIVA Nel mezzo un punto.

!>' DVX ADRIE Nel campo, A fra quattro punti.

Questa moneta è pressoché la stessa descritta dal Lazari a pag. 62 della sua operetta: Zecca e monete deijli A/jruzzi ne' bassi tempi: col disegno alla Tav. Ili, n. 28; solo che, mentre nel bolognino pubblicato dal Lazari lo lettere sono divise da stellette , negli esemplari falsi lo stello furono sostituite da punti.

Nella moneta genuina poi la leggenda del dritto è pre- ceduta da un leone rampante , stemma dogli Aijuaviva , mentre nelle imitazioni che possediamo, i falsarli , corto per ischivare una ditficoltà , hanno ommesso il leoncino sostituendolo con un poco di ossido artificiale, il quale avrebbe corroso la moneta precisamente in quel punto.

La falsità di queste due monete si riconosce facilmente e dal colore dell'argento che è di cattiva lega , oscuro e plumbeo e sopratutto dal carattere delle leggende. Evi- dentemente, per fabbricare la moneta di Busca, si prose a modello il grosso contemporaneo di Tortona , e per (quella di Atri si imitarono i bolognini pure dell'epoca, di Ascoli, Bologna, Fermo, ecc. Basta dunque confrontare questo mo- nete, che tutti possiedono , collo due monete in quistione.

268 CRONACA

per accorgersi come i caratteri delle due monete false, per quanto abbastanza bene imitati, non hanno il rilievo, il tipo di quelle genuine.

Oltre le due falsificazioni accennate, la cui patria è Roma, altre più recenti ci giungono dalla Toscana. Sono queste alcuni denari romani d' argento. Noteremo fra questi un Pacaziano, un Bonoso, una Tranquillina, una Cornelia Su- pera, una Annia Faustina , un Gordiano II , ed altre. Non avendole ora sott'occhio, non possiamo darne la descrizione esatta , ciò che faremo in un prossimo fascicolo , se sarà del caso. Anche di queste imitazioni conosciamo pefetta- mente la provenienza e potremo fors' anche indurci a rive- larla, se vedremo che lo spacciatore di questa roba conti- nuerà a gabbare gli ingenui e ad infestare il commercio coi prodotti della sua officina. Non provvedendo il Codice Penale a questo genere di reati, bisognerà bene che se ne incarichi qualchedun altro! E. G.

Il furto di Parigi. L'autore dell'ingente furto di mo- nete perpetrato a danno dei sigg. Eollin e Feuardent, è stato scoperto nella persona di un giovane greco, certo Raftapulos, dottore in legge, che fu arrestato a Parigi e trovato in possesso di una gran quantità delle monete ru- bate, come leggiamo nel Bulletin de Nutnismatique.

Vendita Kirsch. Nello scorso aprile ebbe luogo a Milano presso l'Impresa Giulio Sambon la vendita delle monete appartenenti al defunto Enrico Hirscli di Monaco. Trattan- dosi, non della vendita di una vera collezione, ma, diremo piuttosto, del fondo di un negoziante, non si può dare una soverchia importanza a tale vendita , che offriva un po' di tutto, ossia monete greche e romane, monete italiane me- dievali, monete ossidionali ed estere, tessere e medaglie ; e non crediamo quindi necessario estenderci a dare 1' elenco dei prezzi di vendita. Quello che ci piace invece notare si è che i prezzi, specialmente per le monete romane e greche, furono abbastanza ben sostenuti e che Milano in quei giorni fu il ritrovo di buona parte dei Numismatici e raccoglitori italiani, i quali ebbero così campo di vedersi, di conoscersi,

BIBLIOGRAFIA 2tì9

di affiatarsi. Oltre ai raccoglitori milanesi, oltre le nume- rose commissioni date all' Impresa, intervennero, da Roma il Cav. Ortensio Vitalini, da Firenze il sig. Boyne, da Sa- vona r Avvocato F. Becchi , da Lodi 1' Avv. M. Averara. Dall' estero poi avevamo il signor L. Hamburger di Fran- coforte, e il sig. Euston di Lincoln. Notiamo intanto con piacere come il numero dei nostri raccoglitori vada sempre aumentando, e come l'amore per questo bel ramo dell' ar- cheologia si diffonda sempre più. A questo incremento con- tribuiranno efficacemente, oltre le pubbliche vendite, la re- cente fondazione della Rivista, e la Società Numismatica che si sta organizzando.

Sarebbe desiderabile che, almeno una volta all'anno, l'Im- presa Sambon potesse allestire qui in Milano una vendita di qualche importanza, perchè tali occasioni possono asso- migliarsi a dei congressi numismatici, che procurano cono- scenze e scambi fra i vecchi raccoglitori e formano i nuovi.

Un piccolo ripostiglio in Brianza. Qualche mese fa, a Montesiro , frazione di Besana Brianza, venne trovato un ripostiglio di circa 600 monete del Basso Impero. Apparte- nevano ad esso gli esemplari donati poi dal sig. lug. Giulio Pisa al Gabinetto di Brera.

Notizie degli Scavi. Nello scorso anno, riferiscono le Notizie dei Lincei, a Castelforte, in Terra di Lavoro, nell'intraprendere alcune fondazioni per costruirvi un edi- ficio balneare, si riconobbero avanzi di costruzioni antiche, appartenenti probabilmente al primo secolo dell'impero, e destinate al medesimo scopo. In quella località si trova- rono alcune monete romane di bronzo, fra lo quali un du- pondio di Augusto, coniato dal monetiere P. Lurio Agripnia, un dupondio di Vespasiano , ed altre del basso impero. Vi si rinvennero inoltre alcune monetine d' oro , arabe e normanne , e parecchie migliaia di danari tornesi , conte- nuti in due vasetti di creta.

Un premio ad Ernesto Babelon. Nella seduta del 18 nov. 1887, deW Accademia delle Iscrizioni di Francia, venne aggiudicato il premio di Numismatica, fondato dal sig. Al-

270 CRONACA

lier de Hauteroche, ad E. Babelon, per l'opera: a Description histoi'ique et chronologique des monnaies de la Eépublique romaine , vulgairemenfc appelées monnaies consulaires n.

Numismatica musulmana. Il sig. Enrico Lavoix ha pubblicato il primo volume del Catalogo delle monete mu- sulmane della Biblioteca Nazionale di Parigi. Esso è pre- ceduto da una estesa introduzione generale intorno a questo difficile ed interessante ramo della numismatica.

Le monete antiche e la Dogana italiana. Il governo ha promulgato un regolamento di dogana che suscita molto malumore nel campo numismatico. Parificando le monete antiche all'oreficeria (?!), stabili che dovessero pagare, en- trando nello stato, una tassa che naturalmente varia dall'oro all'argento. Che ne avvenne? Che alcuni pacchi di monete antiche in arrivo furono aperti alla dogana ; che fu messo da una parte l'oro, dall'altra l'argento per fare il peso del- l'uno metallo e dell'altro, e che arrivarono poi al destina- tario in una orribile confusione, ossia tutte fuori dalle bu- stine che le contenevano. Due lettere del Sig. Francesco Gnecchi protestarono sul Giornale La Perseveranza per tale barbara manomissione ; ma dalla Dogana non si ebbero che risposte molto evasive. Non crediamo fuor di luogo unire anche la nostra voce a protestare sia contro la tassa in stessa, sia contro il modo che la Dogana impiega per ap- plicarla. — Il più delle volte dai negozianti le monete an- tiche sono inviate ai raccoglitori per la scelta, ossia se ne mandano molte perchè il raccoglitore scelga quelle che gli possono interessare. Ora come è possibile poter pagare una tassa che è di circa 5 0[o sull'oro, e pagare tale tassa supponiamo su cento monete se di tale monete solo otto o dieci saranno definitivamente riteniite ? Se a questo ag- giungiamo il modo d'applicazione della tassa, come si è detto, tale regolamento equivale precisamente al proibire l'importazione delle monete. Confidiamo che tali nostre osservazioni possano trovare eco presso qualchediino che siede alla direzione della pubblica cosa, e che presto sarà riparato a tale gravissimo inconveniente.

NOTIZIE VARIE 271

Un dono di Torino a Milano. _ Nello scorso maggio, la On. Rappresentanza municipale di Torino, con fraterno pensiero, inviava in dono alla Città di ^Milano un esemplare della intera serie metallica di Casa Savoia, recentemente completata per deliberazione di quella Giunta (1).

Ecco in proposito alcune notizie, che dobbiamo alla cor- tesia dell' egr. sig. March. Carlo Ermes Visconti:

La serie consta di 93 medaglie , colla effigie , prima dei

(1) Diamo la nobilissima lettera che accompagnava il dono, e le fac- ciamo seguire la risposta del nostro Sindaco :

CITTÀ DI TORINO

UAni.VETT" PEL SIXUAro A,f,n Itì .V";/-/{-> tssS.

Questa Giunta Miink-ipalo. in seiUita (iv\ 4 marzo issr», .it.-liln'- rava ìVì c'inipletare il MedairlitTe «H Casa SaVDJa esÌstcTit<_' in_l ^luseo Cìvicn co!- l'apiiTUinta dei cunii rt-iativi atrli attuali lìt'triianti, e di otìVir*.- in lioiio un esfiiiiilart- dell'intera collezione di niedagrlie al patriottieo Municijiio di Jlilano. che tante di- inu^trazioni .l'affetto e di stima diede in pareccliie occnsioni alla Citta di Tirino. Ultimata in questi ultimi yiortii la succennata storia metallica drll;i t:lorior>;i Dinastia Sabauda, io mi faccio gradito dovere di offrirne un esem- plare all'Ammini-stra/ione Comunale, alla (piale V. S. lllu.-ìtrissima i»re.'<Ìede con tanto Senno ed unanime plau-^o, valendomi all'uopo della cortese offerta di ricapito fattami dairintr. Comm. Riccio, egrei,'io Assessore di questo Municipio, il quale .si reca a Milano que:!ita sera stessa.

Nutro fiducia che codesto I^rimicipio sarà per gradire il dono quale attestato dei vincoli di viva .simpatia e iji fratellanza clie uniscono Torini alla nobile Milano; e rinno .o alla S. V. Illustrissima l'espressione dei miei senti- menti di alta stima e di inalterabile devozione. // Sim?(iro firmato "M. VOLI. Itlu-itfisHi'no Sif/nof Siniìnco - tìell't Città di

MUNICIPIO DI MILANO is M.,.,.,io i-v^

-J<ri. il si:>*nor Assessore presso codesto Municipio, rillustrissimo Signor Comnien<Ìator..' ]iiri-in. mi ha consegnato l'esemplare del MedaL'lierc della glori*)-*;! I>iii;tstia di Savoja i'h<- l'OnorcvoN; Itappresentanza della ("ittà di Torino ha destinato in d<<ni> alla Citt.'i di Milano.

Io Le porgo, Illustrissimo Signor Sindaco, a nome 'li Milan<), il più caloroso rintrraziamento per il dono splendidi>.-imo. e multo y'wx per la lettt-ra estremarufute cortese e lu.sÌML.'liiera per questa mia Città, eolla quale KIKi volle aceompatriiarlo.

Milano è lieta dell.- simpatie e dell' alìVtto di Torino; e vi ri- siiondc con tma folla <!i .sentimenti che tutti riposano sulla tjratitudine antica e sulla riverenza chu essa professa verso la nobilissima e generosa sorella: e Milani» grandemente si compiace di tutto ciù die. ravvivando i vincoli che uniscono le duo Città, valga a conservarle fraternamente congiunte nelle feconde gare del lavoro e del progresso a beneticio della patria comune.

Voglia, Illustrissimo Signor Sindaco, esprimere i miei partictilari ringraziamenti al Signor Conun. Riccio, il quale, incaricato d'una missione gentile, non avrebbe potuto più gentilmente disimpcgnarla : voglia pure accogliere l'esjires- .sionc dei miei neutimenti di ulta stima e profonda devozione. /; Situine»

firmato NEGRI. lUitatrisaimo ò'iyn'jr Sinduc» flella Città <Ii

TOH ISO

272 CRONACA - NOTIZIE VARIE

Conti, poi dei Duchi, dei Re di Sardegna e finalmente dei Re d'Italia, incominciando da Beroldo di Sassonia, nonché delle rispettive mogli.

Le medaglie sono in bronzo e di modulo variante fra i 51 ed i 53 millimetri. Cinquanta di esse portano il nome dell'incisore e cioè : Lavy, 38 P. Thermignon, 4 Al. Armand, 2 Fr, Broggi, 1 D. B. 1 Cariello , 1 L. Schieppati, 1 A. Pieroni, 1 Gr. Ferraris, 1. Qua- rantatre sono anonime, ma probabilmente appartengono anche queste, nella maggior parte, al Lavy, sia per la fattura, sia specialmente perchè tutte anteriori al regno di Carlo Ema- nuele III, dal quale fu commessa la coniazione della serie al Lavy, intorno alla metà del secolo passato.

La serie prosegui poi per opera dei successori di quel Principe, e venne compiuta per decreto del Comune di To- rino colla effigie dei Reali Umberto I e Margherita.

I rovesci sono assai variati: portano epigrafi, vedute di monumenti, fatti di guerra, e specialmente allegorie, come voleva lo spirito dell'epoca.

* * *

Séguito della sottoscrizione a fondo perduto, per la Rivista Italiana di Numismatica:

Somma retro L. 2200

Nervegna Giuseppe n 100

Gi-neochi Antonio " 200

L. 2500

li» * -

Lodovico Felice Coguati, Gerente responsabile.

FASCICOLO III.

APPUNTI

NUMISMATICA ROMANA

III.

MEDAGLIONI INEDITI

NELLA COLLEZIONE GNECCHI A MILANO

Dovrei ripetere qui parecchie dello cose che già dissi nella specie di prefazione al N. I di questi Appunti nel fascicolo della Bivì'sla, discorrendo dello Monete imperiali inedite. Per ])revità rimanderò il lettore a quelle righe, accennando solamente che dei medaglioni che qui descrivo alcuni furono già da me descritti in pubblicazioni anteriori, mentre altri sono assolutamente nuovi.

I primi sono quelli, che mi parvero meritevoli oltre che della semplice descrizione data, di qualche commento e della riproduzione dal vero, allora mancante, i secondi quelli entrati nella mia colle- zione dopo l'ultima pubblicazione, relativa a monete inedite, ossia dopo il 188G. Alcuni pochi offrono semplici varianti da quelli pubblicati dal Cohen; ma la più parte sono veramente nuovi e hanno qualche specialità che li rende degni di osservazione. Accen-

270 F.'tANCESfO GNECCirl

nero come i più importanti i due medaglioni d'ar- gento , il primo di Trajano , di conio romano , il secondo di Filippo padre e Otacilla unico sotto diversi aspetti , il grande medaglione di bronzo di Commodo notevole pel massimo modulo e il meda- glione d' oro di Magnenzio , nuovo pel rovescio e pregevole pel metallo.

Fra i dieciassette medaglioni descritti e riprodotti, parecchi non si trovano nel più brillante stato di conservazione, e le tavole quindi mancano almeno in parte di una delle principali attrattive ; ma, come ebbi già occasione di osservai'e altrove, le tavole ag- giunte a questi articoli non sono come quelle, che, fatte por ornamento di un catalogo, offrono l'espo- sizione dei pezzi più belli e più appariscenti scelti appositamente fra molti, onde fare pompa di se e attestare il gusto squisito del raccoglitore sotto il duplice aspetto dell'arte e della conservazione. Alla quale ultima, dirò fra parentesi, oggi si attribuisce un'importanza soverchia, preferendola generalmente al vero interesse scientifico.

Scopo unico di queste tavole è quello di rappre- sentare fedelmente, documentare e autenticare tutti i pezzi descritti e quindi ogni scelta rimane esclusa. Questi pezzi unici o rarissimi, che offrono ancora novità o materia di discussione dopo tanti che fu- rono studiati e descritti, bisogna prenderli quali sono e accontentarsene, non dimenticando che se vi manca il pregio tanto ambito e direi riconosciuto per l'unico da buona parte dei moderni raccoglitori, l'interesso scientifico vi rimane sempre inalterato.

Davanti alla investigazione della scienza tanto vale una moneta fior di conio come quella che si trova nel più deplorevole stato di conservazione, sempre ben inteso che tanto ne rimanga da pò-

Al'I'UNTI 1)1 NUMISMATlrA ROMANA 277

terla con sicurezza leggere e classificare; e una mo- neta nuova e sconosciuta, per quanto male conservata è sempre preferibile a un fior di conio noto a chi- cliessia, nello stesso modo che una nuova cristallizza- zione di nessun valore venale e di nessuna appa- renza esteriore lia maggior pregio agli occhi del geologo naturalista, che non la più superba gemma di Golconda.... Certo sarebbe troppo pretendere che tale preferenza fosse condivisa dalla bella dama che aspira a farsi un vezzo...; ma noi dobbiamo nel caso nostro, poco gentilmente e poco galantemente è vero, imitare F esempio del primo e non quello della seconda !

E chiudendo cosi il breve preambolo , eccomi a presentare i nuovi medaglioni.

TRAJANO.

MEDAGLIONI-: d' A U Cf E N T O DI CONIO ROMANO. (Diani. mill. 27, peso gr. 15.G0O).

1.° Dopo il N. 3 di Cohen.

ly IMP CAES NERVA TRAIAN AVG GERM P M

Testa laureata a destra.

9 PROVIDENTIA SENATVS

Trajauo e un senatore di fronte ambedue togati sosten- gono insieme un globo. L'imperatore che sta a si- nistra tiene uno scettro.

(Tav. VII, N. 1).

I Medaglioni imperiali d'argento, incominciando da Marc'Antonio e scendendo lino a Settimio Severo sono nella grandissima maggioranza, o dii'cmo addi- rittura quasi tutti coniati in Asia. E sono abba- stanza comuni, mentre quelli di conio romano sono

278 KKA.N'CESCU GNKCCIll

eccessivamente rari. Non se ne conoscevano finora che due di Domiziano , uno di Trajano e due di Adriano, ossia quanti si possono contare sulle dita di una mano. Il che oggi non si potrà più dire es- sendo diventati sei con quello ora descritto.

Quantunque esso abbia un diametro eguale o po- chissimo superiore a quello di un mezzo bronzo, l'ho detto di conio romano, e conviene provarlo; ciò che non mi riescirà difficile essendovi tre forti ragioni a sostegno di tale asserzione, l'arte, la rappresen- tazione del rovescio e il peso.

L' arte ò veramente quella della buona epoca romana in cui ci troviamo, ed è la stessa arte dei bronzi di Trajano. Il che vuol dire che si scosta assai da quella dei medaglioni di conio asiatico, nei quali essa si addimostra più primitiva, più rozza, e presenta un tipo affatto speciale. Anche i caratteri delle leggende sono precisamente i caratteri delle buone monete romane , mentre nei medaglioni di conio asiatico non ne hanno mai la purezza e s'ac- cordano invece coll'arte più bassa dell'incisione della figura.

Si confronti alla Tavola il Medaglione di Trajano coi tre seguenti (N. 2, 3 e 4) d'Adriano, che ho ri- prodotto principalmente allo scopo di offrire tale confronto ; e ognuno vedrà chiaramente quanto l'arte romana differisca dall'arte asiatica, sia per l'incisione delle teste e dei rovesci, sia per lo stile dei caratteri, sia infine per la parte meccanica della coniazione. Per poco che si abbia l'occhio abituato all' osservazione delle monete è impossibile non av- vertire tali differenze.

Il secondo indizio egualmente positivo e fors'anche più forte consiste nella rappresentazione del rovescio eminentemente romana, la quale, nuova nella serie

APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA

279

numismatica di Trajano, lia però il suo perfetto riscontro in un rarissimo gran bronzo di Nerva descritto al N. 116 di Cohen. I rovesci dei meda- glioni asiatici si aggirano tutti in una cerchia assai ristretta di rappresentazioni e di leggende. Queste si limitano ordinariamente ad una data, i pochi medaglioni asiatici di Trajano non hanno che le due leggende : cos . ii o tr . pot . cos . ii, e così a un di- presso sono quelle dei medaglioni consimili di Nerva ed Adriano , mentre le rappresentazioni non of- frono in generale che simboli generici, come il fascio di spighe, l'aquila legionaria e le insegne militari, o la personificazione della Paco, della Fortuna, di un fiume, ecc. oppure un tempio o una divinità, quale Giove, Cerere, Cibele, Esculapio, Pallade, Nettuno, il più sovente poi la Diana d' Efeso rappresentata sotto diverso forme. ^fa non danno mai una rap- presentazione di carattere decisamente romano, come invece la troviamo nel medaglione sopra descritto. La rappresentazione dcirimpcratore e di un sena- tore e la relativa leggenda providextia sex.vtvs sono quanto di più romano si può immaginare e il me- daglione perciò deve indubbiamente essere uscito dalla zecca di Roma.

L'ultimo indizio finalmente è, come abbiamo ac- cennato, il peso, il quale raggiunge i grammi 15,000, mentre nessuno dei medaglioni d'argento coniati in Asia supei-a quello di 10 grammi.

Detto medaglione sarebbe quindi il secondo cono- sciuto di Trajano come di conio romano, il primo essendo quello col rovescio di carattere egualmente romano adventvs avo. descritto al N. 1 del Cohen, già appartenente al medagliere del duca di Blacas, ora al Museo liritannico ; colla sola differenza, che quest' ultimo riproduce per tipo e per dimcn.sionc

2R0 KRANTESCO GNKCCIIl

un gran bronzo dello stesso Trajano, mentre il mio riproduce in minor diametro un gran bronzo di Nerva.

Fu trovato lo scorso marzo in Roma, e questo ò un indizio di più, se si vuole, della sua romanità, poiché i medaglioni di conio asiatico provengono tutti dall' Oriente.

ADRIANO.

MEDAGLIONI I)' ARGENTO DI CONIO ASIATICO. (Diam. min. 30, poso g. 10).

2." Dopo il N. 9 di Cohen.

jy HADRIANVS AVGVSTVS P P

Busto a destra col paludamento e la corazza. Testa nuda. 1^' COS III

Giove Laodiceo a sinistra tiene un'aquila nella destra e un lungo scettro nella sinistra.

(Tav. VII, X. 2).

Il medaglione sembra battuto su di un altro me- daglione, come si può argomentare dalle vestigia di un tempio che si vedono ancora abbastanza chia- ramente dietro alla figura di Giove nel rovescio. La doppia coniatura spiega il diametro piii grande che di solito.

(Diam. min. 27, peso gr. 10).

B.° Dopo il N. 31 di Cohen.

^ HADRIANVS AVGVSTVS P P

Testa nuda a destra. ^ COS III

Luno (?) o Giove (?) ignudo a sinistra con una patera e un'asta rovesciata. Ai suoi piedi un cane (Cerbero?)

(Tav. VII, N. 3).

API'UNTI DI NUMISMATICA ROMANA

281

(Diam. min. 27, peso gr. 9.50). 4." Dopo il N. 43 di Cohen.

jy IMP CAES TRA HADRIANO AV P P

Testa laureata a destra.

1^' DIANA EPHESIA.

La Diana d'Efeso di fronte fra due cervi.

(Tav. VII, N. 4).

Tipo piuttosto barbaro o suberato.

MKT).\GLIONE DI BRONZO. 'Difilli, min. 3G).

5.° Dopo il N. 5(>5 ai Colieii.

1/ HADRIANVS AVG COS MI P P

Testa laureata a destra.

IJ Anepigrafe.

Bacco ignudo e Apollo seminudo seduti su di un carro a destra sono tirati da una pantera e da una capra. Bacco appoggiandosi sul gomito destro tiene il tirso, Apollo seduto alla sinistra suona la lira volgendosi a lui. Sulla capra cavalca Cupido e suona un doppio flauto.

(Tav. Vili, N. ]).

Questo bellissimo medaglione usci dal Tevei'O pochi mesi sono ; di bella quantunque non perfetta con- servazione ò completamente spattinato come tutti i bronzi che provengono dal Tevere. Il rovescio, for- mante un quadro pieno d'arte e di poesia, e degno della miglioro epoca romana, era conosciuto in due medaglioni di Antonino Pio, uno descritto al N. 48 del .Supplemento alla prima P]dizione del Cohen (divenuto il N. 1153 della nuova) e l'altro da me nella Gazzetta Numismatica di Como (188G); ma è

2S2 FR.\NCESCO GNECCIII

nvTOVo fra i medaglioni d'Adriano. Antonino Pio ne fece una copia fedelissima e forse anzi si servì del- l'identico conio, come mi pare di poter argomentai-e esaminando i due rovesci, che non presentano la benché minima diversità.

FAUSTINA JUNIORE.

MEDAGLIONE DI BRONZO. (Diain. inill. 39).

G.° Dopo il N. 107 di Colien.

^ FAVSTINA AVG Pll AVG FIL

Busto a sinistra. J^ Anepigrafe.

Faustina (o Venere ?) seminuda sta seduta a sinistra. Si appoggia colla mano sinistra al sedile, mentre colla destra offre un elmo (?) a Marte (?) che le sta din- nanzi, tenendo un oggetto indistinto nella destra e un parazonio nella sinistra. Alla destra di Marte una corazza.

(Tav. Vili, N. 2).

Il medaglione ò in istato assai cattivo di conser- vazione, principalmente pel rovescio; pure ho creduto opportuno riprodurlo, trattandosi di un rovescio; af- fatto nuovo fra i medaglioni di Faustina.

LUCIO VERO.

MEDAGLIONE DI BRONZO. (Diam. min. 38).

Dopo il N. 109 di Colien. iiy L- VERVS AVG ARM PARTH MAX

Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. ì)i Anepigrafe.

Su di un palco collocato a destra Lucio Vero sta arrin- gando due Soldati di cui uno armato di lancia e

API'UNTI DI NUMISMATICA ROMANA 283

scudo, l'altro semplicemente di scudo. Dietro a lui sul medesimo palco sta M. Aurelio, e davanti al palco un giovinetto (Commodo?) pure rivolto ai soldati. Nello sfondo due insegne militari.

(Tav. Vili, N. 3).

Il solo medaglione di Lucio Vero a cui può assomi- gliare quello ora descritto è dato da Cohen al N. 80 e porta al rovescio la leggenda adlocvt. ; e un' allo- cuzione è veramente anche quella del mio medaglione quantunque anepigrafe. Il giovinetto, che sta ai piedi del palco, rivolto ai soldati forma la differenza fra questo medaglione e i molti rappresentanti il tipo dell' allocuzione ; e mi pare vi si deblia riconoscere il fanciullo Commodo, se non già associato all'impero, design2.to successore al trono come figlio di Marco Aurelio.

C O M M O D O.

MEDAGLIONE DI H R 0 N Z 0.

(Diam. inill. 36).

8." Dopo il N. 297 di Cohen.

iiy IMP CAES L AVREL COMMODVS GERM SARM Busto giovanile e laureato a destra a mezza figura, col- l'egida che gli circonda il petto.

9' TR POT . COS

Commodo ignudo a sinistra cogli attributi di Ercole, la clava nella destra o la pelle del leone nella sini- stra, coronato da una Vittoria alata, che tiene una cornucopia (Anno 177, d. C).

(Tav. Vili, N. 5).

Il rovescio ò nuovo nelle serio dei medaglioni di Commodo.

234 KICANCKSCO GN'BCCHI

MEDAGLIONK DI BRONZO A DUE METALLI. (Diam. min. 53).

9.° Dopo il N. 448 di Cohen. ,iy Anepigrafe.

Busto laureato di Commodo a destra col paludamento. I> Anepigrafe.

Figura femminile (Roma?) seminuda con un vessillo, che cammina a destra conducendo pel freno un ca- vallo.

(Tav. Vili, N. 4).

Non è bello come conservazione il medaglione ora descritto , ma degno di nota sotto due aspetti, prima j)er la mancanza assoluta di leggenda, poi per la dimensione. In tutte la ricchissima serie dei me- daglioni di bronzo di Commodo, certo la più ricca di tutte, nessun medaglione è anepigrafe dalle due parti, e forse nes.suno anche nel solo rovescio. Dico forse, perchè l'unico esemplare descritto come tale dal Cohen (N. 447 della prima Ediz., o 997 della se- conda) è riportato da Mionnet ; vi manca il dritto e , ciò che più importa , la citazione del museo in cui si trova, e quindi non lo si può accettare che con qualche riserva. Ad ogni modo, ammessa pure la esistenza e l' autenticità di quello di Mionnet , il mio medaglione sarebbe l'unico certamente anepi- grafe sia nel dritto che nel rovescio.

La dimensione poi è la massima che mai si in- contri nei medaglioni , il diametro raggiungendo 53 mill. che corrispondono al modulo 14 1]^2 della scala di Mionnet. Credo che nessun medaglione ro- mano raggiunga questo diametro , eccettuato uno solo di Commodo, già appartenente al Gabinetto del Duca di Blacas, del quale Cohen diede non solo la

Al'I'UNTI DI NUMISMATICA ROMANA 285

descrizione (N. 447) ma benanco l'incisione (Tav. Ili), quantunque si trovasse in tale lamentevole stato di conservazione, che al suo confronto il mio si po- trebbe dire bellissimo.

SETTIMIO SEVERO.

MEDAGLIONE d'ARGENTO DI CONIO ASIATICO.

10.° Dopo il N. 4 di Cohen.

,D' IMP CAES L SEVERVS PERT AVG

Testa laureata a desti-a.

9' VICTORIA AVOVSTI.

Vittoria clie cammina a destra, tenendo nna ghirlanda con ambo le mani. Davanti a lei uno scudo su di una base.

(Tav. VII, X. 5).

MEDAGLIONE DI BRONZO. (Diam. inill. 39).

11.° Dopo il N. 4(37 (li Cohen.

^ L- SEPTIMIVS SEVERVS PERTINAX AVG IMP VII

Busto laureati! e corazzato a destra fregiato doirorrida.

1> DIVI M PI! F P M TR P IMI COS Il P P

Marte ignudo e galeato a destra col mantello che dalle spalle gli scende sul braccio sinistro. Tiene iin'asta e si appoggia allo scudo. Ai suoi piedi una corazza (Anno 19(!. d. C).

(Tav. vnr, N. G).

Questo medaglione poco differisco da (juello de- scritto da Colien al 4()7 : ma ho voluto riprodurlo stante il suo bellissimo stile e la perfetta conserva- zione. Era la gemma della collezione Baxter di Fi- renze.

28G FRANCESCO GNKCCIII

SEVERO ALESSANDRO.

MEDAGLIONE DI BRONZO A DUE METALLI. (Diam. mill. 37).

12.° Dopo il N. 228 di Cohen.

^^ IMP CAES M AVREL SEV ALEXANDER AVG

Busto laureato a destra col paludamento.

!>' JOVI VLTORI P M TR P III (in giro) COS P P (all'esergo).

Tempio a sei colonne, ornato al sommo d'una quadriga trionfale e di statue. Di statue è pure ornato il frontone. In mezzo al tempio siede Giove Vendicatore coi ful- mini e lo scettro. Un gran recinto a porticati, di cui si vedono otto arcate per lato, forma davanti al tempio una piazza a cui danno accesso tre arcate nel davanti, elevate su alcuni gradini e sormontate da statue (Anno 224, d. C).

(Tav. Vili, X. 7).

Il rovescio col tempio di Giove vendicatore, nuovo fra i medaglioni di Severo Alessandro, è però cono- sciuto fra i gran bronzi dello stesso ed è descritto e inciso da Cohen al N. 2(j8. La sola differenza sta in ciò che lo lettere s. e. all'esergo del gran bronzo, sono sostituite nel medaglione dalle altre: cos. p. p.

FILIPPO PADRE E OTACILLA.

MEDAGLIONE d'aRGENTO. (Diam. mill. 37, poso gr. 31).

13." Dopo il N. 75 di Cohen.

/ly CONCORDIA AVGG

Busti affrontati di Filippo padre e d'Otacilla. Il primo è laureato, la seconda diademata. Ambedue lianno il paludamento.

AI-I'LNT! DI NUMISJIATICA ROMANA 287

9' ADVENTVS AV&G

Filippo padre e Filippo figlio in abito militare galop- panti a destra. Ciascuno tiene un'asta, il primo oriz- zontale, il secondo verticale.

(Tav. VII, N. G).

Questo medaglione può vantare il diritto al titolo di unico per diversi motis'i. È unico prima di tutto come tipo, unico come portante le testo di Filippo padre e d'Otacilla, unico infino come medaglione di argento di grandi dimensioni e storico in quest'epoca.

La famiglia dei Filippi è variamente rappresentata sulle monete e sui medaglioni romani.

Monete d'oro e d'argento, medaglioni e monete di bronzo ci offrono le teste di Filippo padre e d'Ota- cilla, monete d'argento e medaglioni di bronzo le teste dei due Filippi, infine moneto d'argento e di bronzo e medaglioni di bronzo hanno le tre testo dei due Filippi e di Otacilla variamente disposti ; ma nessuna moneta e nessun medaglione d'argento ci offre lo duo teste di Filippo padre e Otacilla. I pochi medaglioni d'argento di Filippo padre sono tutti di piccolo modulo e non portano che le comuni leggendo: ai:(,>vitas avo . e VICTORIA AVO ; come sono tutti i uiedaglioni d'argento anteriori all'epoca di Grallieno. (^)uelli di Severo Ales- sandro, Alcs.sandro (; Mamea, Mamua, ^lassimino, Gordiano non portano che il tipo solito dello tre Monete colla leggenda ai:<jyitas avo., e non hanno quindi che un'ini})ortanza molto piccola, non accen- nando ad alcun fatto storico segnando alcun data.

Il medaglione venuto ora in luce ci offro colla sua rappresentazione un fatto importantissimo e una data precisa, l'ingresso in lioma dell'imperatore Fi- lippo col figlio nell'anno 244, quando, dopo assassi- nato Gordiano, veniva a raccoglierne l'impero. Il me- daglione fu coniato precisamente per rammentare la

283 KRANCESCU GNECCMI

fondazione dell'impero di Filippo, ed è degno di nota come venisse coniato in argento mentre tutti i me- daglioni storici precedenti erano stati coniati in bronzo (i).

Il medaglione venne trovato in Roma nel maggio 188G completamente coperto di ossido grigio-scuro talché dal villano elio lo trovò fu venduto per 25 soldi quale moneta di bronzo. Liberato però dall'os- sido che lo ricopriva apparve d'argento, abbastanza l)uono quantunque non di purissima lega. Il meda- glione, si vede, non ò mai stato in circolazione ; è di quella freschezza di conio che i romani chiamano ruspo, ma l'impronta non è molto ben riuscita special- mente nel dritto, ove si vedono le traccie dei di- versi colpi che furono dati ai conii, senza che ba- stassero per farne uscire la rappresentazione com- pleta. Lo chiamerei quasi una prova avanti lettera fatta cioè coi conii non poranco finiti. Ne dico questo perchè al cavallo che sta al secondo piano manca il treno anteriore. Tale anomalia si osserva in altri medaglioni che portano un simile rovescio, 0 in quasi tutti i gran bronzi di Nerone col rovescio DKCVRSio. Ma una attenta ispezione dell'incisione,

(1) Nel Catalogo della Collezione Gosselin venduta a Parigi nel 1804 trovo la descrizione del seguente piccolo medaglione di bronzo, che lia molto relaziono col medaglione d'argento da me descritto:

p. _ CONCORDIA AVGG. Teste affrontate di Filippo padre e Otaoilla.

R. ADVENTVS AVGG. Filippo padre e figlio a cavallo prece- duti e seguiti da soldati.

Non so dove trovisi ora tale medaglioncino , percliè non sia stato riportato nella seconda Edizione del Cohen. Certo però non gli fa attri- buito gran valore alla vendita, forse per la conservazione o fors' anche per qualche dubbio insorto, perchè, q\iantunque dato per inedito, nou trovò che il prezzo di GO franchi,

APPUNTI III M'MISM.VTICA HOMAXA 280

chiaramente a divedere die ai conii mancò l'ultima mano dell'artista. Furono poi finiti in seguito? furono adoperati ? Il fatto del non essere finora venuto in luce che quest'unico esemplare, il quale, come si disse, ha tutta l'apparenza di una prova, può lasciar supporre che i conii siano stati abbandonati prima che finiti, e che quindi nessun altro esemplare di questo medaglione debba più comparire. Ma, dopo tutto, tale congettura può essere smentita domani. Frattanto però e fino a nuove scoperte rimano unico, e uno fra i più importanti medaglioni romani di argento.

PROBO.

MEDAGLIONE DI BRONZO. (Diam. mill. 32).

14." Dopo il N. 98 di Cohen.

,©' IMP C PROBVS INVICTVS AVG

Mezza figura di Probo a destra con ehno e corazza, la lancia nella destra, lo scudo e due giavellotti nella sinistra. ^ VICTORIA AVGVSTI N

Vittoria a sinistra seduta su di una corazza. Tiene una palma nella destra e colla sinistra uno scudo appog- giato sulle ginocchia. Sullo scudo la testa di Medusa. (?)

(Tav. VII, X. 7).

Rovescio nuovo pel tipo e la leggenda fra i me- daglioni di Probo, citato nella seconda Edizione del Cohen N. 753.

MAGNENZIO.

MEDAGLIONE d'oRO.

(Diam. mill. 31, peso gr. 9). 15.° Dopo il N. 6 (li Cohen.

fì" D N MAGNENTIVS P F AVG-

Busto nudo a destra col manto imperiale.

33

290 FRANCESCO (iNK(C[ll

VIRTVS AVG-VSTI NOSTRI

Magnenzio in abito militare che cammina a destra, vol- gendosi indietro. Tiene colla sinistra lo scudo e una lancia colla punta abbassata, mentre preme la destra sul capo di un prigioniero. All'esergo S M A Q.

(Tav. VII, N. 8).

Fatta eccezione del medaglione d'oro descritto al N. 2 di Cohen, già appartenente al Gabinetto di Francia e distrutto nell'esecrabile furto del 1831, questo da me descritto ò il più grande e piìi pe- sante fra i pochi medaglioni d'oro di Magnenzio.

ONORIO.

MEDAGLIONI d' A R G E N T 0. (Diam. mill. 22, peso gr. 4.50). 16." Dopo il N. 4 di Cohen.

;& D N HONORIVS P F AVG

Busto diademato a destra col paludamento e la corazza.

GLORIA ROMANORVM

L'imperatore nimbato e in abito militare a destra colla testa rivolta a sinistra. Tiene un'asta colla destra e si appoggia colla sinistra al proprio scudo. Nel campo una stella, all'esergo CON.

(Tav. VII, N. 10).

(Diam, mill. 23, gr. 5.50). 17.* Dopo il N. 6 di Cohen.

!& D N HONORIVS P F AVG

Busto diademato a destra col paludamento e la corazza. 9/ VOI XV MVLT XX 'l in una corona d'alloro. Al- l'esergo R M P S.

(Tav. VII, N. 9).

Tre soli medaglioni d'argento sono conosciuti per Onorio. I due qui descritti presentano due tipi nuovi, quantunque non offrano materia a osservazioni speciali.

AIM'I'Nrl KI N:M1<M \TlrA KOAIAW 201

IV.

PICCOLI BRONZI DA ANTONINO PIO A SEVERO ALESSANDRO

Incominciando dell'epoca d'Antonino Pio e scen- dendo fino a quella di Severo Alessandro o poco oltre, troviamo nella seria numismatica romana una specialità, che si limita a questo periodo con nes- suna eccezione prima dopo, troviamo cioò un certo numero di piccole moneto di bronzo, sulla cui natura non sono ancora bene d'accordo i numi- smatici.

Il Cohen, descrivendo queste monete, non attri- buisce loro alcuna importanza, e tiene anzi nota unicamente di quelle del Galiinetto di Francia, am- mettendole senz'altro quali falsilìcazioni di monete d'argento. Mi pare però che tale opinione non si possa accettare senza alcun riserva, e non ò forse fuori del caso l'accennare ad altra ipotesi , a so- stegno della quale vi sono per lo meno tante ragioni quanto per la prima. Ma por cominciar dal principio, queste moneto non possono uscir da una delle tre seguenti categorie : 0 prove di monete d'ar- gento, 0 falsificazioni di queste, o vere monete di bronzo.

292 KRANCKSCO GNECCHl

to

Non pare ammissibile l'ipotesi che siano prove di zecca. Sarebbero troppo numerose e d' altronde perchè ne sarebbero rimaste di soli pochi impera- tori, mentre nessuna ce n' è pervenuta di tutti gli altri, non esclusi quelli che ebbero una monetazione eccezionalmente varia ed estesa? Abbandonata dunque senz'altra discussione questa prima ipotesi, ci riman- gono le altre due. Generalmente le monetine in di- scorso vengono considerate come falsificazioni di monete d'argento, dirò meglio come anime di bronzo di antichi denari falsificati e che hanno perduta l'ar- gentatura, monete sfoderate, defourrées, come le chia- mano i francesi. Tale opinione che è, come si disse, quella del Cohen e dei suoi successori, ha il suo prin- cipale fondamento in ciò che questi piccoli bronzi riproducono esattamente i tipi dell'argento e sem- brano anzi un prodotto dei medesimi conii. Ci sono però ragioni che militano nel campo opposto e che, a mio parere, condurrebbero a ritenere queste monete come vere monete di bronzo, quantunque bat- tute coi conii dell'argento; e due principalmente di tali ragioni mi sembrano forti. Prima di tutto non mi è mai occorso di trovare una di queste monete che conservasse ancora in tutto o in parte la superficie d'argento che l'avrebbe dovuta anticamente ricoprire ; e nessuna di queste monete ha il tipo delle vere mo- nete suberate, come se ne trovano moltissime dei tempi della republica e un certo numero anche dei tempi dell'impero fino all'epoca degli Antonini. In secondo luogo le impronte dei conii su questi piccoli bronzi sono troppo nette e troppo precise per lasciar supporre che al disopra del bronzo ci fosse una la- mina o superficie d'argento ; e giova considerare che, coi mezzi di cui potevasi allora disporre, l'argenta- tura si doveva fare di un sensibile spessore, come

APPL'NTl DI NUMISMATICA UOMANA 293

del resto lo provano le molte monete suberate che ci sono rimaste.

Se a una moneta suberata leviamo la lamina di argento che la ricopre, ci resta un'anima di bronzo su cui il conio non ha stampato che assai imperfetta- mente e rozzamente la propria impronta, un pezzo di bronzo quasi informe e lontanissimo dalla finezza dei piccoli bronzi in discorso.

I quali ripeterò sono fatti colla massima accura- tezza, e i conii da cui furono prodotti non sono per nulla infei'iori a quelli dei denari d'argento, tanto da potersi ritenere che siano i medesimi ; mentre le falsificazioni delle monete imperiali sono sempre dal più al meno inferiori come arte e come finezza alle monete autentiche.

Per queste ragioni mi sembra appoggiata su debole base l'opinione generalmente accettata, e mi parebbe più naturale che tali monete si considerassero come veri piccoli bronzi. Furono essi battuti coi conii dell'argento? A qual'epoca precisamente incomincia- rono e per qual legge? Quando e perchè finirono? Quale finalmente era il loro rapporto colle altre mo- nete contemporanee? Ecco dei quesiti a cui non mi trovo in grado di rispondere; ma non perciò la mia ipotesi mi sembra più improbabile dell'altra.

II Cohen osserva, e a ragione, che esistono alcune piccole monete di bronzo principalmente al regno di Severo Alessandro, aventi un tipo differente da quelle prodotte coi conii dell'argento e che si possono considerare come veri piccoli bronzi. Verissimo; ne possiedo taluni anch'io nella mia collezione, fra cui il seguente sconosciuto a Cohen :

1/ IMP SEV ALEXAND AVG

Busto laureato ii destra col paludamento.

294 FRANCKSf.'O (INKCCIM

9»' PONTIF MAX TR P Il COS P P

Roma seduta a sinistra con un'asta e una Vittoria, al suo fianco uno scudo. (Anno 223, d. C).

Ma , ammesso pure che ci siano questi piccoli bronzi di fabbrica siriaca o non romana, ciò nulla toglie alla ipotesi precedente, non impedisce che anche gli altri, di cui s'è finora discorso, si possano considerare come vero monete di bronzo di fabbrica romana.

Abbiamo anche al tempo di Gallieno un certo numero di monete battute in basso argento (che il buon argento non era più conosciuto a quei tempi), e in bronzo coi medesimi conii. Certo qui siamo nell'epoca della maggior confusione e della maggiore anarchia monetaria, ma non è supponibile che, por quanto abituato alle angherie e ruberie degli zec- chieri, il buon popolo romano insieme a un pessimo argento si accontentasse di accettare per argento monete di puro bronzo. Conviene quindi ammet- tere che vi fossero monete d' argento e di bronzo apprestate coi medesimi conii, e per similitudine si può ammettere che tal fatto esistesse anche ante- riormente ; colla differenza , che , se al tempo di Gallieno le moneto d'argento sono talora difficili a scernersi dn quello di bronzo , causa la estrema decadenza della lega, tanto che di solito nelle col- lezioni so ne fa una categoria sola e chi le classifica argento, chi invece bronzo , ai tempi che corrono da Antonino ad Alessandro le monete di bronzo sono distintissime da quelle d'argento e senza nessun pericolo di confusione.

E concluderò dunque che per sostenere le dette mo- nete essere falsificazioni di denari d'argento, bisogne- rebbe provare due cose: Primo, come gii antichi cono- scessero un mezzo d'argentatura simile a quella della

Al'PL'NTI in NUMISMATICA RiJMANA 295

galvanoplastica, simile intoudo per gii effetti ; come potessero cioè prima o dopo della coniatura mettervi una superficie così sottile d'argento, che permettesse al bronzo di ricevere l'impronta del conio con "tutta perfezione. Secondo, come tale argentatura possa es- sere scomparsa completamente in modo da non la- sciare più la minima traccia di se in nessuno degli esemplari die ci sono pervenuti. E credo difficile pro- vare queste due cose.

Faccio seguire a questa nota la descrizione di 16 piccoli bronzi della mia collezione, che man- cano al Gabinetto di Francia e quindi al Cohen. 0 queste sono vere monete , come io le credo, e in questo caso, come di qualunque altra categoria di monete, è bene se no conosca il maggior numero possibile; o non hanno alcuna importanza, come ri- teneva Cohen, e allora non vedrei per quale scopo si pubblicarono quelle del Gabinetto di Francia. Dalla descrizione che seguo si vedr;i che, se la mas- sima parte di questi piccoli bronzi sono la fedele riproduzione di denari d'argento, ve ne sono però al- cuni che presentano alcune varianti. Questi potreb- bero essere stati coniati solamente in lu'onzo ; ma potrebbe darsi egualmente che esistessero, quantmique a noi ignoti, i corrispondenti denari d'argento.

ANTONINO PIO.

1. ify ANTONINVS AV& PIVS P P

Testa laiu-eata a destra.

9' cos un

Fulmine su di un trono. (Conio del danaro d'argento descritto al N. 13C di Colion).

2. ^fy IMP CAES T AEL HADR ANTONINVS AVO PIVS

P P

Testa laureata a destra.

29G PRANCESD) fiNECCHl

'^ TRANQ- (all'esorgo) TR POT Xllll COS llll (in giro). La Tranquillità a destra con un timone e due spighe. (Conio dell'argento, Coh. N. 253).

3. ;& ANTONINVS AVG PIVS P P IMP Il

Testa laureata a destra.

T>' - TR POT XX COS llll

L'Abbondanza seduta a destra colla cornucopia. Ai suoi piedi un cesto di spiglie. (Conio dell'argento, Coh. N. 332).

SETTIMIO SEVERO.

4. ;& DIVO SEVERO PIO.

Testa nuda a destra.

'^ CONSECRATiO. Trono su cui è una corona. (Conio dell'argento, Coh. K. 57).

5. jy SEVERVS PIVS AVG

Busto laureato a destra.

5.' INDVLGENTIA AVGG IN CARTH

Cibele seduta su di un leone corrente a destra con un

fulmine e uno scettro . (Conio dell'argento, Coh. N. 131).

6. ^ly L SEPT SEV PERT AVG IMP llll

Testa laureata a destra.

JVIARS PATER.

Marte ignudo e galeato col mantello svolazzante, gra- diente a destra con un'asta e un trofeo. (Conio dell'argento, Coh. N. 202).

7. iiy Come il precedente.

9' P M TR P Il COS Il P P

Marte come nel precedente. (Conio dell'argento, Coh. N. 257).

AI'ITNTI III NUMISMATICA ROMANA

297

8. ,D' L SEPT SEV PERI AVG IMP V

Testa laureata a destra.

9,' P M TR P III COS Il P P

Pallade armata a sinistra colla lancia e lo scudo. (Conio dell'argento, Coli. N. 255;.

9. ;& SEVERVS AVG PARI MAX.

Testa laureata a destra.

9' P M TR P Vili COS Il P P

Vittoria clic vola a sinistra tenendo una ghirlanda con ambe le mani. Davanti a lei uno scudo su di un cippo. (Conio dell'argento, Coli. N. 250).

10. ir SEVERVS PIVS AV&

Testa laureata a destra.

yl P M TR P XI COS Il P P

La Fortuna seduta a sinistra con un timone 0 una cor- nucopia. Sotto la sua sedia una ruota. (Conio dell'argento. Coli. N. 2S5j.

GIULIA DOMNA.

11. ly JVLIA PIA FELIX AVG

Busto a destra.

1>' MAT AVGG MAT SEN M PATR Giulia seduta a sinistra con un ramo d'ulivo e lo scettro. (Simile al denaro d'argento descritto da Colieii al N. 58; ma senza la mezzaluna che circonda il busto).

CARACALLA.

12. fì' ANTONINVS PIVS AVG GERM

Testa laureata a destra.

ìjl P M TR P XVII COS IMI P P

Giove seminudo a sinistra col fulmine e lo scettro. Ai

suoi piedi un'aquila. (Conio dell'argento, Coli. N. 151).

298 FRANCESCO ONECCIII - Ai^l'CNTl DI NUMISMATICA KOMANA

MACRINO .

13. jy IMP C M OPEL SEV MACRINVS AVG

Busto laureato o corazzato a destra. JJÌ FELICITAS TEMPORVM.

La Felicità a sinistra con un caduceo e uno scettro. (Variante del denaro d'argento descritto da Coh. al N. 9).

SEVERO ALESSANDRO.

14. ^ly IMP C M AVR SEV ALEXAND AVG

Busto laureato a destra col paludamento.

1>' ANNON R P I C

L'Abbondanza a sinistra con una cornucopia in atto di riempire di spiglie un modio che sta a' suoi piedi. (Tipo piuttosto rozzo. E probabilmente l'opera di un falsario che scrisse barbaramente la leggenda del rovescio intendendo imi- tare ANNONA AVG.).

15. ^ Come il precedente.

1>' - P M TR P Il COS P P

La Fortuna a sinistra con un timone appoggiato sopra globo e una cornucopia. (Simile al denaro descritto da Coh. ma senza la stella nel campo del rovescio).

ORBIANA.

IG. ^' SAL BARBIA ORBIANA AVG

Busto diademato a destra.

ìjl CONCORDIA AVGG

La Concordia seduta a sinistra con una patera e una doppia cornucopia. (Conio dell'argento, Coh. Is. 1).

Francesco Gxecciii. > >

STUDII ECONOMICI

SULLE MONETE DI M I L A N 0 (i)

(Continuazione, V. Fase. 1)

DIZIONARIO DELLE MONETE MILANESI.

AMBROSINO D"ORO Così cliiamato da S. Ambrogio scolpitovi sopra ; moneta della prima repubblica mi- lanese, coniata probabilmente nella seconda metà del 1200 ad imitazione del fiorino di Fiorenza, ma del quale non si ha notizia certa che in un documento

(1) Vista la buona accoglienza fatta agli scritti (lei fu Conto Giovanni Mulazzani, pubblicati sotto questo medesimo titolo di SfinHi economici sulle Monete di Milano nel primo fascicolo della Rivista Xumismatica , presentiamo in questo terzo fascicolo un altro capitolo elio era desti- nato ad essere il XX ed ultimo del Disrono Preliminare alla Illustra- zione delle Monete Milanesi.

In questo capitolo, fatto a guisa di dizionario, è data in ordine alfa- betico la denominazione delle vario monete coniate nella zecca di Mi- lano, aggiuntovi il peso, la bontà o il valore pel quale ebbero corso ri loro nascere e nei tempi successivi. Scritto con quella scienza, erudi- zione e precisione die erano proprie dell'insigne numismatico, questo dizionario può considerarsi come un vero studio economico e non può che riuscire di grande interesse a tutti gli amatori delle nostre monete. Crediamo renderci interpreti del pensiero dei lettori della Rivista ren- dendo grazie al Conte Mulazzani figlio die ha messo a nostra disposizione i manoscritti del padre, fra cui ci sarà ancora materia per articoli in avvenire. Il presento capitolo fu scritto a Treviglio negli anni 1810 e 185i'.

Fk\ntf>i"o Kn Krpmi.e Onriviu.

300 GIOVANNI MULAZZANI

del 1303 ; era di purissimo metallo ; pesava nostri denari 2 e gv. 21,33G, e di questa sua legale gravità da noi scoperta sarà data la dimostrazione, allorché produrremo i pi-imi fiorini che possediamo di Ber- nabò e Galeazzo Visconti, valeva in oz-igine soldi 20 torzoli d'argento, ossia 10 imperiali ; rarissimo, esiste nel Musco Verri.

AMBROSINO GRANDE D'ARGENTO - Pure repubblicano, decorato del S. Ambrogio, della seconda metà del se- colo come sopi'a, essendovene prova negli statuti di Brescia dell'anno 1257 ed in una carta nostra del- l'anno prima ; peso denari 2,9,G00 ; titolo 0,968 ; va- lore un soldo e 1[2 terzolo pari a 3^4 di soldi im- periali, raro.

AMBROSINO GRANDISSIMO D' ARGENTO Fabbricato nei primi anni del 300 alla calata di Enrico VII di Lu- cemburgo con impronto regio che imperatorio, del valore di due soldi imperiali all'impasto il primo di 0,912 col peso di denari 3,3 ed il secondo 3,10 alla bontà di 0,964.

Questo nome d'ambrosino sembra avere continuato coi primi tre Visconti, finche prevalse quello più comune di grosso al tempo dei due fratelli Bernabò e Galeazzo signori di Milano nel 1354.

AMBROSINO PICCOLO D'ARGENTO Similmente re- pubblicano della seconda metà del 200 ; peso de- nari 1,16 titolo 0,904; vale soldi 1, terzolo, impe- riali 1^2. Nello stesso modo che si stamparono col nome di Enrico VII sopra detto ambrosini grandis- simi di 2 soldi se ne fecero anche dei piccoli a soldi 1 del peso di grani 37 a 0,912 di tipo regio; rari.

BERLINGA Sinonimo di lira, usato nei secoli XVI e XVII , ciò raccogliendosi dalle gride spagnuole del 1548 e da molte altre successive fino al 1637.

STL'DIl ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 301

Vero è però che menzione si trova di herlingìie ve- neziane , troni sive mozanighi anche prima in duo gride dei re francesi del 1508 fino al 1515 al prezzo di soldi 14 1(2 e di soldi IG. La prima lira o berlinga che conosciamo è di Filippo II dell' anno 1548 al- l'incirca; pesa denari 5,5 al titolo di 0,958,

BIANCO Denominazione a noi derivata dalla Francia, dove sappiamo da Le Blanc, che fu usata singolarmente per il basso bigliono che venne accu- ratamente imbiancato. La prima grida che ne parla, a mia cognizione è dell'ultimo duca sforzesco del 15,'30, dove è tassato 14 di quei soldi, ma non è marcato il peso o spiegato il tipo, ne se sia di nostra zecca od aliena.

Veri bianchi e tnezzi bianchi fabbricati nella Ceca di Milano si riscontrano nella grida del 1538, al prezzo di soldi 9 e danari 4,G. Non sono riuscito a trovare fra le monete della mia collezione bianchi sforzeschi, ma due mezzi parmi certamente di possedere di Carlo V, che pesano denari 2 lp2 colla bontà di 0,400 a 0,500.

BISSOLO Piccolissima ed abbietta moneta viscontea fabbricata dal duca Giovanni ]Maria per testimonianza del Corio nel 1409, imitata contemporanemente in Pavia da suo fratello Filippo Maria, che n'era conte principesco, e proseguita dal Sforza, dei quali bis- soli tre ce ne volevano a formar due denari e 18, quindi un soldo, peso 11 g. titolo 0,078.

BOLOGNINO PICCOLO Cosi detto dal nome della città dove si fabbricava, che fu cominciando dal 1191 immediatamente dopo il privilegio della zecca che Bologna ottenne da Enrico V peso nostri gr. 12 tra- boccanti ; bontà soldi 2,18 = 0,228 ; valore 1^12 di soldo, il quale si componeva in conseguenza a tenore

802 OIOVANNI MULAZZANl

del sistema di Carlo Magno. Io qui lo registro corno sarà di altre due bolognesi monete successive, per più d'una ragione, perchè moneta patria, se non in origine, essa divenne nel 1350, in cui il nostro Arci- vescovo Giovanni Visconti ne fu salutato Signore, e perocché effettivamente ve ne lianno delle coniate col suo nome, dimostrandolo un unico esemplare nella città nostra giacente all'Ambrosiana.

BOLOGNINO GROSSO D'ARGENTO - Alla voce grosso spiegheremo a momenti compitamente la sua etimo- logia e daremo inoltre la storia in succinto di questa fa- migerata moneta del medio evo. Frattanto di questo grosso dirò che comparve nel 123G, che il suo peso constava di gr. 28 bolognesi corrispondenti a 27 circa dei nostri di marco e la bontà di soldi 10 = titolo 0,832. Di questi elementi si conforma il bolognino ar- genteo df'l nostro Visconti, che aljbiamo assaggiato.

BOLOGNINO D'ORO Ad esempio di tante libere città d'Italia i bolognesi insigniti della facoltà di batter moneta, dal VI Enrico sul cader del XII secolo, vol- lero usarne in sommo grado, coniandone di superla- tivo metallo che cliiamarono bolognino d'oro, locchc eseguirono per altro tardi, stando al Sigonio, sola- mente cioè nel 1380. Un bolognino d'oro tratto dal ^luseo Verri, che nei duo campi contiene l'insegna Viscontea senza indicazione di principe, riscontrasi nel Litta da lui assegnato all'arcivescovo Giovanni Visconti che fu signore di Bologna nel 1354, senza darne ragione alcuna, ed in opposizione alle testi- monianze del preclaro scrittore citato ; ma sia questo nummo di Giovanni, e di qualche altro dei Visconti che dominarono più tardi l^ologna, coni' io mi per- suado anche per l'eleganza che lo distingue non propria di quel tempo, a me pare un vero e effettivo

st:iiii EcoNOMin sui.lk moneti: rn Milano 303

bolognino d'oro. Il peso è lo stesso del fiorino e dell' ambrosino d'oro, notati da principio, e così ò del metallo per ciò che ne ho riscontrato al posto dove si custodisce quale pezzo rarissimo.

CARLO Cortigianesco nome, durato di passaggio, compartito al filippo esistente fino dal 1604, allorché Carlo II re di Spagna ascese il soglio nel IGGG, e ri- petuto più tardi sotto Carlo YI imperatore nel 1711 e forse sotto lo stesso monarca fin da quando col- l'intitolazione di Carlo III re di Spagna diventò duca di Milano nel 170G ; vedi abbasso alla voce Filippo.

CENTESIMO Ecco la moneta che costituisce quella modificazione più volte annunziata indietro del si- stema monetario di Carlo Magno, tuttora si può dire da Xn secoli vigente in lire, soldi, ma non in de- nari atteso che questa seconda frazione della lira per la divisiono decimale a cui non si conforma il X. 12 ha dovuto cedere il posto al centesimo, com'è noto a tutti. Alla voce abbasso, lira, sarà spiegata l'altra iion meno essenziale e veramente filosofica variazione, parto insigne nella Convenzione Xazionalc di Francia, intorno l'unità della lira fatta perpetua ed immuta- bile, comecché basata sulle leggi fisiche eterne della natura.

Di due sorta di ramo decimale contiamo nel nostro Cimelio, italiano, dal 1807 al 1814, austriaco dal 1822 al 1849. Mi dispenserò di registrarne il peso ba- stando ricordare l'arbitrio che presiede alla stampa- tura di simili monete, notificato indietro per uso della contrattazione volgare, per Tingordo guadagno che vi si fa sopra del 50 per 0[o.

CENTESIMI 3 Altra moneta di ramo per uso della contrattazione volgare, di cui non occorre far parola dopo quanto si è detto indietro.

301 r.IOVANNl MIU.AZZAM

CENTESIMI 5 ossia soldo idem.

CENTESIMI 10 Grossa moneta di peso doppio della precedente, fabbricata l'anno 1849 in poca quantità. Di essa può dirsi che non corrisponde al progresso dei tempi attuali.

COLOMBINA Non altro avanzare mi è concesso di questa moneta, se non che trovasi nominata per il valore di soldi 3,3, nelle gride sforzesche del 1532 e del 1534 ignorandone il peso, la composizione ed il tipo, per cui indarno mi sarei affaticato di segnarla nella mia raccolta, dove forse esisterà, sono certo, ma priva di nome. Ne qualcuno facile credesse di sco- prirla fra le erose di quella età, non ostante il tipo deficiente, coll'analisi del puro metallo, che conte- nesse per suo quoto in paragone di una moneta di valore certo p. es. del testone. Lo sconvolgimento che sofferse il sistema monetario sforzesco sotto l'ul- timo duca Francesco II, e che vedremo a suo posto, ci toglie questo criterio e questa facoltà.

DANARO 12* parte del soldo. Dopo tutto quello che ne fu detto al Capo XVIII, superfluo sarebbe, che io ricordassi la sua origine da Carlo Magno, la composizione sua nobilissima, il peso, la diminuzione che patì collo scorrere dei secoli a segno che suscet- tibile non essendo più di contenere particella alcuna d'argento gli fu forza di sparire al principio del se- colo XVII dal mondo numismatico, dove aveva da principio fatta magnifica figura. Inutile per altro non estimo di precisare che le vicende di questa moneta furono tali e tante in riguardo al peso ed alla bontà, che dai 33,180 gr. d'argento suoi origi- nari della fine del secolo Vili terminò di venire in luce sotto Filippo III re di Spagna e nostro duca del 1622 grave non più di un terzo di grano, cosi

STUDII ErONOMIfl SL'IJ.E MoNKTE DI .MILANO 305

risultando dall'esiguo suo peso di mischiati gr. 17, e dal titolo bassissimo di 0,025 debitamente ve- rificato.

DANARO IMPERIALE 12^ parte ognora del soldo. Un tale aggettivo si trova in molte delle nostre carte del medio evo aggiunto al suo sostantivo, dopo che Federico I nella pace di Costanza del 1183, e col trattato di Reggio del 1185 ci ebbe dato e confer- mate tutte le regalie dell'impero, e con esse il pri- vilegio della zecca.

DODESINO ~ Voce formata da dodici e da dieci, ab- breviatura di danari, che ò quanto a dire, sinonimo di soldo. Si trova nominato dai Cronisti di Ber- gamo e di ]\Iilano, allorché lasciarono scritto [della mutazione, ossia di un abbassamento delle moneto fatto nel 1400 dal primo duca di ]\Iilano Giovanni Galeazzo Visconti. Di più tipi ne furono fabbricati ed anche di diverso peso e bontà, avendo fatto noto indietro, che quel nostro Keggitore, alterato aveva grandemente la moneta fino dal 1391. Dodesini perciò ovvero soldi vi- sono, e noi li vedremo a suo luogo discussi ed analizzati, di gr. 30 e 22, o del titolo da 0,352 ai 0,5G8 e più comunemente di 0,500 circa. Altri dodesini presso che di egual lega, ma che non furono coniati sono nominati in una carta del 1401, da vedersi in Argelati ; dopo di che più da noi non si riscontra questo nome ; ma uni- camente quello di soldo, o soldino.

DOPPIA DORO iMoneta a noi provenuta dalla Spagna e lavoi'ata per la prima volta in stilano nel 1548 sotto Carlo V col nome di doppi scudi d'oro, che in seguito ricevettero la denominazione di doppie o doble dal verbo spagnuolo dohlar, doppiare, in italiano. Una tale moneta fu preferita esclusivamente ad ogni

30f5 (ilOVANNI Mi:i..\zz,\xi

altra d'oro dal CJoverno spagnuolo, finché durò cioè al 1711 non solo, ma ben anche dall'austriaco, di cui si hanno impronti del 1724 e 1726. Di queste doppie alcuno per altro, in poca quantità ne furono stampate di doppia gravità e persino decupla, raris- sime perciò nei gabinetti. Il peso delle semplici ò di den. 5,10 la bontà di Carati 22 (titolo 0,91G666,) sor- passate alcune piccolo differenze accadute nella prima battitura da riscontrarsi in Argelati, tanto nell'uno che nell'altro elemento. Il prezzo variò in tanto in- tervallo di tempo, come ognuno può immaginare, poiché dalle L. 12,10 del 1582, in cui si conosce la prima loro tassazione, al 1G8B, nel qual anno termi- nano le gride monetai-ie spagnuole, salirono alle lire 24.

Ad esempio dei re di Spagna duchi di Milano tutti i principi d'Italia, non che le due repubbliche di Genova e di Venezia fabbricarono doppie ad egual taglio e bontà, talché ninna moneta qui da noi fu più comune di questa per due secoli. Maria Teresa le riprodusse col suo nuovo sistema monetario del 1778, e le fece continuare Giuseppe II, diminuite qualche poco di peso e di bontà al prezzo di L. 24, e di L. 25,3. La sola repubblica di Genova tanto aristocratica nei tempi antichi che democratica al- l'epoca dei francesi le coniò costantemente e per la maggior parte in quadruplo fino al 1805, in cui di- ventò preda come noi dell'ambizione napoleonica.

Rare sono le doppie dell'ultimo monarca Ispano della discendenza di Carlo V ; più rare quelle del

III Filippo, rarissima la lìorbonica del re Filippo V e dell'imperatore Carlo VI, comuni quelle del II e

IV Filippo, nonché gli stampi austriaci dello scorso secolo e di quello che corre.

STL"DI1 ECuNOMICI SULLE MilNETE DI MILANO 307

DOPPIONE D'ORO Nome egli ò questo dato ai doppi ducati d'oro fabl)ricati nel dominio di Luigi XII re di Francia e nostro duca ad esempio dei precedenti duchi sforzeschi Galeazzo Maria, Giovanni Galeazzo e Lodovico Moro. Con tale appellazione sono regi- strati nella grida 29 giugno 1510, per il prezzo di L. 9,6 che ò il doppio di L. 4,13 attribuito ivi ai ducati d" oro. Si componevano di purissimo metallo ed erano di peso in proporziono dcìppio, cioè di don. 5,18 traboccanti in regola pure del ducato grave di den. 2,21,330. Le Blanc no diede di due stampi, ma da noi non se ne conosce che nno raro duo volte, ed è col ritratto e S. Ambrogio a cavallo. Un dop- pione pure d'oro diede fuori il re Francesco I suo successore ornato di ]:»ellissimo ritratto, raro tre volte: il citato Le J31auc ce no fece il regalo, e nel Musco Verri ognuno lo può ^•edere. Passaggera del resto e ristretta al periodo della signoria francese dei primi anni del 500 è stata da noi questa denominazione.

DUCATO D'ORO Quando i Visconti già Signori di Milano si trovarono insigniti del titolo di duchi sulla fine del secolo XIV, verosimile si rende clie il loro fiorino d'oro che facevano stampare da lunghi anni, prendesse il nome di ducato d'oro ad imitazione di qiicUo di Venezia, che cos'i s'intitolava dalla stessa di- gnità del capo di quello Stato. L'n indizio ne abbiamo in una carta del 1400 in Argelati, (T. Ili, pag. 00) dove sono nominati ducati d'oro da falibricarsi nella zecca di Pavia. Per altro il primo documento nostro, almeno a mia cognizione, che lo accenni è di Fran- cesco Sforza il vecchio del 1405, dove vengono de- signati in qviesto modo: Ducali nostri a testono jusfì et gravis ponderis prò Ut). H, sot. ~) prò smgnto. Per tutta la durata della dinastia sforzesca continuò

308 GIOVANNI MlIl.AZZAM

rappellaziono di ducato nello tariffo loro, ed anche nelle spagnuolo fino al 1584 del Governatore duca di Terranuova (i), dopo di che più non se ne fa parola. altro qui aggiungerò , rimandando alla voce abbasso di fiorino d'oro, in cui darò conto di- steso del peso, titolo, valore di questa moneta, ma- nifesto essendo, che tutto ciò che sarò per dirne si adatta più meno anche al ducato or ora discorso.

BUCATONE Grossa moneta d'argento del peso di 20 denari mil. sconosciuta nell'antichità e nel medio evo, battuta per la prima volta in Italia a Milano nel 1551 da Carlo V cogli argenti venuti dall'Ame- rica (2). Però il suo nome originario fu di scudo d'argento da L. 5,12 , per differenziarlo da quello già esistente d'oro di egual valore. Di questo suo mutamento di nome si hanno memorie sul finir di quel secolo (3), e la ragione di non lieve importanza storica ed economica sarà svelata a suo tempo. I tre immediati successori di Carlo V, i re spagnuoli Filippo II, III, e IV ne fecero coniare quantità tale, che fu, mentre regnarono, la moneta fra noi usuale, dopodiché la fabbricazione fu dismessa per rivol- gere l'attività della nostra zecca ad altra similmenie maiuscola moneta, il fìlippo di maggior utile, come sarà provato alla rubrica competente ove ne esporrò gii elementi economici , trascurate alcune varietà incorse nelle prime battiture in peso ed in bontà di non molto rimarco dal predetto anno 1551 al 1583. Eccellente sappiasi adunque che ne è 1' impasto a denari 11,12, del titolo di 0,958333, del peso di

(1) Manoscritti di Bollati in Brera al T. IL

(2) Argklati. T. II, parte III, pag. oG, nota 2. (n) Ivi, nota 10.

STUDII ErOXOMICl SULLE MONETE DI MILANO 309

un'oncia 2 denari e gr. 7 + l|6; in quanto poi ri- sgiiarda il prezzo farò noto , che in 250 anni dalle L. 0,12, già dette del 1551 sali fra noi alle L. 8,12, così leggendosi la sua tassazione nelle ultime due gride che ne fanno menzione , di Maria Teresa , 25 ottobre 177S, e della repubblica Cisalpina, 27 Ger- minale anno IX repubblicano (IG aprile 1801).

Stando a Le Blanc il ducatene sarebbe esistito presso di noi fino dai giorni di Lodovico XTI re di Francia, cioè da 50 anni prima, avendolo riportato fra le nostre monete alla fig. 5 della l"" collezione , pag. 324. E veramente nel Museo Taverna vi si mira affatto compagno del diametro cioè di milli- metri 39, impastato di ottimo argento usualo di quel tempo a 0^10 e 1[2 crescenti, del forte poso di un'oncia e denari IG mil. (grammi 48,9G0) e dello spessore di 4 mill. Osserverò per altro, che in nes- suna delle quattro gride di quel monarca , che ab- biamo, si trova registrato. Aggiungasi l'estrema sua rarità, e poi veggasi, se forse più che moneta in corso sia stata ai suoi di una medaglia destinata allo persone grandi in rogalo , come può credersi delle grosse ed ancor più larghe piastre fabbricate dai precedenti duchi Sforza, nonché dopo da altri due principi.

FILIPPO Altra moneta majuscola spagnuola indicata poc'anzi ; venne fabbricata nel 1G()4 per comando del Governatore conte di Fuentes , e con- tinuata tanto dai re di Spagna che dall'impera- tore Carlo VI, e da ]\raria Teresa. La composizione è la medesima del ducatono, quindi ottima, il peso denari 22, IG rimasto ognora invariato come fu della bontà ; il prezzo originario L. 5, che nei due docu- menti sopracitati 1778, ]R01 contavasi a L. 7,10.

310 GIOVANNI MULAZZANI

Por (lue secoli fino al sistema del 1778 fu altra mo- neta dominante in Lombardia , ed assai ricercata fuori. di questo nummo, com'era stato del du- catone, ò mio debito di avvertire, clie furono stam- pati in grande quantità spezzati, cioè mezzi, quarti ed ottavi. Ritrovati sono questi, che fanno testimo- nianza del grossolano talento, die informava i corpi del Governo spagnuolo per l'abbandono ch'esso fece della lira e delle suo regolari e semplici divisioni in 10 soldi, in 5, in un soldo, poco o niente coniate, por dar luogo a frazioni di monete atte a niente altro che ad imbarazzare le genti nelle loro comuni contrattazioni.

FIORINO D'ORO Famosa moneta del medio evo inventata dai Fiorentini nel 1252, ed imitata relati- vamente alla sua sostanza, peso e bontà, prestamente da noi ed in tutta Italia ed anche fuori. Già si è veduto di sopra degli equivalenti nostri ambrosini d'oro e ducati sforzeschi ; ora rimane a dire dei fio- rini viscontei. Tutti i principi di quella nostra prima dinastia, che usarono del privilegio della zecca, fe- cero, eccetto Azone, batter fiorini con tipi loro pro- prii , vale a diro con iscrizioni analoghe, e simboli araldici di famiglia. Fiorini perciò si contano di Lu- chino e dell'arcivescovo Giovanni, di Bernabò e Ga- leazzo del conte di Virtù, di Giovanni Maria, di Filippo Maria, fabbricati a Milano, a Bologna, a Siena ed a Genova, tutti fuori di quello dell'ultimo duca rari e rarissimi per non dire di alcuni intro- vabili. Esimia n' ò la bontà cioè a 1000 , il peso d. 2,21,336, costantemente mantenuto anche quando a Fiorenza nel 1402 fu dimiiiuito notabilmente (^),

(1) Zanetti. Raccolta, etc. T. T. 2G-2.

STUDII ECONDMICI SULt.E MONETE DI MILANO 311

certificandolo i fiorini di Giovanni Maria e Filippo Maria; il prezzo in fine dai soldi 32 imperiali del 13G4, in cui se ne ha per documenti notizia positiva era salito nel 1447 all'estinzione dei Visconti alle L. 3,4 cioè al doppio (^), cosicché questa moneta in due secoli circa, contando dalFambrosino, identico pozzo, apprezzato soldi 20 terzaroli al suo nascere, 10 imperiali, aveva sestuplicato e più di valore no- minale. E per soddisfare al debito più sopra incon- trato accennerò al valore del ducato di Spagna, di Milano, Venezia, Firenze, lungheria, e Tarcliescìii tutti vecchi registrato nella già citata grida del 1584 di L. 7 , per concludere, che sul finir del secolo XVI corse per quattordici volto l'originario suo prezzo.

Dal fin qui detto vedemmo l'ambrosino repubbli- cano cedere il posto al fiorino visconteo, e questo al ducato sforzesco , presto vedremo questo identico nummo assumere altra denominazione alla voce ab- basso di zecchino dove ne faremo l'illustrazione.

FIORINO DORO DA SOLDI 32 - Non \\\ ai suoi di moneta reale ma immaginaria ossia di conto, che si calcolava vale a dire colla penna, e non si contava in mano ; ed eccone la spiegazione e la sua origine alla fine che in succinto vado a narrare. Allorquando il conte di Virtù alterò nel 1301 la moneta d'ar- gento dei grossi da 2 soldi, e successivamente dei soldi, impastandoli con quella riprovevol lega che fu denunziata indietro (-), e sarà analizzata a suo luogo, inevitabile divenne nelle private contrattazioni l'alza- mento del fiorino d"oro, di cui motto non era stato fatto in alcun editto, non dipendendo il valore dello monete dalla volontà del principe, ma dalla propor- li) Aii.iELATi. T. II, pag. 11, K. 105. (2; Capo II. Bontà dell' arrjrnto.

312 (l'.OVANNl MUI.AZZANI

zione dei metalli, di cui il giudizio spetta agli uo- mini, che li possiedono. Tanto ò ciò vero che il fio- rino, si leggo nelle nostro carte, era montato due anni appena dopo il 1393 a soldi 50 W dai 32 ch'era negli anni avanti al 1391. Ora questa decadenza, al certo continuata per molti anni, della moneta d'argento con sempre nuove battiture, ed il conseguente alza- mento dell' oro , che possibile era , che variasse di giorno in giorno per non dire d'ora in ora esponendo a liti continue i contraenti, focer che per sicurezza dei contratti s'introdusse l'uso di ritenere il fiorino d'oro per l'antica misura di soldi 32, ma di quelli cor- renti al tempo del contratto. Che se poi s'intendeva il vero e reale fiorino d'oro veniva questo designato e pattuito col nome di fiorini d'oro in oro fìorenorum auri in auro ed il suo valore era non di 32 soldi ma per quello di più che correva in piazza, o come si dice in oggi, di borsa. Il disordine monetario co- minciato col conte di Virtù predetto, nonché tolto di mezzo accresciuto essendosi coi successori di sua famiglia ed anche col primo Sforza, la diplomatica di quegli anni è piena di fiorini d'oro da soldi 32, che sono a parlare esattamente fiorini d'argento. Sparita una simile denominazione col giusto e legale sistema monetario armonicamente connesso in tutte le sue parti del secondo Sforza del 1474, e coi due re francesi che lo mantennero bravamente, ricompare cogli ultimi principi di quella casa per il decadi- mento, a cui soggiacque fra le indicibili calamità nostre e di tutta Italia avvenute in quel tempo, la egregia monetazione, della quale portano il vanto. Nel dominio della Spagna questa bizzarra appella- zione più non si riscontra tanto negli atti pubblici

(1) Argei.ati. T. 2, pag. 25, col. 2.

STriiil E''<JNii.MICl Sn.l.E MONETE DI M1I.\N0

313

che nei privati, atteso che lo doppie presero posto dell'aureo nummo, itala gloria del medio evo.

FIORINO D'ARGENTO Vera e reale moneta di questi ultimi anni, derivata dalla Germania, facente parte deirimperfetto sistema decimalo del 1822, pesa de- nari met. in ragione della lira di d. 4 gr. 3,30 2o[27 al titolo di 0,900 valore L. 3.

GENOVINO D'ORO Antica moneta di Genova indi- cata dal suo nome, in peso, bontà e valore eguaio al fiorino ; si trova registrata in una nostra grida del 1315 assieme all'ambrosino, al fiorino e ducato d'oro per lo stesso prezzo di soldi 30. Io la inchiudo nel nostro elenco come moneta patria, poiché tale sicu- ramente divenne all'aggregazione di quella Repub- blica allo Stato di Milano sotto i Visconti e gli Sforza. E genovini d'oro vi sono fabbricati alla guisa de' repubblicani, col marchio, che salta all'occhio, della biscia nel vertice denotante in un coll'iscrizione la Signoria, che ci era comune.

6R0S8ELL0 Non da alcun documento nostrale, ma da carta edita dallo stoiùco Ronchetti si ricava questa moneta, che vedremo coli' arcivescovo Giovanni si- gnoro di Milano noi 1349 corrente in Bergamo nel 1361, e che si può credere con fondamento avesse da noi preso il nome ; peso d. 1 ; titolo 0,500 ; va- lore mozzo soldo imperiale.

GROSSO Nel porgere che facemmo altrove la storia del sistema monetario di Carlo IMagno, che con pic- cola modificazione durò fino alla fine del secolo scorso fu notata la decadenza cui soggiacque all'estinzione di quella stirpe o poco dopo, e segnatamente poi alla conquista degli Ottoni, ond'è che il denaro fregiato del nome di quegli imperatori non contasse più di 10

314 GIOVANNI Mi;r.\zzAxi

grani d'argento invece dei 83,180, ch'era stato nella sua origine. La forza di questa moneta non avendo cessato di diminuire dal X secolo al principio del XIII in modo da essere ridotto ad 1]^G dell'entità sua antica, ne avvenne che lo libere città d'Italia arric- chite col commercio, e fatte quindi intelligenti di pubblica economia si trovarono in quel torno di tempo abilitate a coniare i soldi che fino allora erano stati moneta di conto cioè immaginaria. Questi soldi non potevano non comparire, chiaro si rende, agli occhi di quella generazione d'uomini, che come pezzi grossi e pesanti sia per il valore di 12 denari dacché lo monete antecedenti di cinque secoli erano state di uno tutt'al più, sia per il peso, che le su- perava del doppio e maggiormente. Ed ecco il nome e la ragione di grosso applicato generalmente ai soldi da principio, ed in seguito procedendo ognora avanti il decadimento della moneta, e non cessando di aumentare le nostre ricchezze commerciali, ai doppi soldi , e via discorrendo ai tripli ed ai quintupli, tanto che si potò giungere al grossone, ossia grosso per eccellenza, coniato più tardi nel 1474 del valore d'una lira, col nome di testone dalla testa o ritratto del principe impressovi sopra, e contemporanea- mente ai grossi da 10 soldi, e ad altre parti aliquote minori (i).

In prova di quanto ho asserito di questa moneta io qui non posso riportare gl'innumerevoli dociimenti del medio evo, che vi si riferiscono. Mi limiterò ad accennare il primo ed ultimo, ch'io conosca, il con- cordato fatto nel 1254 da più città d'Italia per la coniatura di grossi uniformi pubblicato dal presi- dente Neri (2)j ed i capitoli d'appalto della nostra

(1) Argelati. T. Ili, pag. 49.

(2) Carli. Belle monete, ecc. T. II, pag. 180.

STUDII ECONOMICI SILLE MONETE DI MILANO 315

zecca del 1474, che si trovano in Argelati. Questi due documenti possono per ora bastare a figurarsi gl'intermedii, dei quali moltissimi riscontreremo in seguito.

Tralascio pure di dire dei tanti grossi repubblicani ed imperatorj e dei viscontei, sforzeschi, francesi da un soldo, da 2, da 3, da 5, da G, da 10, e del peso e titolo loro varianti grandemente nel giro di tre secoli , nonché di estendermi sul grossone , che tutti li superò, sufficienti riputando le notizie che ho date a far concepire della numismatica :iostra quell'idea generica, che si conforma ad un discorso preliminare.

Opportuno però sembrami avanti di sortire da questo articolo di compiere la storia di questa, che in un col fiorino d'oro è altra delle celebri monete italiane del medio evo, con un cenno sul fatto, che colpì e grossi e grossoni alla metà del secolo XVI, in cui dovettero cedere il primato agli scudi d'ar- gento fabbricati coi tesori del nuovo mondo. Carlo V che qui regnò dal 153.5 al 1554 fu quegli che stampò l'ultimo grossone ed il primo scudo.

IMPERIALE Di due sorta d'imperiali contano le nostre carte del medio evo, comunissimo, esile, eroso l'uno, che s'incontra ad ogni passo, 1|12 parte del soldo, quindi sinonimo di danaro, brevemente cosi espresso disgiunto dal suo sostantivo, e del quale abbiamo di sopra fatto cenno per quanto in allora abbiso- gnava alla voce danaro imperiale, e non mancheremo di darne spiegazione estesa, come dicenuno, in fine di questa rassegna. Altri imperiali vi sono ben di- versi, rari e non comuni e per forma, peso, bontà ragguardevoli ; vennero fabbricati dalla città nostra in onore di Enrico VII di I.,ucemburgo alla sua ve-

31G GIOVANNI MIJI.AZZANI

nuta in Italia nel 1310 assieme agli ambrosini gran- dissimi notati da principio, e cenno se ne trova nella grida del 1315 in Argelati. Accoppiare si possono a questi quelli altri di Lodovico il Bavaro successo ad Enrico VII nel 1327 molto simili nell'impronto, peso, bontà, valore a tutti comune d. 1,15 titolo 0,9G8 , soldo. Fra gli imperiali molto buoni del 300 vi sarebbe eziandio da annoverare, credo io, una ra- rissima moneta, di egual tipo, e di calibro istesso, coniata col nome di Lodovico da Azone Visconti, di cui porta le due prime lettere a z ai lati di S. Am- brogio.

LIBA Altrove dissi cos' è la lira , e parlando poc'anzi del grosso ho rimarcato il modo e la ragione per cui la lira pervenne nel 1474 ad essere moneta reale e sonante da immaginaria e di conto, ch'era nella sua origine. Da quell'epoca in poi la lira è stata generalmente continuata, salvo che si trovi di- minuita di peso e bontà per l'incessante decadimento della moneta. Il darne lo specchio sarebbe qui troppo lungo e fuori del pi-oposito nostro, d'altronde riscon- treremo tutte queste varietà analizzate ai loro posti rispettivi. E per chi poi amasse di prenderne un'idea in barlume non ha che a ricordarsi del rapporto in valore intrinseco d' argento fra la lira di Carlo Magno, e quella di Maria Teresa di mille anni dopo come di 117 ad 1, per figurarsi le fasi intermedie.

Una parola a parte esigono le decimali lire ita- liane e le austriache per dire di quella, che invece di esser più leggiera dell'ultima di Maria Teresa risultò più grave perchè basata su di un ammirabile sistema indipendente dalla volontà degli uomini, dedotto dalle immutabili leggi fisiche, che reggono questo nostro pianeta; peso danari metrici ossiano

STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 317

grammi 5 residuantisi per il titolo di 0,000 a puri 4,500 pari ad antichi gr. 88, eccedenti quindi dalla misui'a teresiana di G8 poco meno. La lira sta- bilita sopra fondamento cadevole di un antico Con- cordato fra i principi tedeschi del 1754 conta allo stesso titolo d. m. 4 grani 3,30 25p27; in conseguenza è più leggiera.

LIRA. DOPPIA Di più sorta se ne coniò dai duchi Sforza sul tramonto del secolo XV, in cui lo stato di Milano, come Italia tutta si trovò all'apice della ricchezza, ma sono cose rarissimo e da noi conside- rate. Per altre ragioni i re di Spagna Filippo II, III e IV padroni delle miniere d'America continuar le poterono. Napoleone all'età nostra le riprodusse sul- l'esempio francese.

LIRA TRIPLA Nei Cimelj più cospicui della città nostra se ne rinviene dei duchi Sforza sopradetti, ed anche di Luigi XII, coniate tutte, compresi i pezzi doppi nominati di sopra, sullo stampo sem- plice, per cui la lamina è grossa del doppio e del triplo.

LIRA QUADRUPLA Più che moneta esiste di due stampi come medaglia introvabile, ed e del II e IV Filippo. Collo stesso sistema monetario, che fu inalterato sotto quei monarchi , la bontà per una bizzarrìa che non ha spiegazione essendosi voluto comporla diversa ne derivò la differenza del peso minore nel secondo pezzo a 1,000, che non è del- l'altro a 0,968.

Mezza lira Ossia da 10 soldi. Parte aliquota della lira, coniata per la prima volta nel 1474 contem- poraneamente alla lira dal secondo duca Sforza, come dicemmo di sopra. Interrotta dai successori di

318 GIOVANNI MULAZZANI

sua casa per lo oscillazioni continue, a cui sog- giacque la stupenda loro monetazione negli anni infelicissimi, che corsero dalla venuta di Carlo Vili (1494) all'abdicazione di Carlo V (1556), fu ripigliata dai re di Spagna e mantenuta dopo dei principi, che ci hanno dominato. A questa moneta del resto appropriandosi tutto ciò, che fu detto in varie guise del suo prototipo non aggiungerò altre parole.

Quarto di lira da 5 soldi. Nel tipo simile alla mezza lira detta indietro.

MEZZANO Piccola moneta ei'osa della repubblica milanese fabbricata alla metà del 1200, a somiglianza di tutte le città d'Italia per uso del minuto com- mercio, del valore di un mezzo danaro imperiale, detta anche terzolo o terzarolo, siccome è noto ai monetografi milanesi W, e per disteso ne trattei'emo andando avanti. Azone Visconti che primo di sua casa usò del privilegio della zecca, ne coniò esso pure, ma sono rarissimi ed introvabili. Frattanto noterò il peso del repubblicano di gr. 11 calcolabili a 12, ed il suo titolo di 0,194 debitamente verificato 0 di due viscontei e forse di tre il solo peso di gr. 6.

Al di sotto di questa monetina non se ne conta vorun'altra sortita dalla nostra zecca, da alcuna altra filiale nel periodo almeno, che segna il nostro medagliere. Però siccome per l'impegno assunto nel proemio di offrine la serie imperatoria avvenir deve, che di qualche città d'Italia saremo astretti a men- dicar moneta di calibro inferiore, così rendesi ne- cessario a questo punto di porgerne notizia ed eccola succintamente più che sia possibile.

Allorché le repubbliche italiane nel corso del 200

(1) Argki.ati. T. IT, pag. 42.

STrDII ECOXOMiri SULLE MONETE DI MILANO 319

diventate all'ombra della libertà industrioso, com- mercianti e ricche, riordinarono bravamente il sistema monetario di Carlo Magno, caduto al basso cogli Ottoni e successivi imperatori d'Alemagna, ed ebbero battuti i loro soldi d'argento, si trovarono obbligati per la necessità del minuto traffico a coniare con- temporaneamente i danari, e i mezzi, detti or qua or mediani, mezzani, terzaroli, bagattini, piccoli, ed alcune discesero a dividere ed a spezzare questa seconda frazione, componendo i quarti dei detti da- nari, che medaglie furon chiamate, non che mag- giormente, creando gli assi, che l'ottava parte rap- presentavano del danaro. Di questi ultimi fabbricati a Brescia garante ci ò il Doneda, e di medaglie no- stre faremo rassegna tolte da Cremona, da Lodi, e da Tortona.

NAPOLEONE D' ORO DOPPIO Con tal nome fu chia- mato volgarmente al suo nascere nel 1807, e lo è tut- tavia, il pezzo da 40 lire italiane segnato nella tariffa delle monete del Regno d'Italia dell'anno predetto. Moneta ella è questa attinente al primo e vero si- stema decimalo dei nostri giorni derivatoci dalla Rivoluziono francese, e fra noi trapiantato nel 1807 e senza interruzione proseguito fino al 1814 in cui finì colla caduta di Napoleone; peso grammi 12,903 titolo 0,000, valoi'C sopradetto.

NAPOLEONE D" ORO SEMPLICE - da L. 20 di titolo. Eguale al sopradetto e in peso la metà grammi 0,452.

NAPOLEONE D'ARGENTO Peso grammi 25, titolo 0,000 valore L. 5, in tariffa pezzo da L. 5.

OGGINO detto anche OTTINO Altra moneta è questa dell'ultimo anno del secolo XIV, che per la sua etimologia palesa a colpo d'occhio a somiglianza del

32) i.InVANNI MUI.AZZAM

dodesino il suo valore, clic (jui però è , come si scorge , di 8 denari. Non è già , che questo pezzo sia stato propriamente battuto come tale nella nostra zecca, poiché il dominante sistema monetario di soldi e danari effettivi vi ostava; ma solo nacque dalla riduzione del soldo composto di 12 danari a 8 ordinata nel 1400 dal conte di Virtù, riduzione di cui si è discorso indietro alla voce dodesino , ed a cui rimando per gli ulteriori lumi sul peso, e sulla bontà. Passaggiera del resto è stata anche questa denominazione.

PARPAJOLA Monetina erosa, il di cui nome pro- viene dalla conquista francese della fine del secolo XV, come dinota la voce sua origmaria jjar'jycdllot'e, e come resta provato dalle gride di Luigi XII, e di Fran- cesco I, dove sono cosi nominate parpajole di Franza a soldi 2, 6, ed a soldi 2, 4, ed anche a soldi 2, 5 W. Ripristinata la signoria sforzesca questa moneta fu presso di noi naturalizzata, leggendosi nella grida 17 aprile 1531 del duca Francesco II : Parpajole fabbricate in Ceca di Milano , soldi 2,9. D' allora fino ai giorni nostri innumerevoli documenti ne at- testano (2)^ unitamente alle patrie collezioni, la smo- data coniatura, e gli scritti di Carli svelano l'abuso che ne fu fatto mentre viveva (^), al che io aggiun- gerò a debito luogo quello che si era già introdotto innanzi sotto la Spagna (*). Proscritte nell'aureo si- stema di Maria Teresa del 1777, resuscitarono nel 1808 per vulnerare la stupenda monetazione italiana. Di- menticate di nuovo nel 1822, si tentò di riprodurle

(1) Manoscritti di Sellati in Brera, T. II.

(2) Argel\ti. T. Ili, all'appendice, pag. 50 e seg.

(3) Ivi, T. II, pag. 444.

(4) Rub. dei re di Spagna.

STUDI! ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 321

in rame con più ingordo guadagno o con danno ed incomodo delle genti dall" Austria nel 1849.

Il prezzo dal tempo della Spagna non variò mai dai soldi 2 1|2 , ma grandemente variò il quoto argenteo di questa ottava parto della lira non tanto per effetto legittimo e naturale del suo prototipo, come per la colpa dei governi, che di rubare al po- polo cessare non volevano nelle monete minori. Non mi estenderò a noverare i tanti titoli e pesi che se ne hanno, poiché lungo, stucchevole, inutile sarebbe il farlo; questo solo sia bastante a sapersi in adesso, finche ad altri posti convenienti sarà provato a ri- gore matematico ; la parpajola coniata per secoli a Milano forma il disonore dei governi che l' hanno comandata.

PECIONE Non avvi moneta alcuna del medio evo più di questa oscura ed intricata a parlarne. Dal suo nome e dal momento in cui si comincia ad averne notizia coll'editto del conte di Virtù del 14()(ì nominato di sopra alla voce dodesino, sembrerebbe potersi dedurre (e non è mancato chi l'opinò) che portasse improntato un piccione od una fenico tra le fiamme, sapendosi che quel nostro primo duca usò di una tale impresa (i). Ma questo tipo non si rinviene in nessuna sua moneta, o de' suoi due figli che gli succedettero , e solo comparisco collo sfor- zesche, senza però una simile denominazione, in duo grossi di Galeazzo ^Viaria e di [Massimiliano Maria. Ma vi sono ragioni per credere, che il pegione lungi dall' essere moneta inventata dal III Galeazzo \'\- sconti abbia esistito nell'età che lo precedette, per

(1) Veggasi il suo ritratto pubblicato da Litta nello FamùjUe celebri ilaliane, fase. IX. Visconti di Milano, parte IL

322 filOVANNl mìL\7.7.Ktil

la qual cosa cadrebbe a terra la significazione che ne fu supposta. Se il pegione era del valore antico di un soldo G 1|2, siccome rilevasi dal precitato docu- mento del 1400, tanto di Bernabò che di Galeazzo II Visconti, vi sono monete, e non poche, di tal forza coniate a Milano ed a Pavia. Pegioni inoltre geno- vesi e tedeschi si leggono nelle nostre carte dei se- coli XV e XVII (^), laonde moneta propriamente viscontea o sforzesca si può mettere in dubbio che sia stata. Ad ogni modo essendo il pegione registrato nell'editto che sappiamo, e in alcuni capitoli della zecca di Pavia C^) mio debito è di dirne il valore di un soldo e mezzo avanti il 1400 e di un soldo dopo. Restano i pegioni dei due principi che prece- dettero il conte di Virtù, e che per tali io stimo ; il loro peso è come dei grossi da 2 soldi, se non che il loro titolo è di li;4 di meno, cioè di 0,680 invece di 0,900 per raggiungere la giusta e legittima com- posizione ad essi spettante.

PEZZO DA L. 40 ITALIANE Enumero per esattezza storica questa denominazione, perchè sta segnata nella tariffa italiana in termini cotali, benché sia stata poscia mutata nella volgare contrattazione per l'influenza di un uomo grande in quella di napoleone d'oro doppio già notata di sopra, per cui altro non fa d'uopo di aggiungere.

PEZZO DA L. 20 idem.

PEZZO DA L. 5 in argento idem.

(1) AuGELATi. T. Ili, pag. 31. Grida 1649 del marchese di Caracena Governatore e Capitano Generale di Milano, nei manoscritti di Sellati iu Brera T. II.

(2) Argelati. T. III, pag. 59.

STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 323

QUATTRINO Per mille e più anni ha risuonato in Italia questa voce cominciata essendo con Carlo Magno, e finita col sistema decimale di Napoleone. Dapprima (803) questa moneta, che il tempo ha di- vorata, sembra aver avuto il valore di un quarto del denaro di fino argento in allora corrente, e che erosa in conseguenza ne fosse la composizione.

Alcune monetelle di basso impasto si lianno degli Arrighi, che forse sono la stessa frazione. Ma per toccare il vero ed effettivo quattrino bisogna por- tarsi al conte di Virtìi, ed alla riforma sua mone- taria del 1400, dove s'incontra per il valore di 4 de- nari, ossia di un terzo di soldo. Durante un secolo e mezzo dopo sino al dominio della Spagna più non si ode il quattrino fra noi. In opposizione alla sua etimologia esprimente 4 denari ricompare col nomo promiscuo e più giusto di terlina o trillina nel 1547 (i) diminuito di uno, ridotto vaio a dire a tre, e per un tal valore fu mai sempre coniato, ed ebbe corso dalla metà che ho detto del secolo XVI ai primi anni del XIX. Sopra di che grandemente preso sbaglio il Carli, che lo asserì composto di 4 denari mentre ne scriveva nel 1757 (2). Variata sommamente col trascorrere di tante generazioni ognuno può com- prendere dover essere stata la sua entità. Erosa nella sua origine, da quanto è lecito d'argomentare, erosa certamente è la monetina del conto di Virtù ed ogni altra che so ne ha fino al 1G03, nel qual anno fu stampata in rame schietto. Da quell'epoca me- morabile negli annali della numismatica italiana un abuso il più grande fu commesso nella nostra zecca

(1) Arcelat!. T. ut, parte n, pap;. 57, tav. XX. (2; T. II, pag. BUS, odiz. di Pisa. 1757.

324 nlOVANNI MULAZZANl

che ne mandò in giro quantità prodigiose, che di- minuivano di mano in mano di peso e in conse- guenza di valore, su di clie è da consultarsi il Carli che con patriottico zelo ne svelò gl'inganni del suo tempo W. In più larga scala, e se è lecito il dirlo, completamente noi abbiamo svolto l'argomento al- trove, rimontare facondo le nostre indagini all' ori- gine del disordino, che fu accennato, e lo faremo molto di più trattando in particolare dei re di Spagna e dell'imperatore Carlo VI, nonché di Mai'ia Teresa.

QUINDESINO Altra monetina è questa la quale rinviensi, come il Cinquino veduto di sopra, notata neir editto sforzesco del 14Go. Dal valore di 15 de- nari portato dalla sua etimologia vi si legge abbas- sato a 12 trasformato cioè nel soldo con certa tal quale approssimativa ragione rispetto ai riformati cinquini e soldi primitivi, avvegnaché forti di 12 gr. d'argento m regola del suo peso di 1 den. e titolo a 0,500.

SCUDO D'ORO Altra moneta ahimé ! d'origine fore- stiera, della quale ci dovremo occupare con ram- marico , quando saremo al re Francesco I , che dalla Francia l'introdusse da noi a contaminare per via di nascosa frode l'antica onorevole vantaggiosa purità dell'oro italiano. Scudi d'oro vengono dopo dell'ultimo duca sforzesco, e del primo re di Spagna nonché di Carlo VI. Non essendomi concesso di poter con certezza offrire dei due primi gli elementi eco- nomici dirò, che il peso degli altri è di den. 2,17, il

(1) T. IL Quattrini di Firenze detti neri pag. 18. 33 e segg. Pisani e Aretini pag. 25. Luccliesi pag. 56 e segg. Di Milano correnti confrontati col valore del filippo pag. 465 e segg.

STUDll ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 325

titolo 0,91GG6 in proporzione ed a somiglianza delle doppie, di cui sono la metà ; il valore dello spagnolo fu di L. 5,12 da principio per grida 30 marzo 1542 del marchese del Vasto, dell'imperatorio L. 12,5 per ordine 12 giugno 1723 del conte di Colloredo. Introva- bile è lo scudo francese, che però esiste nel Cimelio Taverna, rari gli altri due. ^Ma scudi d'oro vi sono non difficili a rinvenirsi di tutte le zecche d'Italia dei secoli XVI, e XVII, per il turpe guadagno che sopra vi si faceva (lo dimostreremo a suo luogo) al para- gone dei fiorini e ducati d'oro purissimi del medio evo. Tanta adunque fu la corruttela notata già dagli storici recata dall'invasione delle straniere genti ai costumi ed al carattere nostro nazionale, che pei'- fino ne fu tocca la moneta, del qual rivolgimento de- bito mio era di farne a questo punto, siccome numi- smatico, l'osservazione.

SCUDO D'ARGENTO DA L. 5,12 Per quella ragione che fo valere per le monete d'oro e per lo maiuscole d' argento del regno d'Italia, registro similmente questa denominazione, che scaturisce dalle tavole spagnuole i^), mentre l'altra di ducatone prevalse col- l'uso, e per l'inutilità di nominarne il prezzo, dopo che si trovò alterato alla fino del secolo, in cui nacque 0 maggiormente dopo, siccome avvenne all'altra mo- neta majuscola sua sorella, al fìlippo, di cui non fu inciso il valore dopo i primi stampi.

Giustissima per altro era stata da principio e con- veniente nelle tariffe l'aggiunta allo scudo d'argento del suo prezzo di L. 5,12, allorché venne alla luce nel 1551, perchè altro scudo di valsente eguale cor- reva in oro contemporaneamente notato già nell'ar-

ci) Argklati. T. Ili, parte 3, pag. SG.

326 GIOVANNI MULAZZANI

ticolo precedente. E quegli il quale no dubitasse, o ne fosse sorpreso, regolando rocchio dai moderni scudi e dai loro valori in paragono dell'oro legga la grida del 1548 di Terrante Gonzaga capitano gene- rale e luogotenente dello stato di Milano dove scudi soletti di Franza Milano et Genoa si rinvengono tas- sati L. 5,12(1), c^ a, persuadersene poscia scientifi- camente ricorra alla nostra rubrica di Carlo V in fine, dove coll'analisi di queste due o di altre monete allora correnti ho dimostrato, elio la stessa propor- zione di 11 : 1 dell'argento all'oro è loro comune nel depurato poso metallico l'ispettivo, che è quanto dire, che lo scudo d'argento contiene 11 parti di più dell'oro.

SCUDO Denominazione generica data alle monete grosse d'argento pesanti un'oncia all'incirca fabbri- cate generalmente in Europa coi tesori del Nuovo Mondo nella seconda metà del secolo XVI, e mai sempre dopo, siccome fu ragionato da principio in questi prolegomeni, e si è veduto di sopra coi du- catoni e filippi nostri del dominio spagnuolo, che in sostanza ne tengono il posto. Da noi per altro non si hanno nella tariffa i primi scudi che da Maria Teresa del 177S pesanti nostri anticlii denari di marco 18 + 14[24 coi mezzi in proporzione al titolo di 0,89G col valore di L. 6 milanesi. Altri scudi vi sono oggi austriaci, e mezzi in proporzione, al titolo di 0,900 del valore di L. 6 e di L. 3.

SEMPREVIVO Così nominato da un'impresa sforzesca mostrante un tal fioro verde tutto l'anno, ideata dal duca Massimiliano, quando si trovò riposto per breve

(1) Manoscritti di Bellati in Brera, T. IT.

STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 327

tempo sul trono de' suoi maggiori mercè l'aiuto degli imperiali nel 1512, e realizzata da suo fratello Fran- cesco II, allusiva al risorgimento di quella dinastia operatosi nel 1530, dopo le tante sventure sofferte per le due conquisto francesi, e per l'occupazione militare dei tedeschi ; peso d. 4, tit. 0,G40, valore soldi 10.

SESINO All'editto famoso nella storia monetaria nostra del conte di Virtù, che ci conviene ripetere tante volte, dobbiamo di esf^ere informati in modo autentico di questa moneta, clie jierò sotto nome di grossello esisteva ai tempi dcll'arciv. Giovanni. Con- tinuata come il soldo finì egualmente senz'onore in rame. Il peso del primo sesino che si conosce in- dubitato del re di Francia Luigi XTI (non potendosi accertare i precedenti viscontei e sforzeschi, che si leggono nella loro tariffa) è di gr. 10 al titolo di 0,218 contenente perciò argento gr. 4, 27G ; l'ultimo è spagnuolo del 1G59 regnando Filippo IV. il quale a rigore del peso di gr. 20,G3l), è delfinfima bontà di 0, 083333 , non rinserra che gr. 2,219. Ommetto il sesino ristampato nel 1777 diventato ignobile al pari del soldo.

BESTINO La più piccola moneta in ramo ella è questa, che fece parte del sistema di Maria Teresa. Dalla sua etimologia esprimente sei denari qualcuno senza vederla potrebbe argomentarla del valore di mezzo soldo ; cioè di un sesino. Ma egli s'inganne- rebbe, significando il sostino per volontà sovrana 1\V) di soldo, due denari e non più, come consta dalla tariffa annessa alla grida 25 ottobre 1778, e dal suo peso proporzionale col soldo e sesino. Affatto inutile del resto riusci nella contrattazione plateale, non avendola io giammai, che segno da quel tempo o

328 GIOVANNI MULAZZANI

poco prima i miei giorni, udito a conteggiarla, ond'è che correva per tre danari frammista al quattrino.

SOLDO Abbiamo già veduto essere il soldo nel si- stema monetario, che ci regge da dodici secoli 1|20 della lira e trattando non è guari del gi'osso, qualmente moneta innnaginaria nella sua origine da Carlo Magno, pei'venisso dopo cinque secoli e mezzo a farsi effettivo e sonante alla metà del 1200 colle gloriose, ricche od avvedute repubbliche italiane di quella età. Soldi più o meno pesanti e buoni furono ognora dopo stampati, come ognuno sicuramente co- nosce dal fin qui detto, fino al 1G73, in cui ne fu soppresso il conio W per dar luogo esclusivamente agl'infiniti quattrini di puro rame. In questo ignobile metallo dopo un secolo ricomparvero i soldi nel 1777 e durarono tuttavia dal 1822, successi agli italiani del 1807. Una rassegna della prima specie qui ca- dendo inutile, farò cenno del poso e della bontà del primo e dell'ultimo. Il soldo repubblicano nostro an- tico chiamato terzarolo, che la metà era dell'impe- riale, queste due sorta di monete avendo corso al- lora come farò conoscere in seguito , il soldo re- pubblicano, dico , antico era della forza di puri grani 36,1G0 in ragione di mischiati gr. 40 al ti- tolo di 0,904 ed in conseguenza l'imperiale ne con- tava 72,320. Il soldino all'incontro spagnolo pure imperiale di niente più era grave che di gr. 2,962 per il suo peso di gr. 42,GGG all'infimo impasto di 0,069443. Qua! differenza mai dall'uno all'altro ri- sulta da questo paragone , onde restare convinti sempre più dell'inconcusso teorema esposto dal Carli. Mi dispenso di versare sopra i soldi di rame attuali

(1) Argelati. T. Ili, all'appendice, pag. 54, in fine della tavola XVIII.

STUDII ECONOMICI SULLE MONETE HI MILANO 329

con quell'arbitrio, che fu già denunziato, e che di proposito faremo palese a suo tempo.

SOLDINO Diminutivo di soldo ; in questo senso ne abbiamo già parlato da un momento ed ora ne da- remo la spiegazione e le prove, dicendo, che soldi vennero chiamati al loro comparire nel 1200 per conformazione all'antico nome carolingico, e promi- scuamente anche grossi per il motivo toccato di sopra della loro forza maggioro comparativamente alle mo- nete de' secoli precedenti, e soldini per giusta inversa ragione, allorché si trovarono al tempo del conte di Virtù cotanto abbassati dal pregio antico. Una tal voce difatti è dimostrato cominciò a scriversi allora nei pubblici documenti (i), e proseguì coi duchi Sforza e re di Spagna. Ed ecco chiarito come è che soldi e soldini sono la stessa identica moneta, vale a diro la vigesima parte della lira, a misura dei diversi tempi e del peso e della bontà loro maggiore o minore.

TERZOLO detto anche TERZAROLO ^lonota della metà del secolo XIT, coniata nel precisamente primo as- sedio della città nostra del 1158 postovi da Federico I. Ignota è quella sua primitiva composizione, perduta essendosi la moneta, lume alcuno potendosi ri- cavare dagli scrittori. Risuscitò alla metà del secolo dopo nei primi soldi e denari stampati con puro marchio repubblicano; e come moneta di conto, cioè immaginai'ia, si é conservata, spenta la libertà, per lungo tempo presso di noi al walore costante di metà dell'imperiale. Bastanti per ora siano questi cenni, mentre fra poco ce ne occuperemo di proposito as- sieme all'imperiale.

(1) Argelati. T. in, pag. GO col. 2 IJ. pag. 32, 40, T. IT, pag. 280, T, III, pag. 53.

43

330 (IIOVANN'I MULAZZANI

TESTONE D'ARGENTO Così detto dalla testa del ri- tratto del principe impressovi sopra. Altrove ho osservato che pregio si bello dell'antichità perduto o quasi nella barbarie de' bassi tempi venne ripristi- nato dal primo duca visconteo in parte al principio del secolo XV, che riprodotto dopo lungo indugio di mezzo secolo dal capo della seconda nostra dinastia in pili estesa misura, venne adottato poscia stabil- mente, volgendo l'anno 1474, nelle monete grandi di argento, nonché in quelle d' ero del secondo duca Sforza, ed indietro all'articolo grosso ne furono pale- sati il valore originario di 20 soldi, la bontà squisita a 0,962, ed il peso fino a quel punto inaudito di 8 de- nari. Mezzi testoni del principe suddetto si hanno al- tresì registrati in diverse gride sforzesche e spagnuole, e noi li vagheggiamo, benché rari, nei nostri Cimelii, belli essendo e lodevolmente composti. Al comparir degli scudi colla metà del secolo XVI fu già notato, che cessarono di venire alla luce, e di figurare nel mondo numismatico quale moneta primaria ; ed ag- giungere si può con verità, come la più compita, che sia stata fatta in Europa dopo il risorgimento del- l'Arte. Oltre di questi testoni e loro metà si hanno sullo stesso conio stampati dei doppii e dei tripli in lamine proporzionatamente più grosse, ma sono raris- sime anticaglie.

*t5^

TESTONE D'ORO Sinonimo di fiorino e di ducato d'oro cominciato con Francesco I Sforza per la ragione medesima del ritratto, che si ripetè dal suo successore anche in argento, veggasi il documento in Argelati del 14G5, che ce ne istruisce (^), ed altro pure che no- mina testoni d'oro del 1474, dello stesso autore.

(1) Argelati. T. Ili, png. 31. T. II, png. 205.

STL'Dll ECONOMICI SL'L[,E MONETE DI MILANO 331

TRENTINO In modo assai vago così è registrato in una grida sforzesca del 1534 W: Le terline , sesini, sol- dini, quindesmi et trentini si possono spendere al corso suo. L'etimologia denota il valore di duo soldi e li2, ma poiché nella grida stessa leggiamo altresì danari ducali a soldi 2,0 così nasce dubbio sul suo valore, non potendosi capire, che una moneta sola portasse due nomi.

TRILLINA, TERLINA, TREGUA Promiscuamente così chiamata venne una nostra monetina durata per se- coli, che dal valore di 3 denari dimostra essere la sua etimologia. Trilline ridotto a 2 denari si leggono nel- l'editto 14G5 di abbassamento che si ordinò in quel- r anno di tanto monete; tregue a '■) del peso di gr. 18.775 si coniarono nel 1474, e terlino dette anche quattrini si fabbricarono langamente in parte erose, e a diverse riprese scadenti, ed in parte di puro rame nel governo della Spagna e dopo fino a Ilaria Teresa, talché la trillina finì nel quattrino composto di vile metallo, siccome fa dato ad intendere di sopra alla voce quattrino.

ZECCHINO Veduto abbiauio Fambrosino repubbli- cano d'oro cedere il posto ai fiorini viscontei e di questi la meritata fama estinguersi all'apparire dei durati sforzeschi e francesi tanto semplici che doppj. Ora è a dirsi, che le doppie della malaugurata èra spagnuoln avendo soppressa da noi la fabbrica dell'oro puro (e lo stesso avvenne in forza di quel funesto esempio in quasi tutte le zecche d'Italia) le nostro gride dal 1G5.'5 in poi al 1771 da me attentamente esaminate non fanno più menzione come per lo innanzi di ducati di

(1) Manoscritti di Bollati, T. II.

332 G. MUI,\Z/.AM - SrUDlI ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO

Spagna, Milano, Venezia, Genoa, Fiorenza, ma nomi- nano zecchini di Venezia e Fiorenza al diminuito 'peso di denari 2,20, mentre il marchese d'Ayamonte nel 1575 li notava di denari 2^21 (i), siccome sappiamo che gravi furono per tutto il medio evo. Furono ristam- pati gli zecchini nel 1778, e moltiplicati assai da Giu- seppe II forti ognora di 11^24 di grano di più dei denari 2,20, ed al prezzo di mil. L. 14,10 (1778) e di L. 15,4 (1786). La zecca di Venezia in oggi ci fornisce qualche zecchino al peso di denari 2,20 ed al prezzo di L. 13,50 (2).

Giovanni Mulazzani.

(1) Manoscritti di Bellati, T. II.

(2) Tariffa novembre 1822.

FRANCESCO MARCHI

E LE MEDAGLIE DI MARGHERITA D'AUSTRIA

Il capitano Francesco Marchi, celebre pel suo clas- sico trattato di architettura militare, fu per molti anni al servizio della famiglia Farnese, e specialmente di Margherita d'Austria, moglie di Ottavio duca di Pai'ma, anche nel tempo in cui questa principessa fu chiamata da Filippo II al governo dei Paesi Bassi. Le sue lettere, scoperte e pubblicate dal commen- dator Amadio Ronchini, formano un grosso volume ('), la cui lettura ò piacevolissima, non tanto per le no- tizie autobiografiche dell'illustre ingegnere militare, quanto per le curiose e minute relazioni degli avve- nimenti che si succedevano in Fiandra in quell'epoca fortunosa di guerre di religione e d'indipendenza. Per questo io confido che agli studiosi non riescirà sgradita la pubblicazione di tre nuove lettere del Marchi, che ebbi la fortuna di rinvenire nell'Archivio di Stato di Parma, due delle quali parlano appunto di medaglie e ci danno notizie interessanti sugli artisti che le modellarono.

(1) Cento lettere del capitano Francesco Marcili bolognese. Parma a spese della R. Deputazione di storia patria, Mnrcci.xiv.

331 UMBERTO ROSSI

La prima in data è la seguente :

u Molto mag.™ sig.""' mio oss.""" Hora in questo punto u si finisse un torneo bellissimo che si è fatto in la sala a. reale, dove erano 12 per parte ; e l'Eoe, del Principe, u era capo de' dodeci che portavano la livrea bianca, in- u carnata e bisa, havevano due Ninfe, vestite richissima- u mente e un Dio d'Amore : le ninfe menavano dodeci il incatenati armati; havevano dodeci padrini, 4 tamburri u e duo Affari vestiti alla livrea. L'altra compagnia era il u visconte di Gante con dodeci padrini e 3 tamburri e 2 u fiffari : portavano per livrea bianca, gialla e berettina, i u quali vestiti eran molto belli : e la parte Italiana ha por- u tato via la maggior parte delli precii ; dove erano tutti a giovani e deboli, e dall'altra parte eran li più bravi e u pili soventi de qui ; nondimeno hanno perso : cosi han u giudicato loro medesimi , cioè Mons.""' de Berlemont , a Mons."'' d'Assecurt, Signori de l'Ordine. Il Prencipe ha u fatto cose grande con il stocco contra li dua più bravi di u Fiandra, contra Mons."'' de Lume e contra Mons."'' de Car- u lotto, tutti duo Eodamonti, e contra alla folla ad altri u hanno preso d'acordo stocchi larghi 4 dita e uno di 12 u libre, e cosi ferociamente menava che andò in pezzi, et 14 ha uno li ha fatto una orecchia e guantia molto gonfiata. " Imprometto a V. S. che menava molto bene le mani e u penso che liavrà il pretio della folla e della spada: dico u il populo giubilava e massime le Dame vedere menare Ci cosi bene le mani a S. E. Ma che diremo di S. Alt. e della u Principessa l'allegrezze che havevano : non lo potevano u dispartire e ferì il Capitan Francesco in una mano vo- lt lendo tirare adietro e in su; un brazzo diede ad un altro ; u non bastò qiiesto, voleva fare iin' altra volta con un altro u. bravo giovane, ma li giudici non volsero : li pretii non u si sono ancora dati, e il mazzo si serra, non mi estendo u. molto. Li nomi de i combattenti, l'Ecc. del Principe : il u. 3.°" Marcello Lampugnano, il Conte Honorio Scotto, il a Conte Anniballo, il Conte Bernardino, il S.°' Ferdi- u. nando Loppes, il S.°' Gio. Battista Calco, ilS."' Brisac.

FRANCESCO MARCHI E LE MEDAGLIE DI MARGHERITA d'aUSTRIA 335

ti Mons." de Yimmes, il S."^ Pietro Favolo Varesino, il u 8.°'^ Alonso Loppes Gallo, Mons.°" Vandermese. L'altra u compagnia: il conte d'Hocstrat, il visconte di Gante, u Croy Poe, Vandra, Damuin, Lume, Olimo, Carlo Trameri, a Lemdal : e così facendo fine mi raccomando all' 111.™" u S." Favolo.

u Da Brusselles, alli 25 del Febraro 1566.

Di V. S. ti Ser.°'' Frane." Marchi.

a {fuori). Al molto mag." Sig.°'' mio Oss."" il Sig.°'' Gio- u vanni Battista Fico Sec.''° di S. Ecc. v (1).

Alessandro Farnese, di cui si parla in questa let- tera e che aveva allora di fresco sposato Maria di Portogallo, parti di Fiandra verso la metà di maggio dello stesbO anno, e al Marchi, che pel giovane prin- cipe sentiva molto affetto, dispiacque assai dividersi da lui. Fino dal 1565 il capitano bolognese aveva fatto eseguire a Brusselles una medaglia del principe Alessandro, e ne dava avviso così a Giambattista Pico, segretario ducale :

u Ho ottenuto gratla da S. E. clie si lassi tirare in u medaglia: di che un valent'huorao lo tira. V. S. vedrà una ti ciera d'huomo si come molte volte l'ho dipinto a V. S. (2).

E circa un mese dopo tornava a scrivere:

u Y. S. saprà come la medaglia del Principe è finita dinanzi u di S. A., la quale è molto naturale. Hora V. S. faccia interpe-

(1) Giova avvertirò die in questa lettera e nelle successive, VEcc. del Principe ò Alessandro Farnese, la Principessa è sua moglie, Jlaria di Portogallo, l'Altezza di Madama, o S. Alt. è Margherita d'Austria e S. Ecc. è Ottavio Farnese.

'2} Cento lettere di Francesco Marchi, pag. 34. Lettera al segretario Pico, da Brusselles, 9 settembre 1565.

836 ujinERTo ROSSI

u trare e mandatemelo in iscritto questo che qui ho inven- ti tato e fatto fare. È una Venero in un carro che esce da a una nube tirato il carro da doi cigni che volano per aria. u La Venere è vestita all'antica: ha il braccio dritto nudo a con una corona reale in mano e la porge innanzi. All'in- u contro vi è un huomo armato all' antica, che mostra il u nudo, in su un cavallo e porge la mano e mostra fermare u quel carro ('). n

Dalla descrizione che il Marchi ne fa, riconosce agevolmente la nota medaglia di Alessandro Farnese pubblicata dal Litta (2) e dall'Armand (3), dal quale ultimo traduco:

Diam. 38.

!& ALEXANDER FÀRNESIVS P ET P- PRINCEPS

Busto a destra di Alessandro Farnese, testa nuda, barba nascente, abito a colletto dritto.

^ EX- VIRTVTE HONOR 1565.

Alessandro armato all'antica, su un cavallo che s'im- penna, riceve una corona dalle mani di Venere che passa sopra la testa di lui, nel suo carro.

Francesco Marchi aveva curata l'esecuzione della medaglia, che dice fatta per mano di un valentliuomo, e aveva egli stesso inventata l'allegoria del rovescio. Meno di due anni dopo egli tornava ancora ad oc- cuparsi di medaglie e a comporne i rovesci, come lo dimostra la lettera seguente eh' egli scriveva al cardinale Alessandro Farnese:

u 111.™" e E.""" S." mio obs.™" Mando duve medaje a u V. S. 111.'"^ una per Sua Santità e una per V. S. in ne

(1) Cento lettere cit., pag. 41. Lettera al segretario Pico, da Brus- selles, 7 ottobre 1565.

(2Ì LiTTA. Famiglie celebH d'Italia. Famiglia Farnese, tav. Ili, 3. (3) Armano. Les médaillews italiens, II, 265, 13.

FKANCESCO MARCHI E I.E MEDAfiME DI .MARGHE1;1TA D AUSTRIA

337

a le quale medaje è lo afìgie scolpite de la alteza de Ma- u dama, la quale medaia l'a fata Jacliomo Joneliiighe e a l'a cosi bene retrata al naturale, che non ò mai state li nesuno che l'abia fato più al naturale de questo ; ora u questa medaia io l'ò fata fare con tanti preghi che ho u fate a suva Alteza, tanto che al fine la me fece gracia de li lasarse ritirare : e cosi io ho voluto le duva prime per li poderle mandare chomo cosa da farne conte per esere u il retrato de una tanto degna principesa, la quale è ve- u ramente una difensora della religione cristiana, sichomo Ci la fate vedere in fati a tuto il mondo, che senza l'animo u e valore e constancia suva tuti quisti palesi erano persi u quanto ala religione e forse il stade anchora , e pense u che la fuse la mira de alchuni mali stanti: ora suplicho u Vostra 111.""^ S." a fare dare una dele dna medaje ala li Santità del nostro S/'= che a tale fine la fece fare per u mandaila a Suva Santità, per esere la figura di quela che a ha difeso il suvo nome e la suva potestà : e ritralta con u le arme in mane e con farlo predieharo per tutto il a palese, poi perchè so quanto suva alteza sia afacionata a de Suva Santità, però io ebe ardire de farli talle presente u anchora sia minime, ma è grande Tanimo de chi vi è u retrate. E lo mande V. 111.™-'' e E."'-'' S/-'' perchè la veda il re- ti trato dela suva cara cugnata a tale che vi alegrate de ve- u dere tale medaja do una maritata in la gran casa Fornesa. u Lo inventore del roverse son stato io che l'ò fato fare li senza che suva Alteza lo sapese, ma la se fidò di me e a lasò fare, del che lasarò indichare quelo voglia infirire li quelo misterie ch'è in dite roverse.

u Data in Anversa, adi 7 de luglio 15G7.

D. V. 111.-"-^ e E."--^ S." li S. Francesco do Marchi.

(fuori.) ti x\lo 111.""° et 11.'"° Cardinale Fernese, mio S.'' Ob.'"° ;i

Non ò necessario di far risaltare l'importanza di questa lettera, che ci rivela il nome deirartcfìcc elio

338 UMBERTO liO.SSI

lavorò lo belle medaglie del 1567. Di Griacorao Jon- giielinck scrisse a lungo un- erudito belga, il signor Alessandro Pincliart (i), e dal suo accurato lavoro trarrò qualche notizia elio potrà interessare i let- tori italiani.

Questo celebre scultore, nacque ad Anversa nel 1530, e cominciò la sua carriera artistica come incisore di sigilli: infatti nel 155G fece un controsigillo per l'or- dine del Toson d'oro, e in seguito i sigilli della can- celleria di Gueldria e di Brabante, quelli degli Stati Generali, del consiglio delle finanze e del consiglio privato degli arciduchi Alberto e Isabella. Aveva ventinove anni, quando gli fu affidata l'esecuzione del mausoleo di Carlo il Temerario, eretto poi nella Chiesa di Nostra Donna a Bruges, lavoro di grande mole , colla statua del principe di bronzo dorato e con molti altri ornamenti di difficile esecuzione. Nel 1570 modellò e fuse pel signor di W^-neghem otto statue di bronzo, rappresentanti Bacco e i sette pianeti, sculture che subirono curiose vicende, perchè dopo essere state l'oggetto di una lunga lite tra il signor di Wyneghem e il governatore di Brusselles, furono vendute nel 1584 per 8000 fiorini alla città d'Anversa. Quando Alessandro Farnese fece del 1585 il suo solenne ingresso in quella città, le statue ser- virono ad adornare il palazzo comunale e in seguito per decreto del Consiglio furono offerte in dono al celebre capitano, che le fece trasportare in Italia. Jonghelinck fu altresì l'autore di una statua colos- sale del duca d'Alba distrutta nel 1577, di un busto dello stesso personaggio (2), e di due figure di bronzo,

(1) PiNCHART. Recherches sur la vie et les travaux des grazeurs de me- daiUes, de sneaiix et de monnaies des Pays-Bas, pag. 312.

(2) Questo busto eseguito nel 1571, è jiosseduto a Pai-igi dal sig. visconte Gustavo lleiUe. V. Plon, Leone Leoni et Pompeo Leoni, pag. 298.

FRANCESCO MARCHI E [.E MEDAGLIE DI MARfaiERITA d'aUSTRIA 339

un Cupido e un Nettuno che dovevano ornare la fontana del parco di Brusselles. Filippo II gli con- cedette la carica di fonditore e incisore di sigilli del re , che conservò sino alla morte, avvenuta in An- versa nel 160G.

Jonghelinck fu anche medaglista di molto valore ; si sa che il cardinal Granvela gli affidò l'esecuzione in metallo in una sua medaglia, modellata da Do- menico Compagni (i), e il sig. Pinchart inoltre ne descrive altre quindici, quasi tutte di personaggi fiamminghi (2). Quelle di Margherita d'Austria che il documento parmense aggiunge alla sua opera, sono senza dubbio le seguenti:

Diam. 60. ^ MARGARETA DE AVSTRIA D P ET P GER- MAM>E INFERIORIS GVB - /ET- 45. --

Busto a destra di Margherita d' Austria , col capo velato.

9.' FAVENTE DEO. 1567.

Una donna che ha nella destra una spada e nella sinistra una palma e un ramo d'olivo; essa e sopra uno sco- glio battuto dalle onde ed esposto al sofiio di quattro venti (3j.

Diam. 32.

^ MARGARETA AB AVSTRIA D P ET P GERM INFER G >ET. 45.

Busto a destra di Margherita d'Austria.

(1) Plon, op. cit, pag. 275.

(2) Dalle metlaglio elio il sig. Pinchart riporta nella sua opera citata bisogna toglierne una di Filippo II, clie appartiene a Giampaolo Poggini, e una di Bianca Pansana Carcania, probabilmente milanese, che ò lavoro di Pier Paolo Galeotti.

(3) Armanti, op. cit., II, 211, 40.

340 UMBERTO nos'^i

9 A DOMINO FACTVM EST ISTVD. 1567.

Una donna die lia nella destra una spada e nella si- nistra una palma e un ramo d'olivo (1).

Benché Francesco Marchi nella sua lettera non faccia cenno clic di una medaglia sola, pure è tanto evidente che le due più sopra descritte sono della stessa mano, che non ho punto esitato a classificarle ambedue fra i lavori di Jonghelinck: si può dire infatti che, salvo le leggende, il diritto che il ro- vescio della medaglia di diametro minore sono la riproduzione di quella più grande (2). Fors'anche è da ascriversi allo stosso artista la medaglia di Ales- sandro Farnese di cui ho parlato più sopra: lo stile ne è uguale, i rovesci sono ambidue invenzione del Mar- chi, ambidue sono eseguite in Fiandra e a breve intervallo l'una dall'altra, infine il Marchi è quegli che la commette e ne sorveglia l'esecuzione : viene quindi naturale l'idea che siano lavoro del medesimo artefice.

La terza lettera ci notizie curiosissime intorno

(1) Armand, op. cit, II, 211, 41.

(2j Al diritto della medaglia maggiore venne applicato anche il ro- vescio seguente : « qvid . premitis . redeat . si . Nonius . ira . leonis. 1566. 1) Un leone posto sotto un torchio munito di harre a cui diversi personaggi danno impulso. E evidente che la data 1566 non si accorda con quella del diritto (1567) che risulta dall'età di 45 anni attribuita alla principessa, e quindi la medaglia ò ibrida.

Il diritto della medaglia minore ha servito da rovescio a quello di Fi- lippo II, di Giampaolo Poggini (Armand, I, 239, 11, ibrida), inoltre molti anni più tardi fu adoperato per fondere una medaglia di Margherita d'Austria, da porsi nello fondamenta di qualche edificio. Quest'ultima ha il diritto già descritto, da cui non si è nemmeno tolto di il titolo Gover- nairice dei Paesi Bassi, ed il rovescio è formato dall'iscrizione seguente.

Il DIVA margarita . AB . AVSTRIA . CAROLI . V . CES . FU.IA . P . GEN . HAS . .«DEB . EREXIT . ANN . ."ErATIS . 61 . 1584 . MARTII . 11

FRANCESCO MARCHI E LE MEDAGLIE DI MARGHERITA d'aUSTRIA 341

ad una medaglia del duca d'Alba e all'orefice fioren- tino che ne fabbricava i conii ; è diretta al segretario ducale Giambattista Pico (i).

u L'Altezza di Madama è sanata e sta ben dio gratia, u ma penso bene che sia carica di fastidij, e in tra l'altre a se ne a noi, perchè la vedemo tanto deliberata di a volere tornare quest'inverno in Italia e fa mettere ogni u cosa all'ordine, come se domani havessimo a partire ; u S. Alt. sta allegra e non parla di cosa ninna se non di u tornar in Italia, ma noi che havemo delli debiti da pa- u gare non ci piace troppo, se già non fosseno pagati, u Poi havemo delli muleti più d'una docena da condurre, u e tutti piccoli, delli quali havemo paura del freddo che u non ce gli amazza, io per me lassaria prima uno braccio u che Cleopatra (2), bora havemo delli aifanni assai , et u pensare che S. Altz. cosi determinatamente si mette all'or- u dine, et più dice, se il Re non vuole, che lei in tutti i u modi vuole partire ; qui non si spetta se non la venuta u del Macchiavelli (3). Noi altri cortegiani saressimo una u poca cosa a dire che per questo inverno s'havesse da u partire S. Altz., ma tutti li popoli del paese, tutti so ne u appellano della sua partita, e non vogliono a modo al- u cuno, et dicano, se la se parte, che non sarà gran cosa, u che torna peggio il paese di quel che è stato, si come u hano voglia di fare e peggio farebbe li boni che li tristi u del passato, bora saperiano da qual scoglio guardarse che u prima non sapevano: basta, che ogni homo prega Dio, u che la non si parta, perchè cognoscono benissimo che se u S. Altz. parte dal paese, che essi restaranno schiavi, ma u mentre vedino S. Altz. vivano in speranza di perdono e u di libertà.

(1) In fronte al foglio si legge : ti Copia d'una lettera clie il capitan Francesco de Marchi scrive al secretario Pico, di 2 di 9bre 15iì7. f2r Clfiopatra era figliuola naturalo di Francesco Marcili. {}^J Tomaso Macliiavelli, segretario di Marglierita d'Austria.

8i2 UMBERTO ROSSI

a II Conte d'Arembergh si trova nel paese di Cambre, a ove ha d'andare cinque compagnie d'huomini d'arme del u paese e quattro compagnie de Cavailegeri Borgognone, u dove vanno de molti venturiero a vedere quella guerra, li in Francia contro li dui Re di Francia, l'uno salvadico u e l'altro domestico, cioè il Ee di Francia, l'altro è Mon- u signor de Condè, che si fa battere in moneta, il Re primo u del Vangelio in Franza, il quale pianta il Vangelio in i( Franza, e cosi stamparanno nelle monete Re primo di u Franza e del Vangelio, cosa odiosa assai in Francia.

u II Duca d'Alva è in Anversa e lavorono alla fortezza, u la quale de uno quinto angola , ma la piantano troppo u contraria dall' acqua del fiume Schelda , altrimente a saria sicome io ho disegnato (1). Prima tremasi della ve- u nuta del duca d'Alba, e li homini del paese voriano che u lui insieme con li spagnoli fusse in Barbarla, per li mali a portamenti che fanno qui. Il detto duca ha fatto fare la u sua medaia, et nel reverso ci fa mettere un homo ar- u mato e due figure in ginocchio che li porgeno le chiavi, u ch'è Barbancia e Fiandra : non si è veduto questo , poi u fa un tempio con una donna , con un vaso al piede , la u. quale mostra di cadere, e se gli porge la mano e la so- u stenta, ch'è Fiandra che cadeva, cioè la religione et esso « la tiene in piede: questo non ha fatto lui, perchè mentre u. la religione stava per cadere, S. Alt." la tene in piede, a et non lui che era in mezo della Spagna, et è venuto a u mani lavate a tavola ; voria che il fusse stato in mezo a solamente delli trecento Gentilhomini, che intorno in u Palazzo armati , a dui del paro, con li archibugeti alla u cintura, si come se ci trovò S. Alt." nel mezo all' hora

(1) Il Marchi aveva fatto un progetto per la costruzione della citta- della d'Anversa, che venne scartato ; fu invece adottato il disegno di Francesco Paciotti da Urbino e di qui le ire del capitano bolognese il quale voleva ad ogni costo trovar difetti nel lavoro del suo rivale. Il Promis però giudica il progetto del Paciotti superiore a quello del Marchi.

FRANCESCO MARCHI E LE MEDAGLIE DI MARGHERITA d'aUSTRIA 343

u e se l' avesse reduta la religione saria stato un va- a lent'homo ; over quando si trovò due mila homini in- u torno al Palazzo, e in esso più di mile cinquecento tra u la corte, la piazza e case convicine, all'hora haveria vo- u luto che avesse redotta la religione , li quali erano per u minare la capella del palazzo della corte, e sacheggiare a la roba, e amazzare ogn'homo che contra li volesse dire, u et anco di più voria che havesse reduta la religione u quando in questa terra si trovava più d' ottomila anime u d'eretici, e non haver nissuno con chi poterse diffendere, u fidarse all'hora, e saria stato il tempo di tener la re- u ligione in piede, si come fece S. Altezza, si come voria u che anco havesse fatto nella Badia d'Artois , contra un- u dici insegne d'heretici armati alla .... ed a Stroneli , a u Tornalo, e a Valenciana, quando ogni giorno se combat- u teva a Gante, Anversa, a Ostradame, in Gilanda, in Olanda, u in Geldre , in Barbancia , in ]\Iastriche , finalmente per u tutto il paese, et havesse hauto più d'un milione d'anime u contra, e non havesse hauto altra gente di quel numero, u che havea S. Altezza, all'hora haveressimo veduto se l'ha- u veria tenuto la religione in piede. Poi quelli due che u stanno in ginocchio e gli dano la chiave, devono essere u dui suoi servitori, che gli darano le chiave delle lettere u che dicano che il compone in nome de S. M.'"" Quel tempio u deve essere quello che lui ha fatto disfare delli hereti , u che erano tutti per terra ed ogn'un se ne burla. Il mastro u che fa la medaglia si chiama Giuliano Fiorentino, et esso u me l'ha detto in camera mia.

u Qui si è sparso la voce che il conte Agamonte si u liberava in termine di dui giorni. Volesse Dio che u fusse in termine d'un mese, che saria contento, se non u fusse mai se non per essere tanto amico del nostro u padrone (1).

(1) Il conte d'Egmont era in stretta relazione con Ottavio Farnese : il Marchi, clie non poteva soffrire il Duca d'Alba, parteggiava apertamente

514 UMBEKTO ROSSI

u La Regina d'Inghilterra arma per sicurezza del suo regno a e Dio voglia ohe non sia per dar soccorso alli eretici di u. Franza li quali si fortificano appresso Parigi: per mare u e per terra sono sarati li passi per passare in Spagna, di u modo ohe il sig.'''= Tomaso Machiavelli sarà tardato a tor- u nare di con la licenza di S. Alt. di poter tornare in a Italia, io non la credo a dir l'opinione mia, perchè po- u trebbe essere che se ne pentisse, se le cose di Franza u andasseno un poco peggio per il re , e se vederà levare u qui un gran romore e se farla da dovero.

a II figliolo del sig." Bartolameo del Monte e il capitan " Virgilio da Bologna e il figliolo del marchese del Monte u e tre altri son passati in Franza, cioè passarano con il u soccorso di questi paesi. Il S.''= Chiappino Vitelli gli ha u donato cavalli, danari e licenza che vadino a servire il u. re di Francia contra li heretici. Il detto S.''= Chiappino u si fa valere et è tenuto la meglio testa de guerra, che habbia li il Duca d'Alva appresso di lui, et ogn'uno stima più il u predetto S."'' Chiappino che non fanno il Priore suo figlio.

u. Dui giorni sono che il conte d'Agamonte giocava con a il Mastro di Campo del Terzo di Napoli, et vene il Ca- li pitano Salina che ha carico del conte d'Agamonte, e u gito via le carte e disse che non voleva che si giocasse. Ci dove il Mastro di Campo messe mano alla spada e volse li dare al castellano, cioè Salina, con ingiuriarlo: molti u dicono che non avea cosa alcuna contra al detto conte a per la quale potesseno attaccarsi contra d'esso conte, e a si pensa che saria stato meglio che non fosse stato fatto li prigione, n

per l'infelice gentiluomo e quando Egmont ed Horn furono decapitati egli scriveva:

u II traditore del Duca ha tagliato quella testa tanto onorata di mon- signor di Agamonte, il quale ha combattuto per l'imperatore e per il re cosi onoratamente e vinte più battaglie e scaramuccie che non ha fatto lo invidioso, pieno di furore e di invidia e di malignità.... Spero in Dio vederne vendetta e grande e presto. E stato tradito uno grande uomo e amico nostro, n (Cento lettere cit., pag. 160).

KriANCKSC'i MMirm i: i.K .mi;d.\i;i.ie di marcmkrita h'ai-ìtria 045

Il signor Pinchart ha pubblicato due documenti relativi a Giuliano Giannini , orefice italiano , il quale nell'ottobre del 1599 vì'eu et caducque, rédidct eu pouvreté et maladie, non avendo alcun mezzo di sussistenza indirizzò una supplica alla camera dei conti di Brabante , per ottenere qualche sus- sidio; nella supplica egli diceva di aver servito i governatori dei Paesi Bassi e specialmente il Duca di Parma , durante diciotto anni e la Camera gli accordava dodici lire en pure aidmosne pour en ses vieulx jour l'ayder à vivre ^). Senza alcun dubbio questo Giuliano Giannini deve identificarsi col Giuliano Fiorentino di cui è fatto cenno nella let- tera e con quello che segnava ivliano - f - f le medaglie di Alessandro Farnese allusivo alla presa di Maestricht.

Il Giannini si trovava in Fiandra fino dal 15(50, e in quell'anno era incaricato da Francesco ^larchi di fare una medaglia di ]\Iargherita d' Austria , come appare da quanto costui scriveva al segretai'io Pico:

ti Io fo fare una medaglia di S. A., che credo sarà na- u turale. In dna modi la faremo: con il a'oIo e senza. La u fa uno fiorentino. Persino a un piombo potrò mandare ; u se di argento o d'oro si vorrà, per bon mercato l'avremo, u se li viene bene ''2).

(1) PlN-CHART, op. cit., pag. 340.

(2) Cento lettere cit., pag. 4. Lettera al Pico, da Brasselles, 14 gen- naio 1560.

La medaglia non era ancora finita ai 20 di Gennaio. Lettera al Pico da Brusselles, 20 gennaio, 1560.

340 UMBERTO ROSSI

Molto probabilmente qui si tratta di quella clie pubblicò per primo il Litta e che il sig. Armand descrive così O:

Diam. 40.

fì" OCTAVIVS F PARM ET PLÀC DVX Il IVLIAN- F.

Busto a destra d'Ottavio, testa nuda, barbuto, con co- razza e sciarpa.

1>' MARGARETA AB AVSTRIA D P ET P.

Busto a destra di Margherita, colla testa coperta da un velo che le cade sulle spalle.

L'essere l'effigie della principessa unita a quella del marito non infirma punto l'opinione che questa debba essere appunto la medaglia fatta eseguire dal Marchi; si sa quanto questi fosse devoto di Casa Far- nese e quindi non è impossibile che invece di uno dei soliti l'ovesci che egli si compiaceva ad ideare, abbia voluto accoppiare al ritratto della sua padrona quello del di lei marito, traendolo da qualcuna delle molte medaglie di Ottavio.

Dalla lettera più sopra pubblicata risulta che il Cìiannini fu incaricato verso la fine del 1567 di mo- dellare due medaglie del duca d'Alba : una doveva avere per rovescio un uomo armato (il duca) con due figure in ginocchio davanti a lui che gli porgevano le chiavi e che rappresentavano il Brabante e la Fiandra; il rovescio deiraltm doveva raffigurare il duca che sosteneva una donna con un vaso al piede, presso un tempio , la quale stava per cadere, alludendo alla religione ristaurata dal feroce governatore. Queste due

(1) Armand, op. cit., I. 290, 1.

FRANCESCO MARCHI E I-E MED.\(JLIE DI MARGHERITA u'aUSTRU 347

medaglie, se pure furono eseguite secondo il progetto accennato, non giunsero fino a noi: non è però im- probabile che , dietro rimostranze di Margherita d'Austria, il duca abbia abbandonato il pensiero di quei due troppo vanitosi e bugiardi rovesci, poiché dell'anno successivo esiste una sua medaglia, lavoro dello stesso artefice, con una leggenda allusiva alle repressioni operate nei Paesi Bassi. Il sig. Armand la descrive in tal modo (^).

Diam. 37.

,'& FERDINANDVS ALVAREZ A TOLETO DVX ALV/E

IVLIAN G F,

Busto a destra del duca d'Alba, testa nuda, barba lunga, con corazza.

9/ RELIGIONEM ET OBEDIENTIAM REDINTEGRAVIT.

MDLXVIII.

Minerva sopra un carro tirato da due civette (2),

Dopo l'esecuzione della medaglia del duca d'Alba non si ha piìi alcuna notizia dell'artista fiorentino fino al 1580, nel qual anno, secondo la supplica gi;i citata, fu assunto al servizio speciale di Alessajidro Farnese ; e di questo celebre capitano son note due medaglie, incise dal Giannini, e pubblicate già dal Litta (^) e dall' Armand W.

(1) Armano, op. cit., II, 246, 9.

(2) Il signor Armand realmente non riporta nella sua descrizione la firma di Giuliano; però alcuni esemplari della medaglia portano effettivamente ivlian . i; . f . onde ho creduto bene di completare le leggende.

(3) LiTFA, op. cit., tav. Ili, 4 e 5.

(4) Arm\nd, op. cit. I. 2i.»0, 2 e 3.

348 UMliERTO HOSSI

Diam. 40. ;& - ALEXANDER FARNESIVS IVLIÀN F F.

Busto a sinistra d'Alessandro, testa nuda, con corazza e toson d'oro.

9I INVITVS INVITOS

Veduta della città di Maestricht, assediata.

Diam. 40. ^' ALEXANDER FAR PAR PLAC DVX III ET CT IVLIANO F F.

Busto a destra d'Alessandro Farnese, testa nuda.

^ INVITVS INVITOS. MAESTREHC.

Veduta della città di Maestricht, assediata.

L'esecuzione della prima medaglia non può essere anteriore all'anno 1585, perchè il Farnese vi è rappre- sentato col Toson d'oro al collo, distinzione che egli ottenne solo in quell'anno, dopo la presa d'Anversa. La seconda invece è posteriore al 18 settembre 1586, data della morte d' Ottavio Farnese, avendovi Ales- sandro il titolo di duca di Parma. Il signor Pinchart giustamente osserva che non si può spiegare perchè l'artista abbia preso per soggetto la presa di Maestricht che fu uno dei primi fatti d'arme con cui il principe iniziò la sua carriera militare nei Paesi Bassi, piut- tosto che l'assedio o la resa d'Anversa, la quale aveva procurato tanta gloria all'illustre capitano. Quanto alla leggenda invitus invitos, essa è evidentemente un'allusione al saccheggio di Maestricht, che Ales- sandro non potè impedire.

In un altro suo lavoro (i) il sig. Pinchart attribuisce

(1) Pinchart. Histoire de la gravure des médaW.es en Belgique, depuis le XV siede jusqu'en i70l, pag. 30 o seg.

I'R\NCESCO MARCHI E LK MEDAGLIE DI .MAR(iHERITA d'aUSI-RIA 349

a Giuliano fiorentino anche le seguenti medaglie del Farnese :

Diam. 48.

^ ALEXANDER FARNES PAR PLA PRIN BELG DVM GVBERN.

Busto a destra di Alessandro Farnese, testa nuda, con corazza e sciarpa.

9' INVICTO OPTIMO PRINCIPI. 1685.

Entro una corona d'alloro, una colonna rostrale, sor- montata dalla statua di Alessandro Farnese, vestito all'antica ; agli angoli del piedestallo vi sono dei prigionieri (1).

Diam. 33. ^ ALEXANDER FARNES PAR PLA DVX. 1589. Busto di Alessandro Farnese a destra, testa nuda, bar- buto, con corazza e toson d'oro.

5' SIVE PACEY SiVE BELLA GERAS.

Un ramo di palma ed uno d'olivo legati assieme con un nastro (-).

jy ALEXANDER FARNES PAR PLA DVX.

Busto di Alessandro Farnese a destra, tosta niida, bar- buto, con corazza.

9I - PHILIPPVS D G HISPAN REX.

Busto di Filippo II a sinistra , barbuto , con co- razza (3).

Sebbene questo tre medaglie non porcino la firma di Giuliano, tuttavia il giudizio del sig. Pincliart è

(1) Armant), op. cit., TT, 205, 15.

(2) Affò. La zrrra e mo-itela pafmii/iana. tav. 5", XLIV. l'Pv Affò. 0|i, rit.. tav. ',". XI,V.

350 U. ROSSI - FKANC. MARCHI E LK MEDAGLIE DI MARGH. d'aUSTRIA

accettabile, perchè lo stile di esse è identico a quello delle altro che sono lavoro certo del fiorentino W , il quale nella sua lunga dimora ai Paesi Bassi deve avere prodotto assai, ed è a sperarsi che più accurate indagini negli archivi belgi ed olandesi mettano in luce altri documenti su questo medaglista non ultimo fra quanti in quella regione fecero sentire l'influenza dell'arte italiana.

Umberto Rossi.

(1) Lo stilo di Giuliano si avvicina assai a quello di Domenico Poggini e lia tutti i difetti della scuola toscana, la quale del resto non ha mai dato grandi medaglisti, specialmente nel secolo XVI. Le stesse medaglie di Benvenuto non escono dalla mediocrità, ed è notorio d'altra parte clie l'arte della medaglia è tutta cosa dell'alta Italia.

ALCUNE NOTIZIE

INTAGLIATORI DELLA ZECCA DI VENEZIA

{Da.\V Archivio Veneto, Nuova serio, Anno XVIII, Tomo XXXV)

L'anno scorso ebbi occasione di fornire al chiaris- simo AloTss Heiss, ben noto pei suoi lavori sullo mo- nete spagnuole, alcune notizie relative agli incisori della Zecca di Venezia , che egli mi aveva chiesto per la grandiosa sua opera : Les MrdaìUeurs de la Renaissance , e che vennero da lui inserite in quel volume che riguarda Venezia e le medaglie ve- neziane. Siccome tali notizie possono interessare l'Italia e tutti coloro che si occupano della nostra numismatica, e siccome il prezzo di quell'opera vo- luminosa non è alla portata di tutte le borse, stimo non inutile riprodurre lo informazioni stesse, che, por la maggior parte , sono tratte dal Capitolare delle Brocche^ detto cosi dalle borchie dorate che ne orna- vano la legatura, prezioso Codice appartenente al nostro Arcliivio Generale di Stato (ai Frari), dove sono raccolte le deliberazioni riguardanti la zecca.

Il primo coniatore della Zecca Veneta, di cui si faccia menzione nei documenti antichi, è certo Gio- vanni Aijuco od Albizo, intagliatore delle stampe della

352 NICOLÒ I>AI>M)OPl)L!

moneta, riguardo al quale troviamo una delibera- zione del Maggior Consiglio nel 7 maggio 1308 (i), die gli accorda un'anticipazione di due anni di sti- pendio. Forse a questo artefice si deve il primo conio del Ducato, disegnato con molta eleganza e finezza ed inspirato al gusto italiano del primo rinascimento dell'arte, talché, il nome dell'incisore come il ge- nere del suo lavoro, mi farebbero nascere il sospetto che fosse di origine fiorentino.

Altra breve notizia troviamo, il 21 die. 1391 (2), in un decreto del Maggior Consiglio , che aumenta lo stipendio ad Axtoxio Dalle Forbici, il quale da sedici anni lavorava a fare i ferri per fabbricar la moneta.

Dopo questi incisori, che non lasciarono traccia di se, abbiamo la celebre famiglia dei Sesto, valentis- simi orefici, che per quasi un secolo occuparono i diversi posti di incisori della zecca di Venezia, in un'epoca in cui attivissimo era il lavoro di questa ofiìcina. In un decreto del 1411 (3), in cui si dimi- nuiscono tutti gli stipendi in causa della guerra che si combatteva contro Sigismondo imperatore, Ber- nardo Sesto viene indicato quale intagliatore dei coni dell'oro, e, per conseguenza, nel primo posto della zecca, dove probabilmente lavorava da lungo tempo, giacche i suoi figli Lorenzo e Marco erano incisori ai conii dell'argento sino dall'ultimo marzo 1394 W, posto nel quale si trovano ancora nello stesso do- cumento suaccennato del 1411. Forse egli successe in quell'ofiftcio ad Antonio Dalle Forbici, col quale

(1) Magnus et Capricornus, carte G9. Deliberazioni del Maggior Consiglio (Secreta).

(2) Capitolare delle Brocolie, carte 8.

(3) Senato, Misti, registro 49, carte 81.

(4) Capitolare dello Brocche, carte 9.

A[,fT'Nr, NOTIZIE SIIGLI INTAGLIATORI DELLA ZECCA HI VENEZIA 353

potrebbe aver lavorato precedentemente in un inca- rico secondario.

Il Palfer ricorda che nella chiesa di Santo Ste- fano esisteva una tomba colla seguente iscrizione : MCCCCIV sepoltura de S. Jacomo Sesto intagliador alla moneda de Vemesia (i).

Nel 1447, 29 novembre (2), essendo morto il maestro Gerolamo Sesto, uno degli intagliatori delle stampe della moneta d'argento, si stabilisce che la elezione degli incisori sia fatta dagli officiali della Zecca del- l'argento, uniti a quelli della Zecca dell'oro, tanto por l'incisore delle monete d'oro che di quello d'argento, e nel 20 luglio 1454 si determina non doversi faro alcuna trattenuta sul salario di Luca Sesto ed Anto- nello Della Moneta, intagliatori dello stampe (3).

Luca Sesto, vecchio ed infermo, domanda che gii sia dato in ajuto il figlio Bernardo; ciò che gli viene accordato dal Consiglio dei Dieci nel 27 ott. 1483 (^).

A di 27 febbraio 1483 il Consiglio dei Dieci, vista la virtù e solerzia del maestro Alessandro Leopardi, lo nomina terzo maestro di Zocca assieme a maestro Luca Sesto e a maestro Antonello Orefice (•'').

Nello stesso anno, 28 settembre (*'), troviamo un decreto del Consiglio dei Dieci, nel quale, ricono- sciuta virtus el solcrtia Victoris fdii q. fidelisswii ciois nostri mayistri Antonii raariaorarii cognomento de

(1) Memorabilia Venetiarnra monumenta, antiqnia recentioribusqno lapidibus insoulpta, per centum et sexaginta perlustratus terapia, lolian- nes Georgius l'alferus excerpsit urbis decori, fidelium pietati, studiosorum deliciis inservitura. A carte lOi» tergo. (Ms. della Bibl. di S. Marco).

(2) Capitolare dello Brocche, carte 31 tergo.

(3) Id., carte 34.

(4) Id., carte 64.

(.5) Consiglio dei Dieci, Misti, registro 21, carte ITO tergo, (fi) Id., Misti, registro 22, carte 07.

354 NlfOLO PAPADOPOI.I

San Zacharia, lo nomina maestro delle stampe delle monete nella Zecca, e nel 21 marzo 1487 lo stesso Consiglio, riconoscendolo sommo maestro in questa arte, gii aumenta considerevolmente lo stipendio (i), portandolo da 50 ad 80 ducati annui. Sebbene in questi documenti pubblici non si trovi alcuna indi- cazione di cognome, sappiamo eh' egli si chiaraava Gambello e che segnava le sue medaglie Camelus, Ca- melius e Camelia con forma latina, secondo il vezzo del tempo. Per lungo tempo fu ritenuto il primo ad abbandonare il vecchio sistema della fusione con ritocco a bulino, per sostituirvi il conio anche nelle medaglie, ma Friedlander dimostra erronea tale opi- nione, additando medaglie coniate più antiche. Ca- melio ottenne ben meritata celebrità in tali lavori (2), e di lui abbiamo medaglie ricercatissime tanto fuse che coniate. Senza alcun dubbio era veneziano , per essere ciò accennato nel decreto surriferito del Consiglio dei Dieci ed essendo prescritto , da un decreto del 28 agosto 1447 (3), che a delicato incarico non fossero eletti se non cittadini vene- ziani. Nel giorno della sua nomina si stabiliscono le mansioni dei differenti incisori di Zecca, che credo interessi riferire, per determinare la importanza di ognuno. Luca Sesto, uno dei più antichi maestri delle stampo della Zecca nostra, è destinato, assieme ad Alessandro Leopardi, a fare l'immagine del Reden- tore sul conio del ducato ; Silvestro, fratello , ed i fì.gli di maestro Antonello sono incaricati di incidere

(1) Capitolare delle Brocche, carte 62.

(2) Lazzari. Notìzia delle opere d'arte ed antichità della Raccolta Correr. Venezia, 1859, pag. 181.

(3) Capitolare delle Brocche, carte 31 tergo. Senato, Ten-a, regi- stro 11, carte 43.

ALCUNE NOTIZIE SUGLI INTAGLIATORI DELLA ZECCA DI VENEZIA 355

quelle di S. Marco e del Doge. Nell'argento le im- magini di S. Mai-co e del Doge devono essere incise da Vettore, figlio del maestro Antonio da S. Zac- caria e l'altro lato dai figli di Antonello.

Nel 1490, 9 dicembre (i), il Consiglio dei Dieci si occupa di una nuova lega per l'argento, trovata da Silvestro Grifo, maestro delle stampe, ed in premio di tale invenzione gli accorda un aumento di stipendio. Egli è indicato in altri più antichi documenti come figlio di Antonello, e quindi il nome di Grifo o Grillo è quello della famiglia di Antonello, che si chiamava « Della Moneta " dalla professione che esercitava.

Lo stesso Consiglio, 10 anni dopo, 27 marzo 1500(2) elogiando el sinyular modo et inzegno, trocado con molta stia industria et acuità, per el fedel nostro Ziiane da i Relogij, in far et stampar soldi et mezi soldi cum tanta equalità, justeza et roftondifà quanta alcuno ha veduto et come ha testi ficado el gastaldo della Cecha nostra, stabilisce che sieno coniati con tale sistema, non solo i soldi e mezzi soldi, ma anche le lire, i Mar- celli ed i Ducati. Le monete di quest'epoca hanno infatti una perfezione di fattura, di peso e sopratutto una rotondità esatta, impossibile ad ottenersi coi si- stemi che si usavano fino allora.

Morto Silvestro Griffo, si aumenta il salario nel 31 marzo 1503 C^) a maestro Piero Benintendi vene- ziano, che da molti anni lavorava in suo aiuto alle stampe delle monete, e nel 28 marzo 1505 (^) esso viene nominato maestro ordinario delle stampe.

(1) Capitolare delle Brocche, cirto ('.5.

(2) Id., carte 74 tergo.

(3) Id., carte 70 tergo.

(4) Id., carte 7'J tergo.

356 Ninul.O l'AI'ADOI'OLI

Diminuiti gli introiti della Zecca per la scarsezza dei metalli e delle coniazioni, il Consiglio dei Dieci delibera, nel 14 marzo loOG W che siano diminuite le paghe pegli officiali della Zecca a cui deve incom- bere minor lavoro, ed ordina che ai maestri princi- pali delle stampe, Vettor De Antonio ed Alessandro Leopardi, esso sia ridotto da 100 ad 80 ducati annui ; a maestro Piei-o Benintendi terzo maestro delle stampe, da 80 a GO ducati. Pochi anni dopo, 29 ot- tobre 1510 (2), nuova riduzione dei salarli, da 80 a 40 ducati annui ad Alessandro Leopardi , che fa le stampe delle monete di rame, e da 80 a 60 a Vettore, che questa volta e chiamato col suo cognome Gambello.

Il 20 giugno 1515 i fratelli Ruggiero e Boiamonte di Gamhelli, del fu Antonio, da San Zaccaria , a nome del loro fratello Vettore, già maestro delle stampe in Zecca, chieggono al Consiglio dei Dieci nn provvedimento per lui, al quale il salario da du- cati 100 fu diminuito ad 80, poi a 60, e non gli fu pagato, sicché rimase creditore di 140 ducati ; e venduto ogni suo mobile per la necessità del vivere, li e sta forza andarsene in altre terre per circhar et trovar il modo de poter alimentar la sua povera fameia ; ma desiderando che potesse ripatriare e viver con loro , ecc. il Consiglio dei Dieci propose allora gli si assegnassero 70 ducati all'anno, ma la parte non fu presa (3), Addì 30 dicembre 1517 W, ricordandosi

(1) Senato, Misti, registro 31, carte 5 tergo. Capitolare delle Brocche, carte 80 tergo.

(2) Id., Misti, registro 33, carte 85 tergo. Capitolare delle Brocche, carte 83 tergo.

(3) Consiglio dei Dieci, Misti, busta 35.

(4) Id., Misti, reg. 41, carte 151 tergo.

ALCUNE NOTIZIE SUGU INPAGUATORI DELLA ZECCA D! VENEZIA 357

le riduzioni nel salario del Ganibello, che era an- dato a Roma, nominato incisore della zecca papale, assieme a Pier Maria da Pescia nel 24 giugno 1515 (1), fa dal Consiglio dei Dieci ricondotto in maestro delle stampe della Zecca, col salario di 80 ducati netti, e gli fa concesso un acconto di ducati 60.

Nel 29 luglio 1535 (2) a maestro Piero Benintendi infermo, viene concesso per coadiutore Andrea Spi- nelli con tre ducati al mese di salario e la succes- sione nell'ufficio.

Nel 1540, 24 maggio (3), il Consiglio dei Dieci, in vista della prestante virtù del fedel nostro Andrea Spi- nello maestro di stampe, affida a lui il carico di maestro ai coni alla pila, mentre fino allora era stato maestro al torsello, il che suona avanzamento da secondo a primo incisore della zecca, stando nella pila la parte anteriore e nobile della moneta (*). L'incisione del torsello sarà affidata a chi dovrà so- stituire il defunto Battista Baffo.

Nel 1443, 28 maggio (5), troviamo nel Capitolare delle Brocche una determinazione, nella quale, per evi- tare gli scandali e le questioni, si stabiliscono le at- tribuzioni degli intagliatori e dei loro coadiutori, e cioè: maestro delle stampo alla pila Andrea Spinelli, coadiuvato dal cugino Giacomo Spinelli; e maestro delle stampe al torsello Tiberio Di Luchini, coll'ajuto di Vincenzio Di Luchini.

(1) MiJNTZ. Vatelier monétaìre de Rome, Paris 1882, pag. 27.

(2) Consiglio (lei Dieci, Notatorio dei Capi, n. 11, carte 33.

(3) Capitolare delle Brocche, carte 123.

(4) Lazzari. Opera citata, pag. 199.

(5) Capitolare dello Brocche, carte 145.

358 KKOLÒ PAPADOIOU

Nel 1572, 24 marzo W, ad Andrea Spinelli poc'anzi defunto fu nominato successore il figlio Marc'Antonio.

Dopo quest'epoca comincia la decadenza, e non importa seguire i nomi degli incisori che fecero i coni dello medaglie e dello monete veneziane. Ul- timo lampo di questa nobile arte furono i lavori di Antonio Fabris udinese, chiamato a Venezia dal Go- verno del 1848 por fare i coni delle monete, il quale modellò le due bellissimo medaglie che ricor- dano quell'epoca gloriosa.

Nicolò Papadopoli.

(1) Lazzari. Opera citata, pag. 109.

ALCUNE NOTIZIE SUfJU INTAGLIATORI DELLA ZErTA DI VENEZIA 359

La placchetta, qui riprodotta col mezzo ilella zincografia, si conserva nel Museo Correr , rappresenta Davide e Golia ed è attribuita ad un artista di cui si ignora la vita, che firmava i suoi lavori col nome di Moderno. Il Molinier nel suo dotto lavoro Les l'iarjue/le.s; edito a Parigi nel 1886, crede che Moderno sia un pseudonimo simile a quello di Antico, che designava l'incisore mantovano Pier Giacomo Alari. A difterenza del Muntz e di altri che credono il Moderno abbia lavorato nel XVI secolo, Molinier invece reputa che egli appartenga alla fino del secolo XV e mostra due placchette del Moderno, riprodotte sulla ])orta della Kana (1507j della cattedrale di Como. Lo stesso autore credo che per lo stile, che risente della scuola di Padova e di Venezia, e per i siti ove si trovano più facilmente i suoi lavori, egli appartenga all'alta Italia, sebbene per altri documenti conosca clie egli abbia lavorato nella zecca romana e precisamente nello bolli- plumbee dei pontefici.

Molinier sospetta die sotto il nome di Moderno si nasconda il nostro Vettor Gambello o Camello, che è il solo artefice il quale corrisponda a tutti i voluti requisiti sia per il tempo, sia per lo stile, sia per essere veneziano ed avere lavorato nella zecca papale. Cita a sostegno della sua tesi che una placchetta oltre il nome del Moderno porta un punzone di orefice colle lettere CA, ed una dello stesso autore col solo punzone CA. Un'altra placchetta ha l'iscrizione OPVS MODERNI C. C, che egli interpreta Co^nomine Camelii. Senza pronunziarmi su questa ardita opinione, credo utile riportarla, affinchè sia diffusa e discussa e si porti nuova luce su questo interessante argomento.

DI UNA MONETA INEDITA MANTOVANA (^

Fa parte della modesta mia collezione una moneta che appartiene a Francesco Gonzaga, duca II di Man- tova. — Questo principe, figlio primogenito del duca Federico, nacque nel 10 mai'zo del 1533 e, ancora fanciullo, succedette al padre nel 5 luglio 1540, sotto la reggenza della genitrice Margherita Paleoioga e dello zio Cardinale Ercole Gonzaga. Fu unito in matrimonio (22 ottobre 1549) con Caterina d'Austria, da cui non ebbe prole, e mori il 22 febbrajo 1550, a soli 17 anni, in seguito ad una accidentale caduta nelle acque del nostro lago, ove erasi recato per una partita di caccia.

La moneta è di buon argento, misura 2 centimetri di diametro, e pesa grammi 1,50.

(1) Il presente articolo era destinato a comparire nell'ai rollino Storico I ombardo, ma trattandosi di argomento numismatico, la on. Redazione di quel Periodico, col consenso deirAutore, lo cedette gentilmente alla nostra Rivisfa, del che le porgiamo i migliori ringraziamenti.

La DlREZIONK.

362 F. TAMASSU - DI UNA MONETA INEDITA MANTOVANA

Nel diritto presenta la effigie in profilo del giova- netto duca. Attorno ha la scritta :

FRÀN DVX MAN 11 ET MAR M F.

fFranciscus dux Mantuae secundus, et Marchio Montis Ferrati.)

Nel rovescio figura Ercole fanciullo, librato in aria e visto di fronte, il quale col braccio sinistro levato in alto, e col destro volto in basso, stringe in ciascuna mano alla strozza un serpente, col motto intorno:

ENECTIS VITIIS.

L'emblema è già spiegato dal motto ; e significa, seppure occorra dirlo, che il principe, durante la sua signoria, avrebbe represso i vizii, simboleggiati nei due serpenti, lasciando intendere che, all'opposto, avrebbe premiato le azioni virtuose.

Questa moneta, oltre all'essere inedita, anzi affatto sconosciuta, per quanto almeno è a, mia cognizione, ci anche un motto ed una impresa nuova e bella da aggiungere alle molte altre dei Gonzaga. Codesti titoli mi fanno persuaso che ai numerosi estimatori della Zecca mantovana riuscirà gradita la notizia da me data della moneta inedita che ebbi, non ha molto, \i\ fortunata combinazione di acquistare.

Mantova, aprile 1888.

Francesco Tamassia.

DI UNO SCUDO

progettato per San Marino

La storia della Repubblica di San Marino, ch'è pure oggidì lo stato più antico d' Europa , ci presenta qiiesta singolare lacuna, che da' suoi primordi sino a questi ultimi anni essa rimane mv;ta affatto pel nu- mismatico. I Sammarinesi, tanto gelosi custodi della loro indipendenza e dei loro diritti, non fecero mai uso, prima d'ora, del supremo diritto d'uno stato, quello di batter moneta, e si servirono sempre di quella che aveva corso negli stati circonvicini.

Questa singolarità non trova, per quanto ne sap- piamo, che un solo riscontro in tutta la numismatica modioovale e moderna, ed è quello della remota Islanda, che anche ai tempi più floridi della sua in- dipendenza non ebbe mai moneta propria.

La Repubblica di S. Marino, tuttavia, come si e

3G1 Sor.ONK AMHROSOI.I

accennato, coniò moneta in questi ultimi anni, od i suoi soldi del 1864 e del 1869 corrono, frammisti ai nostri, per le mani di tutti. Meno comune è il pezzo da 10 centesimi, del 1875, quantunque facile anch'esso a rinvenirsi.

Com'è naturale, la bibliografia numismatica sam- marinese è assai povera cosa, quantunque le tre mo- nete suddette sieno state tutte pubblicate, e qualcuna anche ripetutamente W.

Siamo quindi tanto più lieti di poter offrire ai let- tori della Rivista il disegno di uno scudo da cinque lire progettato alcuni anni or sono per San Marino, moneta di cui vennero eseguiti i coni dal valente in- cisore Cav. Thermignon , ma che per varie circo- stanze rimase allo stato di progetto.

Ne facciamo seguire la descrizione:

Diam. mm. 37.

^' SANCTVS MARINVS R. P. CONSTITVTA.

Busto barbato, a destra, con corona chiusa, cappuccio e cocolla ornata. Intorno, giro di perline, entro altro giro di punte rivolte verso il centro ed accop- piate a forma di W.

?/ IN MONTE TITANO NON OCCIDET.

Figura femminile, seduta a destra, diademata, con ca- pelli svolazzanti e manto a larghi panneggiamenti, colla destra appoggiata ad uno scudo ovale che reca

fi) Soldo del 1864: Magciora-Vergano , in Rivista della Numismatica ani. e moderna, T. II, t.iv. I , n. 8 , e Chalon , in lìecue lìum. belge. Serie IV , T. VI ; soldo del 1869 e pezzo da 10 centesimi del 1875 : Amhrosoli, Zecche Italiane, Tav. III e IV, nn. 11-12.

DI UNO SCUDO l'IiOGETTATO HEK S. MAUINO 365

uu fascio consolare sormontato da corona chiusa; tiene colla sinistra una banderuola ondeggiante , su cui sta scritto a lettere incavate: LIBERTA.S. A sinistra, dietro lo scudo, un ulivo. A destra, nello sfondo, il Monte Titano colle tre torri sormontate dai pennacchi, ed in basso, presso al piede della figura, la data 1867.

Neil' esergo, L. 5., e sotto, in lettere minute, p

THERMiGNON. Intorno, giro di perline , e giro di punte accoppiate, come nel diritto.

Disegno e descrizione sono tratti dalla rarissima prova in rame che si conserva nel Civico ]\ruseo di Como, e che fu posta a nostra disposizione per tale scopo dalla cortesia di quel ]\runicipio e di quella Com- missione Ordinatrice.

Un' altra prova è custodita nel Medagliere di S. M. a Torino, e due esemplari in ai'gento ne ab- biamo visti nell'Archivio della Repubblica a S. Marino, dove pure sono depositati i coni relativi. Un altro esemplare in argento formava parte della collezione del compianto Comm. Nicomede Bianchi , che ora crediamo sia passata al Museo Civico di Reggio Phnilia.

>Soi,oxK Amiìrosoi.i.

OMOjMMOél

NECROLOGIA

ALFREDO ARMANO.

Scienziato ed artista di fama illustre, raccoglitore dotto ed appassionato , il sig. Alfredo Armaiid è morto il 27 giugno scorso dopo una hmga e dolo- rosa malattia sopportata con rassegnazione più che singolare. L' arte italiana ha perduto in lui uno dei suoi migliori amici, la nu- mismatica un cultore di grande valentia e che la- scia nella scienza un' im- pronta la quale diffìcil- mente potrà venire meno- mata. Per tutto questo, io che ebbi l'onoro d'essergli amico, credo di adempirò ad un sacro dovere , tessendone una breve commemora- zione per gli studiosi italiani.

Il sig. Armand era nato l'S ottobre 1805 , e aveva co- minciato la sua carriera come architetto sotto la direzione

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3G8 CRONACA

di Achille Ledere e di Provost. Per circa vent' anni egli lavorò nelle linee ferroviarie francesi dell'Ovest e del Nord, e sono opera sua le più belle fra le stazioni delle due reti; in seguito si dedicò totalmente all' arcliitettura civile e seppe tanto bene riunire le manifestazioni artistiche alle esigenze della vita moderna che dopo un assiduo lavoro di dieci anni egli potè ritirarsi a vita tranquilla per go- dere in pace il frutto della sua operosità.

Allora cominciò per lui una nuova esistenza: vegeto an- cora e di corpo e di spirito egli non poteva rassegnarsi ad una inazione che era contraria alla sua natura. Inco- minciò a viaggiare e in parecchi anni visitò quasi inte- ramente 1' Europa , esplorando con passione d' artista e d'archeologo i luoghi men noti del pari che i grandi centri, studiando i musei, i monumenti e raccogliendo dappertutto fotografìe e disegni, che classificati in seguito e annotati da lui formano tuttora una collezione importantissima e d'una singolare utilità.

Fra i numerosi oggetti d'arte di cui egli s'era circondato, il posto principale l'ebbero le medaglie e specialmente quelle lavorate in Italia nel periodo del rinascimento : la sua raccolta era forse per varietà di pezzi la principale di Francia e agli occhi dello studioso presentava il pregio particolare di avere rappresentate tutte le medaglie cono- sciute, sia in originale, sia in buone riproduzioni fatte in galvanoplastica e anche solo in gesso. Ma il sig. Armand aveva troppo ingegno e troppo buon volere per soffermarsi al dilettantismo del collezionista : egli nelle sue raccolLe intravedeva qualche cosa di piii nobile che non il sem- plice possesso e comprendeva che esse non potevano essere utili, che quando fossero diventate materia ed oggetto di studii nuovi e profittevoli alla scienza. Per questo, dopo lunghe e minute ricerche, pubblicò nel 1879 il libro sui medaglisti italiani del XV e XVI secolo, che egli intitolò modestamente Saggio di classificazione, ma che in realtà è un lavoro di grande importanza, in cui la novità delle idee si accoppia ad una profonda conoscenza del mate- riale artistico e ad una precisione erudita di dettagli ,

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quale suolsi difficilmente rinvenire nelle opere d'indole generale.

Non è mio compito fare l'elogio di questo libro , clie oggi è per le mani di tutti i raccoglitori italiani e clie è diventato un manuale classico. Alla seconda edizione, au- mentata dei medaglisti anonimi, il signor Ai'ììunul fece seguire l'anno scorso un terzo volume di giunte e corre- zioni , che non ebbe tempo di rifondere coi due primi, lavoro che sarà forse compiuto in avvenire da' suoi di- scepoli.

Chi ebbe la fortuna di essere" in relazione col signor Ai'- mand può attestare quanto egli valesse anche nel rapporto della vita sociale. Cortese e buono con tutti, era special- mente benevolo per coloro che lo intrattenevano di cose relative a' suoi studii, e in tutte le sue azioni, in tutte le sue parole e le sue lettere appariva quello che era real- mente, nn uomo di grande cuore.

Vedovo e senza figli , egli lasciò erede universale il signor Prospero Valton, gentiluomo e studioso di grande valore, che gli fu amico più che intimo e che gli fu di molto aiuto nella compilazione del lavoro sui medaglisti lasciò anche due legati alla Biblioteca Nazionale di Parig per i dipartimenti dello stampo e delle medaglie, e altr legati di beneficenza assegnò alla Società degli Architetti e alla Scuola di Belle Arti.

Noi Italiani dobbiamo essergli riconoscenti per l'amore con cui studiò le cose nostre e per il contributo ch'egli portò alla storia della nostra arte; ma chi di noi lo co- nobbe e sperimentò la sua affabilità e il suo buon cuore non può a meno di consacrare alla sua memoria un rim- pianto e un culto che non può essere che vivo e sincero.

l\ Kossi.

BIBLIOGRAFIA

LIBEI NUOVI.

Cercxlic Michel. Lcs monnaies de Oharlemagne, Gand, 1887 ; in ottavo.

Il eh. Cerexlie fece opera utile e desiderata, col raccogliere in questa monografia lo monete di Oarlomagno iinora co- nosciute. Il periodo da lui preso ad illustrare è il più im- portante della storia numismatica medioevale, poiché in esso quel celebre monarca decretò la riforma della mone- tazione fino allora vigente. Oarlomagno inteso a migliorare l'intrinseco valore del denaro, ne aumentò il peso, di modo che la libbra d argento che prima di lui dividevasi in 22 soldi, d'allora in poi venne divisa in soli 20 soldi. Quan- tunque il eh. Autore dichiari che il suo libro non ha pretese scientificlie, puro ò certo che la scienza gli va de- bitrice di parecchie correzioni e rettificazioni nei giudizj dei dotti, che lo precedettero in questo medesimo arringo ; tutto suo poi è il merito di aver presentato in breve spazio e sotto una forma assai comoda quanto di interessante e di utile trovasi su tale argomento disseminato in molti volumi, 0 di avere con ciò reso più facile al maggior numero lo studio e l'immediato confronto delle molteplici produ- zioni delle tante zecche, di cui fu ricco in quel tempo il vasto impero de' Franchi. Egli insomma ci la lista, finora la più completa, de' monumenti monetari di quel grande Monarca, corredata delle più necessarie notizie storiche e di commenti, per clii si dedica allo studio di quell'impor- tante periodo numismatico.

BIBLIOGRAFIA 371

Il eh. Autore divide il suo ampio Catalogo di monete in tre grandi Serie clie corrispondono quasi a2:)punto alle tre grandi fasi della monetazione di Carlomagno. Seguendo l'ordine geografico delle zecche, l'Autore non si diede pen- siero della rispettiva precedenza, e all'ordine cronologico, forse per la maggiore comodità, preferi l'alfabetico.

Alla jrrima serie assegnò le monete col carolvs scritto nel campo ; alla seconda quelle col tempio e col mono- gramma ; ed alla terza quelle col busto e col titolo d'im- peratore. Distingue poi le monete della prima serie in quelle insignite d'un nomo di città da quelle portanti il nome d'uno dei grandi officiali, che la tradizione ha poi qualificati colla denominazione di ptari. In questa prima serie, discorrendo delle monete battiite nella nostra penisola, che più delle altre interessano noi italiani, descrive il denaro di Firenze (n. 42) (1), già fattoci conoscere dal eh. Fr. Pel- legrino Tonini ; due denari di Lucca (51 e 52) (2) illustrati dal Massagli ; i due di Parma (79 e 80) , illustrati dal Lopez e sconosciuti al Gariel , quello attribuito a Siena, o forse con più ragione a Sinigaglia (108) (3), proveniente dal ritrovamento di Sarzana, e dal Gariel assegnato a Senn- heim; ed un altro di Treviso (118) (-1). Indi proseguendo richiama la speciale nostra attenzione sopra alcuni denari venuti in luce pure nel detto ripostiglio di Sarzana, con- traddistinti colle sigle R. F. (rex fkancokvm). (128) (5), che non esita di attribuire a Milano, interpretando per mediol il monogramma che trovasi collegato a sinistra dell'R, in cui il Longpurier aveva creduto di leggere le primo sil- labe dell'appellativo imperatoiì, le quali monete però, di tipo veramente italiano, aspettano ancora chi assegni la zecca, che veramente loro si compete. A queste aggiunge

(1) Vedi: Gariel. n. 171.

(2) idem, n. 172, 173, 174.

(3) idem, n. 133.

(4) idem, n. 182.

(5) idem, n. IGI, 1G2.

372 CRONACA

altra moneta di Parma, (31) (1), scoperta anche questa nel ripostiglio di Sarzana, la cui attribuzione non ammette dubbio, portando essa tutto intero il nome parma, il che non può dirsi senza esitanza delle altre uscite dal medesimo ripostiglio, che il eh. Autore dedica a Mantova, Treviso e Venezia, poiché nella prima di esse le sigle C. E. che tro- vansi collocate a sinistra ed a destra dell' R, (n. 132) (2), non tutti le vorranno interpretate per cexomaxi, come crede il sig. Cerexho, per quindi attribuire, com'egli fa, questo denaro a Mantova; e le altre due, presentando nel campo a destra dell' F le sigle T, (133) (3j, e V, (134) (4), potreb- bonsi con pari ragioni attribuire, la prima a Treviso, od a Torino, e la seconda a Verona, a Vercelli, od a Venezia. Nella seconda serie, cioè tra le monete col monogramma, delle italiane l'Autore ne descrive una di Lucca, (176) (5) ; una di Milano, (186) (6); una di Pavia, (191) (7); e due di Treviso, (208 e 209). Dei tipi speciali d'Italia, ad imita- zione de' Longobardi, cita duo tremissi di Lucca, (230 e 231) (8); un soldo, un mezzo soldo d'oro, e tre denari d'ar- gento per Benevento, con accoppiato a quello di Carlomagno il nome del duca G-rimoaldo, (dal n. 232 al 236) (9); e la moneta nel cui monogramma, ove Domenico Promis credette leggere il nome di Eavenna , l'Autore invece vi legge quello di Eoma; questa moneta reca nel suo diritto il titolo assunto o conferito al grande Monarca di rex fr. et

LANG. AC PAT. ROM.

Finalmente nella terza serie, cioè tra le monete col busto e col titolo d'imperatore, il eh. Autore ne assegna a Firenze

(1) Vedi: Gariel, n. 1G6.

(2) idem, n. 165.

(3) idem, n. 167.

(4) idem, n. 168.

(5) idem, n. 174.

(6) idem, n. 178.

(7) idem, n. 179.

(8) idem, n. 172, 173.

(9) idem, n. 153, 159.

KIRI.IOciRAKlA B73

una col tempietto ed insignita nel diritto col busto del- l'Imperatore, di profilo, con sotto la spalla l'iniziale F, (250) (l); una ne attribuisce a Milano, simile alla precedente e con sotto alla spalla l'iniziale M, (252); ed una a Venezia colla sigla V, (255), dal Gariel attribuite a Cai'lo il Calvo. In totale annovera non più di trenta monete battute in Italia sotto il regime e l'impero di Carlomagno. Se però il eh. Autore non avesse trascurato, come fece, di ricorrerò ai nostri Musei, e di consultare oltre qiiella del Massagli le opere ultimamente pubblicate dai nostri più celebrati numismatici, quali Corderò di San Quintino, Barsoccliini, Promis, e le più recenti del Biondelli, del Brambilla e de' fratelli Francesco ed Ercole Gnecchi, avrebbe potuto arriccbire di niiove prove e d' interessanti notizie il suo catalogo, e agevolmente raddoppiare il numero de' monu- menti monetari, se non con tipi del tutto nuovi, certo con molte importanti varietà , che cosi gli sono rimaste sco- nosciute.

Il sig. Cerexhe chiude il suo libro con un sommario della storia del celebre Sovrano, in cui con sentito amore di patria rivendica alla sua Herstal il sommo onore di aver dato i natali a quel gran re ed imperatore. Quasi appendice al suo bel lavoro, e con evidente opportunità per gli studiosi di questo interessante periodo numismatico, aggiunge una tavola alfabetica dei nomi geografici clie fi- gurano sulle monete di Carlomagno, seguita da un'altra tavola di concordanza fra le descrizioni delle monete citato dall'Autore e quelle offerto da Fougères et Conbrouse, Bar- thélemy, Vétault o Grariel.

C. L.

(1) Vedi : Gariel, n. 48.

374

■'■•oinis Vincenzo. Moneta inedita di Fietro di Savoia, e iwclii cenni sulla zecca primitiva dei Principi sabaudi. Toriuo , Loe- schei-, 1888.

Domenico Promis, nella magistrale sua opera intorno alle Monete dei Reali di Savoia, aveva registrato Acquabella come la prima in ordino di tempo fra le zecche aperte da quei principi, « trovandosi « durante il vescovado di S. Ugo di Grenoble, che cominciò nel 1080, « menzione (come di moneta avente corso legale) di danari battuti « in Aiguebelle nella Moriana, Stato il più antic;) che abbia posseduto « questa famiglia, e diversi certamente da quelli battuti in Vienna, « essendo in carta di quegli anni gli uni dagli altri distinti. »

Un altro documento anteriore, dell'anno lOGó , parlava giìi di monete battute in Acquabella, vivente il conte Oddone, verso il 1060.

Anche il S. Quintino ed il Perrin ritennero per certo che i prin- cipi di Savoia dovevano aver avuto zecca propria in Acquabella ; ma però attribuirono al vescovo di Moriana la sola moneta acqua- bellese conosciuta sinora, la quale è di tipo vescovile, e corrisponde anche per tutti gli altri elementi alla moneta di S. Giovanni di Mo- riana, pubblicata poi dal Kabut.

Ora , il Comm. Vincenzo Promis , prendendo le mosse da un recente suo acquisto per la Collezione di S. M , dimostra che la mo- neta acquabellese suddetta va assegnata veramente al conte Oddone, per quanto nel tipo sia somigliantissima ai denari contemporanei di Vienna e di Moriana.

Il nuovo acquisto di cui parliamo è una preziosa monetina che il Comm. Promis attribuisce a Pietro I, iìglio e successore del conte Oddone ; essa ò rassomigliantissima alle monete di Vienna e di Mo- riana, porta il nome del marchese, e l'indicazione della zecca di Susa.

Si sapeva già che quest'ultima officina era attiva sotto il conte Umberto II (1080-1103): la scoperta della monetina di Pietro I, il quale morì nel 1078, dimostra che la zecca secusina lavorava anche anteriormente.

La moneta di Pietro , della quale ci si da per la prima volta la notizia ed il disegno, viene ad essere anche la più antica con indica- zione certa nella serie numismatica dei Keali di Savoia.

Il Comm. Promis dedica la sua Memoria a S. A. E. il Principe di Napoli.

HI H 1.10(1 RAFIA 375

UcMiuoni Cornelio. Le priiìie monete d'argento della zecca di Genova ed il loro valore (1139-1493). Genova, Tip. K. Istituto Sordo-muti, 1888.

Questo pregevole studio economico lia per punto di partenza la illustrazione che del ripostiglio di S. Martino Siccoraario, su quel di Pavia , ci diede 1' egregio numismatico Cav. Camillo Brambilla , nel cessato Ballettino di Numismatica e Sfragistica di Camerino.

Il nascondimento di quel tesoi'o risalirebbe, secondo l' opinione del nummografo pavese, agli anni fra il 122U e il 1230 ; varie erano le monete di Genova che si trovavano frammiste alle altre nel ripo- stiglio, ma il pezzo che destò di gran lunga maggior interesse nel eh. Sig. Desimoni fu un grosso di buon argento e di bellissima con- servazione, da attribuirsi appunto al periodo sovrindicato.

Tale grosso presenta questa particolarità, di avere un peso mag- giore di quello dei grossi anteriori (grammi 1,70, invece di gr. 1,40), mentre il poso dei danari o piccoli va per l'opposto diminuendo col tempo. D.;lla detta circostanza , il Cav. Brambilla arguisce che a quel tempo il grosso abbia cessato di valere 4 piccoli ossia un terzo di soldo, per salire a valerne G, ossia la metà di un soldo genovino contemporaneo. Il Dott. Desimoni approva pienamente l'induzione del Cav. Brambilla, e la sutfraga con diligenti ricerche, documentato con quella scienza storica ed economica eh' è propria dell' erudito scrit- tore genovese.

A complemento di tali considerazioni , V autore si estende ad esa- minare anche il valore dei grossi successivi fino al cadere del se- colo XV ; questo seguito della Memoria ò un commento allo Tavole de' valori delle monete genovesi, che il Desimoni pubblicò nel 1875 in appendice al Bici, guano. Vita privata de' Genovesi.

Da ultimo, il Dott. Desimoni discorro anche dei danari o minuti, la serie dei quali venne riassunta o ordinatamente presentata dal ilaggiore lluggero nella Gazzetta Numismatica di Como.

Compendio del Catàlogo de la Colecrion de monedas g medallas de D. Manuel Vidal Quadras g Jtamón de Barcelona. Ivi, J. Jopiis y Roviralta, 1888.

Non è veramente cho un compendio di catalogo, come lo dico il titolo, e quindi non possiamo formarci che un concetto sommario di

37G ORONACA

questa splendida Collezione, che abbraccia 15,000 pezzi circa, dei quali 2187 in oro. Ci associamo dunque al desiderio espresso teste dal sig Raimondo Serruro neW Annuaire di Parigi, che cioè il signor Vidal Quadras y Ramon voglia pul)blicaro le cose inedite del suo ricchissimo medagliere. Vi si troveranno certamente pezzi di grande interesse anche pei numismatici non spagnuoli. L'idea dominante della Collezione è infatti evidentemente quella di presentare il quadro più grandioso e completo della numismatica spagnuola, ma siccome vi sono comprese anche tutte quelle monete e medaglie che, sebbene coniate all'estero, pure si riferiscono in modo qualsiasi alla storia della Spagna, ne viene di conseguenza che più d'una serie numisma- tica straniera è magnificamente rappresentata nella raccolta Vidal Quadras y Ramon, per tacere della parte classica, della serie pa- pale, ecc., che sono d'interesse generale.

Cardell.\ dott. T)o.-\[. Museo etrusco Faina, al quale è unita una raccolta di monete consolari ed imperiali. Orvieto, tip. M. Marsili, 1888, in 1G.°, pagg. 79.

Levi Lazz.-ìro. Belle riforme necessarie alla moneta metallica. Bologna, N. Zanichelli, in 8." grande.

Amalfi Gaetano. Luhhii sul Galiani. Napoli, Bocca ed., 1888, pagg. 12G in 8.° (Cfr. il cap. II, Della moneta).

Catalogue de la Collection Lippi de Biccari: Mo.inaies roinaines consulaires, impéria^es et bi/zantines, en vente à l'amiahle, avec les prix fìxés à chaque numero. Rome, imp. de l'Académie royale des Lincei, 1888, in 8.°, pagg. Ili (Entreprise des Ventes en Italie, de Jules Sambon, Ann. XI, n.° 4).

Catalogo della Collezione del Conte Carlo Zampieri d?Imola [Monete romane, consolari e imperiali, monete itcdiane medioevali, medaglie, carta-moneta, ecc., in vendita all'amichevole, con i prezzi fissati a ciascun numeroj. Firenze, tip. Fioretti, 1888, pagg. 142 in 8." (Vendite Sambon, Anno XT, u.° 6).

Catalogo delle Collezioni C. M. e P. B. di Sassari (Monete ro- mane consolari ed imperiali, monete italiane medioevali e moderne, monete greche, monete estere, medaglie, sigilli diversij. Milano, tip. L. Pirola, 1888, pagg. VII-llS in 8.° (Vendite Sambon, Anno XI, n.» 7).

Catalogo di opuscoli e libri vendibili alla libreria Franchi e C, Firenze, 8, Via de' Pucci (Contiene, anche libri di Numismatica).

lìiBi.ior.RM'iA 377

Catnlo<iue de livres anciens et modernes en venie anx prix iiiarqués à la Librarie Leo S. Olscuki, Verona, Via Leoni, 6. Archeologie (anche Numismatica).

Leteli.ier. Description historique des monnaies franraises , gauloises, ro)/aìes et seigiieuraìies , donnant un aperrii des prix à chaque numero. T. 1. In 18 jt^sus, 278 p. Paris, imp. Noizette.

KoBERT (C). 3Ionnaies bretonnes et franmises du XIV et du XV' siede trouvces à Visseiche (Ille-et-Vilaine) : par l'abbé Ch. Kobert. In 8.°, 12 pages. Kennes, Impr. Catel. (Extrait des Mémoires de la Societé arcltéologiqite du département d' Ille-et-Vilaine).

Stanley Lane-Pooi.e. Catalogue of the Mohammadan Coins pre- served in the Bodleiun Library. Oxford, Clarendou Press, 1888. (Con 4 tavole).

PERIODICI.

Mevtie XnìnÌHmatlque. Deuxième trimestre 1888.

DuouiN (E.) Chro)iologic et numismalique des rois indo-sci I ti les. Continuazione e fino della interessante mo- nografia elio abbiamo già segnalata ai nostri lettori. Questa seconda parte si occupa a fondo dello questioni filologiche e mitologiche che scaturiscono dall'esame delle lee-o-endo e dei tipi nella serio numismatica indo-scita. La pregevole memoria del sig. Drouin si chiude con un riassunto crono- logico dei principali avvenimenti ricordati nel corso del suo studio, e con una diligente descrizione delle tavole che corredano l'articolo.

Reinach (T.) Essai sur la munismatiquc des 7'ois de Pont. N'olia Reme dell'anno scorso o del 1886, il sin-, Mo[. nach aveva trattato la numismatica della Cappadocia o della Bitinia; nel presente articolo egli incomincia a svolgerò quella del Ponto, limitandosi per ora alla sola dinastia di

r>78 CUDNACA

Mitridate. Nel suo lavoro, egli si giova specialmente delle numerose monete ponticlie raccolte dal sig. Waddington, alcune delle quali sono uniche e di straordinaria impor- tanza, come a cagion d'esempio il tetradramma della regina Laodico, madre di Mitridate il grande.

Anche la parte genealogica è studiata con molto acume in base agli autori ed alle iscrizioni.

ScHLUMBERGER (G.) Moìvmic II ìégeiule fjrecque rV Amir Ghazì, émir de Cnppadoce. Illustrazione di una moneta inedita acquistata recentemente (in due esemplari) dal Ga- binetto di Francia. Reca la testa nimbata di G. C., colle sigle usuali, come nelle monete degl'imperatori bizantini e dei principi crociati, ma è coniata da un u grande emiro Amir Ghazi ti, che il sig. Schlumberger assegnerebbe al principio del sec. XII.

EoxDOT (N.) Claude Warin, graxeur et médaiUeur . All'articolo storico e critico, pubblicato nel fascicolo del primo trimestre, il sig. Rondot fa ora seguire un diffusis- simo elenco dei medaglioni e delle medaglie che costitui- scono l'opera artistica di Claudio Warin. Questo elenco è diviso nelle seguenti categorie: Medaglioni firmati C. Warin; -- Medaglioni fatti certamente da Claudio Warin; Me- daglie e medaglioni attribuiti a C. AV.; Medaglioni col- l'effigio di personaggi inglesi.

L'articolo del sig. Rondot è accompagnato da bellissime tavole in eliografia.

GuiFFREY (J.-J.) La Monna/ e des mcdailles. Ilistoire mctaUique de Louis XIV et Louis XV. Parte seconda di un lavoro che si cominciò a pubblicare nel fascicolo del terzo trimestre 1887 della Reme. Vi si danno i cenni biografici degli incisori che lavorai'ono per la zecca di Pa- rigi, coirolenco dei coni da ossi eseguiti. Queste ultime notizie sono desunto dai registri e dagl'inventari dell'epoca.

Cronaca. Necrologia. Bollettino bibliografico.

Sei tavole d'illustrazioni.

liIRLIOGRAKIA 379

Annuaire de la Socicté Prancaìse de JVamiamatiqiie et d'Archeologie.

Mai-Juiu 1888.

PuscHi (A.) L'atelier monétaire des patriarches d'Aqidléc. È l'ultima parto della seconda edizione, arricciata come al)biamo già detto, della monografia: La zecca de' palriar- chi d'AqiiileJa, clie il sig. Paschi diede alle stampe in Trieste alcuni anni or sono.

Alla fine del suo studio, l'autore, basandosi sui docu- menti, determina il valore intrinseco dei denari patriarcali d'Aquileja.

Laugier. Un fiorili iìu'dil de R(n/,nond IV, princc d'Orange. Moneta unica nella serie monetaria ricchis- sima di questo principe, ove se ne eccettui un fiorino assai somigliante che già apparteneva alla raccolta Gariel ed ora si conserva nel Gabinetto di Marsiglia.

Il tipo del rovescio è il tipo comune col S. Giovanni; il diritto Ila una cornetta entro fregio lobato. L'esemplare di Marsiglia ha la stessa cornetta, ma entro uno scudo.

Blancard (L.) L'origine du mare. Il poeta sassono del IX secolo al quale si devono gli annali delle gesta di Carlomagno, De gestis Caroli Magni, divide i Sassoni in tre popoli distinti: i }}'es/fali ad occidente, gli Angarii nel centro, e gli Osterliìigi ad oriente. Questi ultimi occu- pavano la regione in cui fiorirono Brema ed Amburgo, e più tardi Lubecca.

Il sig. Blancard, in questo suo articolo, dimostra che il marco sterlino, il primo e più famoso fra i marchi mone- tarii del Medio Evo, si deve appunto agli Osterlingi, (fu chiamato in Inghilterra u sterling n per u. osterling n).

Serrure (R.) Monnaies de Berthold, éKrque de Toid. Il sig. Serrure prende le mosso da un ripostiglio sco- perto a Tliionvillo in Lorena, por illustrare alcune monete trovate quivi o già pubblicate ma con attribuzione in parte

380 CKONACA

erronea, col nome del vescovo Bertoldo (a. 995-1019) asso- ciato a quello del re Ottone III e poi di Enrico II.

Laugier Un fìorìn inódit d' Avignon. Articolo di pari interesse pei numismatici francesi e pei numismatici italiani. Vi si pubblica un fiorino papale, del tipo comune ma che reca per distintivo tì^e paia di chiavi declassate ; la leggenda è : comes venesi, talché, per analogia con altre monete ad eguale leggenda, l'A. lo attribuisce a Clemente VI.

Delattre (V.) -- Monnaies de Camhrai découvertes depuis 1801. Séguito di questo elenco minuto e diligente, che ha lo scopo di completare la Numistn. de Camhrai di Eobert.

Serrure (E.) Niimismalique liégeoise. Un csterlin frappé à Fosses. Contribuzione alla scarsissima numismatica della piccola città di Fosses nel Belgio. In tutto essa non può registrare sinora che tre monete, ciascuna in esem- plare unico. Quella pubblicata in questa notizia del signor Serrure, è un terzo di grosso al tipo inglese usato dagli Edoardi, colla testa di fronte, tipo che venne imitato su larga scala in numerosissime zecche del continente, ed in ispecie nei Paesi Bassi.

Cronaca. Necrologie. Bibliografia. Scoperte di ripostigli. Prezzi di vendite.

Juillet-Aoiit.

Blancard (L.) Les deucc follis des Édits inipérioMX au IV' siècle.

Blanchet (J.-A.) Sceaii de la Mannaie de Tournai.

Préau (0.) Méreaux inédits de l'Eglise paroissiale et collegiale de Poissy.

Robert (P.-C.) Monnaies et jetons des Évéques de Metz (continuazione).

PiCQUÈ (0.) Notes sur quelques acquisìiions faites en 1887 par le Cabinet de Nuniismatique de VEtat, à Bruxelles.

Serrure (R.) Les plus ancienncs monnaies de Lille, en Fiandre.

Mazeroi-le (F.) Jetons de la Maison du Roi.

Cronaca. Necrologie. Bibliografia. Periodici. Vendite del 1888.

nim,io(;RAFiA 381

Meme Belge de Nuinismatique, 1888, 3"" livraison.

Demole (E.) Monnaies inédites d' Italie. Memoria interessantissima, che l'autore straniero ha dedicata, con gentile ed opportuno pensiero, al eh. Comm. Vincenzo Promis.

K un estratto da un libro ms. che si conserva alla Bi- blioteca di Zurigo, nel quale sono registrati i saggi che furono operati nella zecca di quella città, dall'anno 1549 al 1675, sulle monete svizzere e straniere, k. fronte di molti fra questi saggi, si trova nel ms. il disegno della moneta assaggiata. Il sig. Demolo ha riunito ciò che si riferisce alla numismatica italiana, e ne è risultata una me- moria succosa ed attraente, corredata di quattro tavole che rappresentano dodici monete, quasi tutte appartenenti alla inesauribile schiera delle imitazioni e contraffazioni uscito dalle zecche minori dell'alta Italia. Tranne infatti uno scudo di Carlo Emanuele I, le altre monete sono prodotti delle officine di Maccagno, tesserano. Desana, Bozzolo, Frinco, Pomponesco, Guastalla e Correggio.

Questo breve lavoro del sig. Domole diviene il comple- mento necessario alle classiche pubblicazioni di Domenico Promis, ed a quelle di Morel-Fatio, di Chalon, di Kunz e d'altri, che hanno gettato tanta luce su di un argomento cosi oscuro, intricato, e pieno d'insidie.

Maxe-werly (L.) Etat actiiel de la nuniismatique rémoise. Sino dal 1862, il sig. Maxe-Werly aveva pubblicato un Essai sur la numismatiquc rémoise, in cui presentava un sistema di classificazione della serio monetaria di Reims; gli studi posteriori gli suggeriscono ora di riformare e rifondere il sistema da lui proposto in quel lavoro giova- nile, e con questo fascicolo della Revue Beige egli prin- cipio alla nuova publjllcazione rifatta, incominciando dal- l'epoca gallica. Nella tavola annessa a questa prima parto della sua memoria, l'autore ci offre varie curiose degene- razioni barbare di tipi monetari romani.

382 CRONACA

L'articolo del sig. Maxe-AVerly , quantunque indiretta- mente, interessa anche la numismatica classica.

Nahuys (C."' M.) Considèralions sur les dcniers flamancls au noni de Baudouìn. Sinora questi denari venivano attribuiti a Baldovino IV (989-1036); il conte di Nahuys, appoggiandosi a motivi storici, dimostra che vanno asse- gnati invece a Baldovino II, e che in ogni caso non possono datare da un'epoca posteriore air891, anno della battaglia di Lovanio, in cui l'imperatore tedesco Arnoldo sconfisse e cacciò per sempre i Normanni.

Queste monete infatti vengono ritrovate generalmente non nelle Fiandre, ma nella Danimarca, nella Norvegia e nella Russia, circostanza che si volle spiegare colle tran- sazioni commerciali; l'autore invece, con ardita ma plau- sibile ipotesi, la spiega colle terribili invasioni dei Normanni, che saccheggiarono più volte le Fiandre, riportandone nei loro paesi uno sterminato bottino; finché la battaglia di Lovanio pose termine alle loro scorrerie.

Nel séguito del suo articolo, il conte di Nahuys ci for- nisce un'ingegnosa spiegazione d'un emblema rimasto sinora inesplicato, che si vede su taluni di questi denari di Bal- dovino , come pure su alcune monete anglo-sassoni, e su altre di Pipino il Breve, di Carlomagno, e di Regnaldo re di Nortumbria. Tale emblema consiste in due ellissi intrecciate , o meglio in due anelli intrecciati. Il conte di Nahuys è d' avviso che questi anelli siano un simbolo del diritto di battere moneta.

u È noto n dic'egli u che i popoli dell'Europa set- tentrionale, prima di conoscere l'uso della moneta, si ser- vivano di anelli d'oro e d'argento, tagliandone dei pezzi, i quali si adoperavano per gli scambi ed i pagamenti, che si facevano a peso. Tali anelli erano incatenati gli uni negli altri.

« Nella Scandinavia, nell'Iughilcerra, ed in altri paesi, se no sono trovate delle quantità considerevoli.

I pezzi tagliati da questi anelli si chiamavano sciìinga, cioè piccola suddivisione, dal verbo islandese at skilja, ta-

nlBMOGRAFIA 383

gliare, da cui dei'ivano i nomi di shilling, shilling, Schel- ling, dati ad alcune monete d'argento. Anche dopo che la moneta coniata fu introdotta nella Scandinavia ed in altri paesi nordici, si mantenne l'uso di tagliare in due le mo- nete, quando mancavano spiccioli.

a Ora, come la parola àaug)', che in islandese significava propriamente anello , braccialetto, venne poi a significare anello-moneta, e infine moneta senz' altro , nulla vi è di più verosimile n continua 1' autore u che questi anelli-monete sieno rimasti come un simbolo della moneta e del diritto di emetterla, n

E per questo motivo che li vediamo rappresentati, dap- prima sulle monete anglo-sassoni, poi su quelle dei diversi sovrani e principi che abbiamo nominati.

Prkai; (C.) Mércmi inédit de Drcu.r. Appartiene al Capitolo dell'or distrutta Collegiale di Santo Stefano, a Dreux nel dipartimento dell'Eure-et-Loire. L'articolo del sig. Préau contiene alcuno interessanti notizie di storia civile ed ecclesiastica.

Engel (A.) Le médaiUe)- dn DJ da. Cunlia ii Bombai/. -- Medico illustre, filologo, archeologo, il dott. José Gerson da Cunha è ben noto agl'italiani per lo numerose menzioni che ne fanno De Gubernatis e Mantegazza. Ora il sig. Engel ci presenta brillantemente questo dotto indiano dal punto di vista numismatico, avendo avuto la fortuna di poter esaminare il suo recente ma già ricchissimo medagliere.

Il sig. da Cunha lia gettato le basi della sua colleziono nel ISTO; a quest'ora essa annovera 27.000 pezzi, divisi in quattonlici serie: 1) Alessandro Magno, 2) Solenoidi, ìj) Parti Arsacidi, 4) Sassanidi, 5) Battriana, -- G) Re indo-sciti, 7) Arabi, 8) Moneto maomettane dei tempi del Califfato, 9) Monete maomettane posteriori al Califfato, 10) Sultani di Dolili, 11) Imperatori mon- goli dell'India, 12) Possessi europei nell'India: porto- ghesi, olandesi, francesi, inglesi, 13) Grecia, Homa, e Medio Evo, 14) Birmania, Siam, China, Persia, Giappone, Africa, America, Australia.

384 CRONACA

Il dott. da Ounha non si è limitato a riunire una splen- dida collezione, egli ha voluto mettere a parte delle sue scoperte il pubblico, mediante le sue : Contributions to llie stiidìj of indo-porluguese numismatics , delle quali sono usciti quattro fascicoli a Bombay.

Corrispondenza. Miscellanea. ^ Estratti dai verbali della Société Royale de Numismoliqiie, ed elenco delle opere ricevute dalla società nel trim. 1888.

Cinque tavole d'illustrazioni.

Zeitschrlft fi'iv Nuniisniatik, lierausgegeben von Alfred voN Sallet. XVI. Band (1888), Heft 1 u. 2. (Berlin, "Weidmannsclie Bucbliandlung).

Sallet (A. v.) Die Erwerbungen des Kòniglichen Miinzìiabinets. [G-li acquisti del E. Gabinetto Numi- smatico].

Dal aprile 1887 al aprile 1888, il Gabinetto di Ber- lino si è arricchito di 781 pezzi, cosi ripartiti: Serie greca, 99 pezzi; serie romana, 8; monete orientali, 6; Medio Evo e tempi moderni, 658; modelli di medaglie, 3; sigilli, 8.

In quest' articolo , il eh. direttore del E. Gabinetto di Berlino illustra partitamente i più notevoli fra questi ac- quisti.

Fra le greche, si distinguono : una moneta arcaica di Panticapeo ; un tetradramma unico di Samotrace ; un di- dramma di Damastio, singolare per la finitezza del lavoro, che forma un'eccezione in quella serie ; uno statere del re Inintimeio del Bosforo; u.na moneta di Saumaco, re scita del tempo di Mitridate; una grande moneta d'argento di Eraclea nella Bitinia, ed una di Stratonicea (didramma, sconosciuto finora); un altro didramma, rarissimo, di Ca- miro nell'isola di Eodi ; accenniamo inoltre ad una pre- ziosa moneta imperiale di Dioclea nella Frigia, coll'efifigie di Elagabalo. La serie monetaria dei re della Battriana, già rappresentata splendidamente nel Medagliere berlinese, si è accresciuta di molti pezzi, alcuni dei quali importan-

i!iiìi.io(ai\i''iA 385

tissimi, come quello ad esempio coniato in nnione da Ai-- chebio e Filosseno.

Fra i pochi acquisti della serie romana, nnlla da segna- lare che presenti uno speciale interesse.

Copiosissimi gli acquisti nella serie medioevale ; fra le monete più notevoli registreremo una imitazione dei sol- dini veneziani, coniata da Francesco Gattilusio a Metelino [Dir. Principe inginocchiato che impugna la bandiera. Ror. Agnello con bandiera), ed un grosso di Galeazzo Ma- ria Sforza per Scio, proveiiiente da quell'importantissimo ripostiglio di Sidorunda che fu illustrato nella presento Rivista ItaUana ifasc. I.,) dai sigg. fratelli Gnecchi.

Le medaglie del Rinascimento acquistate dal Gabinetto furono numerose e alcuno assai pregevoli ; tralasciando quelle di lavoro tedesco, accenneremo ad una bella medaglia fiorentina col busto di Giuliano de' Medici nel diritto, ed una Nemesi nel rovescio.

L'articolo del sig. von Sallet è accompagnato da tre ta- vole d'illustrazioni.

KupiDo (F.) Ber Racìnritzer Miinzcnfiind. [Il ripo- stiglio di Eackwitz].

Diffusissima descrizione di un tesoretto di monete me- dioevali, trovato presso liackwitz nella Moravia meridionale. Fra i 2400 pezzi circa che lo componevano, 2000 erano di conio indigeno, in 124 tipi ])rincipali; ed è di queste mo- nete che il dott. F. Kupido ci l'illustrazione. Il ripostiglio di Rackwitz è di non poco nromento per la storia medioe- valo della Moravia.

Riiousopour.os. iiktha VOI , rine ncnc Miìnzsladt . [nsT3-a),o(, una nuova zecca].

Monetina di bronzo, acquistata recentissimamente dal Gabinetto di Berlino. Bir. Capo laureato di Giove, a destra. Rnv. Parte anteriore di cavallo, che esce da uno scoglio. Leggenda retrograda: IUt3-zaw/.

Il tipo, ed il luogo del ritrovamento, la assegnano alla Tessaglia, la fabbrica e la forma dei caratteri alla metà

88G CRONACA

del IV sec. a. G. C. Ciò che presenta di affatto nuovo, è l'etnico Petthaloi, elio compare qui per la prima volta nella numismatica, com'è comparso pure per la prima volta re- centemente neir epigrafia, e cioè nelle iscrizioni tessale pubblicate dall'Istituto Archeologico Germanico in Atene (voi. VII e voi. Vili).

Bahrfeldt (E.) Naditrage zum Aufsatze von Dr. Mena- dier : u Funde deut seller Milnzen aus dem Millelaìter v. [Aggiunte all'articolo del Dr. Menadier: u Eipostigli di monete medioevali tedesche].

Rettificazioni e notizie complementari; si tratta di ripo- stigli scoperti nella Slesia, della cui numismatica il signor Emilio Bahrfeldt si è occupato a fondo, acquistandovi una particolare competenza.

Dannenberg (H.) Zur pomnierschen und mecklenburgi- schen Mùnzhiinde. [Contribuzioni alla numismatica della Pomerania e del Meclemburgo].

L'articolo è basato specialmente sul contenuto di alcuni ripostigli di bratteate ed altro monete medioevali.

BahrfI':li)T (E.) Beitrdgo zur schìesischen Milnzkiinde des Millelalters. [Contribuzioni alla numismatica medio- evale della Slesia]. Vasta ed esauriente recensione del- l'opera pubblicata testé da F. Friedensburg, sotto il titolo: Schlc'siens Munzgesoliichte im Mittelaltcr (Storia monetaria della Slesia nel Medio Evo). L'opera in genere vion lodata quasi senza restrizioni; per alcune rettifiche od aggiunte di varietà, il sig. Bahrfeldt unisce due tavole di disegni.

Bergau (R.) Medailìen von Wenzcì Jamitzcr. [Meda- glie di Venceslao Jamitzer].

Il nome di questo celebre orefice norimberghese del se- colo XVI non era stato finora compreso nell'elenco dei medaglisti, quantunque l'usanza generalo dell'epoca ed una testimonianza contemporanea facessero supporre che egli puro dovesse trovarvi posto. Il sig. Bergau ci descrive ap- punto due medaglie (e di una, ch'è in suo possesso, ci

BIBLIOGRAFIA 387

presenta anche il disegno) le quali verosimilmente sono opera di Jamitzer, quantunque non rechino monogramma d'artista.

Bibliografia. Necrologie.

Otto tavole d'illustrazioni.

Nìimismatisches Liteì'atìir-lìlatt.'H.era.nsgeher: M. Baiir-

FELDT, in Freiburg (Badon), G-iintersthalstrasse, N. 10.

Quest'ottimo periodico, lo cui pubblicazioni erano rimaste sospese da qualche tempo, ha ripreso ora ad uscire, inco- minciando la sua 9." annata.

Archivio Veneto, fase. 70, 1888 : Papadopoij N., Alcune notizie sugli Intagliatori della Zecca di Venezia.

Accademia di Scienze e Lettere di Modena. Memorie, Serie IT, voi. V, 1887 (1888): Crespellani Arsenio, Conii e punzoni del Museo Estense.

BuIIetin de la Caisse Centrale de Paris. L'Écho de la Presse Financicre (Rue de la Victoire, 8.")) (Publ)licazione mensile cui va annes.so un catalogo di monete in vendita).

Westdeutsche Zeitschrift fiir Geschichte und Kunst, 4 Ergiin- zungsheft (1888): Kruse E.. Cólnische (ieldgeschichte bis 1S86 nebst Beitrdgen zur Jcurrlieinischen Geldgeschichte bis zum Ende des Mittelalters.

Bollettino Storico della Svizzera Italiana, 1888, n. 7, pag. 1.58: Monete vecchie ritrovate a Lugano.

Balletin de l'Institut national genevois : Eoi miei x Cu., De- scription d'une 4"" serie de 100 médailles genevoises inédites.

NOTIZIE VARIE

Vendita Quelen. Lcs Dicux s'cn vont, e se ne vanno an- che le grandi Collezioni numismatiche. La Collezione d'Amécourt inaugurò l'anno scorso la serie delle grandi vendite. Segui nei primi mesi dell'anno corrente la vendita Belfort, certo non paragonabile alla prima, pure degna di nota e della quale abbiamo dato un cenno nel primo fasci colo della Ricista, e finalmente nel maggio scorso ebbe luogo la vendita della Collezione Quelen, la quale se non poteva reggere al confronto della d'Amécourt per la scelta e pel numero degli aurei, di cui quella era esclusivamente composta, poteva però starle molto da vicino per l'impor- tanza complessiva, contenendo gran numero di pezzi e grandi rarità in tutti i metalli.

Le prime due furono vendute dagli stessi proprietarii ; quest'ultima dagli eredi del fu visconte di Quelen, mancato ai vivi nel 1887. E così sono cessate tre delle più impor- tanti Collezioni di monete Romane che esistevano in Fran- cia. È sempre doloroso il vedere disperso in pochi giorni quanto un amatore ha mosso insieme in tanti anni di cure, di fatiche e di spese; ma d'altronde, se cosi non fosse, come potrebbero formarsi i nuovi raccoglitori e le nuove rac- colte ? Da un male nasce un bene, dalla distruzione sorge una nuova creazione, e, come nella natura, tutto si avvi- cenda, si succede e si trasforma, ma nulla va perduto, cosi le collezioni si sciolgono e si ricompongono e le monete passanti dall'una all'altra mano, permettendo in tal modo

notizia: VAKIE o89

a molti di jjoteriie successivamente essere i proprietarii. Nella vendita Quelen, per esempio, ricompajono già molti pezzi acquistati solo un anno fa alla vendita d'Amócourt, come si rileva dallo citazioni del Catalogo. Fra un anno forse in una nuova vendita vedremo figurare i pezzi già appartenuti alla Collezione Quelen! E cosi le monete, dopo cessato da parecchi secoli il corso naturale a cui erano de- stinate, seguono ancora un altro corso, quasi risorgendo a una seconda vita, dall'una all'altra mano de' raccoglitori, finché poco a poco verranno a jjrendere stabile dimora nei pubblici Musei. E i raccoglitori dell'avvenire... d'un avve- nire ancora abbastanza lontano... dovranno accontentarsi di quanto quelli del presente trascurano o collocano fra gli scarti..., a meno che la perfezionata abilità dei falsifi- catori non pensi a procurar loro (quelle rarità e quello conservazioni che invano cercherebbero genuine. È un'arte vecchia, che si studia, si raffina e si perfeziona ogni giorno, e anche i raccoglitori dell' oggi non sapranno mai tenersi abbastanza in guardia, principalmente quando si tratta del più nobile dei metalli.

I raccoglitori odierni però sono finora lontani dal peri- colo che manchi loro la materia ed anzi pare che l'offerta superi la dimanda, dacché buon numero delle molte moneto buttate ultimamente sul mercato è ancora in cerca di col- locamento. I prezzi so no sono risentiti, e lo dimostra il fatto che le monete provenienti dalla vendita d'Amé- court furono nella vendita Quelen cedute con un generale e sensibilissimo ribasso. Può essere di qualche interesse commerciale s' intende osservare nel seguente spec- chietto il raffronto dei duo prezzi. Due sole monete otten- nero il prezzo dell'anno scorso, tutte le altre subirono un ri- basso più 0 meno sensibile, ma che supera in media il 25 0[0, il che è assai. Bisogna però convenire che i prezzi delle moneto antiche er.uio stati spinti eccessivamente e non crediamo sia un male che un momento di pletora li abbia ridotti a più miti e ragionevoli proporzioni.

390

Monete Prejzi

Fi::at; dalla Coli. d'Anécoart dolla vendita

alla Cuelen auolen

N. 1G2 Cornelia L. 400

11 461 Vibia Il 505

11 486 G. Cesare n 410

11 409 Bruto " 2G80

11 607 Lepido " 1550

11 521 M. Antonio ii 225

11 561 Augusto '■ 145

11 684 11 11 570

n 853 Interregno "900

11 929 Vespasiano " 70

11 934 11 11 215

11 945 Vesp. e Domiti Ila n 1370

11 947 Tito 11 215

11 906 Tito e Giulia » 1650

11 1053 Trajano padre n 905

11 1058 Adriano " 215

Il 1165 M. Aurelio " 77

11 1170 11 Il 81

Il 1192 Faustina figlia n 285

11 1219 Commodo ii 325

11 1221 11 11 215

11 1303 Albino ii 2320

11 1370 Giulia Domna n 420

11 1436 Geta n 680

11 1466 Eliogabalo n 255

11 1691 Gallieno ii 1600

11 1747 Postumo n 745

11 1777 Vittorino -i 1500

11 1783 11 , Il 1185

Il 1811 Claudio II 11 550

11 1831 Tacito 11 370

11 1848 Probo n 240

Il 1880 Diocleziano n 226

11 1884 11 . . . 11 440

11 1886 11 Il 220

11 1896 11 '1 249

11 1957 Alletto n 1855

Prezzi

della vendita

d'Amécourt

L.

420

11

675

n

625

II

3100

11

2210

11

610

II

200

11

665

II

1620

II

70

11

305

11

2600

II

230

11

29»)

li

1165

11

280

11

125

n

90

II

335

11

325

11

270

II

3125

II

455

11

790

11

280

11

1950

11

900

11

1910

11

1850

11

&S0

II

415

n

376

11

285

n

600

11

300

11

325

li

2250

NOTi;;lE VAPIK

391

pasciti

ilosete dilla Coli. d'Amécouit alla tu;hs

N. 1996 Severo II L,

11 ■2020 Alessandro tiranno

V 2080 Costantino I

11 2089 II

11 2103 Crispo

11 2111 11

11 2120 Costantino II

Il 2218 Valente

11 2230 Procopio

11 2348 Verina

11 2352 Ariadne

Prezzi

della vendita

Quelen

Prezzi della vesdita d'Amécoart

L. 290

L.

390

11 1255

il

1730

11 165

71

166

Il 600

n

765

11 475

n

GOO

,1 815

11

9501

11 510

n

720

.1 17G7

ì^

1800

11 1400

n

2150

11 225

?i

225

11 400

n

500

Il ricavo totale di questi 48 pezzi fu di L. 33809 mentre erano stati pagati 4G113 alla vendita d'Amucourt. Il listino dello monete d'oro romano si pnò diro che segna nn discreto ril)asso.

Ecco ora gli altri pezzi interessanti della vendita Quolen ;

69 M. Antonio, Leg.

VI, Oro

10(J0

722 Vipsania,

Oro

1805

81 Arda,

Oro

500

742 Antonio,

Oro

22t.ì

177 Cornuficia,

Arg.

4.50

749 Agrippina e Cai

RO

a, Oro

350

224 Hirtia,

Oro

120

768 Agrippina, Giù

ia

e

318 Mussidia,

Oro

410

Drusilla

Br.

405

341 Petronin,

Oro

530

798 Agrippina e CI

IU('

io,

424 Stazia,

Arg.

14 1

Arg. M

515

500 Bruto. Arg. kid

.MAR

2.50

799

Oro

180

504 Domizio Enobarbo, Oro

ino

818 Clodio Macro,

Arg.

185

505 Labieno,

Arg.

310

862 Galba,

Oro

315

506 Sesto Pompeo,

Oro

515

86G II 11

201

.519 Jlussidia,

Oro

355

875 n II

200

520

Oro

410

888 11 rest.

Oro

330

536 M. Ant. e Fulvia. Oro

7700

893 Ottone,

Oro

295

53-ì Numonia,

Oro

405

894

310

539 Ottavia e M. A

ut.. Oro

980

900 Vitellio,

Oro

200

547 M. Antonio e Ant

ilio. Oro

12»)

913 Vitellio padre.

Oro

12.50

518 Cajo Antonio,

Arg.

130

918 Vespasiano,

Oro

215

G81 Durmia,

Oro

615

961 Giulia di Tito,

Oro

28G5

709 Voconia,

Oro

410

9;j8 Domizia,

Oro

410

392

f'RONACA

1003 DomiziaeDoniiz.,

Oro

420

1563 Filippo padre,

Oro

480

1030 Tra j ano,

Oro

610

15GG 11

Oro

465

1044 Trajano e Plotina,

Oro

300

1575 Filippo P. Filippo

1051 Matidia,

Oro

400

F. e Otacilla,

■Br.

430

1059 Adriano,

Oro

350

1576 Otacilla,

Oro

360

1061 11

Oro

510

1582 Filippo figlio.

Oro

485

1085 Adriano e Trajano,

Oro

240

1589 Pacaziano,

Arg.

325

108G Adriano, Trajano

e

1590 Jotapiano, (1)

Arg.

140

Plotina,

Oro

320

1611 Erennio Etrusco,

Oro

370

1090 Sabina,

Oro

645

1G27 Treboniano Gallo,

Oro

350

1104 Elio,

Oro

245

1628 11

Oro

370

1141 Faustina madre,

Oro

705

1G18 Volusiano,

Oro

380

1167 M. Aurelio,

Oro

270

1675 Cornelia Supera,

Arg.

220

1178 Faustina figlia.

Oro

212

1681 Valeriane padre,

Oro

2:50

1192 11

Oro

285

1682 11

Oro

225

1193 11

Oro

205

1690 Gallieno,

Oro

203

1250 Crispina,

Oro

385

1711 11

Oro

300

1262 Didio Giuliano,

Oro

655

1721 Gallieno e Salonina

, Oro

580

1265 Manlia Scantilla,

Oro

1465

1723 Salonina,

Oro

530

1267 Didia Clara,

Oro

715

1726 Salonino,

Oro

498

1297 Albino

M li

435

1737 Macriano,

Oro

1405

1308 Settimio Severo,

Oro

260

1745 Regaliano,

Arg.

310

1316 11

Oro

250

1746 Driantilla,

Arg.

216

1339 11

Oro

330

1750 Postumo,

Oro

780

1340 11

Oro

a80

1753 11

Arg.

215

1392 Caracalla,

Oro

350

1754 11

Arg.

105

1415 Caracalla e Plautilla

, Oro

620

1760 11

Oro

910

1418 Plautilla,

Oro

920

1772jLeliano, (2)

Oro

1950

1428 Geta,

Oro

635

1780 Vittorino,

Oro

850

1433 11

Oro

64

1783 Vittorino giovane.

Br.

210

1442 Geta o Caracalla,

Oro

415

1789 Mario,

Br.

12G

1150 Eliogabalo,

Oro

365

1791 Tetrico,

Br.

100

14G8 11

Oro

605

179G 11

Oro.

705

1470 11

Oro

450

1797

Oro

475

1516 Mamoa, Alessandro

1798 11

Br.

125

e Orbiana

Arg.

f.85

1799 11

Oro

475

1517 Uranio Antonino,

Oro

4030

1801 Tetrico padre e figlio, Br.

125

1558 Trani^uillinn,

Arg.

480

1805 Tetrico figlio.

Br.

155

(1) Prezzo di moneta molto sospetta, come del resto appare anche dall'impronta che ne è data nel Catalogo.

(2) Riteniamo per certo sia questo l'esemplare proveniente dalla Col- lezione Jarry, alla cui vendita nel 1878, ottenne l'enorme prezzo di L. 3500 !

■ionzit

VaKII-

wjn

1809 Claudio II,

Oro

G-20

2050 Costantino T,

Oro

680

1810

Oro

460

2051

n

Oro

955

1812

Oro

4S0

2052

il

Oro

910

1833 Tacito,

Oro

390

2053

11

Oro

255

lSi3 Probo,

Oro

480

2054

n

Oro

230

1845

Oro

710

200S

Costantino I, Crispo

1847 "

Oro

395

e Costantino II,

Oro

725

1855 Caro,

Oro

30O

2103 Fausta,

Oro

830

1862 M. Urbica,

Oro

435

2105

Crispo,

Oro

225

18G9 Giuliano,

Oro

605

2107

11

Oro

690

1870 ,1

r,r.

105

2117

Costantino II,

Oro

805

1871

r.r.

125

2122

n

Oro

200

1872 Diocleziano

Oro

270

2121

n

Oro

305

1S83 "

Oro

900

2130

Costanzo II,

Oro

981

1000 Dioclez. e Massim.

Dr.

920

2140

11

Arg.

099

1904 Massimiano, Ere,

Oro

320

2158 Vetranione,

Arg.

210

1905 11

Oro

235

2166 Decenzio,

Oro

167

1911

Oro

235

21G7

11

Oro

290

1934 Caratisio,

Arg.

17G

2255

Eugenio,

Arg.

310

1935 n

Arg.

150

2256

11

Oro

145

1937

Arg.

215

2261

Onorio,

Arg.

695

1939

Arg.

224

2270

Costanzo III,

Oro

315

1956 Carausio Diocleziano

2271

n

Oro

102

e Massim. Ere.

Br.

665

2281

Massimo tiranno,

Arg.

109

1974 Elena,

Oro

1050

2282

Gioviano,

Oro

285

1979 Gal. Massimiano,

Oro

425

2284

Sebastiano,

Arg.

260

1980

Oro

205

2285

Aitalo,

Oro

200

1991 Gal. Valeria,

Oro

300

2299

Eudossia,

Oro

1300

2001 Severo II e Massi-

2303

Avito,

Oro

230

miano,

Br.

155

2321

Olibrio,

Oro

605

2031 Licinio padre,

Oro

fiOO

2322 Glicerio,

Oro

315

2043 Licinio figlio,

Oro

.5.35

2323

n

Oro

160

2044

Oro

600

2327

]lomf)lo.

Oro

327

20-45

Oro

350

2:U7

Vcrina,

Oro

300

Il prodotto totalo (lolla vendita Quelon fu di L. 226620,50.

F. G.

Vendita Morel-Fatio. -^ La vendita della raccolta Morel- Fatio, che ebbe luogo a Francoforte, diede un prodotto di oltre 40,000 marchi (50,000 lire).

I manoscritti numismatici del compianto Carlo Knnz fu- rono acf^uistati dal sig. Conte N. Papadopoli. Si compongono di ben 30,000 schede , in massima parte di bibliografia.

394

Gabinetto Numism. di Brera. In relazione all'articolo dell'illustro C. Canta, pubblicato nclV Archivio Storico Lom- bardo (Anno XIV, fase. Ili, pag. 575), intorno al Gabi- netto Numismatico di Brera ed alla scarsità di documenti e notizie di questo Istituto anteriori all'anno 1796, venne poi pubblicata nel fase. IV, pag. 887, dello stesso periodico, una lotterà del Conto Giorgio Giulini , risguardante un cambio di monete progettato fra il Gabinetto stesso e il Conte Pietro Verri.

Ora il Cav. Amilcare Ancona ci comunica la seguente lettera, che si trova fra gli autografi della sua collezione. È la risposta del Conte Pietro Verri al Conte Giulini.

« Carissimo e ornatissimo Amico.

« Sono coutentissimo del contratto progettato e vi sono pieno d'ob- « bligaziono per la fatica cho tanto gentilmente avete sofferta per « me. Il comunicarmi ])oi il vostro arbitraraento è un effetto di « quella bontà e grazia colla (jiiale mi onorate.

« Il mio promemoria V lio umiliato a S. E. Con. Firmian e « S. A. 11. non ne ha saputo niente, sarebbe perciò opportuno che vi « compiaceste di sostituire al nomo del Principe quello del Ministro.

« Mi figuro che poi il vostro scritto vi compiacerete di darlo al « Sig.'' Conte Burini: ma in tutta confidenza io vi significherò un « anecdota la quale vi persuaderà forse per 1' amicizia che vi de- « gnate d'avere di me a diferire un paio di settimane.

« Oltre la subordinazione elio io dohbo a S. A. R. per ufficio ne « sento un'altra ancora piìi cara e forte ed è quella dei beneficj ; jeri « coll'occasione che era da lui lio voluto palesare a S. A. R. la mia « supplica data per questo cambio perchè non voleva fargliene un « mistero. Quel principe colla clemenza sua ordinaria mi ha fatto « capire che il cambio non gli piace e cho posto che non v' e serie « me le vuol far donare lo quindici monete cho desidero. Parmi che « per far questo egli voglia scrivere a Vienna e mi ha detto di so- « spendere frattanto alcun poco il cambio. L' oggetto è tanto piccolo « per il Governatore Arciduca che se lo dimenticasse sarebbe cosa « assai naturale ; allora starei più imbrogliato che non sono adesso.

NOTIZIE VAKIE 395

« In Ogni evento conviene ch'io diferisca sino al tempo che possa « corrispondere alla posta di Vienna cioè sino ai primi giorni di « Luglio. Vi prego di tenero in voi questa confidenza. Aggradite « la protesta della piìi rispettosa e costante servitù e amicizia del « Vostro

li 15 Giugno 1770.

« P. V. »

Il Dott. Umberto Rossi, collaboratore di questa Rivista, è stato nominato Conservatore nei E.R. Musei , con desti- nazione a Firenze.

Una circolare del ministro Magliani vieta agli agenti di riscossione ed ai tesorieri di ricevere in pagamento le mo- nete di bronzo da centesimi 5 e 10 di conio greco , che dalla speculazione vengono importate su larga scala nel Regno. Un avviso al pubblico lo avverte che tali monete non hanno corso legale nello Stato e che quindi chiunque è in diritto di rifiutarle.

Un altro furto di monete. I giornali tunisini del prin- cipio di settembre ci hanno recato la notizia di un grosso furto avvenuto a S. Luigi (Cartagine) nei locali del museo omonimo. Oltre alle pietre preziose ed agli amuleti che colà si conservavano , furono involate tutte le monete an- tiche formanti le collezioni del musco.

Scoperte di ripostigli. Verso la fino dello se. luglio, nelle vicinanze di Vercelli , fu trovato un ripostiglio di denari imperiali , in numero di 340 pezzi, da Pupieno a Valeriano juniore. Pupieno e Mariniana vi orano rappre- sentati da un solo esemplare ; vi abbondavano invece i denari comunissimi di Treboniano Grallo , Traiano Decio , Volusiano, Gallieno, Salonina e Valeriano padre.

A Mombello (Lago Magg., Prov. di Como), si rinvennero alcune moneto d'oro medioovali, cioè zecchini del Senato Komano e fiorini di Filii)pii I\Lu'ia Viscuuti.

300 rl!(iNAC\ - NCITIZIE VAUIK

Guida Numismatica Universale. ~- I sigg. fratelli Gnocchi stanno attendendo ad iina 2.' edizione, ampliata ed intera- mente rifusa, della loro Guida Numismatica Universale. Essi rivolgono per mezzo nostro un caldo invito ai Rac- coglitori, nonché a tutti i Direttori di Musei e Gabinetti Numismatici, perchè vogliano inviar loro nel più breve termine possibile le notizie riguardanti gli eventuali mu- tamenti o le aggiunte da introdursi in questa 2." edizione, per la quale i sigg. Gnocchi hanno diramato un gran nu- mero di schede o questionari. Chi non avesse ricevuto tale scheda e desiderasse d'averla, è pregato di rivolgersi agli stossi Sigg. Francesco ed Ercole Gnecchi, Via Monte di Pietà. N. 1, Milano.

LoDOviro Felice Cogliati, Gerente responsabile.

FASCICOLO IV.

DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE

ZECCA DI SCIO

APPENDICE.

Facciamo volonticri un" Appendice al nostro arti- colo sotto questo medesimo titolo publ)licato nel primo numero della lìioista, per due motivi. Prima di tutto perchè, avendo fiitto un nuovo acquisto di quanto rimaneva ancora disponibile di quell'interes- santissimo ripostiglio, vi al3l)iamo trovato qualche altra moneta degna d'essere descritta ; poi perchè, essendoci venuto ad orecchio clie alcuni numismatici rimangono tuttora titubanti e dub]:)iosi suirautenti- cità di alcuna di cpielle monete, crediamo colla pub- blicazione di questa nuova serie e colle ragioni che addurremo, farli persuasi che veramente il dubbio è qui fuori di luogo.

Della persistenza del dubbio siamo venuti a co- gnizione non direttamente, come avremmo prefe- rito, né por una critica razionale e ragionata, che avrebbe potuto trovare il suo posto opportuno in questa stessa lì! risia o in altni ]ioriodico di numisma- tica: ma indirettamente o f|unsi di soppiatto per espres- sioni ecpiivoclie o per ini(,rm;iz'oni di terzi. Xotiamo questo por prender occasione a lamentare qitesto si- stema, elio, so non classiliclioremo di poca sinceriti.

400 FRANCESCO KI) ERCOLE GNECCHI

chiameremo per lo meno di soverchio e inopportuno riserbo, il quale non può che essere d'inciampo al progresso della scienza.

Certo è grave e non può essere aggradevole per chi ha fatto una asserzione il sentirsi smentire ; ma è altrettanto riprovevole per l'altra parte la man- canza del coraggio necessario ad esprimere la propria opinione. Per chi milita nel campo scientifico, l'in- teresse della scienza deve sempre andare innanzi ai riguardi e alle ambizioni personali, e francamente noi ci sentiamo d'avere all'occasione il coraggio che manca ai più.... e abbiamo anche provato d'averlo e a voce e cogli scritti. Dall'attrito nasce la luce e dalla discussione la scienza non ha che a guada- gnare. Ma infine bisogna prendere gli uomini e le cose come sono e non come dovrebbero essere e, giacché non ci si volle attaccare a viso scoperto, ac- cettiamo r attacco indiretto e difendiamocene.

Da quanto dunque ci pervenne indirettamente al- l'orecchio, alcuni persistono a non aver fede in alcune delle monete di Scio da noi descritte e la ragione prin- cipale che adducono, almeno da quanto abbiamo po- tuto sapere, è che alcune di quelle monete sono di un tipo troppo nuovo e che troppo si scosta dai tipi conosciu.ti ; tale accusa poi si fa principalmente al Grosso portante la leggenda rex Francie. Ma è questa sul serio una ragione sufficiente, quando si possono citare nella numismatica cento esempi di casi simili a questo, e quando si hanno sotto gli occhi i mo- numenti originali i quali, presi per se stessi, non offrono alcun appiglio che autorizzi a impugnarne l'autenticità ?

L'autenticità di una moneta può essere contestata o pel tipo materiale della moneta stessa, e in questa categoria intendiamo quel complesso di cose che è

DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE DI SCIO - APPENDICE 401

difficile definire a parole, ma che si riassume nel me- tallo, nell'impronta, nei caratteri, nell'arte, in tutto cioè queir insieme che induce un occhio pratico a dire : questa moneta non è genuina. Oppure per un errore storico che vi si incontri, e in questo caso il giudizio deve procedere più lento, non essendo ra- rissimo il caso che la Numismatica corregga la storia. In nuìnmis Ivstoria. Ora, esaminando lo mo- nete del ripostiglio di Siderunda, non sappiamo dav- vero come vi si possa riscontrare un solo carattere materiale di falsità. Uno dei principali fra questi, oltre ai sopra accennati, è certamente quello di trovarne parecchi esemplari prodotti dal medesimo conio. Tale circostanza si verificò allorché compai'- vero i famosi denari di Pipino per Milano, i cui esemplari, (noi no abbiamo veduti dieci), erano il prodotto di un sol conio. Cosi avvenne delle mo- nete di Busca e d'Atri, denunciate appunto come falso nel secondo Numero di questa lìicista, e di pa- recchie altre ormai note a tutti. Così avviene per al- cune monete d'oro greche e romane di estrema rarità, a proposito delle quali giova avvertire un fatto abbastanza curioso e degno di nota e di ossei'- vazione. Pochi anni sono, di alcune monete por- tanti nomi rarissimi non si conoscevano che po- chissimi esemplari quasi tutti di pessima conser- vazione, come appare ben naturale, quando se ne consideri l'estrema rarità e si pensi come la gran- dissima maggioranza delle monete pervenuteci dal- rantichità sia costituita da quelle in cattivo stato. !Ma sorsero i grandi raccoglitori, che emuli dei grandi musei non potevano rassegnarsi a non possedere un pezzo posseduto dal -Museo Britannico o dal (!abi- netto di Parigi! Parecchie di queste gemme desiderate comparvero allora quasi per incanto e comparvero al

402 FRANCESCO ED ERCOLE GNECCHI

più perfetto fior di conio, tale essendo il desiderio dei grandi raccoglitori citati.

Le tavole illustrativo fatte cogli attuali sistemi di riproduzione dal vero sono fatali a questo falsificazioni e quando noi vi troviamo ripetuti più volte gli iden- tici conii, magari scambiandovi i dintti e i rovesci, por una moneta estremamente rara, la nostra fede vacilla e non esitiamo a dichiarare che ci troviamo davanti a una mistificazione.

]\[a quando invece colle medesime tavole si offrono all'esame degli intelligenti, che le possono giudicare precisamente come vedendo lo monete originali, un buon numero di monete tutte prodotte da conii diversi e tutte offrenti i migliori caratteri d'autenti- cità, pare che il dubbio dovrebbe essere totalmente eliminato e in ogni caso chi lo volesse ancora soste- nere dovrebbe anche dimostrarlo. Noi, avendo at- tentamente esaminate tutte le monete del ripostiglio in discorso capitateci nelle mani, abbiamo facilmente constatato che non ve n'erano due sole prodotte dal medesimo conio ; ma onde farne persuasi anche i nostri lettori, meglio che con una semplice asser- zione, produciamo oggi una seconda tavola che fa seguito alla prima , e che basterà confrontare con quella per vedere come nessun conio vi si trovi ri- petuto. Il falsificatore di queste avrebbe dunque fatto una enorme spesa per fabbricare tutti questi conii, vendendo poi le monete a prezzo assai troppo basso per compensarsene.

Che se poi i motivi di dubbio, invece che nei ca- ratteri generali, si debbono ritrovare nelle ragioni storiche, ossia nei tipi e nelle leggende che vi si incontrano, la disquisizione non potrà che cssoro più interessante e più istruttiva. Qannto a noi veramente ci pare che l'accusa di soverchia novità si riduca a

DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE DI SCIO - APPENDICE 403

ben poca cosa. Le monete medioevali furono quasi completamente trascurate sino alla fine dello scorso secolo 0 se da così breve tempo sono ricercate dai raccoglitori, è ben naturale che non tutti i tipi siano conosciuti. Quanti tipi nuovi vennero recentemente scoperti e si scoprono ogni giorno, non solo in questa serie, ma benanco nella serie classica, la quale da tanto tempo è studiata e compulsata !

Si dice che i re di Francia usarono sempre nello loro monete la leggenda rex francorv.m, e che quindi la strana leggenda rex Francie è un carattere di falsità, e fu inventato ad arte per ingannare quelli che sono poco addentro nella numismatica. A noi, diciamo il vero, questo non pare un argomento che regga. Abbiamo nella storia numismatica numerosi esempi di leggende strane, che si scostano da quelle ordinarie, su monete d' autenticità supcriore a ogni dubbio.

Citiamone qualche caso. Sullo monete dei Gran Maestri di Rodi noi vediamo costantemente lo leg- gende in latino, come del resto usarono di fare tutti i principi contemporanei italiani ed esteri, che bat- terono moneta. Ebbene, su di un gigliato di Antonio Fluviano noi leggiamo : i'. axtoxivs flyviax oram- MASTRO DI RODI. Questa leggenda metà in latino e metà in italiano è tanto strana e nuova, che f[uando lo Zanetti pel primo pubblicò questo giglinto, tutti concordemente tacciarono il numismatico italiano di leggerezza, e sostennero che quella moneta non po- teva esistere o era stata mal letta. Ora furono già pulìblicati quattro esemplari varianti di quella moneta e un quiiato sta nella nostra collezione ; e bisogna ben convenire che lo Zanetti aveva ragione (i).

&'

(1) Vedi G. ScHLUMnERGER. Numismatique de l'Orient latin. Paris, 187« , voi. 4'\ pag. 255 e 256; tav. X, 14.

401 KKANCESCO ED ERCOLE GNECCIII

Altra moneta del pari strana e curiosa si è il Car- lino di Carlo Vili re di Francia battuto ad Aquila, sul quale leggiamo nel diritto : Charles roi . de fre (frange) : e nel rovescio : che . de . leigle (l'aigle). Questa moneta porta una leggenda francese, mentre lo monete contemporanee coniate nella stessa Francia portavano sempre leggende latine.

Potremmo ancora citare la moneta di tre cavalli coniata da Filippo II in Sicilia , colla nuova e non mai usata leggenda : rex trtxacrie, la quale fu poi imitata da Carlo II. Potremmo citare altre leggende usate dallo stesso Filippo II e dal padre Carlo V, specialmente sulle monete coniate a Milano , molte delle quali sono affatto nuove e non hanno prece- denti ; ma ci pare che quelle accennate possano ba- stare per convincere anche i più scettici e quelli più facili a mettersi in sospetto per una piccola no- vità o irregolarità che si venga a scoprire nella leg- genda di una moneta.

Tanto meno strano poi, ci sembra, deve riuscire una leggenda che si scosti dall'ordinario, quando si tratta di monete battuto nelle colonie, nelle quali i conii sono ordinariamente di tipo più rozzo e le leggende spesso contraffatte , come ne possono far fede quelle di Scio, Metelino, Pera, Foglia Vec- chia, ecc.

Ed oramai ci par tempo che passiamo alla descri- zione di questa nuova serie di monete Sciotte a com- plemento della prima, monete che per la massima parte non sono che varianti di quelle già pubblicate, mentre una sola, (il N. 4), ò assolutamente nuova.

m AI.Cl'NE MONKrK l.NKDirK E SCONOSCILTE IH SCIO - AI'PENUK E 405

GALEAZZO MARIA SFORZA.

(1466-1-176).

1. Grosso 0 gigliato (gr. 3,300).

jy Croce GALIAZ M SFORZA D lANVE (ve in mono- gramma).

Busto del Duca di fronte col berretto e il bastone del comando terminato da un pomo (?).

IJ. - Croce CONRAD R ROMANOR ^nh in monogramma e l'o piccolo al disopra) Q CHII

Castello a tre torri sormontato daira(juila coronata.

(Tav. IX, N. 1).

2. Grosso e. s. (gr. 8,800).

1/ Croce GALEAZ M SFORZA D lANVE «'W'7/,/.

Busto del Duca come nel procedente, col bastono ter- minato da una pigna.

1^ -— Como il precedente.

(Tav. IX, N. 2).

3. Grosso e. s. (gr. 3,300).

jy Croce GALEAZ M SFORZA D lANE (m: mono-

gramma j.

Busto del Duca conie nei procedenti, ma col bastono terminato a foggia di croce.

I^ Come il precedente.

NB. In questi tre grossi di Galeazzo M. Sforza lo parole, tanto nel dritto che nel rovescio, sono separato da piccoli cerchietti.

(Tav. IX. \. 3).

lUG FU.\M:KSfij EU KRODI.E liNECCllI

4. Grosso e. s. (gr. 3.G00).

^ Croce DVX Stellet/a lANVENSIVM

Busto del Duca di fronte e. s., col bastone termi- nato da una pigna.

T^ Croce CONRAD R ROMANOR C CHI. '=

Castello corno nei grossi precedenti. NB. Le parole del rovescio sono separate da piccoli cer- chietti.

(Tav. IX, N. 4).

Questa moneta, invece del nome del doge, porta il solo titolo DVX lAWENSivM. Noi l'abbiamo collocata qui fra lo monete che portano il nome di Galeazzo M. Sforza, per la somiglianza del tipo e della figura, che vi è rappresentata. Il suo peso però si scosta sensibilmente da quello degli altri tre grossi sopra- descritti, por avvicinarsi invece a quello delle quattro monete seguenti, attribuite ai dogi anonimi e a Lo- dovico XII re di Francia. Difficile è quindi 1' asse- gnare con sicurezza a chi spetti questa moneta, la più interessante di questa seconda serie , e che merita ulteriori studii.

MAONA-ANONIME.

(Sec. XV).

5. Grosso 0 gigliato (gr. 3,200).

^ Croce : CIVITAS : Stelletta : CHII Fiore :

Castello e. s. sormontato dall'aquila coronata. ìjl Croce: CONRADVS : REX : R : Croco,

(Tav. TX, N. .''))

DI ALCL'NE MONKTE INEDITE E SCONOSCIUTE DI SCIO - APPENDICE 407

8. Grosso e. s. (gr. 3,300).

Varietà del precedente , senza il flore nella leggenda

del dritto ; conio diverso dai due già pubblicati.

(Tav. I, 7 e 8).

(Tav. IX, N. G).

9. Grosso e. s. (gr. 3,300).

Altro esemplare di conio differente.

(Tav. IX, N. 7).

MAONA-DOGI ANONIMI.

(Sec. XV).

8 e 9. Grosso o gigliato (gr. 3,600, 3,500).

^ Croce DVX lANVENSIVM (^e parole sono framezzate ila rosette).

Il Duca seduto di fronte col berretto. Tiene colla destra uno scettro [o una spada ?) e ha la sinistra appoggiata al fianco.

9/ Croce CONRAD R ROMANOR C CHII (Le parole sono separate da punti).

Castello colle tre torri sormontato dall'aquila e dietro questa la Croce. Due monete di conio differente.

(Tav. IX, N. 8 e 9).

LODOVICO Xn RE DI FRANCIA.

(1500-1512).

10. Grosso 0 gigliato i^gr. 3,000).

^ Tre punti REX FRANCIE DNVS lANVE.

Il Re coronato seduto di fronte collo scettro nella destra.

4(KS fraN(:ks((j ki) krcoi.k cnkcciU

ìjl Croce CONRAD R ROMANOR C CHII Ilosetfa.

Castello colle tre torri, sormontato dall'aquila; dietro questa la Croce, come in quelli pubblicati alla Ta- vola I, n. 11, ma di conio diverso.

(Tav. IX, N. 10).

11. Grosso e. s. (gr. 3,600).

/& Tre punti REX FRANCIE DNVS lANVE Quattro punti.

Il re coronato e. s. 1^ Come il precedente. Altra varietà da quelli pubblicati alla Tav. I, n. 11.

(Tav. IX, X. 11).

Come abbiamo più suaccennato, colla pubblica- zione di questa nuova serie di monete che crediamo esauriscano o quasi quello rinvenuto nel ripostiglio di Siderunda, ci pare che qualunque dubbio sull' au- tenticità di esse debba essere scomparso. Che se mai alcuno vi persistesse, non potrebbe farci cosa più grata che esponendoci con tutta franchezza le pro- prie ragioni. Se mai tali ragioni fossero buono al punto da provare che noi siamo in errore , ebbene noi non ci terremo per questo disonorati... neanche numismaticamente! Non saremmo certo i primi che hanno dato per buona una moneta falsa, saremo gli ultimi, e ci troveremo anzi in buonissima com- pagnia, cominciando dal Muratori e dallo Zanetti fino al Mionnot, al Barone d'Ailly, che descrisse i fa- mosi denari reali dell'antica Roma, e a tanti distinti numismatici viventi che ommettiamo.... per brevità.

È solo chi non fa nulla o non dice nulla che non si trova mai in pericolo di sbagliare. Chiunque fa o scrive è esposto ad errare, e noi preferiamo stare coi secondi piuttosto che coi primi. Col che però non

DI AI.fl'NE MONKrE INEDITE E SCONOSrIUTE DI SCIO - APPENDICE 400

intendiamo menomamente di cedere le armi, ed anzi sosteniamo più che mai 1' autenticità delle monete di Scio descritte, le quali sono poi per la massima parte nella nostra raccolta e ostensibili a chiunque non cre- desse sufficienti a darne una chiara idea le due tavolo pubblicate.

Francesco ed Ercole Gxecchi.

P. S. Sul fascicolo TX-X (settembre-ottobre 1888) del Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Lette- ratura, leggiamo una piccola recensione fatta dal Ch. Direttore di quel Periodico L. T. Belgrano, sul nostro primo articolo : L)i alcune uionete inedite e sconosciute della zecca di Scio comparso nel primo fascicolo di questa lìicista. Xoi, mentre ringraziamo l'autore d'essersi occupato del nostro piccolo lavoro e delle gentili espressioni a nostro riguardo, rispon- diamo brevemente a qualche punto di detta re- censione.

La prima lettera della leggenda del dritto, nel ma- tapane descritto al N. 1, da quanti esaminarono la moneta fu senz'altro giudicata una P. Xoi al)biamo pertanto proposta l'attrilDuzione di quel matapane a Paleo! ogo e Benedetto Zaccaria.

Quanto al matapane di ^Martino solo (X. 2 della tavola), avendone ora acquistato duo altri esemplari di migliore conservazione, vediamo clie infatti nella leggenda del diritto si devo correggere v iratoi in

41l) F. ED K. UNKCCUl - 1)1 AIXIJNK MiiNETK INKI). DI SCIO - AI'I'END.

V iPATor (colla P tagliata nel gambo da una lineetta.) Abbiamo creduto bene di pubblicare come inedito questo matapane, perchè , come si può verificare dalla nostra descrizione, la leggenda del dritto si scosta sensibilmente da quella del matapane pubbli- cato dal Promis alla Tav. I. N. 3 della sua Zecca di Scio durante il dominio dei Genovesi. W Riguardo alle monete di tempo posteriore, e più specialmente a quelle da noi attribuite a Lodovico XII re di Francia, saremmo ben contenti se qualche numismatico più competente di noi nello studio di quella zecca ne facesse ulteriori studi per vedere se la nostra attri- buzione sia giusta, o se vi siano serie ragioni per con- traddirla.

(1) Il diritto della moneta descritta da Promis è il seguente :

M . Z . S . V . IMPA . S . ISIDOR SYI. E quello della nostra:

M . ZAH . SV IPATOI . S ISIDOR SYI.

RICERCA DEL FIORINO D'ORO

DI

GIANGALEAZZO VISCONTI

Della zecca milanese si avrebbero fiorini d'oro di tutti i Visconti da Lucliino e Giovanni a Filippo Maria, se quelli di Giangaleazzo, di Estoro e di Giancarlo fossero conosciuti. Di questi ultimi due ò già meraviglia come possano avere, nella tumul- tuosa e brevissima signoria, battuto moneta di solo argento e lega. Ma di C^iangaleazzo, che regnò un quarto di secolo, che ebbe dominio esteso più di quanto altri della sua famiglia mai non avesse, e i bisogni degli scambi del cui tempo non furono certo minori diversi che sotto i suoi prede- cessori, la singolare mancanza è non soltanto me- ravigliosa, ma sommamente inverosimile.

Ciò avvertiva (pel primo, a quanto mi sappia) bernardino Biondelli nella sua dotta prefazione alle Monete di 3h'lano dei fratelli Gnecchi. W Egli quivi accenna una congettura anonima ; che cioè i fiorini d'oro di Giangaleazzo sarebbero scomparsi per lo molte sue spese e piìi di tutto por la dote della figlia e l'acquisto del titolo ducale. L'illustre Bion- delli mostra in vero di non dar gran peso a questa ipotesi. Xon credo però inutile rilevarla.

(1) (jyF.r'w. Monete di Milano l'rcfijionr, pag. XLIX.

412 GirSKI'l'E G.WAZ/.l

Disperderò non è distruggere. Dato pure die tutte quelle somme fossero state pagate in fiorini d'oro effet- tivi (sebbene la cambiale allora già nota ed in uso avi-ebbe potuto risparmiare il materiale trasporto del denaro): dato ancora che i fiorini passati per quelle occasioni in Francia ed in Crermania fossero stati proprio tutti del conio di Griangaleazzo (del che non vedrei la necessità), e che per di più venis- sero in quei paesi e da quei governi rifusi, il che pure non era necessario ; pare a me che qualche esemplare almeno avrebbe dovuto limanere in Italia o ritrovarsi all'estero, non fosse altro, per la stra- grande produzione di fiorini che quei pagamenti in tali condizioni avrebbero cagionato a Gian- galeazzo.

Il Biondelli ò d'opinione che la mancanza dei fiorini d'oro di Griangaleazzo Visconti non sia che apparente.

Il vero nomo di lui (cos'i egli argomenta) è sem- plicemente Galeaz come del padre suo, se non tardi e fatto duca assunse il prenomo Johannes. Galeazzo II non regnò mai solo; non potò quindi coniar moneta se non in compagnia di Bernabò. L'equivoco del nome fece ritenere moneto quasi certamente di Giangaleazzo per sue. Cosicché tutti i conii finora attribuiti a Galeazzo Visconti , i fio- rini d' oro compresi , appartengono al Conte di Vertus.

Malgrado l' altissima stima eh' io professo alla dottrina del rimpianto Biondelli io non posso per- suadermi di questa sua opinione, davvero io so capacitarmi come mai quella sua mente così eletta e addottrinata non abbia avvertito alle con- dizioni degli stati viscontei nel trentennio decorso dal 1354 al 1385, che certamente non ignorava e

RirERC\ DKr. KIOUIXO d'oro di GlAN(iAr,R\ZZO VlSCnNTl 41i>

neppure ignorano le persone colte e gentili che mi fanno l'onore di leggere questa memoria.

Che Bernabò e Galeazzo Visconti avessero, ciascuno, dominio sepai'ato e rispettivamente indipendente, con Milano capitale e signoria comune ; che le stesse relazioni vigenti fra i due fratelli vivente Galeazzo, sian continuate dopo la costui morte fra Bernabò e Giangaleazzo, è cosa storicamente pro- vataci). Sarebbe anzi interessante diffondersi su questo fatto singolare di due stati distinti aventi capitalo comune (2), fatto che, studiato colle vicende consegnate nella storia, nelle monete e nei docu- menti contemporanei, suscita il dubbio semmai un patto federale non vigesse fra i due Visconti, dubbio che in me inclina a certezza. L'argomento qui propostomi mi vieta il trattare ora di ciò. Lo farò, a Dio piacendo, un'altra volta.

Tuttavia dal contesto di quanto qui andrò espo- nendo, risulterà spero, chiaramente, che malgrado l'equivoco dei nomi non ò possibile confondere le monete dei due Galeazzi.

Il vero nomo del Conte di Vertus è infatti Galeaz. Nelle monete (tranne due rarissime eccezioni che descriverò piìi avanti) ò iisato sempre solo : nei di- plomi pili frequentemente solo che non coli' aggiunta di Johannes '^).

(1) GiULiNi, Memorie di Milano.

Omo, Documenti diplomatici a lìernabò e Galea:zo, o Bfmabò e Gian- galeazzo Visconti.

(2) Milano fu capitalo comune di Bernabò e Galeazzo anche dopo che qne.-iti ebbe ti-asforita la sua residenza a Pavia. Cosi fu puro con Gian- galeazzo, il quale però, vivente Bernabò veniva raramente a Milano. Vedi Giulini e i documenti diplomatici dell'Osio.

(3j Xei diplomi, Giangaleazzo associato a Bernabò e solo, come Si- gnore intesta o sottoscrive :

I. u Galeaz Vicecomes conies Virtutum Mediolani, etc. imperialis vi- li carius generalis. n

414 (jIUSEl'i'E li.WAZZl

Ciò malgrado, il nostro Visconti passò alla storia col nome di Giang-aleazzo per meglio essere distinto dal padre. E Giangaleazzo chiamerollo io pure, se- guendo l'uso generalmente invalso.

Che Giangaleazzo Visconti debba aver coniato fiorini d' oro, risulta con certezza da un capi- tolo citato dal chiarissimo Autore delle Monete di Paoiai^). Ne noto il seguente passo:

a Itera quod Conductor (della zecca) possit et a debeat fabricari tacere florenos miri qui vocentur u et nominetur Lombardi auri et qui sunt expendi- u biles prò soldis triginta duobus imperialibus prò ^i quolibet floreno. »

Se dunque Giangaleazzo volle che a Pavia si coniassero fiorini del valore di soldi trentadue , che è appunto quello che avevano i fiorini al tempo di Bernabò e Galeazzo, è certo che alludeva alla stessa moneta. È più che probabile poi che ordinasse o meglio avesse già ordinato la coniazione dei fiorini d'oro anche per Milano.

( II. " Dominus Mediolani, etc. comos Yirtutum imporialis vicarras ge- neralis. n Come duca.

III. « Nel diploma CXCIX citato dall'Oslo del 31 Agosto 1B80, per Il la prima volta ò scritto : . . . . magniiìci et excelsi d. d. Johanis a Galeaz Vicecomitis Mediolani, etc. comitis Virtutum imperialis vicarii ic generalis. »

IV. ic Joliannes Galeaz dux Mediolani, etc. Comes Virtutum. n

V. te Dux Mediolani, etc. cornea Papié Anglerieque et Virtutum. »

VI. " Dux Mediolani Papié ac Virtutum comes. n

VII. Il Dux Mediolani, etc. n

VIII. u Dux Mediolani Papié Virtutumque comes ac Pisarum Senarum Il et Perusii dominus. n

(1) Bramiìilla, Monete di Pavia, pag. 389 in nota. Dello stesso, Un durato pavese o fiorino d'oro di Filippo Mafia Visconti ; in fine della me- moria : Questo documento è dell'anno 1 100.

RICERCA DEL FIORINO d"uRO DI GIANGALEAZZO VISCONTI 413

Il Conte Giulini nelle suo Memorie di Milano (i), producenclo fra le monete di Galeazzo Visconti i due fiorini d' oro comunemente attribuitigli , fa le meraviglie della presenza in un d'essi della corona usata da Giangaleazzo , dojìo die fa duca di Milano, (come egli dice), colle parole Dominus Mediolani.

Persuaso quindi che tal corona fosso stata la du- calo milanese fin dal tempo di Giangaleazzo, volendo pure spiegare ciò che a lui sembra un assurdo, sup- pone che Galeazzo stesso abbia potuto per avventura vantare qualche diritto ad usarne, ancorcliè sem- plicemente Signore. Ma non si avvide che in questo caso assai probabilmente Bernabò, pari e collega di Galeazzo, avrebbe avuto lo stosso privilegio: di questo apparo traccia nelle moneto , nel monumento di Bernabò, cosi ricco di simboli e di motti. Di più una simile corona avrebbe potuto figu- rare, se non in tutte, almeno in qualche altra moneta di Galeazzo Visconti.

Il Giulini, poco persuaso di quella supposizione, ne fa una seconda più decisiva e, se vogliamo, nel suo caso, logica.

Egli non aveva visto resemplare, ma soltanto il disegno di quel fiorino. Taglia quindi corto o con- clude che più probabilmente ancora la corona non ò che ima bizzarra aggiunta di clii disegnò la moneta.

Ma a dispetto della logica, quel fiorino e' è dav- vero. Converrà dunque studiare altre ragioni della concordanza fra la leggenda o la corona.

Vediamo anzitutto i due fiorini detti di Galeazzo T Isconti.

(1) Gin. INI, Memorii' di Milano, liln-o LXXT in finn.

-IKi om.SEl'I'E GAVAZZI

Tavola X, Fig. 2.

;& * GALEAZ : VICECOMES :

Milite armato tli tutto punto, la spada brandita in alto, su cavallo in corsa. Biscia al petto del cavaliere, e tra G. Z. sulla gualdrappa al collo, alla spalla ed alla coscia del cavallo. Nel campo ai due lati del cavaliere, tizzo in fiamme sostenente due seccliie.

9I + DNS MEDIOLANI : PAPIÉ : 3 : C

Armi viscontee fra Q, Z. contornate da cornice composta di duo ogive e due archi di circolo rac- cordati da angoli salienti all'esterno.

Tavola X, Fig. 3.

^ + GALEAZ VICECOMES:

Cavaliere come nel precedente. Biscia al petto del cavaliere, alla spalla ed alla coscia del cavallo. Il resto del campo liscio.

'^ - •¥ DOMINVS MEDIOLANI 3 C Armi viscontee fra G. Z. in cornice come nel pre- cedente,

A prima vista questi due fiorini si rassomigliano molto. Ma io vi rilevo anche differenze essenziali. Il primo presenta l'impresa tutta propria di Galeazzo Visconti, del tizzone fiammante coi due secchi che ne pendono; l'altro ne manca affatto. Nel primo, Telmo del cavaliere in diritto e quello che timbra lo scudo in rovescio sono egualmente cimati del drago visconteo poggiato sovra un burletto, e lungo il dorso del drago corre una cresta molto promi- nente. Nel secondo, che è quello della cui autenticità il Conto Griulini dubitava, l'elmo è cinto di una

RICERCA DEL FIORINO d'oRO DI GIANGALF.AZZO VISCONTI 417

corona aperta a tre gigli, e il drago porta al dorso un fregio di piume che tiene il luogo della cresta del precedente. Li distinguerò chiamandoli il primo dal tizzone il secondo dalla corona.

Addurrò qui inoltro alcuni altri fiorini viscontei e conii propri di Giangaleazzo Visconti, che mi gio- veranno come termine di confronto con quei due. Vedremo così se la corona gigliata che tanto imba- razzava l'ottimo Giulini sia corona ducale, se possa convenire a Galeazzo Visconti, o non sia piuttosto propria di Giangaleazzo, e per qual modo: se infine il fiorino dalla corona non sia per avventura quello finora sconosciuto del Conte di Vertus.

Tav. X, fig. I. Osserviamo primamente il fiorino sociale di Bernabò e Galeazzo Visconti. In questo, con precise e chiare parole, è specificato il cimiero appartenente a ciascuno dei due signori.

Questo pezzo ha ripetuti su ambi i lati lo scudo e l'elmo viscontei fra I). li. per Bernabò: D. G. per Galeazzo, racchiusi nella stessa elegante cornice che è nei due fiorini di Galeazzo.

Le armi dell'uno e dell'altro non presentano dif- ferenza di sorta, tranne soltanto gli elmi nel cimiero. Quello di Bernabò porta il drago col dorso piumato, quello di Galeazzo il drago crestato esattamente come nel fiorino dal tizzone. Le leggende corrispon- denti -I- CIMERIV DNI BERNABOVIS VICECOMITIS del primo: 4- CIMERIV DISI GALEAZ VICECOMITIS del secondo fu- rono evidentemente messe coli' intenzione di distin- guere il cimiero dell'uno da quello dell'altro. Gli elmi d' entrambi non portano corone ma \x\\ semplice burlette.

Nelle sue monete particolari, Bernabò riproduco invariabilmente queirelmo stesso a drago piumato ; Galeazzo, tanto in quelle di Milano che di Pavia, il

418 GIUSEPPE r,K\-K7.7.l

drago crestato, fatta eccezione per questi del solo fiorino dalla corona che gli lascio ancora per poco.

TI fiorino di Bernabò e Galeazzo dimostra come i duo Visconti osservassero un'assoluta e rigida egua- glianza nel manifestare i contrassegni del loro grado : non tollerando la menoma prevalenza dell' uno sul- l'altro : la riproduzione invariabile del cimiero mi fa eziandio persuaso che a quei tempi, più clie nei successivi, i Visconti di Milano fossero costantemente fedeli alle divise presceltesi. Mi sembra poi clie l'os- servanza esatta di questa regola tornasse tanto più necessaria in quanto nelle fazioni militari sarebbe tornato altrimenti impossibile distinguere la persona il cui capo era tutto nascosto nell'elmo.

Il cavaliere che figura nel fiorino dal tizzo, avente il drago a cresta in cimiero, sarà dunque non altri che Galeazzo Visconti. Pel contrario quello che porta il drago piumato e la corona, sarà un altro : e se cosi è, il secondo dei due fiorini attribuitigli non sarà di Galeazzo.

(xaleazzo poi, solo di tutti i Visconti , avrebbe prodotto due tipi di fiorino, mentre gli altri ne hanno uno soltanto per ciascuno. Veramente non vedrei perchè egli non abbia potuto derogare alla regola comune ; anzi mi si potrebbe osservare che (come opina uno strenuo e dottissimo conoscitore) (^), il fiorino dal tizzone potendo essere di Zecca pavese, vi potrà pur essere il milanese di Galeazzo. Ma in allora questo suo fiorino avrebbe dovuto presentare gli stessi contrassegni personali che figurano nelle altre sue monete, come ne fanno prova i pegioni di Milano rispetto ai grossi ed ai pegioni di Pavia, cogli

(1) Brambilla, Monete di Pavia, pag. 379.

RICERCA DEL FIORINO D ORO DI GIANGAI.EAZZO VISCONTI

419

stessi cimieri crestati, siano o no accompagnati dal tizzone ardente.

D'altra parte la corona eh' io contesto a Ga- leazzo Visconti vedesi egualmente riprodotta con ogni suo minimo dettaglio nei quattro coni seguenti di Giangaleazzo :

Tavola X, N. 4, Oro, medaglia.

;&— {testa mitrata) . |0 GALEAZ V C DVX MEDIO" LANI 7 C rosette fra le parole iuterpautato. Busto a dritta entro zona formata alternamente di punte e di rosette. K rtesla rnitrataj . PAPIE AN&LERIE Q' COMES 7 e rosette fra lo parole interpuntate. Biscione coronato entro zona come in diritto.

Tranne lo z i caratteri delle due leggende sono capitali e di stile classico.

X. 5, Argento, prova o medaglia.

.ly + lOHANES GALEAZ COMES VIRTVTV.

Busto a destra. }>' - + DVX MEDIOLANI 'C.

Milite cavalcante a destra come nel fiorino dalla corona.

X. 6, Argento, Grosso o pegione.

\y - COMES VIRTVTVM D MEDIOLANI.

Armi viscontee.

Ij- S ABROSIVS MEDIOLAN.

Sant'Ambrogio.

X. 7, Argento, Mezzo soldo.

D' COMES VIRTVTVM

Elmo visconteo.

y D MEDIOLANI ? C

Croce fiorita.

.120 r.iuSEi'i'f: gava/zi

Il primo di questi conii, in oro, prezioso cimelio che la sola collezione Verri può vantare, fa dal va- lente numismatico sopracitato giudicato per quello die è, medaglia e non moneta (i). Ma se egli avesse avuto agio come io l'ebbi, per gentilezza del distinto 0 cortesissimo patrizio che lo possiede, di considerarlo in mano e farne confronto con altri di quella co- spicua raccolta, lo avrebbe detto di un secolo circa posteriore al suo titolare.

Questa medaglia ha il diritto comune con un lato di altra d'argento essa pure della collezione Verri, ad effigie alterna di Giangalcazzo e di Fran- cesco Sforza. (2) E l'identità e tale da convincere che lo stesso punzone servì por ambedue. La testa mitrata a capo della leggenda (^), i caratteri di stile classico, il disegno, la fattura accennano ad un'epoca molto avanti negli Sforza. Nello Monete di Milano poi, a Lodovico Sforza, al N. G, è egregiamente de- scritta benché non figurata una terza medaglia d' argento appartenente al Galnnetto imperiale di

(1) Brajibili.a, Monete di Pavia, pag. 386.

(2) Gkecchi, Monete di Milano, a Francesco Sforma. Tav. XII, X. 1.

D. {testa mitrata) . IO . GALEAZ .V.C. DVX . MEDIOLAXI . 7 . C . Rosetta al posto dei punti. Busto a destra entro circolo ornato di punti e di rosette alternati. R. {testa mitrata) . FRANO . S . VICE . C . DVX . MEDIOLANI . 7,0. Busto coronato a destra, tosta nuda entro circolo come sopra. (8) I lettori sanno che i caratteri capitali classici e la testa mitrata a capo delle leggende appaiono per la prima volta nelle monete milanesi sotto Galeazzo Maria Sforza. Francesco Sforza ed anche Galeazzo Maria nei primordi del suo regno non usano nelle monete che di caratteri trecentisti semigotici. Fnrehbo recezione la medaglia succitata di Francesco Sforza e Giangaleazzo Visconti, se, come a me sembra per quello che vo dicendo, essa pure non ò della fine del quattrocento.

RICERCA DEL FIORINO Ii'oRO IH GIANOAI.EAZZO VISCONTI 421

Vienna ('). Questa porta il busto di Lodovico danna parte e di Francesco Sforza dall'opposta. Il lato di Francesco Sforza appare essere eguale allo stesso della precedente. Per il che il medaglione d'oro Verriano di Giangaleazzo non solo sarebbe medaglia, ma me- daglia dell'epoca sforzesca e forse di Lodovico il Moro, il quale avrebbe con essa inteso onorare la memoria del primo duca di Milano come colle due altre quella del proprio padre.

Il secondo pezzo di Giangaleazzo, è per me ine- splicabile.

^Multiplo di nessuna sua moneta, di foi-ma inusata a quest' epoca, la credo anch'io cogli egregi autori dello ^lonete di Milano, o un tentativo di nuova mo- netaziojie, o medaglia ; coniata forse nell'occasione dell'esaltazione al ducato del nostro Visconti -, Xon mi varrò quindi pei miei confronti che di monete indubitabilmente tali, di conio e dell'epoca di Gian- galeazzo, quali sono il pegione e il sesino.

Il fiorino di Giovanni ^lai'ia Visconti ha cavaliere, scudo, elmo coronato e cimiero eguali in tutto a quello di Galeazzo dalla corona accompagnati dalla qualifica

(1) Gnecciii, Monete di Milano Lo(1oì:ìco Sforma, X. G.

D. (fesliìia) LVDOVICVS . M . SF . DUX . :\[KDIOLAXI . &■ . C Bu^ito corazzato di Lodovico a destra. Testa nula. Isel campo due biscie coroiiato.

K. (testina) FRAXC . S . VICE . C . DVX . MEDIOLAXT . & . C (le parole separate da rosette). Xel campo ornato busto corazzato di Francesco I .'sforza a destra. Testa nuda.

Come si vede il lato di Francesco Sforza sembra essere identico a quello della medaglia descritta alla nota precedente.

(2) L'esemplare Verri pesa gr. 0,400: quello della raccolta municipale gr. G,198. Non trovai modo di dividere l'uno o l'altro di questi pesi per (juelli del grosso, del pegione , del soldo o del sesino ancorché ridotti al fino se di titolo scadente.

4-22 IIIUSEPI'E (i.WAZ/.I

])i(X Mediolani: così pure il seguente unico posseduto dal chiaro Cav. Brambilla ed illusti-ato in una delle sue pregevoli memorie edita nel 1887, che mi volle cortesemente favorire e che mi tengo carissima. Esso presenta in

^^ + FILIPVS MARIA.

Armi viscontee fra F. M. incorniciate. L'elmo è coro- nato, il drago piumato. 5I + COMES PAPIÉ: ).

Cavaliere coli' elmo coronato e cimato come in diritto.

Potrei citare anche il fiorino ducale di Filippo Maria, che ha gli stessi contrassegni, ma non me ne varrò perchè già troppo lontano dall' epoca di Giangaleazzo. Il fiorino di Galeazzo dalla corona e questi due provano già abbastanza che la corona a tre gigli sta indifferentemente col titolo di Signore, di Conte e di Duca.

I lettori avranno notato che nel pegione e nel sesino di Giangaleazzo la parola MEDIOLANI è prece- duta dalla semplice lettera D che può essere interpre- tata per Bux e per Dommus. Io inclinerei piuttosto per Dominus perchè se Giangaleazzo avesse voluto diro Dux assai probabilmente ce 1' avrebbe messo chiaro e completo, e perchè forse per gravi motivi che mi fuorvierebbero indagandoli, non potò 0 non volle coniare moneta espressamente ducale.

Comechè del resto vogliasi interpretare quella D, vista la nessuna relazione fra il titolo ducale e la corona, ciò non nuoce giova al mio assunto.

Questa dunque non sarà corona ducale, e se lo fosse, e se il fiorino in discorso fosse veramente di Galeazzo, la contraddizione veduta dal Giulini sa- rebbe ancora maggiore.

Rlf'EnCA IIEI. FIORINO I)"oRO DI GIANGALKA/ZD VISCONTI 423

Tavola XI. La corona ducale vera di Gianga- leazzo è ben diversa, e cliiunq[ue j)uò vederla nel frontispizio dello splendido messale donato da lui medesimo alla nostra Basilica Ambrosiana nell'oc- casione del suo coronamento a duca. Quivi, nel mozzo, due quadri rappresentano il nostro Visconti in due momenti: nell'atto clie il Legato di Venceslao gli impone la corona, e in quello nel quale, coronato, si mostra agli astanti. Qui la corona consta di un cerchio sul quale si impostano a croco due semi- cerchi formando così una specie di calotta.

Il frontispizio stosso è fregiato in contorno di fiorami e d'imprese: la colomba col motto « hon droit, il leopardo accosciato sotto un melarancio. In basso negli angoli duo elmi di profilo in riscontro, di co- lori differenti e con cimiero diverso.

Quello a sinistra deH'osservatoi'e porta in cimiero un cono terminante in un globo di color rosso. L'altro a destra è cimato del drago visconteo d'az- zurro col fregio di piume d'oro, il fanciullo di rosso, e porta posteriormente una falda di bianco. Amenduc gli elmi hanno la stessa corona a tre gigli, alternati da due punte. Tranne questa diversità di poco mo- mento la corona ò la stessa di quella veduta nei pezzi figurati Tav. X, n. 3, 6, 7. Fra gli elmi due scudi; quello a sinistra ha l'aquila nera in campo d'oro, quello a de- stra ò inquartato della vipera azzurra in campo d'ar- gento e dei gigli d'oro in campo azzurro. Gli elmi e gli scudi sono riprodotti di forme e colori eguali in altro foglio miniato del messale stesso. La sola differenza che vi riscontrai è nel colore della falda dell'olmo vi- sconteo, qui azzurra dove è bianca, forse perchè col tempo il colore ne sarà svanito.

La presenza, nel corpo di un dipinto tutto inteso a celebrare la gloria di Giangaleazzo, dell'elmo dal

4'2i GIUSKl'PE fi.VVAZ/.I

globo rosso in cimiero e la sua postura in rispetto al visconteo al quale è evidentemente pareggiato mi fanno supporre clie esso pure appartengagli ; non come a Visconti, ma come a Conte di Vertus. vedo spiegazione più naturale di questa. E poi significantissimo l'inquarto dei gigli di Francia colla vipera dei Visconti, cosa della quale prego il lettore di prender nota.

In questo prezioso documento (') abbiamo dun- que veduto la corona gigliata che stiamo studiando, e la corona ducale, e quanta sia la loro dissomi- glianza. Ora, se il lettore compiacente volesse tenermi compagnia in una breve digressione fuori d'Italia, gli mostrerò due bellissime monete d'oro del se- colo XIV, di due re: Carlo V di Francia (13G4-1373), Edoardo III d'Inghilterra (1326-1377).

Tavola X, N. 8, Oro Agnello.

^' KÀROLVS X DI X GR X FRANCORV » REX

Il re coronato stanto di prospetto colla spada nella destra, lo scettro nella sinistra, sotto un arco ogi- vale sostenuto da due pilastri terminanti in aguglia: campo cosparso di gigli.

9! + XPE VINCIT * XPE * REGNAI * XPE * IM- PERAI

{Ghriste (sic) per Christus tre volte).

Croce fiorita, accantonata alternamente da giglio e da corona, chiusa in cornice composta di archi di cerchio.

(1) Il messale della Basilica Ambrosiana è veramente un documento storico del più grande interesso ; per lo tìgure, i costumi, gli emblemi, la narrazione che vi si legge della cerimonia dell'incoronamento, la ge- nealogia dei Visconti sebbene in buona parte fantastica, ma che le ilice e i gusti del tempo 0 scojìre le debolezze di Giangaleazzo.

RICERCA DEL FIORINO d'oRO DI GIAXGALEAZZO VISCONTI 425

Tavola X, N. 9, Oro Noble.

^ EDWARDVS DI GRA REX AN&L 3 FRAN DO H

{Edivardus Dei grafia rex Anglice et Francia;, dominus Ili- hernice).

Il re stante in una nave, di prospetto, coronato, colla spada nella destra, lo scudo inquartato a tre gigli e tre leojjardi nella sinistra. A poppa della nave, banderuola con E nel campo : a mezzo, sul fianco della nave, una rosa.

9/ {rosetta) |HS AVT TRANSIENS PER : MEDIVM : ILLORV IBAT Trifolii al posto dei punti. (Jesus autem tra>isie>is per medium illorum ihat. S. Luca, lY, 30).

iNel centro, rosa entro un giro di raggi donde par- tono quattro fioroni diposti a croce accantonati da altrettanti leoncini. Sovra ciascuno di questi una corona eguale a quella che in diritto sta in capo del re. Il tutto in comico composta di otto archi di circolo.

In questo duo moneto lo corono sono egualmcnto aperte, a tre gigli, corno nelle duo monete di Gian- galoazzo (Tavola X, X. G e 7) e per conseguenza come nel fiorino di Galeazzo Visconti.

Sono due esempi cotesti; che potrei citarne assai nelle monete di quei due reami e di quel secolo.

Chi volesse poi sfogliare le tavole di opere sulle Zecche di Francia e d'Ingliilterra, o passare in rassegna i conii del Museo numismatico di Brera, come io feci , non vedrà pel secolo XIV altra corona reale se non aperta e a tre gigli come in quelle due. Che dico di Francia 0 d'Ingliilterra? Ma di Xapoli, di Sicilia, di Aragona, di Ungheria , degli stessi Pontefici nel triregno. E per tutti la

42G inUSEl'I'K GAVAZZI

stessa corona, con o senza le punte negli intervalli fra i gigli.

Vedemmo già che Bernabò, Galeazzo Vi- sconti (eccetto pel secondo il fiorino che gli con- testo) usarono mai una simile corona, conosco moneta non regia italiana anteriore o contem- poranea a Giangalezzo che l'abbia, fuorché una sola di Amedeo VI di Savoia descritta da Dome- nico Promis nel supplemento del 18G6 alle Monete inedite del Piemonte a pag. 3G e figurata nel supple- mento stesso, Tav. I, N. G.

Cito testualmente le parole di quell'insigne numi- smatico :

a La sesta dello monete citate nel supplemento (Tav. I, N. 6) è il ìnanco dozzino descritto nell' or- dine di battitura di Amedeo VI delli 3 giugno 1349, pel quale doveva essere a denari 9 ed a pezzi 102 al marco , e che alla iwima si riconosce per ima contraffazione del doppio tornese di Carlo // hello re di Francia. Varia però questo pezzo da quanto fu prescritto nel 1349 per le leggende, che dal lato della croce gigliata evvi -f MONETA AMEDEI; dal-

X r altro poi nel quale evvi una corona aperta e gigliata , non scorgesi che una confusione di let- tere, delle quali altro non si può distinguere che

u. la parola DVX forse allusiva al titolo di duca del Chiablese che questo principe fu il primo ad

i usare. "

Le lettere intorno alla corona, che tolgo dalla tavola sono queste : TRO IIVBDV + KG.

Questa confusione di lettere che il Promis rileva , e specialmente l'ultima lettera affatto immaginaria, non sarebbe fatta di proposito ? Poiché se Amedeo credette utile contraffare moneta del re di Francia,

RICKRCA DEL FIORINO d'oRO DI GI.VNOALE.VZ/.O VISCONTI 427

avrà anche trovato prudente lasciare in nube il con- traffatore, del quale mettendo a chiare note il nome ed i titoli, si sarebbe puramente e semplicemente confessato usurpatore delle insegne reali.

La corona di Giangaleazzo è dunque reale? Certa- mente. La risposta sembrerà temeraria ma altra non ne vedo. Ma come spiegare cosa tanto strana per un semplice Signore di Milano? Con qual diritto potè egli usarne, o abnono con qual pretesto? Xon certo come Signore di Milano, che nessuno dei suoi maggiori l'ebbe; non come duca perchè vedemmo la corona con titoli diversi, ed il mossale ambrosiano ce la mostra in tutto differente. Sarò forse troppo ardito facendo la seguente congettura ?

Isabella di Valois sposata a Giangaleazzo, divenendo Visconti non cessava perciò di essere principessa fran- cese. Essa quindi avrà potuto fregiare le sue armi della corona reale, non quale simholo di potere, ma quale dislinti>:o di un jiersonaggio di stirpe reale. Giangaleazzo per epici matrimonio prese il titolo di Conto de Vertus dalla moglie, e tanto se l'ebbe caro da dargli una decisa preferenza, non solo sul suo ca- sato Viceeoraes che omette in tutte le sue monete (^) ed anche in parecchi diplomi, ma persino sul suo nome personale Ga'<'az.

In parecchie sue monete, le sole due lettere G. z. tengono il posto del nome: in alcune anzi non v'ha nemmeno questo accenno al nome, come ajipunto è nel pegiono e nel sesino dagli elmi coronati, addotti superiormente. Come dunque egli usò del titolo di

(\) Prego il lettore di ricordare che non ammisi ai confronti il me- daglione dVjro 0 il pi'zzo d' ari^ento du-'alc , .semlirandomi il primo non contemporaneo a Giangalezzo, il .secondo incerto se moneta o medaglia. Preferii paragonare moneto con monete.

42S GIUSEPPE GAVAZZI

Conte de Vertus poi'tatogii dalla moglie , così usò della corona di diritto della moglie stessa.

E come non ne avrebbe còlto l'occasione egli, che meglio che genero e cognato di re avrebbe voluto es- serne figlio e fratello, anzi re ; e lo provò colla dimanda fatta inutilmente al Papa della dignità reale ?

Non ò del resto infrequente il caso di mariti che aggiungano alle proprie le armi e le insegne della moglie. Un esempio di poco posteriore a Gianga- leazzo valga per tutti.

Francesco Sforza sposando Bianca Maria , figlia neppur legittima di Filippo Maria Visconti, aggiun- gendo al suo casato quello della moglie si disse Sfortia Vicecomes, abbandonò le armi della sua casa e assunse addirittura le viscontee.

L'introduzione dei gigli di Francia nello scudo visconteo del mossale di Griangaleazzo è un fatto ana- logo. Quella corona dunque per Giangaleazzo sarà un distintivo personale nella qualità di Conte di Vertus e simbolo significativo di quel titolo. Preso in questo senso non v'ha alcuna ripugnanza della sua presenza con qualsivoglia dignità.

Dirò di pili: per questa ragione la corona basterà a rigor di termini a designare il Conte di Vertus ancorché per avventura il titolo non ne venga espresso con parole.

E quindi, se Bommus Mediolam in tutte lettere non contraddice a Comes Virtutum, neppure vi con- traddirà la corona gigliata evidente nel pegione e nel sesino, presa quale espressione simbolica del titolo stesso.

Resta ora a vedere perchè mai Giangaleazzo (se il fiorino della corona è suo) avrebbe in questa sola circostanza, contrariamente affatto alla sua abitu-

RICEUCA DEL FIORINO d'oRO DI lilANGALEAZZO VISCONTI 4'29

dine, soppresso il titolo favorito e messo il cognome Vicecomes. Io mi darei la seguente spiegazione.

Giangaleazzo riconosceva due alti Signori: l'im- peratore pe' suoi stati d'Italia: il re di Trancia per la Contea di Vertus. In quelli ebbe facoltà di coniar moneta , come ne vediamo parecchie , in questa verosimilmente no. Difatti monete del nostro Visconti di tipo francese non se ne cono- scono.

È noto come nel secolo XIV avessero corso in tutta Europa e nel Levante i fiorini d'oro di tutte le zecche, quindi anche i milanesi. La moneta d'ar- gento invece era speciale a ciascuno stato, serven- dosene il commercio interno soltanto.

Ora se il Conte di Vertus avesse ostentato nel fiorino il suo titolo, che è pure professione di vas- sallaggio al re di Francia, avrebbe recato grave offesa alla reale prerogativa di battere moneta in quelle terre appunto nelle quali e per le quali il re solo poteva tal diritto esercitare.

E questa sarebbe stata sconvenienza e contrad- dizione gravissima, a qualunque zecca i suoi fiorini potessero appartenere, ed in qualunque paese aver corso, peggio poi in Francia. Chi non vede quindi con quanto scrupolo il Visconti dovesse astenersi da tutto ciò elio potesse essere meno che conforme ai doveri impostigli dalla condizione di vassallo e di parente?

Ma la semplice corona significando : e re e persona di reale famiglia, eragli concessa, almeno in via di tolleranza, e il decorarsene avrebbe potuto anche dimostrare in Giangaleazzo l'alto conto da lui dato all'afiinità coi Valois e per questo non tornar loro sgradito.

Quanto alla moneta d'argento, le cose potevano

430 GIUSEPPE <;,\VA7.7.l

correre più liscie: gii spiccioli di Giangaleazzo non avrebbero mai passate le Alpi.

Ora, se la corona, come a me par certo, copre per dir così il titolo di Conte di Vertus e ne tiene il luogo, sarà figura simbolica significante appunto quel titolo che nel fiorino non e lecito scrivere in tutte lettere.

Traducendo quindi il segno in scrittura comune leggeremo di seguito le iscrizioni dei due lati così :

Galeaz Vicecomes [Coìnes Virtuturrì) Dominus Medio- lam, etc, che è appunto l'intestazione e la sottoscri- zione di molti diplomi e scritture di quel principe, meno Imperialis Yicarius Generalis, qui sostituito da Dominus.

Qui è tornato conveniente riprendere il casato antico Vicecomes; sia per meglio indicare il perso- naggio che non colle armi soltanto, sia anche perchè, nel contorno, un Galeaz nudo e crudo avrebbe fatto meschina figura.

Giangaleazzo insomma , in questo che ormai giu- dico il suo fiorino : si chiama Galeaz per il suo vero nome come del resto in altre sue monete : corona l'elmo perchè appartiene o si considera appartenere alla real casa di Francia e nella qualità di Conte di Vertus : ometto il Comes Virtiitum per lan dove- roso riguardo al suo alto sire di Francia di cui dove rispettare i diritti sovi-ani.

Por tal modo sembra a me dimostrato come il fiorino colla corona accompagnata dallo parole Galeaz Vicecomes Dominus Mediolani spetti a Gian- galeazzo Visconti: e se così è , faremo atto di giu- stizia restituendolo a lui come roba sua e non del padre.

La corona di Giangaleazzo passa in uso ai suoi successori, ed anzi dopo di lui se ne usa ed abusa

RICERCA DEL FIORINO d'oRO DI OIANGALEAZZO VISCONTI 431

anche da altri Signori italiani e stranieri (i). Ad esempio il grosso di Brescia di Pandolfo Malatesta.

I re del qnattrocento per non parere da meno arricchiscono la corona ; al cominciare del secolo decimosesto la corona si chinde e si adorna al ver- tice di globi crucigeri, di gigli, di leopardi. L'ai"ric- chirsi progressivo della corona reale potrà foi'se dare un criterio per distinguere le moneto di due re di nome eguale.

Non so se l'esposto avrà convinto i lettori come me. Io mi appello del resto al loro giudizio assai più competente del mio.

Giuseppe Gavazzi.

* * *

PS. Questa memoria era terminata, quando mi venne sott'occhio l'opuscolo di D. Promis, del 1858, sulle monete dei Paleologi di ^lonfcrrato. Quivi nella Tav. II ai n. 1 0 2 sono figurati duo pezzi d'argento di Secondotto marchese (1372-1377) coli' elmo coro- nato come per Gian Galeazzo Visconti.

Secondotto fu marito di Violante Visconti sorella di Giangaleazzo, e se mori un anno prima che questi succedesse al padre, visse in tempo che il cognato era da molto Conte de Vertus ed avea già proba- bilmente tolto per distintivo la corona reale nello suo anni.

(1) Croi.lai.anza, Enciclopedia Araldico-Carall'.'resca, alla parola Corona, pag. 219.

432 G. (i.WAZZI - RICEKC.V DEL l'IORINO D ORO DI GIANGALEAZZO VISCONTI

Potrebbe darsi che questo fatto di Secondotto abbia avuto a motivo l'affinità coi Visconti, i quali con Giangaleazzo, come vedemmo, cominciarono a co- ronar l'elmo : o meglio ancora il discendere dai Pa- leologi imperatori d'Oriente,

Ciò non muta del resto lo stato delle cose, che rimangono quali sono, vale a dire, che la corona dei re nel trecento fu aperta, a tre gigli con o senza punte negli intervalli: che quindi la corona i:sata da Giangaleazzo Visconti, ed (ora diremo) anche da Secondotto Paleoiogo, sono corone i-eali.

I MEDAGLISTI DEL RINASCLMENTO

ALLA. COETE DI MANTOVA

n.

(Continuazione).

PIER JACOPO ALARI-BONACOLSI

DETTO ì'Antico.

Esposto nel precedento capitolo quanto ho potuto rinvenire intorno alla vita dell'Antico, verrò ora a clas- siiicarne e a descriverne le opere; e benché su di esse non abbia potuto sin qui riunire grande copia di no- tizie, spero tuttavia che altri, con maggiore compe- tenza di me e col sussidio di imovi studii e di più mi- nute ricerche nelle collezioni e nei musei, possa da questi cenni trarre argomento ad vm nuovo lavoro che metta meglio in rilievo la figura del nostro ai'tista.

L'Antico trovò a Mantova meglio che in qualunque altro luogo le condizioni favorevoli per sviluppare la sua attività artistica: infatti il rinascimento aveva il suo più grande interpreto in Andrea Mantegna che portò al più alto grado possibile il culto per l'antichità ed è quindi naturale che l'Alari dagli in- segnamenti di tanto maestro traesse animo a ripro- durre gli esemplari classici di cui v'era scarsezza e conseguentemente grande ricerca nell'Alta Italia,

434 UMBERTO ROSSI

piuttosto clic a ci'caro egli stesso lavori originali. Del resto non è dubbio clic egli abbia esercitato una certa influenza nell' arte mantovana, indipendente- mente dalle sue copie dall'antico, perchè molto tempo dopo lo troviamo ancora nominato e con onore nel carteggio dei pittori die nel 158G lavoravano al castello di Goito W.

Come ho già detto innanzi, i primi lavori dell'An- tico furono d'oreficeria, e su di essi abbiamo tanto insufficienti indicazioni, fatta eccezione di uno, da rendere arrischiato ogni giudizio in proposito. Non mi fermerò quindi sulla cintura, regalata da An- tonio del Balzo alla marchesa di Mantova, sui due vasetti d'argento dorato eseguiti per Gian Fran- cesco Gonzaga, sulla testa di cavallo, sull'aquila e sul san Giovannino d' oro fatti per commissione d'Isabella d'Este, sebbene la descrizione di quest'ul- timo, quale si può desumere dalle lettere che ho pubblicate, sia più che bastevole a farlo riconoscere quando esista ancora, o almeno a trovarne le traccie. Dirò invece delle medaglie e delle placchette che ap- partengono pur esse al primo periodo della carriei'a artistica dell'Alari e che possono per eccellenza di lavoro stare al paro collo migliori di quell'epoca.

(1) Intra. Il castello di Ooilo in Archivio storico lombardo, serie II, vo- lume V, pag. 40. u Io diedi il disegno della sofitta al detto messer Pompeo et gli dissi che S. A. comandava clie gli disegni delli fogliami se gli facesse per di dentro alcuni animali et qualche mezza figura per uscire dalla stampa veccliia, che cosi ha usato il bon Antiche et in par- ticolare Giulio Romano n. (Lettera del pittore Fr. Borgani).

Questo brano di lettera può lontanamente dar lume anche sugli artisti che lavorarono la famosa porta Stanga di Cremona : in essa gli ornamenti sono appunto quali li descrivo il pittore Boi'gani, e per di più vi è ri- prodotta una placchetta dell'Antico. Non voglio dire con questo che l'Alari abl)ia lavorato materialmente alla porta: egli però da Bozzolo, ove risie- deva, paese vicino a Cremona, potè benissimo mandarvi qualche disegno anche di soli dettagli.

1 MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 435

Le medaglie dell'Antico si riferiscono tutte a Gian Francesco Gonzaga, signore di Bozzolo e Sabbioneta e conte di Rodigo, terzo figlio di Lodovico Gonzaga marchese di Mantova, e ad Antonia del Balzo sua moglie (1) : eccone la descrizione, secondo l' ordine dell' Armand (2).

1. Diam. 40. ^' lOHANNES FRANCISCVS GONZ.

Busto a sinistra di Gian Francesco, a testa nuda e con lunghi capelli inanellati; porta una clamide al- l'antica annodata con un fermaglio sulla spalla (3).

9' FOR -VICTRICI. ANTI.

La Fortuna stante su un globo, colla testa alzata, mentre colla sinistra raccoglie le pieghe della tunica; a sinistra, presso un trofeo, un uomo nudo (Marte o Ercole?) colle mani legate dietro la schiena: a destra una donna (Minerva?) vestita di tunica suc- cinta, appoggiata colla destra ad una lancia e colla sinistra ad un trofeo (4).

(Tav. XII, N. 1).

(1) Gian Francesco Gonzaga nacque nel 1413 e mori nel HOC Antonia del Balzo nacque nel 1441 e mori nel 1638; era figlia ili Pirro principe d' Altamnra e quando sposò Gian Francesco, era vedova di Hinaldo da Berbignano.

(2j Armand, op. cit., I. GÌ.

(.3j In alcuni esemplari di questo e dallo successivo medaglie il busto di Gian Frani^esco offre una variante che credo utile non trascurare: in- vece della clamide porta un giustacuore o forse cotta d' arme , su cui spicca una collana clic pare d'oriline cavalleresco (Tav. XIT, n. 0). A questo proposito trovo descritti nel già citato inventario di Gian Francesco i seguenti oggetti che lianno probabilmente rapporto col collare rappresen- tato nella medaglia:

li Uno sancto Michele de diamante cum lo sehuto de rubini, cum uno serpente cum uno rubino nel corpo, cura una spada cum uno rubineto dentro, cum una perla pendente et cum una catenella longa sutile d'oro.

a Una sellatola de corrame tonda cum una collana d' oro del ordine del re do schotia che pesa ontie tredeci et uno quarto n.

(4) La rappresentazione allegorica che si vede su questo rovescio è evidentemente tolta dall' antico, se non nell' insieme, almeno figura per

43(5 UMBERTO ROSSI

2. Diam. 40.

jy Simile al precedente.

9/ MARCHIO COMES ROTI

Un fulmine alato W.

(Tav. XII, N. 2).

3. Diam. 40.

^ Simile al precedente.

9 MARCHIO COMES ROTI

Un fuoco ardente : sotto vi è un nastro su cui è inciso il motto ~ PROBITAS LAVDATVR (2).

(Tav. XII, N. 3).

4. Diam. 40.

ISy Simile al precedente.

9I DIVA ANTONIA BAVTIA DE &ONZ MAR.

Busto a destra d'Antonia del Balzo coi capelli in una reticella, rattenuti sulla fronte da un nastro.

(Tav. XII, N. 4).

5. Diam. 40.

^ Simile al rovescio della medaglia precedente.

figura. È curioso come i diversi autori che hanno descritta la medaglia abbiano data ognuno una differente interpretazione al personaggio di sinistra: lo Zanetti {Zecche e monete d' Italia, tomo III, 123) nelle note all'Affò, lo dice un Ercole basandosi forse sulla muscolatura molto accen- tuata della figurina; il Litta [Famiglie celebri d' Italia) seguendo lo Za- netti lo dice pure Ercole : gli autori del Trésor de numismatique et glyptique lo credono Marte incatenato, e cosi l'Armand; finalmente il Molinier vi ravvisa solamente un prigioniero.

(1) Il fulmine alato era impresa personale di Gian Francesco, che venne adottata in seguito anche da suo nijjote Vespasiano duca di Sabbioneta: nel palazzo ducale di questo paese si vede ancora insieme a molte altre imprese gonzaghesche in una sala dipinta da Bernardino Campi. Questo fulmine è esattamente copiato da quello dei medii bronzi d'Augusto.

(2) Anche questa è impresa personale di Gian Francesco, che ho vista ripetuta in un quadrello di maiolica da pavimento, proveniente forse dal distrutto palazzo Gonzaga e che oggi è infissa nella facciata della chie- suola di S. Eocco a Gazzuolo.

I MEDAGLISTI DKL RINASCIMENTO AI.I.A CORTK 1)1 MANTOVA 4:^)7

9' SVPEREST M SPES ANTI.

Figura di donna nuda alata stante sopra una prora di nave tirata sull'onde da due cavalli alati, a sinistra ; la donna ha nella destra un' ancora e nella sinistra una vela stracciata ; dietro di lei si vede 1' albero della nave rotto ; sulla prora v'è il motto MAI PIV (^)-

(Tav. XII, N. 5).

Specialmente la prima e l'ultima di queste meda- glie rivelano nel loro artefice un talento ed un me- rito non comune e selobene abbiano assai spiccato il carattere di imitazione dall'antico non possono tuttavia essere classificate copie servili come ad esem- pio quelle di Nicolò di Forzore Spinelli.

Le piaceli ette attribuite all'Alari sono soltanto due: essendo però poco tempo che l'attenzione degli studiosi si è rivolta a queste piccole produzioni ar- tisticlie, è credibile che un più accurato esame dello collezioni fìitto con criterii stilistici positivi, possa accrescere anche per questa parte 1' opera dell" An- tico i"^). Darò intanto la descrizione delle due accen- nate, secondo il Molinier:

(1) Eappresentazione imitata dall'antico; la descrizione che ne l'Ar- mand ò mancante di parte delle leggende.

(2) Alcune placclietto, che non so se debbano dirsi dell'Antico, sono de- scritto nell'inventario di Gian Francesco, giù rammentato, e sono le se- guenti :

Il Una cassfcta senza copergio cum inf'rascripte cose dentro.

Il Due figurete de metalo.

Il Dui tondi cum certe figure suso.

ti Uno sancto Hieronymo.

Il Uno sancto Sebastiano.

ti Una nostra dona cum una nuntiata (sic.)

.1 Una figura in su uno tondo.

ti Due stainpete cum foglie suso.

Il Uno quadreto cum due portete sue.

Il Due altre stampete cum duo figure su, tute de bronzo et rame.

Il Uno quadreto cum multe figure su, de motale.

Il Uno tondo cum figura de veghio suso, n

438 UMBERTO ROSSI

1. Diam. 35.

La Fortuna stante su un globo colla destra alzata, ecc. come al rovescio della medaglia di Gian Francesco, al numero 1 (1). (Museo Nazionale di Firenze : raccolta Carrand).

2. Diam. 40.

Un guerriero vestito all'antica colla spada nella destra in carro a quattro ruote tirato da due cavalli alati a sinistra ; nel campo, una stella : sotto i cavalli uno scudo e una scimitarra (2). Intorno gira la leggenda DO : HEC : FIDES : QVAM : FECIT : (Colleziono G. Droyfusj.

(1) È strano come il Sig. Molinier classifichi la figurina centrale di questa placchetta come una Vittoria in piedi sul mondo, mentre basta la leggenda della medaglia da cui ò tolta per accertarci che è la Fortuna che vi è raffigurata ; e d'altra parte è noto come la Fortuna sia frequen- temente rappresentata in piedi su un globo, mentre la Vittoria -ordina- riamente è alata e non ha mai altri acces=orii.

(2) Questo soggetto è in gran parte una reminiscenza della medaglia d'Antonia del Balzo, descritta al n. G.

Per questa placchetta debbo le più sentite grazie al sig. Gustavo Dreyfus, che, por cortese intromissione del mio amico sig. Prospero Valton, volle favorirmene un ottimo calco.

I MEDAfir.ISTI DEI. RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 489

in.

GIAN MARCO CAVALLI.

Finora quasi sconosciuto, questo artista non devo però essere stato degli ultimi fra quanti concorsero con magistero dell'opera loro a illustrare la Corte mantovana nell'aurea epoca dell'italiano rinascimento e le non troppo copiose notizie che ho potuto rac- cogliere su di lui, se non varranno a metterne in luce dettagliatamente la vita e le opere, saranno, spero, più che bastevoli a renderne intei'essante la figura, meritevole per più di un titolo di prender posto nella storia dell'arte.

Gian Marco Cavalli nacque in Viadana, paese del Mantovano, da Andrea, detto Miseria, notaio di pro- fessione, verso la metà del quindicesimo secolo ^'^). Nulla sappiamo sul principio della sua carriera, e la prima memoria di lui risale al 1479 nel qual anno veniva dai suoi compaesani scelto a far parte del Consiglio degli Ottanta, come appare da un registro del Comune di Viadana (2). Solo due anni dopo lo

(1) La famiglia Cavalli è originaria di Viadana e molti de' suoi membri esercitarono l'arte del notatario. Un Venturino Cavalli, il 29 giugno 1420, rogò l'istromento di donazione fatto da Giacomo Cavalcabi, già signore di Viadana, a Gian Francesco Gonzaga, in compenso degli assegni da quest'ultimo avuti il 18 giugno 1415, giorno della dedizione di Via- dana al marchese di Mantova. Andrea Cavalli, padre di Gian Marco, era pure notaio e viveva ancora nel 1495.

Queste notizie insieme a diverse altre mi furono favorite dal mio dotto amico, prof. Antonio Parazzi, arciprete di Viadana, al quale sono lieto di rendere qui grazie per gli importanti materiali scientifici posti a mia disposizione.

(2; Ardi, comunale di Viadana. Libro rosso, pag. 59 e 08.

J40 UMBERTO ROSSI

vediamo lavorare per il marchese di Mantova, Fede- rico Gonzaga, il quale gli indirizzava questa lettera :

u lohanni Marco de Caballis, anriflci.

ti Dilecte iioster. Vogliamo che havendo tu fornito u quelli nostri vasetti subito ce li porti a Mantua. Mantue, u 6 iunij 1481 (1). V

L'artista rispose in giornata al marchese scusan- dosi per l'indugio a compiere il lavoro affidatogli e domandando una settimana di tempo:

u 111."= Princeps et Ex.™^ D. D. mi sing."' Eispondendo u ad una liozi recevuta, mi excuso de non bavere possuto " finirò quelli vasetti per le molte et loiige inundatione del u Po, quale me hano constretto stare in villa per farme re- ti parare da le aque, ma indubitanter serano finiti per tuta ti la septimana proxima che viene , et fati subito li por- ti tarò ala prefata V. Ex. alla quale come fidelissimo servi- ti toro di continuo me ricomando. Vitaliano, vi Iunij 1481. u Johannes Marchus de Oavallis ser.°' n (2),

Dal modo con cui le due lettere sopra riportate sono redatte, parrebbe che questa non fosse la prima commissione che Gian Marco aveva dal marchese Federico ; disgraziatamente 1' archivio mantovano, un po' deficiente a quest'epoca, non offre prove in suffragio di tale opinione e bisogna quindi passare oltre.

(1) Arch. Gonz. di Mantova. Copialettere marchionali. Questa let- tera, insieme ad alcune altre, fu già puLblicata dal sig. A. Bertolotti, nelle sue Arti minori alla Corte dei Gonzaga inserite hgW' Archivio storico lombardo, serie II, fase. XVIII : credo però utilissimo il riprodurle perchè il sig. Bertolotti non ha messo nel suo lavoro tutta quell'esattezza che gli studiosi sarebbero in diritto di esigere.

(2) Arch. sudd. Carteggio interno.

1 MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA COIITE DI MANTOVA 441

Nuove notizie del Cavalli trovo nel 1483 e im- portanti per più d'un rispetto, sia perchè dimostrano la stima in cui era tenuto dal marchese e la defe- renza che gli usavano i suoi agenti, sia per l'entità del lavoro che doveva farsi sul disegno di Andrea Mantegna. Si trattava di eseguire delle olle e dei boccali ad imitazione dall'antico, e Lancillotto An- dreasi ne scriveva in tal guisa al marchese:

u Illustris."= Priii. et ex domine mi singl.'"' otc. Io lio u praticato mercato cum Io. Marco orefice de quelle ole u vechie et de li bocali secondo il disiguo de Andrea Man- u tegna. Esso Io. Marco adimanda de le ole lire 3 soldi 10 ii do la marcila et de li vasi predicti ducati uno e mezo de u la marcila. Io li ho ofiorto de detto ole mezo ducato de la u marcila e ducati uno de li predicti vasi : non lia voluto li stare contento : questo medesimo trovarasi da altri che u lavorarano così bene comò lui ; el c'è uno giovene che ha u nome Ioan Francesco, quale ho zentil maestro, lavora u molto diligentemente et si è offerto de volere del pretio a fare ciò che piace a Vostra S. Ho ordino cvim osso de u temptare che mercato voi fare, del tuta darò adviso a u Vostra S. a la venuta de quella, deliberato qual vasi se u habbia affare, se darà de via. Tomaso ha hauto il suo u lavorerò et s' è offerto toglierne del altro se piacerà a " Vostra S. ala qual me racomando.

u Mantue, 12 febr. 1483. u E. V. 111.

u u. famulus Lancilotus de Andreasiis.

(fuori) u Illustrissimo patri et ex. duo u dno meo singl.'"" dno t; Federico do Tionzaga marchioni ^ Mantue ac ducali gubernatori generali n (1;.

(1) Arch. sudd. Cart. sudd.

•112 UMJÌKRTO ROSSI

Il prezzo di tre lire e mezzo per libbra d'argento lavorato parve eccessivo al Gonzaga die deliberò di valersi dell'altro giovane artista Gian Francesco Ro- berti, e rispose al suo agente :

CI Ilavemo visto quanto ne scrivi per la tua de xij circa a la manifactiira de quelli nostri vasi etc. Eespondemote che u nui non liavemo più rispocto che Zohan Marco ne serva a che un altro et seremo contenti, purché siamo ben ser- t; viti che tu daghi essi lavori a far a quello Zoan Fran- ti casco che tu dici esser gentil maestro, poi chel s' è of- u ferto volerli fare per el mercato che tu volevi dare a u Zohan Marco : et la voluntìi nostra è che tu non guardi a ad una marcha de arzento de più a faro che l'opera sia u bella et honorevole. Viteliane, xiiij februarii 1483 n (1).

Secondo il desiderio del marchese il lavoro dei vasi venne affidato al Roberti, che faceva allora le sue prime prove in arte. Gian Marco che in quel tempo aveva preso dimora in ^lantova , tornò di a non molto a Viadana, ove lo chiamavano interessi di fa- miglia. Infatti fin dal 1475 era stato nominato cura- tore dei beni di un Marchio o Melchiorre Cavalli suo parente , mentecatto ; e nel 1490 intercedeva dal marchese che fossero ritenuti validi gli atti legali da lui fatti nell'interesse della tutela, sebbene non com- piuti collo volute formalità (2).

(1) Arch. sndd. Copialettere marcliionali.

(2) Arch. sudd. Eegistri dei decreti, n. 25.

a Franciscus Marchio Mant. eto. Johannes Marcus de Cavallis habi- tator terre nostre Vitalliane No))is huiniliter exposuit qualiter alias cui- dam Melcliiori de Cavallis mentocapto et eius affini liabitatori diete terre Vitaliane in cnratorem decretus fuit qiialiterque licet cnram ipsam as- sumpserit inventariumque honorum ipsius Melohioris confecerit, atamen predicta minime fuerunt legilirae facta infra dehitnm tempus nec omni- bus solemuitatibus a jure et statutis nostris requisitis. Quapropter a no-

I MEnAGLlSTI DEL RINASCIMENTO ALLA COUTE DI MANTOVA 443

Alcuni anni più tardi una lettera di Baldassarre Suardi, protonotario apostolico e podestà di Viadana, ci presenta il Cavalli come incisore di conii : il Suardi

bis humiliter petiit ut per decretnm nostrum talem curam sic alias de- crotam et acceptam, datis tamen fidejussoribus debitis, confirmare digna- remur, non obstante quod in reliquis non fuissent alie iuridice et statutarie solemnitates servate et prout infra in eiusdem Jo. ^^arci sup- plicatione latins de premissis continetur videlicet : Illu. et Ex. D. V. humilmente supplica el fidel servo di quella Zo. Marche Cavallo habitator in Viadana, narando corno alias del mese di zugnio 1475 lui fu dicernuto in curatore a uno ^farchio di Cavalli mentecapto per essere lui parente più proximo et de li a cercha dece e otto mesi fece lu inventario di suoi beni e questo non obstante parsse chel fusse allegato tal cura non valer per non esser sta servate le solemuitade de rasone per modo che esso suplicante per questo et per levarsi di tal fastidio si etiam che dicto Marchio mentecapto non volea stare sub cure, se levò da tal im- presa de essere più a tal governo, ma perchè ogni esso Marchio an- dava discipando li soi beni, lui suplicante tni'altra volta del mese de febraro del 1488 a complacentia de li altri parenti jiii forma publica reasurapse dieta cura, la qual pare ancora sia alligatta non essere fata cum tutte le solemnitade debite, et maxime chel non fu fatto lo inven- tario predicto intra el tempo limitato per li statuti, et che lui Marchio mentecapto non tu citato ad opponend. ohi. non se li desse ditto cura- tore, quamvis perliò non era necessaria tal citatione percliè 1' ò notorio cumo rendere bona testimonianza il Mag.'" domino Donino el qual novamente l'ha habuto dinanzi, considerato che a dover rccomenzaro a dare uno novo curatore a questo mentecapto el saria uno agiongere spesa a spesa, e de questo lui non Iia bisogno per esser caricho di fa- miglia cum la moglie e figlioli, et anche che facendose queste cose li a Viadana dove non l'è co>i modo de bavere consiglio a ogni solemnitade indiciale circhaciò, potoria de facili achadere che in qualclio cosa el se mancharia, acciochè se levi ogni dubitatione et clie questo pover liomo non vadi a questo modo livrando di consumare el suo senza qualche rezimento, prega et suplica dicto Zo. Marco a V. E. che lei se digni cometere che per suo decreto el sia confirmata dieta cura alias facta prò vallida, la qual fu accoptata dato lo sigurtà debito et cum consentimento di parenti, non obstante che in l'altre cose el non fusse sta servate lo altro solemnitade juridice o sia statutarie, 'perdio altramente questui ogni fa contracti e obligatione, li è persona che li metti mani di- nanzi, la qual cosa concedendogli, la riputerà de singular gratia de la prefata S. V. alla qual se ricomanda. 2G MaiJ 1490. Fiat per consiliuni. Nos autem supplicationibus predictis iiichlinafi, attento maxime (piod

444 UMBERTO ROSSI

lo raccomandava al marchese Francesco in questi termini :

u Illustrissimo signor mio. Zolian Marco Cavallino u presente portatore, desideroso de servire ala Ex. V. ha ti fatto certe mostre da stampire monete de comissione mia, u quale porta a la prefata V. S. Se alcuna de quale glie a piacerà la farà in quello modo : se quella ha altra fanta- u sia, facendogela intendere, io credo cliel satisfarà bene u ala S. V. Et perchè li ragusei hano portato una quantità a de arzento e fra pochi ne portarano de l'altro, sei pa- u resse a V. S. che se facesse una moneta più grosa che a busoloti, la se farla cum minor spesa de manifatura, pa- u rendo a V. S. de fare intender a Zohan Marco la valuta u. de la moneta quale se ha a fare, sera bene aciò che la a grandeza del stampo convenga cum la valuta. A mi pa- ti reria, perchè le monete de V. S. se spendeno in lo do- ti minio do la Signoria come a Mantua, essendo de quella ti bontà che sono et de quella liga che sono le monete ve-

utilitati tlicti Melcliioris mentecapti magis expodire videtur talem curam alias ut prefertur per enndom Johannem ]\Jarciim assumptam potius con- fìrmare quam denuo aliam reassumere aliudqnc inveiitarium conficere, vigore nostri arbitrii ac do plenitudine potestatis qua publice in dieta nostra civitate Mantue eiusque districtu et dominio nostro fungimur, predictam curam et omnia et singula que per ipsnm Johannem Marcum ut supra facta fuernnt confirmamus et validamus decernentes per lioc presens decretum nostrum dictum Joliaunem !Marcuni tamquam curato- rem in juditio et extra, de cetero generaliter circa regiminem et curam ejusdem Melcliioris et honorum suorum prò curatore posse intervenire et omnia et singula facere quelibet legitimus cnrator mentecapti facere potest ac si diete omnes solemnitates ad dictam curam et inventarium sic ut exponit alias per cum confectum adliibite fuissent, aliquibus aliis in oontrarium non obstantibus, quibus omnibus obstantibus derogamus et derogatum esse volumus et mandamus. In quorum fidem et robur presens nostrum confirmationis decretum fieri et registrari iussimus no- strique soliti sigilli impressione communiri. Datura Mantue, p." mensis septembris 1400. Johannes Carolus Scalena prefati 111. D. X. secre- tarius, visa supplicatione signata fìat per cousilium etc. Hector subscripsit 11,

I MEI>.\(ÌLISTI DEL RINASCIMENTO .\1.I,\ CORTE IH MANTOVA '145

ti neciane, cliel fosse bene fare moneta de valuta de tri IX marcelli, overo de doi, come più piacesse a V. S. ala grafia li de la quale continuamente mi ricomando. Mantue, 12 u martij 1497.

a Eiusdem V. Celsitudinis

u servitor Baldassar Suardus, (fuori) " 111. Principi D. Marcii. Francisco Gronzage u Mantue n (1).

Lo mostre da monete accennate nella lettera erano i primi saggi che Gian ^[arco produceva nell'arte del coniatore; e sombra che soddisfacessero assai il mar- chese, perchè in documenti posteriori troviamo .spesso accennato il Cavalli come lavorante alla zecca (-).

Come quasi tutti gli artisti mantovani di quel- l'epoca Gian ]\rarco ebbe a servire anche il vescovo Lodovico Gonzaga , prelato intelligente e di gusto fine, che ho avuto occasione di rammentare negli

(1) Ardi, suild. Cartej^i^io interno. Lettera f:;ià pubblicata dal conte Carlo d'Arco nello Arti ed artefici di Mantova, tomo II, pag. 41, ma con parecoliie inesattezze.

Il .Suardi accenna ad argenti portati da Ragusa: v'era infatti grande commercio d'argenterie fra questa città e lo stato dei Gonzaga e paro anche die fosse in uso una foggia speciale di lavorazione, percliè nell' inventario di Gian Francesco Gonzaga del 1490, già citato pi-ece- dentementc, trovo rammentati i seguenti oggetti:

li Sei bacino grande (d'argento) dorate do dentro cum l'arma de Gon- zaga ala ragusea.

u .Sei bronzini grandi (d'argento) dorati alla ragusea.

u Quatro fiaschi grandi ragusei (d'argento).

u Una cassa dove fu portati dentro li argenti de Ragusa.

CI Una altra cassota dove se portò li argenti de Ragusa, n

(■2i Dalla lettera del Suardi ajìparo cliiaranionte che fino al 1497 non si erano ancora coniati nella zecca di Mantova i testoni o rjunrti d'ar- gento, dei quali si conoscono diversi tipi spettanti al marchese Francesco. I bussolotti di cui si fa parola nel documento surriferito sono le cono- sciute monete che hanno nel diritto il busto del marchese col berretto in capo e nel rovescio il reliquiario col sangue di Cristo.

41G CMIiEKTO K'ISSl

stuilii jn'Gcodeuti su p]rme,s Flavi(j e .sulF Antico : o il primo lavoro che eseguì pel vescovo, stando a docu- menti, fu una riproduzione in bronzo del cavasjv'no, destinata al patrizio veneto Marcantonio Morosini , grande amatore di belle arti (^).

Il vescovo aveva commesso al Cavalli la modella-

(1) Col Morosini il vescovo Lodovico era da molto tempo in relazione, 0 ne' suoi registri conservati nell'Archivio di Stato di Parma lio trovato due lettere relative ad antiche statue che mi par utile pubblicare.

« Magnifico domino Marco Antonio Mauroceno equiti, oratori veneto ajmd serenissimum Begem Neapolitanum.

n Magnifico ac insignis eques tamquam frater honorande. El nostro venerabil m. Thomaso Pasqualino mi ha richiesto in nome di V. Ma- gnificentia duo teste di marmo in dono, quale lei monstra desiderare molto di havorle: io, quantunque de alcune ci sono non ne possa dispo- nere, per esore alcuni romani gli hanno parte : nondimeno, come desi- deroso di compiacere quella in assai magior cosa, sono contentissimo di donarli esse dui teste. Quale habbiano ad essere un principio et vinculo de una nostra perpetua et indissolulàle confraternita et nmicitia. Se non saranno quelle così belle comò la meritarla aut desiderarla, accepti sal- tem la mia bona voluntà: perchè invero ninna cosa lio tanto cara che jDor compiacerli et far cosa grata non me ne volese privare. Pertanto scrivo per l'aligata ad m. Kufino Gablonéta mio famigliare residente in Roma clie ad omni richiesta do V. !M. glie presenti davanti tutte le mie toste marmoree quale lio noie mane et a lei lassa elezere duo delle più belle meglio le piaceranno. Starà mo'a quella a farsi la electione a suo modo. Se altro è in mi ohe a lei piaccia, sapia potermi tanto disponare come del proprio, alla quale mi offero et racomando. Hostiani, ultimo Maij 1489. 11

Nella lettera seguente riservata all'agente Gabbioneta, il vescovo lo avvertiva che non mostrasse al Morosini un busto di una veccJiiona, ohe doveva essere, a parer suo, la cosa più jjregevole della collezione :

CI D. lluflno Gablonete.

a Lo. etc. Lo magnifico m. Marco Antonio !Moresino oratore della Ill.i"'^ Signoria de Venetia presso alla Maestà del re Ferrando, ne ha facto richiedere due dello nostre teste di marmore, quale sono presso di vuy, in dono : per il clie havendogliene noi di bonissima voglia com- piaciuto, comotiamovi che ad omne richiesta do sua Mag."-' glie presen- tati tute esse teste, reservata la Vecbiona hauta da ni. Francesco Mapheis et che gli lassati pigliare la electione di due meglio gli piaceranno, quia sic stat sententia nostra. Bene valete. Hostiani, ultimo Maji 1489. n

I MEDAGLISTI DEI. RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 447

tura 0 la fusione della statuina, che doveva esser co- piata dall'originale dell'Antico, fin dal gennaio 1499; l'artista però non aveva potuto condurre a buon ter- mine l'opera, essendo impegnato in lavori di decora- zione per una festa che il marchese di Mantova dava nel carnevale ed il vescovo ne avvertiva cosi il Mo- rosini :

u Non ho possuto fai- fornire lo patino dal s]3Ìno desi- u dera la I\I. V. per l'absentia del maestro occupato già da u molti zorni per certi lavori d' una bella representatione u farà lo 111. signor Marchese ad carneval proximo: statini u liberato chel sia, se mettarà in opera, si levarà da li r impresa che mi darà lo putino fornito et quella se lo a tenghi certo ad pascha proxima. E sum certo haverà cosa u glie piacerà e singulare n (1).

La fusione della statuina andò veramente in lungo , perchè il IG marzo successivo il vescovo Lodovicone chiedeva notizie all' artista , facendogli premura :

u Zohan Marco. Per (questo correrò mandaretine el u nostro putino dal spino avisandono in che termine se u ritrova l'altro che doveti havere formato. Riparoli 16 u martii 1499 n (2).

Per la pasqua però, secondo la promessa, il cava- spino fu finito e mandato a Venezia, e il vescovo con- tinuò ad affidare al Cavalli lavori di argenteria, nei quali pare che l'artista riuscisse molto bene: così la lettera seguente ci notizia della commissione di quattro piatti d'argento su cui dovevano essere ef- figiati dei segni celesti :

(\} Ar-Ii. (li Stato di Parma. Cart. Gonzaga, f-i) Ai-ch. suild. Cart. siidil.

41S L'MliERTO ROSSI

ti Magistro Zoliau Marco. llavemo receuto li tondi per u lo netare de li quali vi mandiamo uno ducato et non li contentandovi, ne avisareti ciò che vorrestive : reman- « dandovi etiam lo arzento, qual tenereti vui perchè vor- u remo mandarvene de l'altro aciò ne faciati vui de vostra ti fantasia li altri 4 pianeti o segni in simili tondi a vostro u modo. Quingentulis, 21 mali 1499 n (1).

Subito dopo Gian Marco fu di nuovo occupato per la zecca di Mantova, e il marchese che voleva vedere in persona come procedeva il lavoro degli ar- tisti, gli fece ingiungere di recarsi a Mantova in per- sona con tutti i ferri necessarii , scrivendone cosi al podestà di Viadana :

ii M. Pandulpho. Subito ala recevuta de la presente ti fareti intendere ad Zuanne Marco Cavallo che se ne ti venghi ad Mantua cum tutti li soi instrumenti apti ad ti incavare stampe da monete ordinandoli che si consigni ti ad M. Antimacho, nostro secretarlo, il quale in nostro

(1) Arch. sudd. Cart. sudd. Il vescovo Lodovico era appassionato assai por l'astrologia e ne' suoi registri si trovano parecchie lettere su questo argomento dirette al noto Giovanni Sabadino degli Arienti, e agli astrologi Marco Scribanario e Pier Antonio Ilari. Credo probabile che i segni celesti fatti eseguire al Cavalli su j^iatti d'argento dovessero avere qualche significato astrologico, tanto più che tre anni dopo il ve- scovo commetteva al pittore Gian Alvise de' Medici ohe gli disegnasse altri segui di costellazioni e ne scriveva cosi al suo cappellano, don Al- berto Vassalli :

il Mandiamovi la inclusa lista de signi celesti, quali ce fareti fare, corno facesti anche quelli da mo' un anno : ma differentiati da quelli da mo' un anno e similiter octo animali e figure che non fusseron facte da mo' un anno. Gazoli xvi ianuarii 1502. ii

Non essendo poi il pittore stato sollecito a compire il lavoro, il ve- scovo replicava, scrivendo al suo spenditore Battistino Conti :

a Ritroverai Zo. Aluisio e vedrai che signi lui ha forniti e mandali per el nostro mullatiero e instalo a fornir el resto corno più presto. Gaudi, xxvii ianuarii 1502. »

I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 449

u nome gli significarà ciò che volemo da lui. Mantue, a p." ilaij MDI n (1).

Non so se il Cavalli obbedisse all'ordine del mar- chese e se si mettesse subito a lavorare di conii , certo è che tra lui e i maestri di zecca insorsero al- cune quistioni, tantoché l'artista, incolpato di negli- genza, credette opportuno scusarsi col marchese e gli indirizzò questa lettera:

u 111. S. mio dig.'"" etc. Cavalino da Viadana factore de u V. S. me ha facto intenderò quella essere turbata centra u di me. la causa si è per non bavere facto una stampa da u dinari da stampire sesini, por il che facio a sapere et in- u tendere a V. S. come sino a quest'hora et usque al prin- a cipio che io comeuzai a servire quella a questo exercicio u di lo stampe, sempre ho facto tanto (guanto dali Maestri ti de la cecha m' è sta comeso etiani non più ultra, siche u sei me fusse sta ordinato questa de che intaglio che u stampa dovesse fare, l' haveria facta voluntera, ma mai u non ho potuto intendere da loro che stampa vogliano et u io timido ot ignorante del volere dela prefata V. S. me u ne son passato. Per il che, se quella me farà intendere u la volontà sua, epsa subito sera servita, corno è stata u per il passato, che veramente. 111. S. mio, già son da u circha me.xi octo che io non facio altro exercicio si non li fare ferri da cecha per la S. V. per modo che io sono u stracho de la persona et frusto de la roba per bavere u guadagnato poco e speso assai, e questo procedo per la u iguorantia de epsi maistri de cecha, quali non sano faro u anchora comandare, et io povoreto porto la pena et u pare che ogni suo diffecto venga sopra di mo, siche prego u la Ex. V. se digni accr.tare la scussa mia et haverme per u quello bon servitore fidato quale sono: Vicentio mio fi-

(l) Ardi. Gonzaga di Mantova. Copialettere marchionali.

450

UMBERTO BOSSI

Ci glielo latore presente dirà a boclia il resto che io non " ho voluto scrivere per non fastidire la S. V. a la cui li gratia me racomando. Vitaliane, 19 niaij 1501.

it ser."" fidollis Johannes Marchus de Cavallis n (1).

Le difficoltà furono senza dubbio appianato, perchè alcuni giorni dopo il marchese invitava di nuovo Gian Marco a Mantova così:

li Dilecfce noster. Volemo che habuta la presente no- u stra, te transforischi qua, facendo capo ad m. Antimacho a nostro primo socrotario, quale te referirìi alcune cose che a procedeno de la nostra mente. Mantue, xxvj Maij ii MDI il C2).

]\Ientre si occupava di conii per la zecca , il Ca- valli non tralasciava di servire anche il vescovo Lo- dovico, al quale doveva finire alcune cose , accen- nate in una lettera del 19 agosto 1501 (•"); ed è cre- dibile che quel magistro Zoan, il quale verso la fine del 1501 attendeva ad una testa di bronzo, mentre l'Antico modellava lina statuetta d'Apollo, fosse pre- cisamente Gian Marco Cavalli ^:^).

Anche per la marchesa Isabella ebbe a lavorare il nostro artista e una sola commissione avuta dalla ge- niale signora basterebbe a provare coni' egli fosse valente davvero : por questo è importante la lettera

(1) Ardi. sudd. Cart. interno.

(2) Ardi. sudd. Copialettere mardiionali. {?>} Ardi, di stato di Parma. Cart. Gonzaga.

u Io. Marco Caballo. Se haveti fornito tute quelle nostre cose haveti da fornir, mandateli per questo nostro presente corriere overo portateli! vui et quando non glie havestive fornite, fornetille comò più presto. Gazoli, 11 Angusti 1501. ii

(4) Lettera del vescovo Lodovico a Giorgio Raineri, del 7 dicembre 1501, pubblicata nella biografia dell'Antico.

I MKliMW.ISTl DKr, K1NASC[MK.NT0 ALLA CORTE DI >L\NTOVA 451

che segue, diretta alla marcliesa, in cui si parla di tondi eseguiti dal Cavalli.

ti 111.'"-'' et Ex."'" Mail." nostra semper obser.'"" In exe- u ciicione de una de V. Ex. siamo andati da M.'" Zollane li Marcilo Cavallo aurifice et habiamo liabiito da lui li tondi u cum quelle littere clie richiede V. Ex. da lui et li La- ti biamo voluto darli al cavalaro mandato qui a posta da a A''. Ex. et lui non Iheà voluto portarli, si che li mandiamo ti per Capono per satisfare alla monto do quella (alla) quale ti de continuo et sempre se raccomandamo. u E. IH'-. D. V.

ti fid"" Ser.'''^" Thomasinus de Litulfis

u et Ludovicus do liescaciis, ibd'" locumt.''"

ti D. potest. Viteliane n (1).

Forse in compenso di questo lavoro ebbe l'auto- rizzazione di poter coniare in zecca centocinquanta ducati di bagattini di rame senza pagare alcuna tassa (2; ; ed è probabile che di li a non molto Gian Marco abbandonasse afifatto l'esercizio della sua arte perchè dopo (picsto anno l'archivio Ocinzaga non offre più su di lui alcuii documento.

Le ultimo notizie del Cavalli non vanno oltre il 15<»4: in (piest'anno egli è nominato fra i testimonii

(Il Ardi. Gonzaga <li ^rantova. Cart. inferno. Lettera senza data, ma che porta a tergo questa nota della segreteria marchionale : n 1503, Viadana, n

(2) Ardi. sndd. Libri dei mandati.

.1 Pro Io. Marco Cahallo. ^[andato ctc. conces.snm est .Toanni ^larco Caballo do Vitolliana posso licite et impune in cecclia prcdicti domini nostri cudcre seu ciidi tacere tot oholos vel ut vulgo dicitur hngatinos oneos marchionali nota, quot capiant summnm ducat. centuiu (piiuqua- giiita. nulla iirorsus cecclie predicte soluta houorantia, quoniam de ea a prcdicto IH.'"" D."" nostro lilioram consocutu.s est donationom contra- riis otc. Egidius Spnniolus cane, mandante D."" rclationc sp. 1). Pto- lomei secret, script. XXI Juuij MI.iIII. Antimacus. i,

452 UMBERTO ROSSI

al te.st;uib;uto di Andrea Mantogua , rogato il di 1" marzo (i), e nello stesso anno fu pure testimonio al rogito dell'I 1 agosto, col quale i canonici di S. Andrea di ^Mantova concedevano una cappella riservata al celebro pittore come luogo di sepoltura per lui 0 per la sua famiglia (2).

Ci è ignoto l'anno della morte di Gian ^larco che dovè terminare i suoi giorni in Viadana, mancando memoria di lui nel Necrologio mantovano : della sua famiglia quasi nulla si sa e solo trovo accennati Vin- cenzo suo figliuolo, che segui forse l'arte paterna, e Cristoforo suo fratello, vivente quest' ultimo ancora nel 152G (^) . Non ò però improbabile che fossero suoi discendenti un Giovan Battista ed un Andrea Cavalli, ambiduo medaglisti e fonditori che fiorirono Tuno nella prima, l'altro nella seconda metà del decimo- sesto secolo e dei quali produrrò notizie più avanti.

Venendo ora a trattare dell'opera artistica di Gian Marco, è chiaro che cogli scarsi documenti che ho potuto raccogliere non si può dirne diffusamente : certo la parte che egli ha avuta nella monetazione mantovana spettante al marchese Francesco , non deve essere stata ne poca poco interessante e quando parlerò di Bartolomeo Melioli e di Gian Fran-

(!) D'Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, tomo II, pag. 41. Il Cavalli è il terzo fra i testimonii ed è detto « Johan Marco aurifice, fil. quondam Andreas de Caballis de Vitelliana, cive et habitat. Mantue in centrata montic. alborum. n

(2) D'Arco, op. cit., tomo II, png. 54. In quest'atto il Cavalli è primo fra i testimonii : u presenti egregio viro Jean, Mar. f. quondam Andree de Caballis de Vitelliana. n

(3) Cristoforo Cavalli del quondam Andrea serviva da testimonio ad una compera fatta dal Comune di Viadana, dal marchese di Mantova: rogito del notaio Francesco Caleffi, del 24 novembre 1520. (Archivio co- munale di Viadana, Atti del Comune, n. 7).

1 MED\(;I.Ì-:TI DKI. RlNASi-IMENTO MA.K COUTF: M MANTOVA 453

Cesco Roberti-Delia Grana, curei'ò di assegnare sin- golarmente a questi tre artisti i lavori che ciascuno di essi in modo presumibile può avere compiuto. Qui però è mia intenzione il dire di un'altra opera insigne che sarei inclinato ad attribuire al Cavalli, e preci- samente del busto in bronzo di Andrea Mantegna, che è a Mantova sulla tomba del celebre pittore.

Da molti si è scritto su questo busto, che è senza dubbio una delle più belle oliere d"arto che abbia prodotto il Rinascimento, e parecchi dei sommi di quell'epoca ne vennero riputati autori; vi fu chi disse averlo lavorato in vita lo stesso ^Mantegna, e modernamente quasi tutti gii scrittori d'arte con- corsero nel ritenerlo di Sperandio, C(|UÌvocando sul casato del noto medaglista che fino a questi ultimi tempi si disse falsamente do' ]\[elioli. Ora io non voglio che esporre un' ipotesi , in attesa che al- tre ricerche ci svelino il nome vero dell" autore : non sarebbe possibile che CJian !^^arco avesse mo- dellato il famoso busto? ^Manca, a dir vero, ogni elemento di confronto, perchè non conosciamo nes- sun lavoro certo del Cavalli e ciò invalida assai il mio supposto ; ma vi sono altre considerazioni che possono farlo parere ragionevole e prima ira tutte l'amicizia che Gian !Marco dovette avere col Mante- gna, essendo stato da lui chiamato a testimonio di due atti tanto importanti quanto sono quelli che più sopra ho rammentato. Inoltre se ci facciamo a passare in rassegna i pochi scultori che intorno a quell'epoca fiorirono in ^lantova, quali sono Gian Cristoforo Romano e l'Antico, vediamo che non può dirsi fattura di nessuno di loro : non di Gian Cri- stoforo, perchè di modellazione troppo sentita e vi- gorosa e per cos'i dire brutalmente reaìisla, quando si paragoni agli altri lavori del celebre maestro : non

454 UMBERTO nossi

dell' Antico che soleva dedicarsi solo a piccoli bronzi e che d'altra parte era col Mantegna in poco buone relazioni, tanto da consigliare la marchesa Isabella a non acquistare la Faustina antica che il vecchio pittore era costretto a vendere (i).

Effettivamente la personalità dell'autore del busto ci sfugge : ed è per questo che mi sono fatto ardito di metter fuori una nuova ipotesi, assegnandolo ad uno che nella storia dell'arte è poco men che ignoto. ]\[a dalle ipotesi e dalle quistioni scaturisco la verità perchè esse invogliano ad altre ricerche ed io spero che nuovi studi i negli archivii mantovani, e special- niente in quello notarile, portino luce sullo scultore del busto, degno di stare a pari coi migliori del- l'epoca sua.

Umberto Rossi.

(1) Lettera dell'Antico alla marchesa Isabella del 15 luglio 1506, pub- blicata nella biografia dell'Antico.

ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI

XT.

MINUTO COLLA LEGGENDA lANVA Q D P

Fìk. 1.

Non pareva fino ad oggi, che la serie dei minuti colla croce che prolunga le sue braccia all'orlo della moneta tagliando la leggenda, potesse risalire oltre il tempo di Carlo VI, al quale spettano i primi che si conoscevano, cioè quelli del Governatore Anto- niotto Adorno, 139G-97 (i). E tanto meno si era di- sposti a supporne di anteriori ai Dogi, per l'abbon- danza straordinaria degli antichi denari al tipo i.vxva col castello e la croce in un cerchio di perline, di pesi e titoli sempre decrescenti : tipo usato ancora dal primo Doge, col solo cambiamento della leg- genda in mx lAxvK al dritto ('-). Ma l'acquisto da me fatto in questi ultimi tempi di una pregievole mo- netina, ci pone nella condizione di doverci ricredere di tale opinione. E un minuto di bella conservazione al solito tipo.

(1) Vedi Annoi. X, Ga::elta Xumismatica, Como 1885.

(2) Veai Annoi. UI. Pag. 10, e X. 3 della tavok. Palermo ISSI.

456 GirSEI'PE IIUGGEUO

Peso gr. 0,65.

^ lANVA :Q:D:P:

Castello che taglia il cerchio di perline inferiormente.

5.' CO NR AD VS.

Croce che divide la leggenda in 4 parti.

(Vedi Fig. N. 1).

Sul dritto, dopo i due ultimi pvintini resta lo spazio per 2 lettere che forse erano di zecchieri ma che non rimasero impresse. Il tipo è precisamente quello dei tempi di Carlo VI, colla leggenda che comincia da sinistra.

Tanto credo bastare, per stabilire che questa forma di minuti abbia cominciato da tempo anteriore al Do- gato, e poiché la leggenda non lascia in proposito alcun dubbio, assegneremo questa moneta alla serie delle altre con eguale leggenda, cioè il genovino d'oro il grosso ed il grossetto.

Secondo le diverse pubblicazioni del chiar. Desi- moni e specialmente l'ultima dotta sua dissertazione sulle prime moneto d'argento Genovesi W, sembra oramai accertato che questa leggenda siasi introdotta sulle monete, qualche tempo prima della fine del se- colo XIII. Egli prova con un documento del 1288, la esistenza in quell'anno di un grosso genovese del va- lore del soldo effettivo, al poso di gr. 2,923, alla bontà di 958, e quindi al fino di gr. 2.801 : grosso che non può essere che questo colla nuova leggenda, come l'unico clie corrisponda a quella legge, poiché quello del 1252 col civitas oltre all'essere inferiore, non può aver avuto che una effimera durata. La nuova leg- genda deve quindi aver continuato per più di 51 anni cioè sino al primo doge, il quale l'ha usata pure per qualche tempo, modificandola in dvx ianvk q . d . p .

(1) Ani della Società Ligure di Sloria ^l'^h-ia. Voi. XIX. Fase. IT.

ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 457

Il genovino d' oro corrispondente , conservando sempre lo stesso tipo, non presenta che le varianti di lettere o segni di zecca, più alcuni simboli allusivi alla preponderanza dei partiti, come il leoncino per il go- verno del re Roberto, 1318-1333, e l'aquiletta per il seguente governo ghibellino. Il grosso invece ha due varianti ben distinte : la prima, edita dal Promis al N. 4 Tav. I (1), è quella che porta 8 trifogli agli an- goli di 8 segmenti di circolo, adoperata pure nei grossi dei dogi T, IV, V, VII, Vili, X, di Aiitoniotto Adorno governatore, e del Doge XIX ; l'altra è quella del Gandolfi '2) che ha soli G segmenti e senza trifogli, usata poi dal Doge XVII, da F. ]M. Visconti, dal Doge XXI, e con qualche variante dal Doge III. Quale sia stata tra queste due forme del grosso coll'iANVA Q . I) . p . quella che ha preceduto Taltra, non è facile determinare. Tutt'al più, si potrebbe av- vicinare per analogia quella dei trifogli ai grossi del primo Doge, avendo comuni con questi, i trifogli ed il coxRADVS UEX, mentre quella senza trifogli, aggiungo il ROMANORVM come nei genovini con questa leggenda ed in quelli Dogali.

Altra moneta di questa serie che si conosce nei medaglieri è il grassotto da mezzo soldo, edito dal Promis al Num. ó Tav. I. Ha il tipo del grosso senza trifogli, e l'Autore ne il peso in 1,G5, giudicandone la bontà ad 800, ciò clic farolibe un fino di gr. 1,32 che viene ad approssimarsi all'epoca del grosso. Lo scrivente ne ha un esemplare di egual peso, ma di titolo che sul paragone non supera i GOO. con un fine perciò di 0,90 che corris])onderebbe circa alla lira genovese del 1335, e da assegnarsi per questo ad epoca

(1) Dell'origine della zcrca di Genova, eco. Torino 1871.

f2) Della moneta antica di denota. Genova 1841. N. 7 e 8 della tav. I.

458 GIUSEPPE RUGGERO

molto vicina al Dogato. Quello invece elei 1288, se pur fu coniato, doveva aver di fine circa 1,400 (i).

Mentre il grossetto peggiorava continuamente di taglio e titolo per mantenersi al valore di 6 denari e lo stesso doveva avvenire per il ducato, il grosso non variava, a quanto pare sensibilmente nella legge ma ne aumentava necessariamente il valore. Il Desi- moni ne ha potuto stabilire con documenti due va- lutazioni, nel 1288 e nel 1363, rispettivamente in soldi uno e soldi due. Tra questi estremi mancando i documenti diretti, vi supplì con altre fonti, tro- vando valori intermedi nel 1305-6, 1327 e 1335, a s. 1. 2, 1. 3, 1. 4: e fissò in s. 1. e d. 8 il valore del grosso all'epoca del primo Doge, data la legge in- variata, ciò che corrisponderebbe ad una lira di gr. 33. 70 di fine.

Passiamo ora ai minuti, i quali alla creazione del nuovo grosso, dovevano avere gr. 0,233 di fine: sotto il primo Doge, non poteano aver più di 0. 14. Il nostro minuto toccato al paragone nell'Uffizio del Saggio Governativo, ci diede una bontà che non può passai-e i 150 millesimi, per cui sul peso di 0,65, viene al fine di 0,0975, e la lira corrispondente, fatti i de- biti aumenti, potrebbe avvicinarsi anche a 25 gr. e ci troveremmo sbalzati al principio del Sec. XV. ^la poiché la leggenda ci costringe a tenerci al di del 1339, dobbiamo supporre che questo minuto sia stato coniato in data immediatamente vicina a quell'anno, e corrisponda perciò ai valori correnti alla istituzione del Dogato. Supposizione che pare accettabile, ripu- gnandoci di assegnare a questi minuti nuovi una ori- gine contemporanea al grosso del 1288, mentre si

(1) Senz'altre citazioni, per tutto ciò che è valutazione, mi attengo agli scritti del Desimoni.

ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 459

hanno denari d'antico tipo ma scaduti di peso e titolo al punto, da rappresentare un valore tale da combi- nare col grosso di quell'anno , ed altri con valori che li avvicinano maggiormente al Dogato.

Rimane tuttavia la differenza troppo forte nel fino del minuto nostro, che non ci lascia troppo tranquilli sulla nostra ipotesi. In ragione della lira del 1539, fatte le debite diminuzioni, il minuto dovrebbe venire a circa 0,13 di fino, mentre si limita nel nostro a soli 0,0975, dunque la deficienza devo stare nel peso. Sappiamo per pratica che i pesi effettivi di simili mone- tine son sempre molto differenti tra i vari esemplari, non corrispondono mai al peso legale, e talvolta no differiscono di quantità maggiori di quella che possa spiegarsi colla perdita nella circolazione. Si deve cre- dere che non sempre si controllassero in Zecca i pesi d' ogni singola monetina, limitandosi a verificare il taglio per l'unità di peso ptortato dall'ordine di batti- tura. In conseguenza il nostro minuto, quantunque di tale conservazione da ritenere ancora riml)iancatura esterna originale, può benissimo esser inferiore di molto al peso legale. Ritenendo questo fatto, e tenuto calcolo della diminuzione di valore per le monete basse, le quali dovevano sopportare la massiuia parte delle spese e delle perdite, non credo di allontanarmi troppo dal verosimile, fissando a circa 0,00 il peso minimo che competere1)be al presento denarino, il quale verrebl)e allora a 0,1.3-"3 di fino. Questo farebbe pensare che i primi denarini di tipo nuovo, coniati forse qualche anno prima, potessero avere il peso legale di 1,099, rappresentando, salvo il titolo, una vera re- stituzione in peso del denaro antico.

La stessa mancanza nel peso delle monetine di bassa lega si verifica e meglio nelle frazioni minori quali sono i quartari. Il titolo di questi quartari, grif-

■d(;0 GIUSEPPE RUGGKKi)

foni o clapucini coniati nel 1328, risulta corrispondente a na. 21 in una dichiarazione dogli Uffiziali di Zecca nel luglio dello stesso anno W, nella quale però non si accenna al peso. La lira del 1328 avendo di fine 43,18, teoricamente ne deriva un peso per i griffoni di quel- l'epoca di circa gr. 2,10: orbene, il peso di un grilfbne eccezionalmente ben conservato non supera i gr. l,Ol al massimo, mentre se ne hanno molti ben conser- vati di 0,84 e qualcuno di 0,70.

Altra 0 ben maggiore difficoltà ci troviamo di fronte, in seguito alla scoperta di questo minuto. Poco tempo dopo di questa rinnovazione nel tipo del de- naro, clie ò probabilmente una restituzione in peso dell'antico, il Boccanegra fa ritorno al tipo vecchio col denarino del quale si è dato il disegno alla annota- zione IH, N. 3 della Tavola. Toccato al saggio, dimo- stra una bontà di 225: è di ottima conservazione e pesa gr. 0,52; ha dunque un fino di 0,117, che si avvi- cina di molto al valore ragguagliato alla lira del- l'epoca.

Constato il fatto, ma non mi ti'ovo in grado di darne una spiegazione soddisfacente. Che si coniassero con- temporaneamente i due tipi non è ammissibile, perchè volendo conservare l' antico, cessava il bisogno di crearne un nuovo. Che il nuovo non avesse allora che un valore inferiore al danaro per aumentarlo poi sotto i Dogi, sebbene possa sembrar probabile per il basso titolo, ci ripugna il crederlo: infatti le monete basse, come il soldino, sesino, denaro e quartaro, con- servavano sempre un valore costante, al contrario di ciò che avveniva per quelle d'oro e d'argento fino. Preferisco di ammettere, fino a prova in contrario, che

(1) Desimoni. Sui quai-ti di denaro /jenovese, etc. nel Periodico del M.^e Strozzi. Anno VI. Fase. V.

ANMITAZIOM M'.MISMATK'iiE (iE^■0^•l■;SI

4G1

il ritorno all'antico sia stata necessaria conseguenza del poco favore dimostrato dal pubblico al nuovo mi- nuto. Intanto speriamo in altre scoperte, perchè da quest'epoca fino al 1396 non conosciamo per ora alcun denarino, del primo del secondo tipo.

XII.

MONETE DEL GOVERNATORE AGOSTINO ADORNO.

Fig. 2.

Fio;. 3.

Fig. 4.

Xel 13 Settembre del 1488, l'Adorno fu nominato Governatore por il Duca di 3[ilano, e rosso la cosa pubblica fino al 1499, durante le signorie del Gian Galeazzo Maria e di Ludovico. In questo periodo egli fece coniare diverse moneto nei due metalli, a nomo dei due Sforza, e son note, del pi'imo il geno- vino d' oro, ora detto più proprianìcnte ducato, il pozzo da 3 ducati, e due diversi grossoni detti anche testoni, con multipli e spezzati: del secondo il ducato ed il testone. Non si vuole qui descrivere la serie di

6o

4G2 GIUSEPPE RUGGERO

queste monete già pubblicate e studiate, quantunque sopra alcuni multipli del testone si veda impresso lo stemma Adorno, ma solamente quella, per ora molto limitata, delle monete che si conoscono coniate in proprio nome, cioè il ducato ed i denari minuti.

1. fiy : AVGustinus : ADVRNVS : Q-VBernator : Ducalis :

lAnnaa.

Castello sormontato dal biscione, e fiancheggiato da duo A coronate, ognuna tra due globetti. Ij! Ht- : CON : RADVS : REX : ROMAnorum : S : A Croce in cerchio di 8 segmenti con globetti agli an- goli interni ed esterni. Ducato d'oro C Peso gr. 3,47. (Gabinetto Numismatico di Brera) (V. Fig. 2).

2. ^' + ® AVgustinns ® ® Adurnus Q-ibernator ®

Castello che divide a metà la leggenda inferiormente, ipl . Conradus Rex Romanorum FS. Croce che divide la leggenda in 4 parti. Lega Denaro minuto C Peso gr. 0,4.5. (Collezione dello scrivente) (V. Fig. 3).

y. Come il precedente ma con varianti nel conio.

Due lettere del zecchiere in nesso, delle quali la priaia è un N e la seconda pare un Q, C'ì Peso gr. 0,29. (Colleziono dello scrivente).

■4. Come il precedente. Zecchiere N G iu nesso.

A^arietà di conio, e specialmente la croce molto larga. C^ Poso gr. 0,36. (Collezione dello scrivente) (Y. Fig. 4).

5. Come i precedenti. Zeccliiere M P in nesso. Le lettere al rovescio non hanno i punti. C'i Peso gr. 0,285. (Collezione dello scrivente).

L'unico esemplare del ducato che si conosca per ora, è questo posseduto dal Museo Numismatico di Brera a Milano, ed era inedito per il disegno ma non

ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 463

per la descrizione, la quale sebbene mancante di qualche particolare si leggeva nel Desimoni (i). Come nei ducati dello Sforza, anche in questo riscontriamo le varianti dalle precedenti monete, consistenti nel- l'aver adottato le lettere moderne, e ripristinato la terminazione regolare del nome del re in S anziché in X, come si era usato dal Doge XXI fino al Car- dinale. Le iniziali del titolare poste ai lati del ca- stello non sono una novità, perdio già nsate dal Doge XIX, dal F. M. Viscoiiti, dal D. XXT. dal L. C. D. XXVII, e dal D. XXVIII sui grossi, e da qual- cuno di questi Dogi anche sopra altre moneto; lo stesse furono poi usate ancora dall'Antoniotto II Adorno sull'argento e sull'oro. Una vera innovazione sta in- vece nell'aver coronato le duo iniziali. Non trovo in altre monete le lettere di questi zecchieri A. S. I due punti posti a separare lo prime tre lettere del nome del re dalle seguenti, non costituiscono un fatto iso- lato, perchè si vedono pure in qualche moneta del Cardinale D. XXXI (2).

I minuti dell' Adorno che ho da qualche tempo nella mia piccola collezione, son tutti varianti di conio 0 di zecchieri. Non so se ne esistano altri, ma poi- ché l'invito che io facevo ai collettori nella Gazzetta Numismatica (3) di far conoscere i loro minuti inediti, per completare la serie che io ne presentava rimase senza risultato, devo credere che per ora siano i soli. Questi minuti sono eguali nel dritto, come vedesi, a quelli del Cardinale, ed anche nel peso eguagliano

(1) Sui più antichi Scudi d' Argento genovesi, YIII. Gioitale ligustico, Anno IV.

(2) YoJi il mezzo lineato edito dal Promis, T. II. N. 24, Dell' origine della Zecca di Genova, otc. Torino, 1871.

(3) Anno V. (188.5j, Annotazione X.

464 GIUSEPPE RUGGERO

colla loro media press' a poco quella dei loro pre- decessori immediati. Ne ditì'eriscono solo nel rovescio perchè ci danno una sola lettera per ogni tratto di leggenda invece di due, uso elio fu poi continuato a quanto pare sino alla fine dei minuti sotto i Dogi biennali. Non si deve dar molta importanza al non aver separato con una rosetta l'A dal G, come ini- ziali di diilerenti parole. L'intagliatore tenea conto più sovente di una certa simmetria, die non della regolare interpunzione : cosi con una crocetta, 4 rosette, e due lettere per parte, non occorreva altro di meglio. Si potrebbe bensì osservare che nei minuti del Car- dinale W una rosetta separa il P dal C: ma io ri- cordo por altro di avere visto qualche minuto, nel quale non si leggeva più il nome del Doge a destra, ma tra due rosette a sinistra vedevansi chiaramente le lettere D I senza rosetta che separasse le due differenti iniziali, che stavano per Duce lamie.

A questa serie non mancano che le monete d'ar- gento, e ci auguriamo che vengano a completarla, non sembrandoci improbabile, che l' Adorno possa averne emesso prima della coniazione dei grossoni col nome del Duca, avvenuta nel 1490, come egli fece per l'oro.

Tutte le monete che si conoscono emesse dal- l'Adorno durante il suo governo si possono dividere in tre gruppi :

Monete col nome del Governatore, con o senza il biscione denotante la Signoria Milanese:

Monete col nome del Duca, ma collo stemma Adorno all'esergo del dritto:

Monete col nome Ducale senza altro segno riferen- tesi all'Adorno.

(1) V. Annota:ione X, già citata.

ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 465

In seguito a questa distinzione, sorge il desiderio di indagare in quale ordine cronologico si debbano classificare, e su questo possiamo fare a priori tre supposizioni.

In primo luogo il nostro Governatore può aver co- minciato a coniare le prime, poi richiamato a maggior deferenza al Duca, essersi limitato alle seconde, e finalmente aver ricorso alla terza specie.

Oppure, aver coniato contemporaneamente le tre categorie di monete durante il suo governo, ciò che indicherebbe meglio aver egli ottenuto 1' autorizza- zione d'improntare il proprio nome su alcune monete.

Finalmente, può aver coniato prima le ultime, quindi essersi provato alle seconde, ed in ultimo fatto ardito del non trovar ostacoli, aver messo il proprio nome.

La prima ipotesi può sembrare improbabile, perchè la deferenza al padrone s' impone sempre maggior- mente air inizio della nuova Signoria. La seconda non presenta maggiore probabilità, perchè se è fa- cile l'ammettere una autorizzazione tacita o esplicita di improntar il nome sulla moneta bassa, sembra peraltro un po' eccessiva trattandosi di quella aurea. Rimane la terza che può sembrare migliore delle altre, ma nulla ci autorizza per ora a confermarla. Si po- trebbe ancora considerare se l'autorizzazione oppur l'arbitrio siano stati più facili sotto il Gian Galeazzo 0 sotto lo zio: sta bene che il vero Signore sia stato sempre il ]Moro, ma durante la tutela può essersi dimostrato piìi arrendevole.

Scendiamo da queste supposizioni in astratto e proviamoci ad interrogare i caratteri delle monete qui descritte, ossia quelle del primo gruppo, in quanto possano illuminarci più o meno in proposito.

L'unico indizio che se ne può ricavare circa al

4G6 GirSEPPE RUGGERO

ducato , sta nella interpunzione dopo il CON del rovescio, usata come si è veduto solamente in qualche moneta del Doge XXXI, e non più in seguito ; per cui può ritenersi che il presente ducato sia stato emesso subito dopo queste monete del XXXT, ossia all'entrare in carica dell'Adorno, il quale così facondo imitava il Cardinale, mettendo il proprio nome sul ducato, precisamente come quegli aveva fatto prima.

Quanto ai minuti, le varietà relativamente nume- rose degli stessi e delle iniziali dei loro zecchieri le quali sono ripetute sulle monete Sforzesche, fanno credere che l'Adorno abbia coniato questo monetine in gran copia, e forse, trattandosi di moneta spicciola, abbia continuato a coniarle a proprio nome per la intera durata del suo governo.

Con questo, avremmo conferma alla prima suppo- sizione per la moneta d'oro, ed alla seconda per i minuti.

Qualche cosa si potrebbe pur dire circa l'epoca di coniazione dei multipli del testone di G. Galeazzo i quali portano Jo stemma del Governatore, e che formano il secondo dei tre gruppi, nei quali si divi- sero più sopra le monete coniate dall'Agostino.

Il Promis, già citato, a pag. 30 e seguenti divi- deva giustamente i testoni coi loro multipli e spez- zati del Gian Galeazzo, in due serie caratterizzate dal peso differente, facendo precedere quella del testone più leggero che riteneva eguale alla lira Milanese, e facendo seguire l'altra del testone di maggior peso, nel quale riconosceva la vera lira Genovese. Oltre alla differenza di peso , la seconda serie è distinta da due stello ai lati del castello , e da un numero variabile di stelle al rovescio, secondo il valore del pezzo. Il Promis quantunque vi fosse indotto dalla supposizione che lo Sforza avesse introdotto in Genova

ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 467

il sistema Milanese, tuttavia aveva indovinato che la serie del testone leggero avesse dovuto preceder l'altra. Infatti, il Desimoni (i) nella sua ultima pub- blicazione Sui valori delle monete d'argento Genovesi, riporta la notizia ricavata da un codice in Archivio di Stato, che nel 1490 si imitò il testone o lira milanese, modificandone un poco il peso per renderlo al giusto valore di soldi 15 Genovesi, spendendosi allora la lira Milanese in Genova per soldi 14 e denari 8: e nello stesso documento è indicata la legge della nuova moneta al peso equivalente a gr. 10,102 ed al titolo di 958, cioè al fine di 9,729. Non è meraviglia se il Promis ne diede un peso minore perchè si è basato sui pesi degli esemplari effettivi: ma non mancano esempi di altri pezzi confermanti la legge di battitura, e per maggior sicurezza ricorrendo ad un multiplo del testone, cioè il da 3 che si conserva dalla famiglia Adorno in Genova, troviamo che il suo peso dato dal Desimoni (2) in gr. 30,500, eguaglia tre volte il peso legale meno soli 0,044. Da un altro documento citato dal Desimoni in seguito a quello del 1490, risulta la coniazione della prima lira effettiva in argento a Genova nel 1493. La grida ne il solo valore a soldi 20, ma tace del peso e titolo, che però l'autore in seguito a confronto con documenti piemontesi, si induce a ritenere in 13,448 per il primo, ed al titolo del grossone del 1490.

Ciò premesso, e sapendo che i multipli del testone collo stemma Adorno appartengono tutti alla prima serie, cioè a quella senza le stelle e colla base del

(1) Alti della Società ligure di S. P. Voi. XIX, fase. II, 3, poiniltima linea.

(2j .Sui piti antichi scudi, eie. già citato, Vili, 8" alinea.

4C)8 GIUSEPPE RUGGERO

grossone da soldi 15 (i), ne viene di conseguenza che furono coniati prima del 149.'3: anzi ritengo di poterli avvicinare inaggiormente alla prima emissione del testone a s. 15, per la considerazione che segue.

Dall'esame di una discreta quantità delle monete di Gr. Galeazzo e di Ludovico Sforza che si conser- vano noi medaglieri, e di quelle descritte nelle opere numismatiche e nei molti Cataloghi, avendo preso nota delle lettere di zecca, ho constatato quanto esporrò qui sotto.

1." Nella serie delle monete del G. Galeazzo col grossone a s. 15, predomina assolutamente FM P (2) e non trovo che un solo N G ed un F S.

Nella serie della lira genovese predomina invece l'F S, e non vedo che tre soli M P ed un N G. 3.° In qiielle di Ludovico predomina l'N G con duo esempi di M P.

Ne dedurrei che l'M P si trovasse ad essere so- prastante quando s'incominciò a coniare la moneta col nome del Gian Galeazzo, e perciò i pezzi collo stemma che han tutti le sue iniziali, fossero coniati in principio di detta battitura.

Ricapitolando quanto si è detto, credo di poter con qualche fondamento dedurne , che 1' Agostino Adorno abbia coniato a bella prima un ducato col proprio nome ; che in seguito, coniando le prime mo- nete della prima serie ducale, abbia messo lo stemma sui multipli del grossone, fatto non ripetuto neanche

(1) Fino ad ora se ne conoscono di tre specie. 1.° Quello clie apparte- neva alla Colleziono Morljio, del valore di s. 60. 2." Quello della fa- miglia Adorno, s. 4-5. 8." Quello del Medagliere Reale Torinese s. 30.

Tutte questo moneto collo stemma, hanno le lettere li P in nesso (Manfro;lo Promontorio).

(2) Kon tengo conto di un I P di un Catalogo perchè potrebbe esser un M P in nesso mal lotto.

ANNdTAZIOM Nf.MISMATICHE GENOVliSI 4G9

nella seconda serie del 1493, avendone in prova un grossone da lire due desciitto dall' Avignone senza stemma (i). In ultimo, che egli abbia coniato i mi- nuti a proprio nome per tutto il tempo che stette in carica, dal 1488 al 1499.

In conclusione, si trovano ad esser comfermate, la prima delle nostre supposizioni, per l'oro e l'argento, e la seconda per i denarini.

Firenze^ Xofembre ISS8.

GlUSKPPK Ul-dCKRO.

(1) Desi.mom. Sui jiiii antichi Scurii, etc. Vili 3" alline

UNA MEDAGLIA INEDITA

DEL

MUSEO DI BRERA

Fra le motlaglio .straniere del lìinasei mento, custo- dite nelle collezioni o divulgate nei lilai, xc ne hanno alcune che per più d'un cai'attere sendirano opera di c^ualche artista italiano.

La restituzione di tali lavori al loro vero autore presenta tuttavia difficoltà non lievi, e spesso insu- perabili per mancanza di notizie e di documenti. Non potendosi jirocedere che ]ier via d'induzioni, accade talvolta che le ricerche si debbano poi ar- restare davanti ad nn enigma.

Ci pare ad ogni modo che convenga ]ii-oporre questi enigmi ngli studiosi, perchè altri, più fiirtu- nato, })0ssa scioglierli a })r(ifitto della scienza.

472 sor.oNE AMKIiOSOI.I

Una di queste medaglie straniere che pi'obabil- nionte sono lavoro di artista italiano, ò la seguente:

Diametro mm. 55. jy HIERONYMVS FVGGER /ETATIS SV>E ANNO XVII

Busto a sinistra, a capo scoperto.

]jl DOMINVS CVSTODIT ME M D XLVIIII

Un leone gradiente a sinistra, vezzeggiato da un bimbo che gli sta dinanzi. Nell'esergo : I V T

Un bell'esemplare in bronzo di questa medaglia si conserva qui a Brera, fra le medaglie della Ger- mania; un altro si trova nel Gabinetto Numismatico (li Berlino; e finalmente una prova in piombo, del solo diritto, è nel Gabinetto di Monaco di Baviera. Altri esemplari, oggi, non ne conosciamo, per quante ricerche abbiamo fatte presso cortesi colleghi (^).

Tutti gli autori sono muti intorno a questa raris- sima medaglia, trovandosene soltanto un cenno in due cataloghi (2).

(1) Ci sia permesso di porgere qui i migliori ringraziamenti a tutti coloro ai quali abbiamo avuto occasione di rivolgerci durante il nostro studio; in pi-imo luogo, e con viva gratitudine, al gentilissimo Sig. Eugenio Plon, di Parigi, il valente illustratore e quasi il nuovo rive- latore di Leone Leoni; poi al Sig. Dr. Dcbel, Archivista della Famiglia Fugger ed al Dr. Lodovico Fikentscher, della Società Storica di Augusta, noncliè a quell'Archivista municipale Dr. Adolfo Buff. Ringraziamo pure distintamente il Sig. Prof. Dr. von Brunn, Conservatore del R. Gabinetto di Monaco, il quale ci favori un'impronta del piombo ivi custodito; il Sig. Giovanni Kull, che sta scrivendo una monografìa numismatica dei Fugger e ci ha fornito alcune notizie; infine il Sig. Prof. Ir. Alfredo von Sallet, Direttore del R. Gabinetto di Berlino; l'amico nostro Dr. Ro- berto von Schneider, Custode nell'L R. Gabinetto di Vienna; il eh. Signor A. Chabouillet, Conservatore del Gabinetto di Francia, il Sig. Caignard, Conservatore del Museo delle monete e medaglie alla Zecca di Parigi, e l'egregio Sig. Dr. Luigi Frati, Bibliotecario della Municijjale di Bologna.

(2) Il primo, di' è manoscritto, si custodisce presso la Società Storica di Augusta: è dell'anno 1832 ed ha per titolo : Xumophylacium Augusfa- num oder Xer::eichniss der zu Augsburg gepràgten Miinzfn und Medaillen (u Num. Aug. ossia Descrizione delle monete e medaglie coniate in Au- gusta 11). L'altro catalogo, a stampa, è quello della vendita Rolas du Rosey

UNA MKDAGLIA INEDITA DEL MUSEO DI BRERA 473

Quantunque eseguita in onore di un tedesco, e, se- condo ogni probabilità, eseguita in Germania, ci sembra fuor d'ogni dubbio che sia di lavoro italiano. L'aspetto generale, la stessa forma delle lettere, e sopratutto la vaghezza del rovescio lo dimostrano a chiare note. Infatti, i medaglisti tedeschi, eccellenti nei ritratti, non rivelano fantasia artistica nella creazione dei ro- vesci, che sulle loro medaglie rappresentano stemmi, simboli, vedute di città, oppure altri ritratti, o re- cano infine semplicemente (ed è caso comunissimo) una leggenda distribuita in varie linee. I gruppi di figure umane e d'animali, così frequenti nei rovesci dei nostri medaglisti del Rinascimento, sono quasi sconosciuti all'arte tedesca W.

I due cataloghi dei quali abbiamo parlato attri- buiscono anch'essi la medaglia ad un artista ita- liano, a Iacopo da Ti'ezzo, basandosi sulle iniziali I. V. T., che interpretano: Jacob voti Trezza. Ma. oltreché Iacopo da Trezzo firmava : r.vc. trezzo. f.,

lAC. TREZO., lAC. TREZ., UC. TRICI F., il lavorO

del rovescio da noi descritto è affatto dissimile da quello delle medaglie di Iacopo da Trezzo. Infine, non ci consta in nessun modo che nell'anno 1549 questo artista si trovasse in Germania.

Esclusa dunque l'attribuzione a Iacopo da Trezzo, a quale altro medaglista italiano dovrà assegnarsi? Se le iniziali I. V. T. indicassero (ciò che a prima vista parrebbe probabile) il nome dell'autore, questi

(Lipsia, 18B.3); 1' esemplare ivi descritto, alquanto inesattamente, al nu- mero 2G78, era di bronzo inargentato.

In entrambi questi cataloghi', la medaglia vien indicata come opera di Iacopo da Trezzo.

(1) Perchè il contrasto balzi agli occhi, basta sfogliare nel Trésor de Numismatique et de Glyptique ì due volumi che comprendono, 1' uno le medaglie eseguite in Germania, l'altro le medaglie italiane dei Sec. XV e XVI.

4T4 sor.oNK AMimosoM

sai'obbe allora un nuovo niodaglirtta sconosciuto da ag- giungere ai McdaiUeurs Ualìena dell'Armand. Ma pre- scindiamo per ora da queste iniziali, ed esaminiamo la questione sotto altro aspetto.

Anzitutto, qual ò la persona in onoro della quale fu eseguita questa medaglia? Un Fugger; i Fug- ger erano d'Augusta, ed appartenevano ad una fa- miglia di negozianti che aveva saputo conquistarsi un posto più elle onorevole in quella Atene tedesca.

Nel Sec. XVT, Augusta era la più importante città di commercio nella Germania meridionale, e divi- deva con Norimberga il vanto di essere intermedia- ria pel traffico dell'Italia col Settentrione, e del- l' Oriento coll'Occidente. Le relazioni coli' Italia pro- mossero lo sviluppo delle arti e delle scienze; e col favore delle enormi dovizie accumulate da' suoi in- dustriosi cittadini. Augusta divenne il centro della cultura tedesca.

In questo ambiente artistico e squisitamente ci- vile, la famiglia Fugger teneva il primato per la ric- chezza, per lo sfarzo, e per la protezione accordata generosamente alle arti ed alle scienze.

Il capostipite dei Fugger era stato un semplice tessitore del Sec. XIV ; arricchitisi man mano colla mercatura, erano cresciuti di potenza, si erano impa- rentati colle più nobili famiglie, ed erano stati ascritti essi stessi alla nobiltà dall'imperatore Massimiliano.

Ma fu ai tempi di Carlo Quinto che la famiglia Fugger raggiunse il colmo del proprio splendore. Quando, nel 1530, l' Imperatore tenne la Dieta di Augusta, alloggiò nella magnifica casa di Antonio Fugger, padre (come vedremo) del nostro Gerolamo. Nello stesso anno, Carlo V elevò Antonio e suo fratello Raimondo alla dignità di conte, diede loro Kirchherg e Weissenhorn in proprietà ereditaria, conferì loro la giù-

l'NA MKDAGMA INEDITA IlKIy MUSEO DI HRKKA 475

risdizione pi-incipcsca, e più tardi, nel 1035, anche il diritto di batter moneta d'oro e d'argento (^).

I Fugger, come si è detto, erano mecenati libéra- lissimi d'ogni arte e d'ogni scienza, possedevano pre- ziose collezioni di lil)ri e di oggetti artistici, le loro case ed i loro giardini erano capolavori di arcliitettnra e modelli del gusto dominante. Non meno grandiosa era la loro filantropia; basti il ricordare elio nel 1519 un Giacomo Fugger aveva comperato molte case in un sobborgo di Augusta, le aveva fatte demolire, ed aveva fatto costrurre al loro posto tutto un quartiere di casette, affittandole ai cittadini meno ricchi, verso una tenue pigione. Questo quartiere, che fu chiamato la Fw/fierei, coukj sarel)be a dire u hi l'^iggheria ;^ si è conservato sino ad oggi: ha la pr^ìpria chiesa, le pn»- prie porte, sei vie, e consta di 5.'5 casette con 10(i ap- partauienti clie si danu(j in affitto per una mitissima pigione a cittadini cattolici jioveri. Anche Antonio Fugger ed i suoi figli fondarono molte altre istitu- zioni di beneficenza.

Antonio, alla sua morte, avvenuta nel J5(;(), lasciò una sostanza di molti mihoni in denaro ed oggetti preziosi, oltre ai beni stabili che possedeva in tutti i paesi d' Kuropa e nelle due Indie. A lui l'isale la linea detta di Antonio, della Casa Fugg(!r. Tre suoi figli. Marco, Oiovanni e Giacomo, furono rispettiva- ment<' i caposti})iti dei tre r;inii detti di iNordendort. di Kirchhcini, e di \\'rillenl>urg. L'altro figlio, (ie- rolanio, è (]nello ra[)[)resentato sulla nostra medaglia; non })rese moglie, e la sua vita è comi)endiata come segue, nelle cronache manoscritti' della Casa Fugger, conservate nell'Arcliix io Fngyer ad Auuusta :

'!) Di i|iii'.sto jiiivilogii» i Fussiir iiuD .si valsiro ihr nel Sec. XVII.

476 SOLONE AMBROSOU

u Ber Wolgehorn lierr Iheron'nius Fugger Fregherr u zu Kirchperg vnnd Weissenhorn wardt ahi Ehelicher u Sohn Vorgeraelts lierrn Amithonì Fuggers vnnd ti frawen Anna Rehlingerin. Ber ist gehorn Ano 1533 « auf 13 Novemher, vnnd er ist durch seinen herrn u Vatfern mit seinen preceptoriis in den Teitschlanden, il Ittallia, Franckhreich vnnd Ilispania in alien gueten u Kiinsten ertzogen worden vnnd als sein lierr Brueder, il herr Marce Fugger Anno 73 auf 15 Septemher il gehn Wgen ziehen looellen, vnnd Ime gedachter sein il Brueder leronimus das glaidl hiss gehn Oberdorff auf li das Schloss gehen vnnd sich zu Nacht die letze « zimblich mit einander gedrunchhen, hat in der gwalt Il gottes gedroffen, Alda er auch seeligklich inn Gott a verschiden vnd zue Babenhaussen in seines herrn a Vatters hegrehnus begraben worden. "

L'illustrissimo Sig. Gerolamo Fugger, Barone di u Kircliberg e Weissenhorn, era figlio legittimo del il suUodato Sig. Antonio e della signora Anna Reh- ii linger. Nacque nell'anno 1533, addì 18 novembre, e a venne fatto educare in tutte le buone discipline dal a suo signor padre, per mezzo de' suoi precettori, il in Germania, in Italia, in Francia ed in Ispagna. a E trovandosi il suo signor fratello, Sig. Marco a Fugger, il lo settembre 1573, in procinto di re- ti carsi a Vienna, e avendolo il suUodato suo fra- ti fello Gerolamo accompagnato sino al castello il presso Oberdorf, e quella notte avendo bevuto al- ti quanto assieme per solennizzare la partenza, fu ti colpito d'apoplessia, talché spirò beatamente in ti Dio e fu sepolto a Babenhausen nella tomba del ti suo signor padre. ")

UNA MKDAGI.IA INEDITA DEL MUSEO DI BRERA 4l(

Oltre a questi documenti, l'Archivista Dr. Dobel ebbe la cortesia di comunicarci queste altre notizie biografiche, desumendole dagli atti custoditi nell'Ar- chivio: « Grerolamo Fugger non si curava di com- mercio ne deiramministrazione dei boni, si occupava invece di studi, oppure viaggiava; per qualche tempo ebbe intenzione di farsi sacerdote, talché spesso lo si chiama das Pfufflem, il pretino. Xell'anno 1562 stipula coi suoi tre fratelli, ]\[arco. (Hovanni e Gia- como, un patto, a termini del quale egli rinuncia in loro favore, contro un vitalizio di 15000 fiorini, al- l' eredità paterna e fraterna ; nel caso tuttavia che egli si ammogliasse, e lasciasse discendenti maschi e laici, competerebbe a costoro una somma di 100 mila fiorini. Dopo ciò egli si recò in Italia e per tre anni non diede notizia di sé. Nel 1505 annunciò da Bologna ai suoi fratelli ch'era in procinto di spo- sare una Porzia Malvezzi. Il matrimonio però non ebbe luogo, anzi ne derivò un processo intentato dai Malvezzi ai Fugger (^^), processo che fini per la morte improvvisa di Gerolamo, il quale era stato richia- mato e trattenuto in Germania dai suoi fratelli r. In base a questi dati intorno alla vita di Gero- lamo Fugger, dobbiamo concludere che la nostra medaglia è stata eseguita nel periodo di tempo fra il 13 novembre e la fine di dicembro del 1540. altrimenti non vi sai'ebbe concordanza fra il diritto ed il rovescio. Nel diritto infatti è rappresentato Gerolamo Fugger « nel suo decimosettimo anno -, nel rovescio si legge la data .; ^r.D.XLYIIII. •• : ora, il nostro giovinetto non era entrato nel suo decimosettinio anno che il giorno 13 novembre dello stesso 1549.

(1) Di questo processo si parla anche in un dispaccio dell' ambasciii- tore veneto in Roma, riferito <lal Mutiiiclli.

Ili

47S SOr.ONE AMRROSOLI

L'ipotesi più naturale è poi che la medaglia sia stata lavorata in Augusta medesima, anche perchè, se fosse stata eseguita altrove, non si sarebbe pro- babilmente omesso di aggiungere al nome dell'ado- lescente l'indicazione di Augustanus od altra simile.

Queste circostanze, aggiunte ad altre, ci avevano suggerito dapprima di attribuire la medaglia a Jjcone Leoni (^). Questi infatti, come risulta dalle unte di alcune sue lettere pubblicate nella splen- dida opera del Sig. Plon, si trovava appunto ad AugiTsta sul principio di dicembre del 1549, e vi si trattenne certamente più del tempo necessario por modellare una medaglia. (2)

Quanto al pregio del lavoro, si riconoscerà che, se il diritto della medaglia di Gr. Fngger, pure essendo egregiamente modellato, non presenta nulla di no- tevole trattandosi di un semplice ritratto di giovi- netto, il rovescio è una composizione graziosissima,

(1) Leono Leoni, aretino di nascita ma milanese per elozione, fu me- daglista e scultore ufficialo di Carlo V, alla cui Corte si recò più volto in Fiandra ed in Germania. I Funger potevano quindi aver fatto p:rata accoglienza allo scultore cesareo in occasione del suo passaggio per Au- gusta, od egli avrebbe potuto modellarvi la medaglia del giovane Gero- lamo, E poicliò si trattava, non d'un personaggio importante, ma d'nn giovinetto, l'artista medesimo avrebbe potuto ideare per la medaglia un rovescio di propria fantasia. In tal caso, egli sarebbe stato condotto fa- cilmente a rappresentfirvi un leono, suo soggetto favox-ito, ed a porvi la leggenda: DOMINVS CVSTODIT ME, tanto somigliante ad un'altra già da lui usata qualche anno prima per una medaglia di Paolo III, cioè : DOMINVS CVSTOEIT TE, DOMIXVS PROTECTIO TVA, mentre, si noti, nessun altro medaglista italiano del Rinascimento fece uso d'una leggenda simile.

(2) Les maitres italìens au sertioe de la Maison d' Autrichr. Leone Leoni scuipteur de Charles-Quint et Pompeo Leoni scidpleur de Philippe II par EiT,ÈNK Pi,ox. Paris, E. Plon , Nourrit et C.,''- 1837. Pag. r)l-r)5, 0 pag. 57.

UNA medai;li\ inedita dei. ml'.^eo di nit'OKA 470

(legna di qualunque più grande artista (i). Non sa- rebbe stato quindi assurdo l'attribuirlo a Leone Leoni, dacché certamente se ne deve assegnare la pater- nità ad un artista di gran merito.

Ma un accurato confronto della medaglia di Faggcr con lavori indiscutibilmente autentici di Leone Leoni sembra escludere Tattribuzione. llicadiamo dunque nell'oscurità, circa l'autore di questa interessantissima medaglia.

Nell'ipotesi della attribuzione a Leone Leoni, ci occorreva di trovare un'interpretazione accettabile })or le iniziali I. V. T., alFinfuori naturalmente di qua- lunque firma d'artista. E proponevamo di leggere : IVRIS \'TL'IVSQVE TIRO, supponendo che Gero- lamo Fugger, diciassettenne, avesse intrapreso gli studi di legge, lasciandoli poi presumibilmente in- terrotti, poiché non si ha notizia ch'egli abbia con- seguito gradi accademici.

È vero che la nostra supposizione non era suffragata da verun documento, ma pure non avrebbe avuto nulla di strano, giacche si sarebbe accordata con ciò che conosciamo dell'indole e delle tendenze di Gerolamo Fugger, e giacche sappiamo che, prima e dopo di lui, vari giovani appartenenti alla famiglia Fugger studiarono giurisprudenza, anche all'estero, all'Uni- versità di Bologna per esempio (2).

(1) Ci piace riferirò il giudizio elio co ne scriveva il Dr. von Sallct di Berlino : u In ogni caso, il rovescio della medaglia è una delle più vagLf eil amabili nippresontazicjui che si coiinscaiio su medaglie di quel tempd. :i ('£ Jeiìiiiifiil/s i.it lìli! ltiifl,\ii'ìtp fi)ì'- ihr inuniithiij.ft/'n uml lii-hr'ìi^ìciinliyati.ii l)ur!ili-ìbtìi(ji>n, ìi-flcìif i/ir ciuf Mcdaillfii ji'iuT Zcit l;ennen •»).

iì) Intorno ai vari Fugger che furono studenti a Bologna, il eh. Si- gnor I)r. Luigi Frati <:i trasinutto gentilmente le notizie clic seguono, rac- colte dagli Anta Sationis (Jermanirac, leste pubblicati dall'Istituto Gcrnia- ni('u Savi gn vano.

La pi-ima metiiiione di un Fugger o Fuege]-. In .piesti .Viti, è la segurnt. :

ISU SdLO.NE AMimuSOM

L'interpretazione luris tclriusquc tiro ci era sug- gerita dall'analogia colla frequente leggenda: Kif.ris) y(triusqiie) Dipctor). Ma, abbandonata l'attribuzione

Il Dominus Toannes Fuegev AncaXwca. unum promisit v, in un documento del 6 gemi. 1517 (pag. 282, lin. 31).

In altro del G genn. 1534 (pag. 309, lin. 23j ne sono ricordati due: " te A nobili domino Ioannc lacoho Funger, j tres

li A nobili domino Georgia Fugger I coronas. »

Dalla chiusa di quost' Atto si apprende clie Gio. Giacomo era stato eletto Procuratore della propria inazione per quell' anno, leggendosi in esso :

CI In praesentia igitur nobilium dominorum novorum procuratorum, ac syndicorum antiquoruni et a novis prociu-atoribus electorum, videlicet domini Ioannis lacobi Ftigger, domini Georgii Zolner in Brand, etc. ii

li Anno a nativitate Domini M." D." XXXVI. " in die epiplianie Do- mini, congregata nobili Germanorum in utroque iure Bononiae studen- tium natione in ecclesia Sancti Fridiani extra portam Sancti Mammao iuxta antiquam ac laudabilem consuetudinem, ab antiquis procuratoribus nominati ao designati fuere et communi ipsius nationis suffragio electi ac confirmati in procuratores seqiienti.s anni nobilis Dominus Oeorgius Faggerus patritius Augustanus et nobilis dominus Ioannes a Lindeiiau de Dame. Cum autom praedictus Dominus Goorgius in patriam urgente ne- ce.ssitate revocaretur, sul)rogavit nobilem dominum Vigileum Hund a Lauterbach, etc. r

In altro Atto del 1544 (pag. 829, lin. 33) :

u Nobilis dominus Udalricus Fugger et oius preceijtor dominus Ludovicus Carinas libras septom Bononenos sexdecim. »

Finalmente in altro dell'anno 1561 (pag. 338, lin. 40) :

Il Generosus dominus Octavìaniis Secundus Fuggerus prò se et precepto- ribus suis domino Balthasare Praun Kemnalcense, et domino Andrea Sobillerò Aicbense duos coronatos. »

Tutti i surricordati Fugger spettavano all'Università (o come si di- rebbe ora alla Facoltà) dei Giuristi.

Il Dr. Frati c'informa inoltre, che negli stemmi cbe adornano le pareti dell'Arcliiginnasio bolognese sono ricordati due Fugger, del Soc. XVII, tutti 0 due studenti di leggi, e cioè :

u D. Lcopoldus Fugger Comes Bavarus, Pracsos Alemanorum n nel- l'anno 1G3G, e :

u Gidiehn. Fugger Bavarus (Censii. Polonorum) ii. Nell'iscrizione a cui fa corona anche lo stemma di Guglielmo Fugger manca il millesimo, il ijualc, dal posto che occupa detta iscrizione , dove essere intermedio al 1GP.G e al 1G47.

UNA MKDAGLIA INEDITA DEL MUSEO DI BRERA 481

a Leone Leoni, risorge l' ipotesi più ovvia, die lo iniziali dell'esergo stiano ad indicare il nome del me- daglista: vale a dire di un medaglista a noi ignoto, ed assai probabilmente italiano, quantunque, a tutto rigore, non sia esclusa la possibilità die sotto (luelle iniziali si celi un artista tedesco clic abbia stu- diato in Italia e si sia appropriato lo stile dei no- stri medaglisti.

SoLONE AmBROSOLI.

'--.- OO-MX-i*

MONETA D'ORO

DEL PRINCIPE

SIRO DA CORREGGIO

Fra lo 5 monete d'oro di diverso stampo battuto dal Principe Siro, questa \\i l'ultima del suo infelice re,^no. Ch'io mi sappia, una sola a tutt"og;£;'i ne esisto nel ^[odaglicre di S. ]\r. il Iio: ed in cattivo stato di conservazione, elio 1() stesso eh. Cav. Bigi nella pre- giata sua opera sulla Zocca di Correggio (^'), dichiara non poterne ritrarre il calco.

Ora a completare il vuoto lasciato dal Bigi, pre- sento ai cultori della numismatica italiana (piesta ra- rissiuia moneta d'oro del Principe Siro, da me acqui- stata :

il) riidi (Quirino). Di Camillo e Siro da Corrr^rjgio e della loro Zecca. ^roden.i, 1870.

482 V. MIATll - MONETA d'oRO DKI, PRINCIPE SIRO DA CORREGGIO

Peso grammi 2.58.

iiy -- ORO (2)2 DE (FI)N LIRE 9

Armo inquartata e coronata, con fregi a cartoccio.

9 S QVIRINVS CORRIG-II PROT

Il Martire stante di fronte, colla palma nella sinistra.

Tale moneta 80 non può dirsi completamente inedita, pure a molti rimase sconosciuta, e manca ai nostri musei.

FuLClO Ml4RI.

SPIGOLATURE D'ARCHIVIO

LIMITAZIONE DELLE MONETE DEL DUCA DI SAVOJA E PRINCIPE D'ACiJA.

La seguente grida emanata dal duca di villano ai 30 agosto 1-Ì18. è tolta dal Registro n." I delle LcKcrc Duc/i'i nell'Archi \-io civico di Como, a f. 115. E non ci pare siasi finora pubblicata.

McrccxMii, dii'. peiniìfiiiio Angusti.

Cam, facto diliifciiti assazio do mcdiis grossis Illiistriuin dominoruin diicis Sabaudie et Principis .Vcliaye, inni reperiantur vallerò nisi iiu- jierialium novem prò qiioliliot rcspeetu cursus monete ]\[eiliolani fiat ideo criila prò parte 111. mi d(:>uiinl austri in qiiiliu>i'uiiiiue locis con- suetis illius civitatis, quod \K>n sit aliqua ]M'r>i.ina ciijiisvis comlictionis et status existat ({ue audeat vel prcsmiiat aliipMs ex dietim un'dijs L^rossis recipere nec expendero, nisi ad computum dietorum inipi'rialiuin novem prò quolibet dicti monete ^lediolaiij, sul) penna cuililiet contrafacienti tlor. X prò ({uolibet et (|ualibet vice applican. Cam>'re pi'el'ati domini.

PER LE ZECCHE DI PAVIA E DI PARMA.

Dei 2 nov. 1408 è rordine ducale al Vicario di provvi- sione di Milano perchè sia pubblicato l'avviso che la liwncla fatta di nuoro ìiatlcrr nella città di Pavia debba avere il suo solito corso in Milano (1).

(\] L/ottorr» diifali vcil. IV. t'ol. RI Arch. Cirirn Mihmn.

484 EMIMO MOTTA

La seguente lettera del duca Francesco Sforza ai Consi- glieri suoi, ma di data posteriore (20 gennajo 1452), (1) ri- corda le monete basse che dovevansi fare circolare in Pavia ed in Parma.

D. D. de Consilio Secreto

Havemo recevuto le vostre lotterò et inteso quanto ne scriveti del fahricare delle monete a Pavia e Parma, et quanto proiudicio saria ;do intrate nostro simile monete l)asse et maxime quelli triliri per molti respecti alligati in esse vostre lettere. Vi dicimo poy clie in- tondeti molto meglio de noy la importaiitia de questo, che volimo et ve committimo che vuy gli romodiati comò meglio ve parerà, perchè cossi exorbitanti inconvenienti, comò scriveti non hal)iano ad seguire che le littore quale procedano de qua al lato nostro piìi siano hobe- dite, che quelle fate fare vuy in nostra persona ne maravigliamo, ma quando trovate che non siano hol)0:lite fatine quella punicione ve jiarerà conveniente. Demum noy lassiamo el carico a vuy de provve- dere a questo facto delle monete. Siche provedetili cum vostra soUita prudentia. Laude XX Januarj 1-152.

NOMI DEI TESORIERI DEI DUCHI DI MILiNO.

Gettiamo qui tre o quattro nomi, e ci auguriamo che altri abbia a darci Telonco completo dei tesorieri ducali del pe- riodo Visconteo-sforzesco.

Vitaliano Bonromco era tesoriere ducale nel 1423 : e nel medesimo anno lo era del comune di Milano Ci'istofOi'O da Ma idi ano (2).

Prima del 1450 era tesoriere ducale Antonio Moroni (3).

(1) Rogistro ducalo n. 129 a fol. 50. Arch. di Stato, ivi.

(2) Registro Panigarola C. fol. 2:5 t.

(3) In una missiva ducale 3[11 1150 e detto .i olim tliesaurarius uoster g.3noralis n (Missive n. 2 fol. 220).

SPIGOLATURE d'aRCIÌIVIO 485

Ed alla fine di quell'anno, fors'ancho prima Aloisio degli Alarnanni (1).

Ai 25 gennajo 1469 venne a tal carica eletto il piacentino Antonio d'Anguissola (2). G-li succedette il ben noto Antonio da Landriano, che attiratosi l'odio generale per le ecces- sive gabelle, cadde pugnalato dal Rigoni nel 1499, quando Luigi XII già era padrone di Milano.

UNO STUDENTE DI PAVIA FALSIFICATORE DI MONETE.

Copiamo dal Carteggio diplomatico del maggio 1492, nel- VArcliicio di Stato niilajìcse, il seguente ordine del duca di Milano al Vicario del Podestà di Pavia :

Papié, ultimo maij 1492.

Domino Vicario Potestatis Papié

Domiae Vicari. Siamo contenti elio relaxati messer Nicolao da Ponto scolaro piamontese detenuto in mano vostre per imputatione do mo- neto falso. Commandandoli cliel uscisca del Dominio dal cpiale volemo che lliabij el bando.

B. C.

LOMBARDI, ZECCHIERI DELL'IMPERATORE MASSIMILIANO I.

Scriveva il duca di Milano, agli 8 agosto 1494 , ai siroi Consiglieri : u Serenissimus Princeps Maximilianus Eoma- a norum Rex, Cugnatus noster lionorandus , ut accepimus, e novis quiìjHsdam forinis pecunias in regno suo impjrirni

(1) V. Missiva ducale 19 dicembre 1450 in Reg. Missiva n. 3 ibi. 119.

(2) Registro ducale u. 15 f. 17t. Per l'Anguissola vedi anche Covio, III, pag. 254.

isti KMILIO MOTTA

d fdcci'c constituit aJque ad ecs formas con/tciciKÌas Jo. Am-

.: brosium Predam et Franciscuxi de Gallis et Accinum de

a Leuco (Lecco) prestmiti virtn/e fuhros civesque nostros

t; Mecliolanenses delegit. n Ora considerato che le leggi

ti non permettono ad alcun suddito ti imprimende pecunias

ti formas f'acere aut sculpere n senza licenza ducale, cosi

ti si annui\-a alla richiesta imperiale (Ij.

BiNDO DI MONETE SAVOINE, GENOVESI, ecc. nel 1458.

Scriveva ai 30 novembre 1458 il duca Francesco Sforza alla moglie Bianca Maria Sforza {-) :

Mediolani, ultimo Novenhris 1458. lU.ma et Ex.ma Consors nostra prccordialissima. Aciochè la Vostra Ill.ma Sigaoria senta lordene che stato preso circha labattimento de le monete et do li ducati, ve avisamo elio de presenti sono stati ban- dezati li fiorini gatteschi et li grossoni genovesi de soldi 5 et denari li et li novini savoyni de la nostra donna, et li fiorini se debiano spendere per tre libre. Et è ordenato che da kalende de marzo prò- ximo futuro inanzi li ducati non se spendano se non per nj libre et soldi uij." La quale prolongatione de tempo fin ad marzo se è facta aciochè le persone se possano provedere al facto loro, per li contracti che hauo luuo con laltro facti de qui indrieto a raxone de queste monete se speadouo al presente.

Franciscus Sfortia Vicecomes dux Mediolani, etc. Papié Anglerie comes ac Urenmne dominus.

UNA DONNA IMPUTATA DI SPENDIZIONE DI MONETE FALSE.

Trattavasi, nel 1456, nientemeno che di Aìinn, moglie del nobile Emanuele Malagrida, famiglia celebre del lago

(i) Arch. di Stato Milano, Missive n. 198, f. li, t. (2) Arch. di Stato di Milano., sezione Zecca.

SPIGOLATURE d'aIÌCHIVUI 487

(li Como e feudataria di Musso. Per decreto 14 febbraio 1-156 la suddetta gentildonna veniva prosciolta a ab impu- tatione pecuuiaruni falzarum n (1).

DUE ASSAGGIATORI DELLA ZECCA DI GENOVA IN MILANO, nel 1492.

Togliamo dal Carteggio (Uplomatico dell' Ardi, di Stalo milaiìcsc il seguente documento. E diretto al duca di Milano.

Ill.mo et ex'.mo S. mio siiigularissimo. EI Mag co Governatore e li deputati sopra lo monete mamlano doy de li asa/.atori de la ceclia de questa Goinunitìi al Ex.tia V.ra si corno quella lui rechiesto per fare il paragone de la bontìi del argento del gros3i:)UO de quella col suo. Et a satisi'ationo loro li ho accompagnati de questa mia. In bona gratia de la Celsitudiuc V.ra divotamente maricomando. Geuue XI maij li; 12.

Ejusdem Suldimitatis vestre

fiddissinìiis servito)- Cvnradus Stanglte.

(1) Archkio di Stato di Milano. Rog. ducalo Y, fol. 303 tergo.

Emh.io Motta.

OmOMMOM

BIBLIOGRAFIA

LIBRI NUOVI

Wcp<liii;jr D/ G. Die O^ellen oder Mlìnz-^LidaiUen der Re- lìiiblil; Vencdig. Vienna, 1889 (per l'Italia: U. Hoepli, Lib-Ed. in Milano).

Il signor D. G. Werduig distinti.) cultore degli stndi nu- mismatici ha pubblicato nello scorso mese una illustrazione in lingua tedesca delle Oselle ducali, ossia di quelle me- daglie che il Doge distribuiva a tutti i patrizi in occasione del Natalo e che formano una preziosa collana di 275 prezzi corrispondenti ad altrettanti anni.

L'opera divisa in duo parti forma un bel volume in quarto, splendidamente stampato, con dodici tavole in olio- grafia ed incisioni in legno intercalate nel testo. Xolla prima l'autore fa una breve ma conveniente esposizione storica dello diverso fasi per lo quali l'antica cousaotudine di donare alla nobiltà gli uccelli selvatici delle valli divenne un obbligo per il Doge e col tempo si tramutò in un pezzo d'argento, di un valore determinato dallo leggi, non restando dell'antica origine che il ricordo del nome. Il D'. AVerdnig determina il peso e il fino contenuto nelle Oselle colle lievissime alterazioni subito in si lungo corso d'anni: si

490 rRONA'A

ocoupa dei modi di fabbricazione, dello attribuzioni e del- l'uftloio dei 3Iassari che impressero le loro sigle sulla maggior parte di esse. Considerando che le Oselle ebbero corso come vere e proprie monete, riporta esatte e particola- reggiate notizie del valore che fu loro attribuito nelle pub- bliche tariffe durante i tre secoli della loro esistenza, e non dimentica quello battute in oro, o di doppio peso, la medaglia coll'iscriziono redentor mvndi regina celi, le Oselle coniate per la comunità di Murano.

Il nostro autore si occupa poscia della Osella come me- daglia 0 ne fa risaltare il valore storico, mentre trova scarso quello artistico; tratta, parti tamente e con conoscenza della materia, sull'immagine d(d Doge, dell'Evangelista, del leone alato, ohe sono raffigurati nel diritto delle Oselle, sebbene non si possa convenire completamente in tutte le sue opinioni su tale complicato argomento.

Nella seconda parte si trova la esatta descrizione dello Oselle in ordino cronologico, con tutte le varietà e la ra- rità di ognuna. Ogni Dogo ha una breve biografia . il disegno e la descrizione delle armi e tutte quelle notizie che possono interessare un diligente raccoglitore.

Infatti il lavoro é ottimo, con una buona distribuzione nelle diverse parti ed esaurisco pienamente il desiderio di coloro che vogliono studiare o raccogliere questi in- teressanti pezzi, che non sono vere medaglie, vere monete, ma partecipano dell'una e dell'altra natura; e più fortunate delle altre moneto veneziano, ebbero da prima la illustrazione più succinta ma pur buona del Conte Manin, poi questa più razionalo e più completa, sebbene non esente da qualche menda di dettaglio assai naturale in uno stra- niero, il quale non lia potuto studiare e conoscere sul sito lo tradi.doni e l'esseniJa caratteristica della storia e del co- stume veneziano, che hanno una fisonomia ed un'impronta speciali.

N. P.

BlHLlur.RAFlA 'JOl

BiNtnibilla Camillo. Tremisse inedito al uome di Desiderio re dei Longolnrdi. Pavia, F Ili Fusi, 1888.

la questo suo opuscolo, il eli. autore dello Monete di Pavia illustra un tremisse inedito, di cui egli già da tempo conosceva lo impronte, ma che solo recentemente gli riusci di acquistare e di potere studiare a suo agio. È del tipo stellato; reca nel diritto il uome del re lon- gobardo, e nel rovescio una leggenda clie il Cav. Braml)illa interpreta ; FLAVIA SIDRIO, attribuendo la moneta a Sutri non lungi da Viterbo. Questo tremisse sarebbe stato coniato da Desiderio nel 772-773, du- rante la sua spedizione contro Roma; sarebbe quimli fra le ultime monete battute dai LongoI)ardi in Italia.

L'opuscolo del Cav. Brambilla ci auclie la fotografia della moneta.

Proml.s Vincenzo. Monete di dio. Futttisfa Faììetti. conte di Beneveìlo. Torino, Loeschor, 18SS.

Breve uia interessantissimo scritto, intorno ad una nuova zecca italiana, da aggiungere a quelle registrate nello lavale Sinottiche dell'autore.

Si tratta di due monete (la prima, conosciuta soltanto nelle tarilb', l'altra efl'ettivamente acquistata dallo ste.-^^o (Àmini. Promis pel M(>- dagliere di S. M.), li' quali sareljbero state coniate dal nobile pie- montese Giovanni Antonio Falletti, conte di IÌ;nevello, che comandava un reggimento di fanti italiani ai s'rvigi di Carlo V.

Il eh. autore non si pronuncia intorno al hugo di coniazione, espri- mendo soltanto genericamente l' idea che tali moneto siano u^i'ite da qualche officina della Germania. .Vd ogni modo, secondo lo spirito delle Tavole Sinottiche, le moneti^ di Gio. Ant. Falletti dovrebbero, crediamo, essere classificate sotto « i{ene\'ello ».

E ci sia permesso in questa occasione di e^jirimere un desiderio vivissimo, condiviso da molti, che ciò;; il benemerito Comm. Promis si lasci indurre a dare alle stampo una seconda edizione dello sue indispensabili Tavole, la quah' è n'ni necessaria dalle molte scoperte e pubblicazioni fatte nel ventennio che oi-nnii si compie dalla prima.

492

Poggi Cencio. La medaglia dei dottori di Collegio (di Como) , nelle sue Curiosità comasche. (Como, tip. MV Araldo, 1888).

Catalogo della collezione d'un distinto numismatico, formata prin- ciiìolmente ne" suoi viaggi in Oriente: bellissima serie di monete bi- zantine in oro, argento, bronzo , monete della Bulgaria , ecc., ecc. Firenze, tip. «anducciana A. Meozzi , 1888, in 8" pp. 8G. (Vendite Sambon, anno XI).

Storia Italiana: varia: numismatica. Libreria antiquaria E. Loe- sdier in Torino : Bollettino periodico, n." 42 (1888).

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493

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Cronaca. - Necrologia. Prezzi di vendita della Rac- colta Quelen. Bollettino bibliografico.

Sei tavole d'illustrazioni.

Quatrii'.'me trimestre.

Baiìelon (E.) MaralliHS.

TAir.r.Eiìots (E.) Conlrcmarques anliques pour fuire sulle à l'elude de yf. Art/uii' Emjcl.

Pkoi; (li.) Los atoliers monélaircs mérovingicìis.

Mazerolle (F.) Gros tournois et deniers parisis frap- pés au XV t siede.

Germain (L.) Módaillon de Jean Ridiicr reprèsenlanl Pierre Job/, procureur general de Metz mori cn 102'^.

Zay (E.) Nuniismalique coloniale: Compagnics d'Afrique : Quadruple d'Alger : Pagode de Pondichèr;/.

Cronaca. Indice dell'annata.

Una tavola d'illustrazioni.

■l'J4

Aìimiaii'e de la Société Ifvancaise de Nimiisniatiqìie et d'Aì'chéolo(/ie.

SepteniLre-Ootobre 1888.

BEr.FORT (A. de) Rechcrcìto des monnaies impi'rìaìes romaincs non dccriles dans l'ourrage de IL Colien (Con- tinuazione)-

TsciricuNKW (ÌST.) Qudqiies monnaies russes rares ou incdilcs.

Mazkroi.le (F.) -- Jelons de la Maison du Roi (Con- tinuazione).

Tkaciiskl (C. F.) Monnaies et mcdailìes de Lindau.

Hermf.kkl (.J.) Nìtinismaliqiie lorraine.

Cronaca. Necrologie. - Bibliografia. Periodici. Vendite del 1888.

Due tavole d'illustrazioni.

Novembro-Décembre.

Belfort (A. de) Rcclterche des monnaies impérialcs l'omaincs, etc. (Continuazione).

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Dancoisxe Monnaie méi-oviìigienne de Donai.

Blaxcard (L.) De l'apparition du grain de 6D12 à la liore de 1'^ onces.

Delattke (V.) Jacques Guillaume et Robert do Croy, successivement Kcèques et premiers Ditcs de Cambrai (de

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BIRLIOGRAPIA 495

Illustrazione Italiana, 9 sett. 18S3 ; n. o9 : Mmìaglia commemo- rativa del viaggio del Re in Romagna, eseguita da Luigi Broggi. Asti a Quintino Sella (medaglia); n. 45: La medaglia d'oro comme- morativa presentata a Guglielmo IL. (luv. di L. Pogliaglii, incisione di Cappuccio, Stai). Juhuson).

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49G fRONACA

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NOTIZIE VARIE

Falsifica^ioni moderne. Dobbiamo segnalare ai nostri lettori un'altra falsificazione di moneta italiana apparsa da poco tempo e di cui vedemmo già tre esemplari perfetta- mente identici di conio. Questa moneta è il Ses/uo della Prima Repubblica Milanese (1250-13 IO). Eccone la descri- zione :

TY - Tri/br/lio MEDIOLANVM.

Croco fra quattro trifogli.

1/ S AMBR0SIV7

Il San*"0 siiduto di prospetto, col pastorale nella sinistra e la destra in atto di l)enedire.

Questo scsino >' una piccola varietà di quello esistente nel Museo di Sua Maestà a Torino (v. CtXkccui : Le Mnnele di Milano, pag. '25G; tav. LVII, n. 2i. e che è l'unico finora conosciuto.

La moneta è l)en fatta: non lia che un difetto comune a tutte questo moderne falsificazioni : è troppo bella . ossia non ha T impronta dell' epoca. Per quelli che sono un poco esjierti nella materia, la falsità di (questa mo- neta si riconosce a colpo d'occhio dal tip<3 e specialmente dai caratteri della moneta, i quali sono ben lontani dal- l'assomigliare a quelli delle monete genuine. Si noti sopra- tutto la S del rovescio, la quale è perfettamente moderna. l'er quanto facciano i nostri attuali falsificatori , ben dii'- ficilmento arriveranno a riprodurre (^uel tipo rozzo e direi quasi semi-bizantino delle monete italiano del XIII secolo.

498 CRONACA

Gli amatori (luiif|ue, ove capitasse loro nelle mani qualche esemplare di questo sesiiio e fossero ancora titubanti sulla sua genuinità, mettano a confronto questa moneta cogli ambrosini della stessa Repubblica, che sono comu- nissimi e che tutti possiedono. Dopo tale esame si per- suaderanno, senza il bisogno di altri argomenti, che il scsino in discorso è assolutamente falso.

E. G.

Ritrovamento d'un ripostiglio. A Ballabio sopra Lecco, nel riparare il pa\-imonto di una stalla, vennero alla luce, non ha guari, parocchie monete della seconda metà del XVI e del decorso del XVII secolo. Sono sei pezzi d'oro e venti d'argento.

In oro: duo zecidiini veneti, uno di Marino Grimani. uno di Pasquale Cicogna : una doppia di Firenze di Terdi- nando II Medici; tre doppie di Spagna, una di Filippo II (Heiss, Monete Ispano-Cristid.nc, a Filippo II, n. 2); le altre due tosate e guasto ed illeggibili.

In argento: diciasette ducatoni milanesi dei quali due di Filippo II descritti nelle Monelc di Milano dei fratelli Gnecchi ai N. 32 e 3S di quel reguante: otto sul tipo del X. 17 di Filippo III con varietà insignificanti, sette come il X. 31 di Filippo IV con diverse varianti anch'esso di poca importanza: uno scudo veneto della croce di Antonio Friuli ed uno di Giovanni Cornaro ; un ducatene spagnuolo assai soonservato.

Dei titolari di queste moneto, due soli varcarono il 1630, Filippo IV di Spagna f 1665, e Ferdinando II di To- scana f 1670. Degli altri, l'ultimo deceduto ed anche l'ultimo in ordine di data assunto al regno è Giovanni Cornaro doge di Venezia (1625-30).

Il nascondimento non potè dunque aver luogo prima del 1625. Xou potei leggere la data in tutti i ducatoni di Fi- lippo IV, ma non ne riscontrai di più moderna del 1622 : la figura del re è in tutti in età giovanile. La doppia di Fer- dinando II potrebbe essere stata coniata prima e dopo il 1630: por il che, visto che tutti gli altri pezzi sono ante-

N'OTIZIF. VaRIK

499

riori a quest'epoca pare a me che quelle monete abbiano potuto essere sepolte nell'occasione del passaggio dei mer- cenari tedeschi per la guerra di Mantova e che il proprieta- rio, ucciso forse dalla peste che segui, non potè riprenderle. E nel vedere quell'oro e quell'argento mi sovvennero alla mente le pagine del nostro immortale Manzoni nelle quali è cosi al vivo dipinta 1' irruzione di quelle orde e lo spa- vento delle popolazioni costernate e fuggenti.

G. G.

Il famoso ripostiglio di Russia. Nello scorso ottobre i giornali di tutta Europa avevano riportato da non sap- piamo quale giornale russo la notizia della scoperta di uno straordinario ripostiglio nella Russia Meridionale. Si parlava nientemeno che di un importo metallico in monete romane d'oro di circa 20 milioni di rubli, che alcuni poi facevano salire a 40.... Abbiamo scritto a un nostro buon corrispondente ed amico di Kiew per sapere se qualche cosa e quanto ci fosse di vero in tale notizia, ed ecco cosa ci viene risposto:

. il Quanto all'enorme tesoro ascendente a 17 o più mi- ti lioni di rubli, di cui i giornali hanno menato tanto li chiasso, non c'è nulla affatto di vero.

u Un idiota di contadino chiamato Levotsoho raccontava a d'aver scoperto nei dintorni del villaggio di Starahorodni li (distretto di Oster, governo di Tschernigow) un sotter- u ranco nel quale si trovavano 12 botti pieno di monete u d'oro. Esistono difatti in quei paraggi le rovine d' un a antico castello intorno al quale un'antica leggenda po- li polare dice che l'ultimo proprietario nascose nei sotter- II rauei un immenso tesoro. Ed ecco tutto. I creduli pae- a sani vi fanno sovente degli scavi, ma non trovano niilla.

u L'unico risultato che ottengono è la distruzione di u molti oggetti archeologici. La mania di cercare tesori a nella Polonia è ora universale, e malgrado le proibizioni u del governo, si fanno scavi dappertutto con danno enorme u dell'Archeologia, e con nessun altro risultato, ri

('•j

500 CRONACA

Nuovi doni al Gabinetto Numismatico di Brera. Diamo la nota dei doni pervenuti a questo Gabinetto, dopo la pubblicazione del fase. I della Rivisla:

Dalla sig. Carolina Gnoato, vedova del Comm. B. Bion- delli, il busto in marmo del compianto Direttore, opera di Tantardini.

Dalla sig. Baronessa Carlotta Basile, un esemplare della medaglia per la Piazza del Duomo in Milano, secondo il progetto Mengoni.

Dal Prof. Comm. Giuseppe Bertini, varie grandi medaglie di premio, italiane ed estere.

Dal Dott. Cav. G. B. De Capitani d'Arzago, già aggiunto per vari anni al Gabinetto, un volume contenente le le- zioni di Archeologia e di Numismatica pronunciate dal Comm. Biondelli negli anni 1851-52, e dal Dott. De Ca- pitani raccolte a penna.

Dal Capitano Manfredo Camperio, due monete in bronzo col silphiuin, da lui raccolte in Cirenaica (sono quelle pub- blicate nell'annata 1882 del suo Esploratore).

Dall'incisore sig. Luigi Broggi, un esemplare in bronzo della sua grande medaglia per il viaggio di Re Umberto nelle Eomagne.

Dall'incisore sig. Francesco Grazioli, un esemplare in bronzo della sua medaglia per la Società Amici deWEdu- cnzione, di Lugano, col busto di Stefano Franscini.

Dal Cav. Giuseppe Gavazzi, una monetina interessante dei Gonzaglii (zecca di S. Martino dell'Argine).

Dall'Lig. De Strani, a mezzo del Prof. Pompeo Castel- franco, una moneta milanese, trovata recentemente negli soavi.

Dal sig. Francesco Polleri, di Genova, il nuovo scudo spagnuolo, coll'effigie del re bambino.

Dal sig. Celestino Mauro, due monete del Marocco.

Dal Dott. Gerolamo Weiss, una medaglia.

Dal sig. Gaspare Pirelli, di Varenna (Lago di Como), a mozzo del Dott. Cencio Poggi, due medaglie patriotiche.

NOTIZIE VARIE 501

Dalla Direzione degli Asili di Milano , a mezzo del Cav. Francesco Gnecclii, un esemplare in bronzo della me- daglia coniata in onore di Giuseppe Sacelli.

Da quello stesso donatore anonimo cui si accennava nel primo fascicolo , moltissime monete milanesi d' argento, j)rove di zecca, ecc.

Tessere romane. Il sig. A. de Belfort, direttore del- l'/InntwiVtJ de la Sociale FraiK^aise de Niimisìnatiquo ci d'Archeologie, intraprenderà fra poco in quel periodico la pubblicazione di un lavoro sulle tessere romano in bronzo. L'autore prega tutti coloro che posseggono o conoscono delle tessere, di volergliene mandare gl'impronti in cera- lacca, avendo cura d'indicare, per ciascun pezzo, il nome e l'indirizzo del proprietario. Questa domanda comprende tutte le tessere romano in bronzo, eccetto i contorniati e le spintrio. L'indirizzo è: M. de Belfort, 23, rue Las Cases, Paris.

Per la Numismatica milanese. I sigg. fratelli Gnecclii stanno raccogliendo i materiali per un'Appendice alla loro opera sullo Monete di Milano. Quest'Appendice dovrebbe, possibilmente, dar notizia di tutto lo moneto milanesi che non figurano nel libro, tenendo conto non solo delle monete nuove por tipo, per metallo, per valore, ma anclio delle semplici varietà di leggenda o di conio. Essi pregano quindi i sigg. Direttori di Musei e Gabinetti, nonché tutti i sigg. Numismatici e Raccoglitori, di trasmetter loro con sollecitudine le descrizioni , oppure gì' impronti, i disegni, ecc., di tali monete da aggiungere, di cui si terrà conto diligentemente nella compilazione dell'Appendice. Si prega di spedire le lettere al seguente indirizzo : Francesco ed Ercole Gnccclii, Milano, Via Monte di Pietà, n. 1.

INDICE DELL'ANNATA 1888

Fascicolo I.

hi alcune moìieie innlite e. sronfixciìiic ilella secca di Scio (con una

tavola). Francesco ed Ercole Gnecchi .... Pag. 1

// ripmtifjlio di Lurate Alibate fcon una tav.j. Soloxe Amhrosoi.i » 1.5 1 medufjUsti dei Hiìiasciuietito alla Carte di Mantova. I. Ermes

Flavio de Boiiis (con una tavula). Umberto liossi. . » 2.") Stwlii economici sulle monete di Milano. Dai manoscritti dol Conto

Giovanni J[l"lazz.\xi j. -!1

Gli zecchieri di Milano nel JiJ'h IvMir.io Motta. . . » To

Cronaca. Xecroloyie (con ritratto di Carlo Kunz) . . » 8")

liihliofjrafia » 97

Notizie varie » 120

Fascicolo II.

Appunti di Numismatica romana, Ioli (con una tavola) Fran- cesco Gnecchi Paff. 131

/ meda'jlisti del Rinascimento alla Corte di Mantova. II. Pier

Jacopo Alari-Bonacolsi detto l'Antico. U.mherto lìossi . » 161

Le mejìaglie friulane del Secolo XV e XVI. Aij<jiunte ai Jlé-

dailluurs Italiens dell' Armand. Valentino Oster.mann. » l'.iS

Di lina monetina trivuhiana con S. Curpoforo (Cun disegno).

Solone Amrrosoli »2I1

Documenti inediti sulla zecca di Correggio (con duo tavole).

Krcole Gnecchi » 217

501 INDICE Dall'annata 18S8

A proposito delle monete di Giancarlo Visconti Giuseppe Ga- vazzi Pag. 22.5

// ripostiglio di S. Zeno in Verona città. Amilcare Ancona » 229 Cronaca. Commemorazione del Prof. Bernardino Biondeìli (con

ritratto) » 239

Bibliografia » 251

Notizie varie » 266

Fascicolo III.

Appiditi di Xiimisniatica roinana , III o lY (con due tavole).

Francesco Gnecchi Pag. 27.5

Studi i economici sulle monete di Milano (continuazione). Dai

manoscritti del Conto Giovanni Mulazzani ...» 299

Francesco Marchi e le medaglie di Margherita d'Austria. Um- berto Eossi » .'53.3

Alcune notizie sugli intagliatori della zecca di Venezia (con illu- strazione). — Nicolò Papadopoli » .351

Di una moneta inedita mantovana (con disogno). Francesco Ta-

MASSIA » 361

iJi tino scudo progettato per San Marino (con illustrazione).

Solone Ambrosoli » 363

Cronaca. Necrologia (con ritratto di Alfredo Armand) . » 367

Jiihliografia .......... -d 370

Notizie varie » 388

Fascicolo IV.

IH alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio. Ap- pendice (con una tavola). Francesco od Ercole Gnecchi Pag. 399

L'irerca del fiorino d'oro di Giangaleazzo Fwcoh/ì (con duo tavole).

Giuseppe Gavazzi j 411

/ medaglisti del Rinascimento alla Corte di Mantova. II. Pier Jacopo Alari-Bonacolsi detto l'Antico (continuazione) (con una tavola). III. Gian Marco Cavalli. Umberto Rossi . » 433

INDICE dell'annata 1888 505

Annotazioni mimismativhe genovesi. XI. Un minuto colla ìer/genda lANVA Q. I). V. (con disegno). XII. Le monete del Governa- tore Agostino Adorno (con disegni). Giuseppe Ruggero Fa;/. 455

Una medayìitt inedita del Museo di Brera (con illustrazione).

Solone Ambrosoli » 471

Moneta d'oro del Princijìe Siro da Correggio (con illustraiciono).

FuLoio Mi ARI » 481

Spigolature d'ardii vio. E.Mirao Motta » 48:'>

Cronaca. Bibliografia » 489

yotizie varie » 497

^'■érrxl—^

ELENCO DEGLI ASSOCIATI

AI.I.A

RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA

PER l'anno 1888

Quei sigrj. Associati, il cui nome è conlradàistinto da uri astcrisrn, hanno preso parie alla sottoscrizione a fondo perduto per la istituzione delìn Rivista.

COPIE

iS. A. R. IL Principe di Napoli 1

Adriani Prof. Comm. Dott. G. B., K. Ispettore degli Soavi e Mo

numenti di Antichità. Clierasco .... Ancona Cav. Amilcare, 3Iilnno Archivio Civico di San Carpofbro. Milano Armand Alfredo, Architetto. Parigi

Averara Avv. M. Lodi

Balli Emilio. Locamo (Svizzera)

Bartolini Cav. Luigi. Trevi ....

Bartolo (Di) Prof. Francesco, Museo Civico. (Mania

Becchi Avv. Flaminio. Savona ....

Belfort (De) Augusto, Direttore iìèW Anniiaire de la Hociété

Franeaise de Niiììiismatiqiie et d'Archeologie. Parigi

Beltrami Luca, Architetto. Milano

Biblioteca Civica. Genova

Biblioteca Comunale. Mantova

Biblioteca (Regia) Estense. Modena ....

Kr.ENCo DKfa.i ASSOCIATI PF.K l'anno 1888

COPIE

Biblioteca pubblica Passerini Landi. Piacenza

Biblioteca del Senato. lioma ....

Biblioteca della R. Accademia dei Lincei. Eoma

Biblioteca di Sua Maestà. Torino .

Biblioteca Nazionale. Torino .

Biblioteca Comunale. Trento .

Biblioteca Comunale. Verona .

Bocca fratelli, Librai. Torino .

Bonomi Enrico. Legnago ....

Borghese Principe D. Paolo. Roma

Bosellini Carlo. Lodi ....

*Bosso Dott. Giuseppe. Cairo (Egitto) .

Boyne William. Firenze ....

Brambilla Nob. Cav. Camillo. Pavia

Briganti Bellini Cav. Osimo .

Brockhaus, P. A. Lipsia ....

*Butti Alfonso. Milano ....

^Camozzi Verteva Comm. G. B., Sen. del Regno. Bergamo

Camuccini Barone G. B. lioma

Cantoni Achille. Mila>io ....

Capretti Giuseppe. Alhiate (Milano)

Carpinoni Michele. Brescia

Castellani Giuseppe. Fano

Ciani Dott. Giorgio. Trento .

Cini Avv. Tito, Vice presidente della R. Accademia Valdarnese

Montevarchi

Clerici Ing. Carlo. Milano

^Comandini Dott. Alfredo. Milano .

Cunha (Da) Dott. Giuseppe Gerson. Bombay

Demole Dott. Eugenio. Ginevra

Direzione della R. Zecca. Milano .

Direziono della R. Zecca. Itoiiia

Direziono dei RR. Musei di Antichità. Napoli

Dumolard fratelli, Librai. Milano .

ELENCO DEGLI ASSOCIATI PER L'ANNO

OOPIE

Sa)i Severino

Engel Doti. Arturo. Parigi .

Fascila Comm. Carlo. Milano.

Ferrarlo Dott. Ercole. Qallarate .

Fiorasi Gaetano, Capitano del Genio. Ancona

Foa Alessandro. Torino ....

Franchi Carlo, Libraio. Como .

Frate Eletto da Imola. Imola .

Furchheim Federico, Libraio. Napoli

Gabinetto Numismatico e di Antichità della Casa Imperiale.

Vienna

Garovaglio Dott. Cav. Alfonso. Menaggio (Como) .

*Gavazzi Cav. Giuseppe. villano

Geig}' Dott. Alfredo. Basilea .

Genolini Angelo. Milano.

Gentili (Conte) Tarquinio di Ravellone

Ghiron Comm. Isaia, Prefetto della Biblioteca Nazionale Brai

dense. Mila>io. Giletti Carlo, Orefice. Bedonia (Parma) *Gnecchi Antonio. Milano *Gnecchi Cav. Ercole. Milano . *Gnecchi Cav. Francesco. Milano . *Gnecchi Ing. Giuseppe. Milano . Grazioli Francesco, Incisore di medaglie. Milano . Grossi Gualtiero, Bibliotecario dell'OIiveriana. Pesaro Hess Adolfo. Francoforte sul Meno Hiersemann M. K. AV., Libraio. Lipsia . Hoepli Comm. Ulrico, Libraio-Editore. Milano

Hoffmann H. Parigi

Inghiraroi Iacopo. Volterra . . . .

Jatta Giulio. Buvo di Puglia

Laboratorio Centralo dei Saggi. lioma

Laml)erti Policarpo. Savona

Lamliros Paolo Giovanni. Atene .... Landolina di Ritrilifi Francesco. Palermo

Kr.KNCO DEflM ASSOCIATI PER 1,'aNNO 18S8

COPIE

Lazara (De) Conte Antonio. Padova

Leone Comm. Camillo. Vercelli

Lippi Raffaele. Biccari (Foggia)

Loescher Ermanno, Libraio. Torino

Luppi Cav. Prof. Costantino. Milano

Mantegazza Avv. Cav. Carlo, Procuratore del Re. Sarzana

Marignoli March. Filippo, Senatore del Regno. Roma .

Marietti Cav. Dott. Giovanni, Direttore del R. Museo di Anti- chità — l'arma.

Miari Coute Fulcio. Venezia

Mirenghi Avv. Michele, Presidente della Commissione del Museo Provinciale. Bari ....

Moiana (De) Conte Avv. Alberto. Milano

Monti Ing. Antonio. Como

Motta Ing. Emilio. 'Milano

Mulazzani Conte Lodovico. Treviglio

Municipio. Como ....

Museo Civico. Bologna .

Museo Civico. Como.

Museo (Regio) di Antichità. l'arma

Museo (Regio) di Antichità. Torino

Museo Civico di Antichità. Trieste.

Museo Archeologico. Varese .

Museo Civico. Venezia .

Museo e Riblioteca Guarnacci. Volterra

*Ner\'ogna Giuseppe. Brindisi

Nessi Antonio. ^ Eonago (Como)

Nessi (Ved.) Bonola Angela Maria. Como

Nutt Davide, Libraio. Londra

Oreschnikow Alessio, Conservatore del Museo Storico. Mosca

Oslo Col. Comm. Egidio, Governatore di S. A. R. il Principe d Napoli. Boma

*Osnago Enrico. Milano .

Ostermann Prof. Valentino. Udine .

ELENCO DEGLI ASSOCIATI PER l'aNNO 1888

COPIE

*Papadopoli Conte Nicolò. Venezia

Fasi Avv. Adolfo. Bologna

Patrizi March. Giovanni. lìoma

Persiani Avv. Raffaele. Chieti .

Picozzi Dott. Francesco. Lodi

*Ponti Cav. Ettore. 3Iilano

Prayer Carlo. Milano

*Ratti Dott. Luigi. Milano

Eivani Giuseppe. Ferrara

Rizzini Dott. Prospero, Direttore del Museo Civico. Brescia

Rizzoli Luigi, Conservatore del Museo Bottacin. Fadova

Rolandi Dott. Francesco. Albenga

Rossetti Avv. Serafino. Fabriano

Rossi Dott. Umberto, Conservatore nel Museo Nazionale.

Firenze

Ruggero Cav. Giuseppe , Maggiore nell' 11° Regg. Bersaglieri

Firenze .........

Sacchi Augusto. Como

Saliuas Comm. Prof. Antonino , Direttore del Museo Nazionale

Palermo

Sambon Cav. Giulio. Firenze

Saviui Paolo. ^ Milano

Schulman Giacomo. Amersfoort (Paesi Bassi)

Seletti Avv. Emilio. Milano

Sellenati Dott. Antonio. Pavia

Serazzi Avv. Pietro. Novara

Sessa Rodolfo. Milano

Societìi dell'Unione. Milano

*Sormani Andreani Conte Lorenzo. Milano .

Sossi D. A. V., Prevosto del Capitolo della Cattedrale. Asti

Sozzani Ing. Vincenzo. l'romello (Lomollina) .

Stettiner Cav. Pietro, Capo Ulficio all'Economato dello RR. Posto

lioma

Stevens Emilio. Napoli

KI.ENCO DEGÙ ASSOCIATI PER L'aNNO 1888

COPIE

*-Tatti Ing. Paolo. Milano

Tommasini Oreste. Boma

Torlonia Principe. Roma

Torrequadra Conte Kogadeo. Jìitonto .... Trabucchi Avv. , Direttore del Collegio Galletti. Domo

(lossola

Triibner K. P., Libraio. Strasburgo .... Yan Sclioor Carlo, Procuratore Generale alla Corte d'Appello.

Brusselìes

Van Trigt G. A., Libraio. Brusselìes ....

Varisco Sac. Acliille. Monza

Viani Prof. Prospero, Bibliotecario della Kiccardiana. Fi

renze

Yidal Quadras y Kamón Emanuele. Barcellona (Spagna)

Vigano Gaetano. Desio

*Yisconti March. Carlo Ermes. Milano ....

Yitalini Cav. Ortensio. Roma

Witte (De) Alfonso. Brusselìes

Zecca Cav. Avv.Vincenzo, Segretario-Capo Provinciale. CMeti Zoppelli Luigi, Libraio. Treviso

Lodovico Felice Cogliati, Gerente responsabile.

TAVOLE.

RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA

A\No I

Y. ti E. (iNECllHI. - Mooeie inedite e sconosciute ilella Zecca di Scio.

i A\\i. I - Fas. . 1 1

RIVISTA ITALIAM DI NUMISMATICA

Anso !, 1S88.

Tv.-, n.

>'::sft'

.«iMBROSOL!. - Il Ripostiglio di Lutai?, Atitiale.

( Anno ! V

1)

RIVISTA ITALIANA DI MMISMATICA

Anno 1. 1888. Jav.

\', lur.iti.

II. EOSSL - 1 Medaglisli del Rinascimento alla Corte ili Mantova.

{ Anso I F,\^r. I i

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A.wol. 18SS.

RIVISTA ITALIAM TI NUMISMATICA

Tav. w.

I : /;„-„/, - 1/7,/,,

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Anno I, 1888.

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I lediti della zecca di Coiieggio. 1 - Fasc. II )

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RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA

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RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA

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RIYISTA ITALIANA LI HUMISMATICA

Anno 1, 1888. T/.v. IX.

r. ed E. flNECCHL - Msoete iceiliie e sconosciate della Zecca ili Scio. Appendice.

(Anno 1 - Fa'-'-. IV)

RIVISTA ITILIIM DI BUMISMATIGA

Amo I, 1S88.

Tav. X.

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0

(f. GAVAZZI. - Ricerca del liciiao iroro di Giaugaleazzo Visconii.

(Anso I - F.\sc. IV)

RIVISTA ITALIANA DI HUMISMATICA

Anno I, 1888. Tav. XI.

G. GAVAZZI. - Literta ilei licrino d'oro di Gianpleazjc Visconti.

l An.so I Fasc. IV )

RIVISTA ITALIANA LI HUMI3MATIGA

AnnoI, 1888.

Tav. XII.

n. ROSSI. I ledaslisti ilei Rmasciueaia alla Corte ili Kaitcva.

(Ann.j I Fa^-;. IV)

CJ Rivista italiana di numisma-

9 tica e scienze affini

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UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY

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